Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33741 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33741 Anno 2024
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20268/2021 R.G. proposto da :
AGENZIA DELLE ENTRATE rappresentata e difesa dall’avvocatura generale dello Stato (NUMERO_DOCUMENTO);
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dall’avv. COGNOME (CODICE_FISCALE unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LIGURIA n. 54/2021 depositata il 26/01/2021;
sul ricorso iscritto al n. 24515/2023 R.G. proposto da:
GRUPPO RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
COMUNE DI GENOVA rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME (CHSCRN72L47D969M) unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA II GRADO LIGURIA n. 309/2023 depositata il 27/04/2023;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.L’amministrazione finanziaria emetteva due avvisi di accertamento -relativamente a due immobili ( indicati in catasto al fl 46, part. 437, sub 2 e 507 e fl. 46, part. 493) determinando la categoria D/8, in rettifica di quella E/1, attribuita dalla società gruppo Messina con RAGIONE_SOCIALE presentata il 15 gennaio 2014 – che venivano impugnati con distinti ricorsi dalla contribuente, respinti dalla CTP con le sentenze 1436/2016 e 1437/2016.
La CTR, riuniti i ricorsi avverso le due sentenze di primo grado, con sentenza n. 54/2020, respingeva l’eccezione dell’appellante di insufficiente motivazione degli atti impugnati e riconosceva la categoria E/1 alle aree portuali in quanto -come descritto nella perizia di parte -destinate ad operazioni portuali e servizi portuali ex art. 16 legge 84/94 ed in quanto tali inquadrabili nella categoria indicata dalla concessionaria.
L’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza della CTR Liguria n. 54/02/2021, depositata il 26 gennaio 2021 svolgendo quattro motivi. Replica con controricorso la società contribuente.
Il Comune di Genova provvedeva ad emettere l’accertamento per l’annualità 2014 (IMU), relativamente alle aree contraddistinte dai progressivi 56, 57, 58 e 63 chiedendo il pagamento di una mensilità dell’anno 2014 oltre sanzioni, mentre, relativamente alle aree individuate con i progressivi 67 e 68, il pagamento di dodici mensilità dell’anno 2014. Avverso l’avviso di accertamento del Comune, la Società proponeva ricorso dinanzi alla C.T.P., censurando -previa istanza di sospensione del giudizio in attesa della definizione del giudizio avverso gli avvisi di accertamento catastale l’atto opposto per deficit motivazionale rispetto ai mappali 56, 57, 58 e 63, atteso che la motivazione concerneva solo i mappali 67 e 68 inquadrati in categoria D/8; con riferimento ai mappali 56, 57 e 58 denunciava l’omessa notifica della rendita attribuita dall’Agenzia, nonché l’erronea quantificazione dell’imponibile per i progressivi 56, 57, 58 e 63, mancando il presupposto oggettivo dell’imposta; deduceva l’intervenuta duplicazione dell’imposta in quanto richiesta, anche se per un solo mese, la maggiore IMU relativa ai progressivi 56, 57, 58 e 63 ed una maggiore imposta per i dodici mesi del 2014 per i progressivi 67 e 68.
La società deduceva che il giudizio relativo all’avviso di accertamento 2014 sull’IMU dovesse conformarsi alle risultanze della sentenza immediatamente esecutiva n. 54 del 20.11.2020, emessa dalla Commissione Tributaria Regionale di Genova che aveva confermato la docfa del 15.1.2014 presentata dalla Società, attribuendo la categoria E/1 a tutte le aree portuali in concessione al Gruppo Messina RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE (ad eccezione del locale bar).
Il Comune di Genova sosteneva che per i progressivi 56, 57, 58 e 63 non fosse necessaria alcuna notifica della rendita avendo l’autorità portuale presentato nell’anno 2008 la Docfa con attribuzione della categoria D) alle aree portuali.
I giudici di prossimità accoglievano il ricorso affermando che .
La Commissione accoglieva, inoltre, il ricorso con riferimento ai progressivi 56, 57, 58 e 63, in quanto, trattandosi delle medesime aree oggetto degli accertamenti catastali, riteneva che non potessero avere una differente qualificazione rispetto a quella in categoria E/1 accertata dalla sentenza della CTR n.54/2020.
Il Comune interponeva gravame chiedendo la sospensione del giudizio in attesa della definizione del giudizio relativo all’accatastamento ed in subordine chiedeva di riformare la sentenza della C.T.P., n. 512/2021, limitatamente alla definizione della rendita e all’accertamento delle unità di cui ai progressivi 56, 57, 58 e 63, rilevando, l’erronea attribuzione della categoria E/1 ai beni dati in concessione alla società Gruppo Messina, tenuto conto della decisione della Corte di cassazione n.13136/2019 relativa alle stesse parti ed al medesimo oggetto.
Il Comune rilevava altresì come non vi fosse alcuna duplicazione d’imposta giacché l’accertamento IMU per i ‘progressivi 56, 57, 58 e 63’, corrispondenti a mappali poi eliminati attraverso la proposta di revisione catastale di cui alla DOCFA presentata dalla stessa Società in data 15/1/2014, fosse limitato, al periodo 1/1/2014 -15/1/2014, vale a dire al solo periodo antecedente la data di presentazione della DOCFA da parte di Gruppo Messina, mentre l’accertamento per i progressivi 67 e 68 riguardava solo il successivo periodo dell’anno.
