Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9519 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 9519 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/04/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 33050/2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (C.F.: CODICE_FISCALE), in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE (C.F.: CODICE_FISCALE), presso i cui uffici in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO, è domiciliata;
– ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIOti AVV_NOTAIO, NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliati presso lo studio di quest’ultimo in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 233/08/19 della Commissione tributaria Regionale del Veneto, depositata il 3.4.2019;
udita la relazione della causa svolta nella adunanza pubblica del 26/03/2024 dal AVV_NOTAIO;
Oggetto:
udite le conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero, in persona Sostituto Procuratore RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
udite le conclusioni rassegnate dall’AVV_NOTAIO per la ricorrente e dall’AVV_NOTAIO per la resistente.
Ritenuto in fatto
RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, avverso la sentenza n. 233/08/19 della Commissione tributaria Regionale del Veneto (CTR), depositata il 3.4.2019, che ha accolto l’appello della RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Venezia (CTP), che ha rigettato il ricorso della medesima contribuente contro l’accertamento che ha attribuito la categoria “D/7”, in luogo di quella “E/3” dichiarata al complesso di vasche e fabbricati, di proprietà della predetta società, adibiti al trattamento ed alla depurazione RAGIONE_SOCIALE acque e, per l’effetto, ha rettificato la relativa rendita catastale.
La contribuente si è costituita con controricorso.
Con ordinanza interlocutoria n. 58 del 4 gennaio 2022 la Sezione sesta tributaria ha rimesso il presente giudizio alla pubblica udienza.
Il Pubblico Ministero ha depositato memoria scritta.
Parte controricorrente ha depositato memoria.
Considerato in diritto
In via preliminare deve ritenersi pienamente ammissibile il deposito della memoria della contribuente che, per mero impedimento tecnico non imputabile alla parte, risulta non avvenuto correttamente; circostanza rispetto alla quale, per come è emerso nel corso dell’udienza pubblica, nulla ha eccepito l’RAGIONE_SOCIALE.
Con l’unico motivo la ricorrente deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 2, comma 40, del decreto legge 3 ottobre 2006 n. 262 ed invoca l’applicazione al caso di specie del principio già espresso da questa Corte, secondo cui « In tema di ICI, poiché l’attività di gestione del servizio idrico ha natura economica, i relativi impianti non rientrano tra le unità immobiliari catastalmente censibili nella categoria E, che è propria di quegli immobili con una
caratterizzazione tipologico-funzionale, costruttiva e dimensionale tale da renderli sostanzialmente incommerciabili ed estranei ad ogni logica di commercio e di produzione industriale, sicché, per tali impianti, non opera l’esenzione I.C.I. di cui all’art. 7, comma 1, lett. b), del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, applicabile solo ai fabbricati classificati o classificabili nelle categorie catastali da E/1 a E/9. » (Cass. n. 9427 del 2019).
3. Il motivo è fondato.
3.1 L’art. 2, comma 40, cit. sancisce che « Nelle unità immobiliari censite nelle categorie catastali E/1, E/2, E/3, E/4, E/5, E/6 ed E/9 non possono essere compresi immobili o porzioni di immobili destinati ad uso commerciale, industriale, ad ufficio privato ovvero ad usi diversi, qualora gli stessi presentino autonomia funzionale e reddituale».
