Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18173 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18173 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 577-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO
– ricorrente –
contro
NOMECOGNOME rappresentata e difesa in proprio ex art.
86 c.p.c.
-controricorrente – avverso la sentenza n. 4153/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del LAZIO, depositata il 18/6/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 25/6/2025 dal Consigliere Relatore Dott.ssa NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Commissione tributaria regionale del Lazio, con la sentenza indicata in epigrafe, accoglieva l’appello di NOME COGNOME avverso la pronuncia n. 4851/2016 della Commissione tributaria provinciale di Roma con cui era stato respinto il ricorso avverso avviso di accertamento con revisione parziale della categoria e della classe dell’unità immobiliare, sita in Roma, in INDIRIZZO, nella zona censuaria 2, da Categoria A/2 Classe 3 Consistenza 9 vani Rendita Euro 2:672,66 a Categoria A/1 Classe 3 Consistenza 9 vani Rendita Euro 4.555,15.
Avverso la pronuncia della Commissione tributaria regionale Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
La contribuente resiste con controricorso, illustrato da memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, in rubrica, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., «violazione e falsa applicazione del D.M. 2 agosto 1969 e del DPR n. 1142 /1949» e lamenta che la Commissione tributaria regionale abbia erroneamente confuso le caratteristiche delle abitazioni di lusso previste dal decreto ministeriale con l’attribuzione della categoria catastale A/1, senza considerare che la classificazione catastale (A/1, A/8, A/9) è l’unico criterio utile per qualificare le abitazioni di lusso ai fini fiscali.
1.2. La doglianza è fondata.
1.3. Occorre premettere che la legge non pone una specifica definizione delle categorie e classi catastali, sicché la qualificazione in termini di «signorile», «civile», «popolare» -di cui alla nota C-1/1022 del 4.5.1994 del Ministero delle Finanze esplicativa delle varie categorie catastali- di un’abitazione costituisce il portato di un apprezzamento di fatto da riferire a nozioni presenti nell’opinione generale alle quali corrispondono specifiche caratteristiche, che sono, pure, mutevoli nel tempo, sia sul piano della percezione dei consociati sia sul piano oggettivo,
per il deperimento dell’immobile, o per il degrado dell’area ove lo stesso si trovi (così Cass. n. 22557 del 2008, in motivazione).
1.4. Le anzidette caratteristiche non vanno, tuttavia, mutuate dal D.M. 2 agosto 1969 che indica, invece, i diversi parametri in base ai quali stabilire la caratteristica «di lusso» delle abitazioni, e ciò in quanto l’attribuzione della categoria catastale A/1 (Abitazioni di tipo signorile: Unità immobiliari appartenenti a fabbricati ubicati in zone di pregio con caratteristiche costruttive, tecnologiche e di rifiniture di livello superiore a quello dei fabbricati di tipo residenziale) non implica, necessariamente, che l’immobile costituisca un’abitazione di lusso (cfr. Cass. n. 2250 del 2021; Cass. n. 33927 del 2019; Cass. n. 10283 del 2019).
1.5. È, infatti, opportuno precisare che, mentre il procedimento di classamento è volto all’attribuzione di categoria e classe alle unità immobiliari e della relativa rendita, la qualificazione di un’abitazione in termini «di lusso» è finalizzata al diverso scopo di precludere l’accesso a talune agevolazioni, e la relativa connotazione presuppone, appunto, la ricorrenza di specifici requisiti in relazione alle otto, diverse, tipologie di abitazioni indicate dal menzionato D.M. del 1969 (riferite: alla destinazione a «ville», «parco privato» delle aree su cui sorgono, ovvero alla relativa qualifica ad opera degli strumenti urbanistici come «di lusso»; all’estensione del lotto sul quale sorgono; al rapporto tra la relativa cubatura e la superficie asservita; alla dotazione di piscina o campi da tennis di precise caratteristiche; costituenti alloggio padronale; all’estensione della superficie utile complessiva superiore a mq. 240; al rapporto tra costo del terreno coperto rispetto al costo di costruzione; alla presenza di oltre quattro caratteristiche indicate nell’allegata tabella).
1.6. La conclusione qui adottata trova conforto nella previsione del d.l. n. 557 del 1993, art. 9, comma 3, lett. e), convertito in l. n. 133 del 1994, secondo cui non possono esser riconosciuti rurali «i fabbricati ad uso abitativo che hanno le caratteristiche delle unità immobiliari urbane appartenenti alle categorie A/1 ed A/8, ovvero le caratteristiche di lusso previste dal decreto del Ministro dei Lavori Pubblici 2 agosto 1969».
1.7. La congiunzione disgiuntiva adoperata dalla norma depone, appunto, nel senso della mancata coincidenza dei requisiti che devono possedere gli immobili da classificare nella categoria A1 rispetto a quelli delle abitazioni aventi caratteristiche di lusso.
1.8. L’impugnata sentenza ha, dunque, erroneamente ritenuto la mancata congruità del classamento non in relazione alle caratteristiche proprie della categoria catastale A/1, ma in relazione ai requisiti indicati al punto 8 del d.m. 2 agosto 1969 (presenza di oltre quattro caratteristiche indicate nell’allegata tabella).
2.1. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., violazione dell’art. 2697 c.c. per avere la Commissione tributaria regionale omesso di valutare che la contribuente non aveva fornito prove idonee per sottrarre l’immobile alla revisione della categoria e della classe.
2.2. La doglianza va disattesa.
2.3. La violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c., censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., è configurabile infatti soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata, secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni, e non invece quando, a seguito di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, abbia ritenuto erroneamente che la parte onerata avesse assolto tale onere, come lamentato nel caso in esame, poiché in questo caso vi è un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c. (cfr. Cass. nn. 17313/2020, 13395/2018, Cass. n. 18092 e n. 17313 del 2010).
Il ricorso va dunque accolto quanto al primo motivo, respinto il secondo, con conseguente cassazione dell’impugnata sentenza e rinvio per nuovo esame alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio in diversa composizione, cui resta demandata anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, respinto il secondo motivo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio in diversa composizione, cui demanda di pronunciare anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, della Corte di