La concessionaria sosteneva che per quanto riguarda le aree di cui ai progressivi 56, 57 e 58 l’accatastamento era avvenuto ad opera di Autorità Portuale, senza suo coinvolgimento e che la conseguente attribuzione di rendita non le era mai stata notificata, in violazione dell’art. 74 della L.21/11/2000 n 342.
Con sentenza n. 309/2023, depositata in segreteria il 27 aprile 2023, la Corte di Giustizia Tributaria di II Grado della Liguria accoglieva l’appello proposto dal Comune di Genova avverso la sentenza n. 512/2021 della Commissione Tributaria Provinciale di Genova.
Il giudice di appello rilevava che, in tema di classamento, ai sensi dell’art. 2, comma 40, del d.l. n. 262 del 2006, convertito, con modificazioni, nella legge n. 286 del 2006, nelle unità immobiliari censite nelle categorie catastali E/1, E/2, E/3, E/4, E/5, E/6 ed E/9 non possono essere compresi immobili o porzioni di immobili destinati ad uso commerciale, industriale, ad ufficio privato ovvero ad usi diversi, qualora gli stessi presentino autonomia funzionale e reddituale, e, cioè, alla luce del combinato disposto degli artt. 5 del r.d.l. n. 652 del 1939 e 40 del D.P.R. n. 1142 del 1949, immobili per se stessi utili o atti a produrre un reddito proprio, anche se utilizzati per le finalità istituzionali dell’ente titolare.
Avverso la sentenza di appello, il RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi.
Il Comune di Genova ha depositato controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via preliminare i ricorsi nn. Rg 20268/2021 e 24515/2023, devono essere riuniti, attesa la pregiudizialità del secondo ricorso rispetto a quello precedentemente introdotto, nonché le esigenze di economia e speditezza decisionale.
Seppur relativi a sentenze diverse, il primo ricorso concerne l’impugnazione della sentenza che ha deciso in merito a due avvisi di accertamento aventi ad oggetto la classificazione dei cespiti in
concessione al Gruppo Messina e la relativa attribuzione della rendita catastale; il secondo ricorso investe invece la sentenza relativa all’avviso di accertamento IMU emesso dall’amministrazione comunale di Genova sulla base della rettifica della rendita operata dall’Agenzia delle Entrate in seguito alla presentazione della Docfa del 15 gennaio 2014.
2.Alla luce della evidente connessione tra le cause, si dispone la riunione ex art. 274 cpc dei ricorsi nn. 20268/2021 e 24515/2023 sotto il numero più antico di ruolo, in base al principio generale secondo cui il giudice può ordinare la riunione in un solo processo di impugnazioni diverse, in quanto legati l’uno all’altro da un rapporto di pregiudizialità. L’istituto della riunione di procedimenti relativi a cause connesse, previsto dall’art. 274 cod. proc. civ., essendo volto a garantire l’economia ed il minor costo del giudizio, oltre alla certezza del diritto, trova applicazione anche in sede di legittimità, ed anche in relazione a ricorsi proposti contro sentenze diverse pronunciate in separati giudizi (Cass.S.U. 1521 del 23/01/2013; Cass. n. 27550 del 30/10/2018).
RICORSO RG. N. 20268/2021
3.La prima censura del ricorso n. 20268/2021 deduce la nullità della sentenza per violazione degli articoli 111 della costituzione, 36 d.lgs. 546/1992 e 132 cod. proc. civ., in relazione all’articolo 360, primo comma, nn.4) e 5) cod. proc. cv.. Si assume che la sentenza ha aderito acriticamente alle conclusioni del consulente tecnico di ufficio trascurando completamente le considerazioni esposte dall’ufficio, in tal modo disattendendo l’obbligo di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento. In questo modo, il Collegio d’appello non ha considerato gli elementi contenuti nella perizia di parte prodotta dall’agenzia non adeguatamente valutati dal CTU nominato dalla commissione, affermando che allorquando ad una consulenza tecnica d’ufficio siano mosse critiche dettagliate da un consulente di parte, il
giudice che intende disattenderle all’obbligo di indicare nella motivazione della sentenza le ragioni di tale scelta. Sebbene nelle memorie di osservazione alla c.t.u., il consulente tecnico di parte erariale abbia proceduto ad una compiuta argomentazione normativa o documentale dalla quale emergeva l’incompatibilità del declassamento proposto dalla società, evidenziando che il complesso immobiliare avesse caratteristiche strutturali idonee ad essere adibiti ad attività commerciali e che per immobili aventi caratteristiche similari si era già espressa la Corte di Cassazione con la pronuncia lo 0287 del 2019. Infine, nel richiamare pronunce della Cassazione, evidenzia che la motivazione della sentenza impugnata costituirebbe un grave esempio di motivazione apparente.
4.Con la seconda censura si denuncia la violazione degli articoli 2,5 e 10 del r.d.l. 652 del 1939, convertito con legge 1249 del 1939, nonché degli articoli 6, 8 e 40 del d.P.R. 1142 del 1949 e 2, comma 40, d.l. 262 del 2006; per avere i giudici territoriali sovrapposto il concetto di funzionalità a livello di destinazione contingente con quello strettamente catastale; si afferma infatti che il r.d.l. 13 Aprile 1989, n. 652, intitolato ed, in particolare, l’articolo 5 r.d.l. 652 del 1989, definiscono unità immobiliare urbana come quella costituita da una porzione di fabbricato o da un fabbricato o da un insieme di fabbricato ovvero da un’area che, nello stato in cui si trova e secondo l’uso locale, presenta potenzialità di autonomia funzionale e reddituale. Dalle norme sopra citate si evince che per l’accatastamento occorre dapprima individuare l’unità immobiliare urbana, quale cespite dotato di autonomia funzionale e reddituale e successivamente per l’attribuzione della categoria catastale, riscontrare le caratteristiche intrinseche dell’unità immobiliare urbana che ne determinano la destinazione ordinaria e permanente.