Il legislatore ha, dunque, posto in termini di incompatibilità la classificazione in categoria “E” e la destinazione dell’immobile ad uso commerciale o industriale, di talchè diventa dirimente, ai fini della valutazione del corretto censimento dell’immobile, accertare se la gestione dell’impianto, nella specie di depurazione, presenti gli obiettivi caratteri della economicità intesa quale perseguimento del cosiddetto “lucro oggettivo”, ossia il rispetto di un criterio di proporzionalità tra costi e ricavi, nel senso che questi ultimi tendono a coprire i primi remunerando i fattori della produzione. A tale scopo non è, dunque, sufficiente la destinazione dell’immobile al soddisfacimento di un interesse generale, dovendo l’attività con esso svolta essere esercitata con caratteri estranei a quelli imprenditoriali sopra riportati intesi, appunto, come attitudine alla copertura dei costi e del capitale investito con i ricavi conseguiti attraverso l’applicazione di tariffe predeterminate. 3.2 In proposito, la normativa di settore, riferita alla gestione del servizio idrico integrato, richiama i principi di efficacia ed economicità ai quali tale servizio deve essere ispirato. In particolare, l’art. 9, comma 1, della legge 5 gennaio 1994, n. 36 con la rubrica «Disciplina della gestione del servizio idrico integrato» disponeva che « I comuni e le province di ciascun ambito territoriale ottimale di cui all’articolo 8, entro il termine perentorio di sei mesi dalla delimitazione dell’ambito medesimo, organizzano il servizio idrico integrato, come definito dall’articolo 4, comma 1, lettera f), al fine di garantirne la gestione secondo criteri di efficienza, di efficacia e di economicità ». Tale disposizione risulta ora ribadito dall’art. 141, comma 2, del
d.lgs. 3 aprile 2006 n 152 secondo cui « Il servizio idrico integrato è costituito dall’insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili di fognatura e di depurazione RAGIONE_SOCIALE acque reflue, e deve essere gestito secondo principi di efficienza, efficacia ed economicità, nel rispetto RAGIONE_SOCIALE norme nazionali e comunitarie. Le presenti disposizioni si applicano anche agli usi industriali RAGIONE_SOCIALE acque gestite nell’ambito del servizio idrico integrato .
3.3 Alla luce del riportato quadro normativo e con riferimento agli impianti di depurazione e al loro accatastamento, questa Corte (Cass. n. 3558 del 2015 non massimata) dopo aver rilevato che « il gruppo E del quadro generale RAGIONE_SOCIALE categorie già indicate con la Circolare n. 5 del 14 marzo 1992 della RAGIONE_SOCIALE, individua una serie di particolari edifici, costruzioni e spazi variamente attrezzati destinati a soddisfare determinate esigenze pubbliche » ha precisato che « La categoria E/9- Edifici a destinazione particolare non compresi nelle categorie precedenti del gruppo E – ricomprende tutti quei fabbricati di interesse pubblico non accertabili nelle altre categorie del gruppo E. Il riferimento, contenuto nella categoria E/9 alla “particolarità della destinazione” legittima l’inclusione nella stessa degli impianti di depurazione che non costituiscano parte di un’azienda privata, bensì siano destinati ad un’attività di pubblico interesse quale, come nel caso in esame, la depurazione RAGIONE_SOCIALE acque nere provenienti dalle condotte del bacino veneziano gestite da Enti pubblici o da società partecipate da RAGIONE_SOCIALE» .
Le affermazioni contenute nel precedente indicato sono state successivamente precisate dalla giurisprudenza di legittimità.
Ed invero, Cass. n. 2247 del 2021 (Rv. 660306 – 01), nel riprendere alcuni precedenti (Cass. n. 9427 del 2019; Cass. n. 12741 del 2018, in tema di classamento catastale di impianto di discarica per la gestione di rifiuti solidi urbani e la captazione di biogas; Cass., n. 17022 del 2020, in tema di classamento catastale di impianto di compostaggio di rifiuti), ha affermato il seguente principio di diritto « In tema di classificazione catastale, poiché l’attività di gestione del servizio idrico ha natura economica, i relativi impianti industriali di depurazione e smaltimento RAGIONE_SOCIALE reflue non rientrano tra le unità immobiliari catastalmente censibili nella categoria E, che è propria di quei fabbricati con una caratterizzazione
tipologico-funzionale, costruttiva e dimensionale tale da renderli sostanzialmente incommerciabili ed estranei ad ogni logica commerciale e produttiva, ma rientrano nel gruppo D, tipico RAGIONE_SOCIALE costruzioni che ospitano processi industriali e, nel caso di depuratore, nella categoria D/7, senza che la destinazione a servizio pubblico possa ritenersi incompatibile con la natura imprenditoriale dell’attività svolta da società a rilevante partecipazione pubblica ».
Il suindicato principio ripreso dalla successiva giurisprudenza (Cass. n. 34855 del 2021) tiene conto del fatto che la qualificazione nel gruppo ‘E’ degli immobili (stazioni, ponti, fari, edifici di culto, cimiteri, ecc.), tiene conto della loro marcata caratterizzazione tipologico-funzionale, costruttiva e dimensionale che li rendono sostanzialmente incommerciabili e estranei ad ogni logica di commercio e di produzione industriale.
