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Classificazione catastale: impianti idrici in D/7

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 21295/2025, ha stabilito che gli impianti del servizio idrico integrato devono avere una classificazione catastale nella categoria D/7 (immobili industriali) e non E/3 (immobili per esigenze pubbliche). La Corte ha chiarito che la natura economica e imprenditoriale dell’attività, finalizzata alla copertura dei costi tramite tariffe, prevale sulla natura pubblica del servizio e sulla forma giuridica del gestore. La decisione si fonda sulle caratteristiche oggettive dell’immobile e sulla sua autonomia funzionale e reddituale, rendendo irrilevante l’assenza di un fine di lucro soggettivo.

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Pubblicato il 25 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Classificazione Catastale: Impianti Idrici in Categoria D, Non E

La corretta classificazione catastale di un immobile è un tema cruciale con dirette implicazioni fiscali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato il caso specifico degli impianti del servizio idrico, stabilendo un principio fondamentale: la natura economica dell’attività prevale sulla finalità di pubblico interesse. Vediamo nel dettaglio la decisione e le sue motivazioni.

I Fatti di Causa

Il caso nasce da un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate a una società per azioni che gestisce il servizio idrico per conto di diversi comuni. L’Amministrazione finanziaria contestava la classificazione catastale di un impianto (un locale tecnico con vasca di carico acque) nella categoria E/3, riservata a “costruzioni e fabbricati per speciali esigenze pubbliche”. Secondo l’Agenzia, l’immobile doveva essere riclassificato nella categoria D/7, che comprende “fabbricati costruiti o adattati per le speciali esigenze di un’attività industriale”, sostenendo che l’attività svolta fosse di natura imprenditoriale.

La società contribuente si opponeva, e le commissioni tributarie di primo e secondo grado le davano ragione. I giudici di merito ritenevano che l’immobile, essendo utilizzato per un’attività di pubblico interesse da parte di una società a totale capitale pubblico operante in regime di in house providing, dovesse rientrare nella categoria E. Si sottolineava inoltre che le tariffe del servizio idrico erano calcolate per coprire i costi, senza generare un utile d’impresa, escludendo così la natura commerciale.

La Decisione della Cassazione sulla Classificazione Catastale

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassando la sentenza d’appello e stabilendo un principio opposto. Secondo i giudici supremi, la classificazione catastale deve basarsi sulle caratteristiche oggettive e funzionali dell’immobile, non sulla natura giuridica del soggetto proprietario o sull’assenza di uno scopo di lucro soggettivo.

La Corte ha affermato che la gestione del servizio idrico integrato, per come è strutturata dalla normativa nazionale ed europea, costituisce un’attività economica. Anche se persegue un interesse pubblico, è esercitata con criteri imprenditoriali, dove le tariffe applicate all’utenza sono il corrispettivo del servizio e mirano a coprire integralmente i costi di investimento e di esercizio. Questo configura un’attività con rilevanza economica, incompatibile con la categoria E, destinata a immobili privi di potenziale reddituale e commerciale.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte fonda la sua decisione su diversi pilastri argomentativi:

1. Incompatibilità tra Categoria E e Uso Industriale: La normativa catastale stabilisce una netta distinzione. La categoria E è riservata a immobili che, per le loro caratteristiche, sono incommerciabili e estranei a logiche di produzione industriale (es. edifici di culto, cimiteri, fari). Al contrario, la categoria D è tipica delle costruzioni che ospitano processi industriali. Un impianto per il trattamento e la distribuzione dell’acqua è intrinsecamente industriale.

2. Natura Economica del Servizio Idrico: La legislazione di settore definisce il servizio idrico integrato come un “servizio a rilevanza economica”, da gestire secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità. Le tariffe rappresentano il corrispettivo di una prestazione commerciale complessa, non un atto autoritativo. L’obiettivo di coprire i costi con i ricavi (lucro oggettivo) è sufficiente per qualificare l’attività come imprenditoriale ai fini catastali.

3. Irrilevanza della Forma Giuridica del Gestore: Che il servizio sia gestito direttamente da un ente pubblico, da un’azienda municipalizzata o da una società partecipata in house non cambia la natura economica dell’attività. Ciò che rileva per la classificazione catastale sono le caratteristiche intrinseche dell’immobile e la sua destinazione funzionale.

4. Autonomia Funzionale e Reddituale: L’impianto in questione possiede un’autonomia funzionale e una capacità, almeno potenziale, di produrre reddito. Il fatto stesso che la società lo abbia accatastato dimostra che è considerato un’unità immobiliare autonoma. Tale autonomia lo esclude dalla categoria E e lo attrae nel gruppo D.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro: gli impianti industriali destinati a servizi pubblici (come depuratori, acquedotti, discariche) devono essere censiti nella categoria catastale D. La decisione ha importanti implicazioni fiscali, poiché la rendita catastale degli immobili in categoria D è generalmente superiore a quella degli immobili in categoria E, con un conseguente aumento del carico impositivo (es. IMU).

Per le società, anche a totale capitale pubblico, che gestiscono servizi essenziali, questo significa dover applicare criteri rigorosamente oggettivi e industriali per la classificazione catastale dei propri asset, indipendentemente dalla loro missione pubblica. La sentenza ribadisce che, in materia tributaria, la sostanza economica dell’attività prevale sulla forma giuridica del soggetto che la esercita.

Un immobile destinato a un servizio pubblico può essere classificato in una categoria industriale come la D/7?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che se l’attività svolta nell’immobile ha natura economica e industriale, come la gestione del servizio idrico, la classificazione corretta è nel gruppo D, a prescindere dalla finalità di pubblico interesse del servizio.

La natura di società pubblica ‘in house’ e l’assenza di uno scopo di lucro influenzano la classificazione catastale?
No. Secondo la sentenza, questi aspetti sono irrilevanti. La classificazione dipende dalle caratteristiche oggettive e funzionali dell’immobile e dalla natura economica dell’attività, definita dalla capacità di coprire i costi con i ricavi (tariffe), non dal fine di profitto soggettivo dell’ente gestore.

Qual è il criterio decisivo per distinguere tra categoria catastale E e D per gli impianti di servizio pubblico?
Il criterio dirimente è se l’immobile presenti autonomia funzionale e reddituale e sia destinato a un’attività di tipo commerciale o industriale. La categoria E è riservata a beni intrinsecamente non commerciabili e privi di tale autonomia, mentre la categoria D è propria delle costruzioni che ospitano processi industriali e produttivi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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