Inoltre, si assume che, secondo l’art. 2, comma 40, d.l. 262 del 2006 nelle unità immobiliari censite nelle categorie catastali E/1, E/2,E/3,E/4,E/5,E/6, ed E/9 non possono essere compresi immobili o porzioni di immobili destinati ad uso commerciale, industriale, ad ufficio privato ovvero ad usi diversi, qualora gli stessi presentino autonomia funzionaria e reddituale: la strumentalità del bene ai servizi portuali marittimi è un elemento del tutto irrilevante ai fini della corretta individuazione della categoria catastale, in quanto la norma non richiama in alcun modo la strumentalità del bene, ma individua l’autonomia reddituale del cespite idonea ad escluderne l’attribuzione delle categorie catastali E) nell’attitudine dell’immobile, in sé per sé considerato, a produrre reddito. Il giudice d’appello avrebbe quindi erroneamente interpretato il concetto di funzionalità, riferendolo alla destinazione contingente come si evince anche dall’affermazione che l’attività autorizzata dalle autorità portuali di Genova alla ricorrente riguarda l’esercizio di operazioni per un servizio portuale.
5.Il terzo mezzo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 7, comma 1, lettera b), d.lgs. 504 del 92, 21, comma 1, lettera a), legge 28 gennaio 1994, n. 84, in relazione all’articolo 360, primo comma, numero 3, cod.proc.civ.; per avere il collegio d’appello ritenuto come elemento discriminante l’esercizio di attività portuali e servizi portuali. In realtà il legislatore ha individuato tassativamente gli immobili da classificare nella categoria E), comprendendovi gli immobili a destinazione particolare, per i quali l’articolo 7 del d.lgs. 504 del 92 prevede l’esenzione dall’ICI in quanto destinati a svolgere una pubblica funzione; al contrario la categoria D) è applicabile a tutti gli immobili ad uso imprenditoriale. Si assume che il concessionario demaniale utilizza, traendone profitto, quanto è oggetto di concessione, con modalità organizzative autonome come prevede la normativa portuale ex articolo 2, decreto ministeriale 6 Febbraio
2001, numero 132; al contrario l’articolo 1, comma 2, d.lgs. 422 del 97 statuisce che ; in tal modo sottolineando la netta differenza tra le funzioni pubblicistiche rappresentate dal servizio pubblico portuale dalle attività produttive private relative ai porti.
6.Il quarto strumento di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione dell’art.2, comma 40 e seguenti del d.l. 262 del 2006, dell’articolo 1, comma 578, legge 205 del 2017 nonché dell’articolo 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000, numero 212, in relazione all’articolo 360, primo comma, numero 3, cod.proc.civ.; si insiste nell’affermare che la qualificazione delle aree scoperte in categoria E) si pone in contrasto col quadro normativo in vigore all’epoca della richiesta di rilassamento, giacchè la legge 205 del 2017 all’articolo 1, comma 578, il quale prevede che a decorrere dal trova applicazione solo a decorrere dal 1 gennaio 2020.
In applicazione del principio processuale della “ragione più liquida”, desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost., vanno esaminati con priorità gli ultimi tre motivi del ricorso, la cui fondatezza assorbe le altre questioni proposte con la prima censura. La causa, infatti, può essere decisa sulla base della questione di più agevole soluzione, anche se logicamente subordinata, senza che sia necessario esaminare previamente le altre, imponendosi, secondo l’indirizzo espresso da questa Corte: “a tutela di esigenze di economia processuale e di celerità di giudizio, un approccio interpretativo che comporti la verifica delle soluzioni sul piano dell’impatto operativo piuttosto che su quello della coerenza logico sistematica e sostituisca il profilo dell’evidenza a quello dell’ordine delle questioni da trattare ai sensi dell’art. 276 c.p.c.” (tra le tante: Cass., Sez. Un., 8 maggio 2014, n. 9936; Cass., Sez. 6^-5, 22 agosto 5 2017, n. 20250; Cass., Sez. 5^, 3 ottobre 2018, n. 24061; Cass., Sez. 5^, 17 aprile 2019, n. 10674; Cass., Sez. 5^, 7 ottobre 2020, n. 27989; Cass., Sez. 5^, 19 luglio 2021., n. 20639; Cass., Sez. 5^, 20 dicembre 2021, n. 40734; Cí3SS., Sez. 5^, 9 gennaio 2019, n. 363; Cass., Sez. 5^, 18 novembre 2021, n. 35219; Cass., Sez. 5^, 29 dicembre 2021, n. 41841; Cass., Sez. 5^, 11 gennaio 2022, n. 522; Cass., Sez. 5^, 17 gennaio 2022, n. 1149).
Vanno, pertanto, esaminati gli ultimi tre motivi, i quali, involgendo questioni osmotiche, possono essere scrutinati congiuntamente. Essi sono fondati, assorbito il primo.
8.1. Oggetto del contendere è la tassabilità o meno dell’area portuale demaniale utilizzata dalla società imprenditrice “terminalista”, concessionaria del suolo per le attività di movimentazione, deposito, imbarco e sbarco di merci. La tesi sostenuta da parte resistente è che l’area portuale è classificabile nella categoria E/1 che include “stazioni per servizi di trasporto terrestri marittimi ed aerei”. Tale qualificazione nel gruppo E è propria di quegli immobili (stazioni, ponti, fari, edifici di culto,
cimiteri ecc..) con una marcata caratterizzazione tipologicofunzionale, costruttiva e dimensionale che li rendono sostanzialmente incommerciabili ed estranei ad ogni logica di commercio e di produzione industriale.
