Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24574 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 24574 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/09/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 35798/2018 R.G. proposto da: COGNOME NOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (ADS80224030587) che la rappresenta e difende ex lege
-controricorrente-
avverso la SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LAZIO n. 2787/2018 depositata il 30/04/2018.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Uditi l’Avvocato NOME COGNOME in sostituzione dell’Avv. NOME COGNOME per parte ricorrente nonché l’Avvocato dello Stato NOME COGNOME per l’Ufficio controricorrente che hanno concluso, rispettivamente, per l’accoglimento e per il rigetto del rico rso.
Sentito il P.G. il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
1. La CTR Lazio, con sentenza n. 2787/2018, confermava la sentenza di primo grado che aveva rigettato l’impugnazione proposta da NOME COGNOME avverso l’avviso di accertamento oggetto di causa, in forza del quale l’ufficio aveva proceduto a nuova determinazione di classamento di alcune unità immobiliari dichiarate in catasto con procedura DOCFA con categoria D10 (edifici rurali) tutti ubicati in agro del Comune di Guidonia Montecelio, ai quali era stata assegnata in rettifica la categoria D8, con aumento di rendita ad euro 21.162,00 rispetto a quella proposta di 5.522,00.
I giudici di appello rilevavano, in particolare, che l’avviso era da ritenere legittimo in quanto l’Agenzia delle entrate aveva correttamente accertato che gli immobili oggetto dell’accertamento in questione non era utilizzati per scopi riconducibili all’attività agricola (coltivazione di cereali e di olive) svolta dal contribuente imprenditore agricolo ma erano utilizzati per una vera e propria attività commerciale.
La CTR osservava, ancora, che non erano fondate le doglianze afferenti l’erronea determinazione della rendita, correttamente calcolata dall’ufficio e che la prospettazione contenuta nella parte finale dell’atto di appello di pervenire a un diverso classamento (A7A8 in conformità a quello delle unità immobiliari indicate come similari) costituiva una questione nuova proposta per la prima volta
in appello e, quindi, inammissibile, precisando che, in ogni caso, trattavasi di deduzione priva di idoneo supporto documentale.
Contro detta sentenza il contribuente propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ex art. 360, primo comma, n. 3. c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 5, del d.p.r. 139/1998 nonché dell’art. 9 del d.l. 557/1993, del d.lgs. 42/2004, della l.r. Lazio 24/1998, dell’art. 8 de d.P.R. 1142/1949 degli artt. 2135 e 2697 c.c. assumendo che erroneamente i giudici territoriali non avevano valutato che dalle complessive emergenze istruttorie risultava che l’immobile aveva carattere strumentale rispetto allo svolgimento di attività agricole da parte di esso contribuente.
Con il secondo motivo lamenta, ex art. 360, primo comma, n. 3. c.p.c. per violazione e falsa applicazione dell’art. 57 d.lgs. 546/1992, deducendo che erroneamente i giudici di appello avevano ritenuto domanda nuova la richiesta di diverso classamento.
Il ricorso deve essere rigettato per le ragioni appresso specificate 4. Il primo motivo è da ritenere in parte infondato ed in parte inammissibile.
4.1. Va premesso che i giudici di merito, con congruo ragionamento in fatto, hanno accertato che gli immobili in questione non sono in alcun modo correlati alla attività del contribuente, il quale riveste la qualifica di imprenditore agricolo ivi compresa l’eventuale attività di agriturismo, ma per scopi completamente diversi.
La CGT2 ha ritenuto provato l’utilizzo degli stessi per l’organizzazione di cerimonie ed eventi in virtù di un contratto di comodato in favore della società del figlio del contribuente, ritenendo che non vi fosse prova alcuna né del carattere strumentale né dello svolgimento di una attività agricola.
Come precisato da questa Corte (vedi Cass., Sez. Tributaria, ordinanza n. 32177/2024, in tema di prova, spetta in via esclusiva al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, assegnando prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acqui siti, nonchè la facoltà di escludere anche attraverso un giudizio implicito la rilevanza di una prova, dovendosi ritenere, a tal proposito, che egli non sia tenuto ad esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga irrilevante ovvero ad enunciare specificamente che la controversia può essere decisa senza necessità di ulteriori acquisizioni (da ultime: Cass., Sez. 5, 19 giugno 2023, n. 17446; Cass., Sez. 5, 24 luglio 2023, n. 22066 Cass., Sez. 5, 27 luglio 2023, n. 22942).