In proposito, come osservato dalla Corte nella indicata sentenza del 2021, la Tariffa del RAGIONE_SOCIALEo Idrico Integrato configura il corrispettivo di una prestazione commerciale con la conseguente esclusione della possibilità di accatastamento degli immobili all’uopo utilizzati nella categoria E, rientrando gli stessi nella categoria D – per ‘Fabbricati costruiti o adattati per le speciali esigenze di un’attività industriale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali trasformazioni’. La tariffa del servizio idrico integrato configura, infatti, il corrispettivo di una prestazione commerciale complessa, che trova fonte, non in un atto autoritativo direttamente incidente nel patrimonio dell’utente, bensì nel contratto di utenza (Cass., n. 12763 e 12769 del 2014), confermando l’ispirazione della relativa gestione a criteri di efficienza, efficacia ed economicità, in coerenza con il requisito teleologico minimo per l’assunzione della qualifica imprenditoriale (art. 2050 cod.civ.). L’inquadramento del RAGIONE_SOCIALEo Idrico Integrato in tale schema trova conferma nelle sentenze della Corte Costituzionale n. 325 del 3 novembre 2010 e n. 187 dell’8 giugno 2011, che ne hanno affermato la riconducibilità alle materie della “tutela della concorrenza” e della “tutela dell’ambiente”.
In linea con questa ricostruzione si pone, a superamento dei pregressi indirizzi di prassi, la circolare emanata dall’RAGIONE_SOCIALE il 16 maggio 2006 n. 4 la quale ha chiarito (par. 3.1.3, lett.c), che le costruzioni tese ad ospitare impianti industriali mirati al trattamento RAGIONE_SOCIALE acque reflue sono tipiche di processi
industriali o, comunque, produttivi e, pertanto, la categoria da attribuire agli immobili che le ospitano è da individuare nel gruppo “D”.
Va, in ultimo osservato che proprio per la rilevanza dei presupposti richiamati, la natura economica dell’attività non viene meno per la circostanza che a gestire il servizio pubblico sia direttamente l’ente territoriale piuttosto che una azienda municipalizzata o una società partecipata in toto dal Comune (o da un consorzio RAGIONE_SOCIALE), in quanto ciò che rileva ai fini del classamento catastale sono le caratteristiche dell’immobile e la sua destinazione funzionale.
3.4 In conclusione, cosi come rilevato dal Primo Presidente con provvedimento del 2 luglio 2021, emesso a seguito di istanza della contribuente di rimessione del presente giudizio alle Sezioni unite, non sussiste alcun contrasto tra la richiamata sentenza del 2015 e le successive pronunce di questa Corte che, ponendosi nel medesimo solco interpretativo, ne costituiscono un ulteriore sviluppo.
Dalla riportata evoluzione giurisprudenziale emerge, infatti che, ai fini del corretto inquadramento catastale di un impianto di depurazione, è dirimente accertare se nella sua gestione vi sia o meno il carattere dell’economicità, quale perseguimento di un lucro oggettivo nei termini sopra riportati, non essendo sufficiente la mera destinazione dell’immobile ad una attività di pubblico interesse, in quanto il perseguimento di quest’ultimo è comunque compatibile con una gestione secondo schemi imprenditoriali.
3.5.Nel caso di specie era, dunque, appropriata la classificazione D7, a nulla rilevando – diversamente da quanto affermato dalla CTR – la finalità pubblicistica dell’attività di depurazione RAGIONE_SOCIALE acque.
Ne segue, in accoglimento del ricorso, la cassazione della sentenza impugnata.
Non sussistendo la necessità di accertamenti in fatto, la causa deve essere decisa nel merito, ex art. 384 cod.proc.civ., mediante rigetto del ricorso originario della società.
Stante il consolidarsi soltanto in corso di causa del su riportato indirizzo interpretativo, sussistono i presupposti per l’integrale compensazione RAGIONE_SOCIALE spese di lite.
P.Q.M.
La Corte
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso della società.
Spese tutte compensate.
Così deciso in Roma il 26 marzo 2024.