8.2. La legge n. 262 del 2006, art. 2, comma 40, prevede che ” Nelle unità immobiliari censite nelle categorie catastali E/1, E/2, E/3, E/4, E/5, E/6 ed E/9 non possono essere compresi immobili o porzioni di immobili destinati ad uso commerciale, industriale, ad ufficio privato ovvero ad usi diversi, qualora gli stessi presentino autonomia funzionale e reddituale. 41. Le unità immobiliari che per effetto del criterio stabilito nel comma 40 richiedono una revisione della qualificazione e quindi della rendita devono essere dichiarate in catasto da parte dei soggetti intestatari, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto. In caso di inottemperanza, gli uffici provinciali dell’Agenzia del Territorio provvedono, con oneri a carico dell’interessato, agli adempimenti previsti dal regolamento di cui al decreto del Ministro delle Finanze 19 aprile 1994, n. 701; in tale caso si applica la sanzione prevista dall’articolo 31 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, e successive modificazioni, per le violazioni degli articoli 20 e 28 dello stesso regio decreto-legge n. 652 del 1939, nella misura aggiornata dal comma 338 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311. 42. Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia del Territorio, nel rispetto delle disposizioni e nel quadro delle regole tecniche previste dal codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto e da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, sono stabilite le modalità tecniche e operative per l’applicazione delle disposizioni di cui ai commi 40 e 41, nonché gli oneri di cui al comma 41. 43. Le rendite catastali dichiarate ovvero attribuite ai
sensi dei commi 40, 41 e 42 producono effetto fiscale a decorrere dal 1 gennaio 2007». Dunque, la predetta norma ha posto il divieto, per le unità censite sotto le categorie E/1, E/2, E/3, E/4, E/5, E/6 ed E/9, di comprendere «immobili o porzioni di immobili destinati ad uso commerciale, industriale, ad ufficio privato ovvero ad usi diversi, qualora gli stessi presentino autonomia funzionale e reddituale ».
8.3.Essa, quindi, prevede una diversa classificazione in presenza di: 1. un immobile o una porzione di immobile con destinazione ad un uso commerciale, industriale, ad ufficio privato ovvero ad usi diversi; 2. con autonomia funzionale; 3. con autonomia reddituale. La legge in rassegna, quindi, mentre riconosce la categoria E, ne esclude l’applicabilità a beni identificati con specifiche caratteristiche facenti parte di un più vasto complesso immobiliare. Tali beni, che non possono più essere accatastati nella più ampia categoria E, devono avere autonomia funzionale e reddituale.
8.4. Come è stato chiarito dall’art. 1, commi 1, 2, 3 e 4, del provvedimento adottato dal Direttore dell’Agenzia del Territorio il 2 gennaio 2007, in ottemperanza all’art. 2, comma 42, del d.l. 3 ottobre 2006 n. 262, convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 novembre 2006 n. 286: «1. Gli immobili o loro porzioni destinati ad uso commerciale industriale, ad ufficio privato, ovvero ad usi diversi, ricompresi nell’ambito di unità immobiliari già iscritte nelle categorie catastali E/1, E/2, E/3, E/4, E/5, E/6 ed E/9, ovvero oggetto di dichiarazione di variazione o di nuova costruzione, sono censiti in catasto come unità immobiliari autonome in altra appropriata categoria di un diverso gruppo, qualora gli stessi presentino autonomia funzionale e reddituale. 2. Per «usi diversi» si intende ogni altra utilizzazione, ancorché diversa da quella commerciale, industriale e di ufficio privato, non strettamente strumentale all’esercizio della destinazione funzionale dell’unità immobiliare principale, censita in una categoria del gruppo E. Sono
considerati strumentali gli immobili utilizzati esclusivamente per l’erogazione del servizio pubblico. 3. Per autonomia funzionale si intende la possibilità del bene di essere utilizzato autonomamente rispetto alle altre porzioni immobiliari del compendio di cui fa parte, ancorché l’accesso possa avvenire da spazi comuni e nell’ambito di orari e regole stabiliti con disciplinari, regolamenti o similari. A tale fine i beni di cui al comma 1 devono essere delimitati e, ove necessario, devono essere dotati o dotabili dei servizi di fornitura di energia elettrica, di adduzione idrica, di fognatura, ed altri, ancorché utilizzabili in forma associata. Gli stessi beni devono inoltre presentare una stabilità nel tempo, legata alle caratteristiche intrinseche, ancorché la destinazione specifica possa variare nel corso dell’anno. 4. L’autonomia reddituale si configura quando il bene è in grado di produrre un reddito indipendente ed autonomo da quello ascrivibile agli altri cespiti ubicati nel compendio».