4.2. Occorre, quindi, precisare che nella sentenza impugnata non si può ravvisare alcuna violazione (o falsa applicazione) dell’art. 2697 cod. civ., la quale si configura soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata in applicazione di detta norma, non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, abbia ritenuto erroneamente che la parte onerata avesse assolto tale onere, poiché in questo caso vi è un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. (tra le tante: Cass., Sez. 5, 9 giugno 2021, n. 15974; Cass., Sez. 5, 20 ottobre 2021, n. 29041; Cass., Sez. 5, 29 marzo 2022, n. 10016; Cass., Sez. 5, 4 aprile 2022, n. 10673; Cass., Sez. 5, 30 maggio 2022).
Invero, nella fattispecie in esame, i giudici di appello non hanno operato alcuna inversione dell’onere della prova ma hanno,
piuttosto, ritenuto che l’Ufficio avesse provato la non rilevanza dell’attività agricola, conclusione questa, ad avviso dei giudici territoriali, non smentita dalla documentazione offerta dalla parte contribuente.
4.3. Né è ravvisabile la violazione della normativa richiamata.
Va osservato che i giudici di appello hanno affermato che l’avviso in esame era da ritenere legittimo in quanto l’Agenzia delle entrate aveva correttamente accertato le caratteristiche delle abitazioni ” de quibus ” non utilizzate per gli scopi riconducibili all’attività agricola (coltivazione di cereali e di olive) svolta dal contribuente ma adibiti all’organizzazione di cerimonie ed eventi da parte della Tor de’ Sordi di COGNOME RAGIONE_SOCIALE, società riconducibile al figlio del contribuente, cui la struttura risultava concessa in comodato, attività ritenuta prevalente, con precipuo riferimento allo specifico immobile di cui era stato modificato il classamento rilevando, altresì, che la planimetria allegata al DOCFA, depositata dal contribuente, non era conforme allo stato dei luoghi, in quanto in una porzione a piano terra della torre medioevale vi era una seconda sala per ricevimenti con servizi igienici dedicati e non un deposito ed una cantina, come dichiarato.
Con ragionamento in fatto congruo, quindi, i giudici di appello hanno, pervero, accertato che non vi era alcuna strumentalità dell’ immobile rispetto ad attività agricole in quanto presso gli immobili era svolta una attività quella di organizzazione di cerimonie ed eventi esercitata da una società cui l’immobile è stato concesso in comodato.
I giudici territoriali hanno, quindi, riscontrato come tale attività non si poneva in un rapporto di connessione con l’attività agricola svolta dal contribuente, con conseguente impossibilità di ricomprensione nella categoria D10 di ruralità anche ai fabbricati oggetto di causa.
4.1. Il motivo è, sotto altro profilo, inammissibile nella parte in cui finisce per contestare la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito in relazione all’esercizio di un’attività commerciale di
organizzazione di cerimonie ed eventi da parte della INDIRIZZO di COGNOME RAGIONE_SOCIALE, società riconducibile al figlio del contribuente, cui la struttura risulta concessa in comodato.
Il secondo motivo è inammissibile.
Nel caso di specie la decisione è fondata su due autonome rationes decidendi : la novità della questione, perché proposta per la prima volta in appello e l’infondatezza del supporto probatorio a sostegno della domanda. Orbene, nel ricorso il ricorrente non ha contestato questa seconda ratio decidendi con la quale si rigettava nel merito la richiesta di pervenire ad un diverso classamento (categoria A/7A/8).
5.1. In ogni caso anche a voler superare tale profilo, la censura contesta accertamenti fattuali operati dai giudici di merito nell’ambito dei propri poteri discrezionali in punto di valutazione delle complessive risultanze istruttorie.
In conclusione il ricorso va rigettato.
6.1. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente grado di giudizio che liquida in favore dell’Ufficio nella somma di euro 5.500,00 oltre spese prenotate a debito; visto l’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico delle parti ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1- bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria, in data