8.5. Al riguardo, giova ricordare come, per le stesse finalità, la circolare emanata dall’Agenzia del Territorio il 16 maggio 2006 n. 4 (‘Modalità di individuazione e classamento delle unità immobiliari censibili nei gruppi speciali D ed E’) aveva già anticipato indirizzi tecnici e procedurali concernenti unità immobiliari a destinazione particolare, nella consapevolezza che: «Per le unità iscrivibili nelle categorie dei gruppi D ed E riveste particolare rilevanza la problematica connessa alla corretta perimetrazione della singola unità immobiliare» (punto 2.1). Così, si è evidenziato che: «Per quanto concerne gli immobili afferenti alle categorie dei gruppi D ed E, risulta frequente il caso in cui l’unità immobiliare coincida con un insieme di fabbricati in stretto legame funzionale tra di loro e facenti parte di un unico complesso a destinazione produttiva o commerciale. In particolare, nel caso delle unità immobiliari da classare nel gruppo E, le istruzioni emanate negli anni immediatamente successivi all’istituzione del NCEU hanno fornito
specifiche indicazioni -specie per quanto concerne le infrastrutture relative ai trasporti pubblici -per l’individuazione del contesto di riferimento, per determinare se un dato immobile faccia o meno parte dell’unità immobiliare oggetto di stima. È stato cioè implicitamente definito un ulteriore criterio di qualificazione di carattere ‘localizzativo’ come linea guida per la perimetrazione della unità immobiliare» (punto 2.3). In tale particolare contesto, dunque, ai fini del classamento, era stata attribuita maggiore rilevanza ai requisiti di ‘destinazione prevalente’ e di ‘localizzazione’ rispetto a quelli di autonoma utilizzabilità e redditività, nonché ai criteri oggettivi, quali la destinazione e le altre caratteristiche fisiche, di ogni ‘cespite indipendente’.
8.6. Pertanto, il criterio localizzativo non può costituire il parametro di riferimento essenziale, allorché nell’ambito del ‘recinto stazione’ siano individuabili costruzioni o loro porzioni destinate ad attività, per così dire ‘non istituzionali’, in quanto non strettamente correlabili al trasporto. Di conseguenza gli eventuali esercizi commerciali, immobili a destinazione ricettiva od altro, pur ricompresi nel recinto di una stazione od aeroporto o porto devono essere censiti sulla base delle caratteristiche intrinseche derivanti dalla loro destinazione oggettiva e reale e non possono essere inglobati nell’infrastruttura utilizzata per trasporto pubblico, avente classamento nella categoria E/1. Quanto precisato per le infrastrutture dei trasporti pubblici è chiaramente estensibile, analogicamente, a tutte le altre categorie caratterizzate da similari articolazioni funzionali» (punto 2.3).
8.7. Nemmeno può trovare applicazione l’art. 16 legge n. 84/1994, citata dalla CTR, a nulla valendo l’art. 1, comma 578, della legge 27 dicembre 2017 n. 205, secondo cui le banchine, le aree portuali scoperte ed i relativi depositi strettamente funzionali alle operazioni ed ai servizi portuali non doganali costituiscono immobili a destinazione particolare, da censire in catasto nella categoria E/1
(anche se affidati in concessione a privati), trattandosi di disposizione espressamente valevole solo per il futuro, con decorrenza dal 1° gennaio 2020; così come solo da questa stessa data prendono effetto le procedure eventualmente intraprese dagli interessati per ottenere l’aggiornamento e la revisione di rendita delle diverse categorie catastali precedentemente attribuite ai beni in questione (art. 1, comma 579, della Legge 27 dicembre 2017 n. 205) (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 12 aprile 2019, n. 10287; Cass., Sez. 6^-5, 17 aprile 2019, n. 10674; Cass., Sez. 5^, 17 settembre 2019, n. 23067; Cass., Sez. 5^, 30 dicembre 2019, n. 34657; Cass., Sez. 6^-5, 6 ottobre 2020, n. 21509; Cass., Sez. 5^, 5 novembre 2021, n. 31864; Cass., Sez. 5^, 12 novembre 2021, nn. 33700 e 33702; Cass., Sez. 5^, 11 maggio 2022, n. 14931; Cass., Sez. 5^, 28 ottobre 2022, n. 31951).
9.Occupandosi della medesima questione in relazione alle aree portuali, questa Corte ha affermato che, in tema di ICI, le aree portuali (anche demaniali) sono classificabili nella categoria E di cui all’art. 2, comma 40, del d.l. 3 ottobre 2006 n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006 n. 286, se aventi caratteristiche tipologico-funzionali tali da renderle estranee ad ogni uso commerciale o industriale e non anche se presentino autonomia funzionale e reddituale riveniente dal loro concreto impiego per scopi imprenditoriali di siffatta natura.
9.1. Trova dunque applicazione l’art. 2, commi 40, 41, 42, 43 e 44, del d.l. 3 ottobre 2006 n. 262, convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 novembre 2006 n. 286 che ha dettato norme specifiche in materia di classificazione degli immobili, ed in particolare per immobili censiti nelle categorie classificate nel gruppo E. Più in particolare, per immobili o porzioni di immobili con autonomia funzionale ed economica, destinati ad uso commerciale, industriale, uffici privati ovvero ad uso diverso, l’accatastamento non può essere in categoria E.
9.2.A supporto delle suesposte osservazioni va segnalato il recente orientamento, formatosi proprio con riferimento alle aree portuali scoperte e coperte, che ha avuto modo di tenere distinto il fenomeno dell’impresa esercente attività portuale -quindi, lucrativa – dallo svolgimento di un servizio pubblico, che è proprio, nell’attuale fase, dell’autorità di vigilanza del settore. Ciò in quanto, l’art. 21, comma 1, lett. a, della Legge 28 gennaio 1994 n. 84, eliminando la riserva, a favore delle compagnie portuali e dei gruppi portuali, delle operazioni di sbarco, di imbarco e di maneggio delle merci, in attuazione sia del principio della libertà di iniziativa economica ex art. 41, comma 1, Cost., sia del principio comunitario di libera concorrenza, ha imposto la trasformazione in società delle compagnie e dei gruppi portuali «per l’esercizio in condizioni di concorrenza delle operazioni portuali» (tra le tante, in materia di ICI: Cass., Sez. 5^, 27 marzo 2019, n. 8536; Cass. Sez. 5^, 17 aprile 2019, n. 10674; Cass., Sez. 5^, 17 settembre 2019, n. 23067; Cass., Sez. 5^, 30 dicembre 2019, n. 34657; Cass., Sez. 6^-5, 21 dicembre 2020, n. 29194; in materia catastale: Cass., Sez. 6^-5, 25 marzo 2021, n. 8406; Cass., Sez. 5^, 11 maggio 2022, n. 14931; Cass., Sez. 5^, 25 ottobre 2022, n. 31551). Per cui, anche in ambito portuale, si delinea una vera e propria incompatibilità tra la classificazione in categoria E, da un lato, e la destinazione dell’immobile ad uso commerciale o industriale, dall’altro lato.
9.3.Deve dunque farsi applicazione del diverso criterio di funzione o attività, così da escludersi la categoria in questione in presenza di autonomia funzionale e reddituale derivante dall’impiego dell’area per scopi imprenditoriali di natura commerciale, industriale, d’ufficio privato e simili. Così, la (pacifica) natura di pubblico interesse dell’attività di trasporto e di stazione marittima cui sarebbe funzionale l’attività svolta dalla società non può, neppur essa, ritenersi dirimente nell’assegnazione della categoria in
questione, dal momento che non è escluso che il relativo servizio sia in concreto esercitato secondo modalità economiche e remunerative tipiche dell’impresa commerciale. Né la circostanza che si tratti di attività svolte in forza di concessione d’uso di aree demaniali (come è consentito dall’art. 36 cod. nav.) esclude, di per sé, che queste ultime vengano assoggettate a forme di sfruttamento economico ed imprenditoriale con autonomia funzionale e reddituale (Cass., Sez. 5^, 30 ottobre 2020, n. 24075).
9.4. L’esercizio da parte di una compagine sociale in forma concorrenziale dell’attività commerciale comporta il necessario utilizzo dei siti demaniali dati in concessione senza i quali non potrebbero svolgersi tutte quelle operazioni (carico, scarico stoccaggio ecc.) destinate al servizio portuale.
10.Nella specie, la sentenza impugnata ha fatto evidente malgoverno dei principi enunciati, avendo affermato, sia pure sulla base di una consulenza tecnica di ufficio che «(…) l’attività autorizzata dall’autorità portuale di Genova alla ricorrente riguarda l’esercizio di operazioni portuali e servizi portuali di cui all’art. 16 l. 84/94 per i traffici contenitori, merci varie e rotabili trasportatori di navi tradizionali e specializzati…. per cui erano da classificare in cat. E) »; senza considerare che la (pacifica) natura di pubblico interesse dell’attività di trasporto e di stazione marittima non può, ritenersi dirimente nell’assegnazione della categoria in questione, dal momento che non è escluso che il relativo servizio sia in concreto esercitato secondo modalità economiche e remunerative tipiche dell’impresa commerciale.
10.1.Per un corretto censimento catastale dell’area portuale non può essere utilizzato il criterio formale ed astratto della localizzazione ovvero la natura del rapporto di concessione tra autorità portuale e attività svolta dal contribuente (a pagina 13 del controricorso), ma è necessario accertare se lo svolgimento
dell’attività del terminalista venga esercitata secondo parametri imprenditoriali. A riguardo è irrilevante che le attività “portuali” siano di pubblico interesse; l’interesse generale allo svolgimento dell’attività non esclude infatti che quest’ultima sia esercitata secondo criteri economici tipici dell’impresa commerciale: lo sfruttamento dell’area da parte di un operatore commerciale in forma privatistica ed esclusiva attribuisce all’area in considerazione la caratteristica di costituire un’autonoma unità immobiliare, potenzialmente produttiva di reddito( Cass. 17.09.2019, 23067).
11. In conclusione, vanno accolti gli ultimi tre motivi del ricorso n. Rg 20268/2021, assorbito il primo; la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Liguria per gli accertamenti di cui ai paragrafi 9.3. e 10.1.
RICORSO RG. N. 24515/2023
1.Con il primo motivo la ricorrente lamenta la nullità della sentenza ex art. 360, primo comma, n. 4), cod.proc.civ. per violazione dell’art. 112 cod.proc.civ. e denuncia ; per avere la CTR accolto l’atto di appello proposto dal Comune di Genova rilevando che non possono essere classificati in categoria E, e, quindi, essere esenti da ICI/IMU, gli immobili destinati ad un uso commerciale, industriale, ad ufficio privato ovvero ad usi diversi, qualora gli stessi presentino autonomia funzionale e reddituale. Si obietta che con la motivazione in esame il decidente ha affrontato una questione, mai proposta né dal Contribuente né dal Comune di Genova in sede di primo grado e/o di appello.
Deduce la società che, in data 1.3.2021, depositava una memoria con la quale comunicava che era stato definito con sentenza n. 54 del 20.11.2020 il giudizio pendente presso la Commissione Tributaria Regionale di Genova R.G.A. 128 e 129/2017- ricorsi riuniti , avente ad oggetto l’attribuzione della categoria catastale e
della conseguente rendita delle aree demaniali di cui ai mappali 437 sub 2 e 493 (corrispondenti ai progressivi 67 e 68 dell’avviso di accertamento qui impugnato).
In particolare, si assume che la Commissione Tributaria Provinciale di Genova con sentenza n. 512/2021 ha accolto il ricorso ritenendo che l’atto impugnato e la sentenza veniva appellata dal Comune, il quale si limitava a richiedere la sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata n. 512/2021, censurando la motivazione della Commissione relativamente ai progressivi 56, 57, 58 e 63.
2.Il secondo mezzo denuncia la nullità della sentenza per violazione ed errata applicazione dell’art. 67 -bis e 69 del d. lgs. 546/1992 con riferimento agli effetti provvisoriamente esecutivi della sentenza di secondo grado; il Giudice di appello avrebbe deciso una questione su cui si era già espressa altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Liguria con una sentenza favorevole alla RAGIONE_SOCIALE e che, ai sensi dell’art. 67 -bis e dell’art. 69 d. lgs. 546/1992, era immediatamente esecutiva anche con riferimento agli accertamenti catastali ed alla categoria catastale applicabile alle aree in concessione.
Aggiunge che l’art. 69 del d.lgs. 546/92, così come modificato dal d. lgs. 24.9.2015 n. 156, stabilisce che le sentenze sulle operazioni catastali ex art. 2 co. 2 del d.lgs. 546/92 sono immediatamente esecutive, abrogando il precedente art. 69-bis del d.lgs. 546/92 sull’aggiornamento degli atti catastali a seguito di sentenza del giudice. Pertanto, dal momento della pubblicazione della sentenza ed anche se la stessa non era né è definitiva, la decisione del giudice tributario è destinata a produrre effetto su tutte le imposte la cui quantificazione dipende dall’atto catastale; con la
conseguenza che il contribuente può chiedere sin da subito l’aggiornamento dei dati catastali senza dover attendere il passaggio in giudicato della sentenza e, quindi, anche in pendenza di appello o ricorso in Cassazione.
3.Con la terza censura si lamenta la nullità della sentenza per omessa pronuncia (violazione dell’art. 112 del cod.proc.civ.), in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 cod.proc.civ.; si deduce che la maggiore IMU accertata si riferisce per un mese del 2014 alle aree in concessione demaniale site nel Porto di Genova, identificate con i progressivi 56 (Fg. 46 map 442 sub 100), 57 (Fg. 46 map 23 sub 100), 58 (Fg. 46 map 23 sub 101), 63 (Fg. 46 map 426) e per 12 mesi del 2014 alle aree identificate con i progressivi 67 (Fg. 46 map 437 sub 2) e 68 (Fg. 46 map 493) di cui all’avviso di accertamento impugnato. In data 15/1/2014, la società presentava una docfa indicando tutte le aree e i fabbricati oggetto delle concessioni e sopprimendo anche le porzioni che erano state erroneamente censite dall’Autorità Portuale che avrebbe effettuato una errata rappresentazione delle aree, indicando per alcuni cespiti la categoria E/1, sopprimendo i mappali di cui ai progressivi 56, 57, 58 e 63, e creando i mappali 437 sub 2 e 493 che corrispondono ai progressivi 67 e 68 dell’avviso di accertamento impugnato. Invece il giudicante ha omesso di pronunciarsi su detta questione.
Con il quarto mezzo si deduce la nullità della sentenza per profilo di omessa pronuncia (violazione dell’art. 112 del cod.proc.civ.), in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 cod.proc.civ.; per avere i giudici regionali omesso di pronunciarsi sui motivi proposti in primo grado e rimasti assorbiti.
Afferma la società di aver dedotto .
5.Il quinto strumento di ricorso lamenta la nullità della sentenza per omessa pronuncia (violazione dell’art. 112 del cod.proc.civ.), in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 cod.proc.civ. in merito alla censura concernente la duplicazione parziale dell’imposta chiesta per 13 mesi, in quanto per i progressivi 56, 57, 58 e 63 è stata richiesta l’IMU per un mese intero e per i progressivi 67 e 68, che comprendono anche i mappali soppressi di cui ai progressivi 56, 57, 58 e 63, per tutti i 12 mesi del 2014 (e non per 11 mesi e 15 giorni come erroneamente affermato da controparte).
Il sesto motivo prospetta la nullità della sentenza per omessa pronuncia (violazione dell’art. 112 del cod.proc.civ.), in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 cod.proc.civ. con specifico riferimento alla maggiore IMU accertata (euro 40.420,00, oltre sanzioni) per un mese del 2014 con riferimento ai progressivi 56, 57, 58 e 63; per violazione dell’art. 74 della legge 342/2000 per mancata notifica all’esponente della rendita attribuita ai progressivi 56, 57 e 58 da altro soggetto rispetto alle parti in causa (Autorità Portuale), rendita al cui iter di formazione la esponente è rimasta del tutto estranea.
La prima censura è infondata.
7.1.Con l’atto di appello il Comune deduceva che . Non solo, mentre la prima parte del ricorso in appello era dedicato ai mappali 67 e 68, a pagina del 7 dell’atto di appello si censurava la sentenza di prime cure per aver ritenuto che i progressivi 56, 57,58 e 63 dell’avviso di accertamento dovessero avere la medesima classificazione catastale delle altre aree; in particolare, si legge .
7.2.In definitiva, l’appello concerneva tutte le particelle oggetto dell’avviso di accertamento opposto sotto vari profili, in quanto anche nel ricorso originario, la società lamentava la carenza motivazionale dell’avviso Imu per i progressivi 58,57,58 e 63 a cui era stata attribuita una maggiore rendita, presumibilmente sulla base della Docfa presentata dall’autorità portuale. Quindi la questione dell’attribuzione della classificazione era stata dedotta già con il ricorso introduttivo dalla società per tutti gli immobili indicati nell’avviso di accertamento IMU, e il Comune si era difeso invocando tra l’altro il giudicato sulla medesima questione attributiva della categoria data dalla sentenza di questa Corte n. 13136/2019.
7.3. Con la medesima doglianza si lamenta che la società aveva eccepito l’intervenuta sentenza n. 54/2020 sulla classificazione catastale delle aree scoperte (mappali 67 e 68), sentenza gravata in sede di legittimità, in quanto immediatamente esecutiva e chiedeva pertanto la sospensione del giudizio.
7.4.Dalla lettura degli atti allegati emerge dunque che il Comune non ha invocato la sola sospensione della esecutività della sentenza n. 54/2020, ma ha riproposto la questione dell’attribuzione della corretta categoria alle aree scoperte ed ha invocato il giudicato di questa Corte sulle medesime aree.
La seconda doglianza merita accoglimento per quanto di ragione. 8.1. In base all’art. 69, comma 1, d.lgs. n. 546/1992: .Il richiamato art. 2, comma 2, d.lgs. n. 546/1992 stabilisce che: .
Non è revocabile in dubbio che, ove intervenga una sentenza del giudice tributario, ancorché non passata in giudicato, che annulla in tutto o in parte l’atto impositivo, l’Amministrazione abbia l’obbligo di agire in conformità alla statuizione giudiziale, adottando i consequenziali provvedimenti di sgravio o di rimborso dell’eccedenza versata (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 11135 del 19/04/2019). Tuttavia, occorre non confondere l’esecutività provvisoria (immediata) della sentenza in materia catastale ex art. 69 d.lgs. n. 546/1992 con la definitività dell’accertamento, che deriva solo dal giudicato. In quest’ottica, il contribuente, se da un lato, in forza della sentenza favorevole esecutiva, ha titolo per ottenere l’immediata iscrizione a catasto della rendita provvisoriamente stabilita (anche per eventuali imposizioni future, in pendenza di giudizio), dall’altro lato, non ha anche quello di ottenere l’annullamento dell’atto impositivo basato sulla rendita originaria; annullamento che discende dalla retroattività appunto insita nel (solo) accertamento passato in giudicato, e non nella esecutività provvisoria (v. Cass. 220340/24) Alla luce delle considerazioni che precedono, anche all’indomani della riforma dell’art. 69, il giudicato rappresenta l”unico dato’ da prendere in considerazione circa la rendita ‘legittimamente’ operante al 1° gennaio dell’annualità di imposta pretesa( v. Cass. n. 20240/2020). 8.2. Tanto è vero che tra la controversia che oppone il contribuente all’Agenzia del Territorio in ordine all’impugnazione della rendita catastale attribuita ad un immobile e quella, instaurata dallo stesso contribuente contro il Comune, avente ad oggetto l’impugnazione della liquidazione dell’ICI gravante sull’immobile cui sia stata attribuita la rendita contestata, sussiste un rapporto di
pregiudizialità che impone, ai sensi dell’art. 295 cod. proc. civ., la sospensione del secondo giudizio fino alla definizione del primo con autorità di giudicato, in quanto la decisione sulla determinazione della rendita si riflette necessariamente, condizionandola, su quella relativa alla liquidazione dell’imposta (Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 421 del 10/01/2014).
8.3. Ne consegue che erroneamente i giudici regionali hanno statuito in merito all’attribuzione della categoria catastale, valutazione che poteva svolgersi solo nel contradditorio con l’Agenzia delle Entrate e a seguito della impugnazione dell’avviso di rettifica emesso da detto ente: il Collegio d’appello avrebbe dovuto, pertanto, sospendere il giudizio avente ad oggetto l’imposizione Imu per l’annualità 2014, in attesa della definizione del giudizio avente ad oggetto la determinazione della rendita catastale ovvero porre a base della decisione relativa all’imposizione comunale, la sentenza provvisoriamente esecutiva n. 54/2020 concernente la classificazione catastale fatta oggetto del ricorso per cassazione Rg 20268/2021.
Sono altresì fondate le altre censure che denunciano l’omessa pronuncia sulle questioni riproposte in sede di gravame dal gruppo Messina, concernenti la carenza motivazionale dell’avviso, la duplicazione dell’imposta, la soppressione dei mappali e l’omessa notifica con riferimento al primo mese del 2014 della rettifica operata dall’Agenzia delle Entrate, sulla base della Docfa presentata dall’autorità portuale, notifica che spettava alla società in quanto concessionaria e cointestarla catastale dei cespiti oggetto dell’avviso opposto.
9.1. Effettivamente, i giudici di appello non si sono pronunciati sulle allegazioni difensive proposte con il ricorso originario e ribadite in sede di gravame dal Gruppo Messina, con la conseguenza che la sentenza deve essere cassata, limitatamente ai motivi dal secondo al sesto, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo
grado della Liguria, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte
-Dispone la riunione del giudizio n. 24515/2023 al giudizio n. Rg 20268/2021;
-Con riferimento al ricorso n. Rg 20268/2021, accoglie gli ultimi tre motivi del ricorso, assorbito il primo e, per l’effetto, cassa la sentenza impugnata;
-con riferimento al ricorso Rg n. 24515/2023 accoglie i motivi dal secondo al sesto, respinto il primo e, per l’effetto, cassa la sentenza impugnata;
-rinvia i giudizi riuniti alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Liguria, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria della