Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 23079 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 23079 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12239/2024 R.G., proposto
DA
RAGIONE_SOCIALE (in qualità di incorporante la RAGIONE_SOCIALE) , con sede in Milano, in persona del presidente del consiglio di amministrazione pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME, con studio in Milano, ove elettivamente domiciliata (indirizzo pec per notifiche e comunicazioni: EMAIL ), giusta procura in allegato al ricorso introduttivo del presente procedimento;
RICORRENTE
CONTRO
Agenzia delle Entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con sede in Roma, ove elettivamente domiciliata (indirizzo p.e.c. per notifiche e comunicazioni: EMAIL;
CONTRORICORRENTE
CATASTO ACCERTAMENTO MOTIVAZIONE CATEGORIA A/1 CARATTERISTICHE SIGNORILI
avverso la sentenza depositata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia il 17 novembre 2023, 3384/06/2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del l’11 luglio 2025 dal Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE (in qualità di incorporante la RAGIONE_SOCIALE) ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia il 17 novembre 2023, 3384/06/2023, che, in controversia su impugnazione di avviso di accertamento catastale n. MI0149402/2021 – atto n. 149405/2021 del 21 maggio 2021 da parte dell’Agenzia delle Entrate nei confronti della medesima, in relazione ad immobile sito in Milano al INDIRIZZO Garibaldi n. 123, sviluppato su tre livelli (piani sesto, settimo ed ottavo) e censito in catasto con la particella 492 sub. 18 del folio 311, del quale la ‘ RAGIONE_SOCIALE‘ era proprietaria, all’esito di procedur e DOCFA dell’anno 201 9 (in virtù di denuncia di variazione del 10 settembre 2019, prot. n. NUMERO_DOCUMENTO), rettificandone la categoria da A/2 ad A/1, la classe da 2^ a 7^ e la rendita da € 3.997,38 ad € 3.145,22, ha rigettato l’appello proposto dalla ‘ RAGIONE_SOCIALE‘ nei confronti dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Milano il 17 giugno 2022, n. 1741/06/2022, con condanna alla rifusione delle spese giudiziali.
Il giudice di appello ha confermato la decisione di prime cure – che aveva respinto il ricorso originario della contribuente – sul rilievo che l’ atto impositivo fosse adeguatamente motivato e
che la categoria rettificata dall’ amministrazione finanziaria fosse corretta in relazione alle caratteristiche dell’immobile .
L ‘Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
Il consigliere delegato allo spoglio ha formulato proposta di definizione accelerata per manifesta inammissibilità/infondatezza del ricorso per cassazione, a seguito della quale la ricorrente ha chiesto la decisione della causa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso è affidato a due motivi.
1.1 Con il primo motivo, si denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7 dell a legge 27 luglio 2000, n. 212, e dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che l’avviso di accertamento catastale fosse munito di adeguata motivazione. 1.2 Con il secondo motivo, si denuncia violazione e/o falsa applicazione del r.d.l. 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, del d.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142 , del d.m. 4 agosto 1969 e dell’art. 8 del r.d.l. 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che l’immobile soggetto ad accertamento presentasse i requisiti della ‘ signorilità ‘.
Secondo il tenore della proposta di definizione accelerata dello spogliatore, alle cui conclusioni il collegio ritiene di aderire: « Il ricorso – concernente avviso di classamento catastale di u.i.u. in Milano (sub. 18) con passaggio dalla categoria proposta A2 alla categoria assegnata A1 (sebbene
con riduzione di rendita), ed articolato su due motivi di violazione e falsa applicazione di legge ex art. 360, co. 1^ n.3; – risulta inammissibile ovvero manifestamente infondato ex art. 360bis cod. proc. civ., in quanto frontalmente confliggente con consolidati orientamenti interpretativi di legittimità in materia;
Per quanto concerne la prima doglianza (violazione degli artt. 7 l. 212/00 e 3 l. 241/90 in punto carente motivazione dell’avviso) si richiama il fermo indirizzo secondo cui, nel caso di riclassamento a seguito di procedura partecipata Docfa (D.M. 701/94), come nella specie, “l’obbligo di motivazione del relativo avviso è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita se gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano stati disattesi dall’Ufficio e l’eventuale discrasia tra rendita proposta e rendita attribuita derivi da una valutazione tecnica sul valore economico dei beni” (Cass. n.12777/2018; n. 7458/21 ed innumerevoli altre); ha poi osservato Cass. n. 30166/19 (con ulteriori successive conferme) che: ‘In tema d i classamento di immobili, l’attribuzione della rendita catastale mediante procedura cd. DOCFA si distingue dal riclassamento operato su iniziativa dell’ufficio ai sensi dell’art. 1, comma 335, della l. n. 211 del 2004: nel primo caso, trattandosi di procedura collaborativa, l’obbligo di motivazione del relativo avviso è assolto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita, quando gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano disattesi dall’Ufficio e l’eventuale differenza con la rendita proposta derivi da una diversa valutazione tecnica sul valore economico dei beni; nel secondo caso, invece, dovendosi incidere su valutazioni già verificate in termini di congruità al fine di mutare il classamento precedentemente attribuito, la
motivazione è più approfondita, in quanto volta ad evidenziare gli elementi di discontinuità che legittimano la variazione’. Ora, il Collegio regionale, nella sentenza impugnata, ha fatto buon governo di questi principi di ordine generale, osservando come: a. l’avviso contenesse un cospicuo apparato motivazionale ed esplicativo (anche testualmente riportato: sent. pagg. 6-7) in ordine alle caratteristiche intrinseche ed estrinseche del bene ed alle ragioni dei suoi connotati di signorilità (A1), valutate an che in rapporto all’ubicazione centrale e ad elementi di natura comparativa; b. tale esplicazione muovesse non già dalla contestazione e mutazione degli elementi fattuali e descrittivi forniti dal professionista della parte attraverso il Docfa, bensì dalla riconsiderazione estimativa di quegli stessi elementi caratterizzanti;
Per quanto concerne la seconda doglianza (violazione della normativa catastale RDL 652/1939, d.P.R. 1142/1949, D.M. 4.8.1969) la riclassificazione dell’Ufficio si basava proprio sulla tipologia dell’immobile secondo le sue caratteristiche intrinseche ed estrinseche, a nulla in materia rilevando i diversi parametri (finalizzati non all’accertamento del carattere ‘signorile’ catastale, ma all’applicazione di determinate agevolazioni) di determinazione del fabbricato abitativo ‘di lusso’ di cui al D.M. LLPP 2. 8.69; ricorre anche in proposito l’indirizzo per cui: ‘in tema di estimo catastale, in assenza di una specifica definizione legislativa delle categorie e classi, la qualificazione di un’abitazione come “signorile”, “civile” o “popolare” corrisponde alle nozioni presenti nell’opinione generale in un determinato contesto spazio-temporale e non va mutuata dal d.m. 2 agosto 1969, atteso che il procedimento di classamento è volto all’attribuzione di una categoria e di una classe e della relativa rendita alle unità immobiliari, mentre la
qualificazione in termini “di lusso”, ai sensi del citato d.m., risponde alla finalità di precludere l’accesso a talune agevolazioni fiscali (Cass. n. 2250 del 02/02/2021; Cass. n. 33927 del 19/12/2019; Cass. n. 10283 del 12/04/2019)’, Cass. n. 2836/22.
Va dunque escluso che la CGT di II grado sia incorsa nelle paventate violazioni della disciplina catastale, vero essendo -piuttosto -che entrambe le censure (ed in particolar modo quella qui in esame) mirano a suscitare, seppure attraverso il prisma della violazione normativa, una nuova e globale rivisitazione del quadro fattuale e valutativo, di certo non consentita (a maggior ragione a fronte di una doppia decisione di merito conforme) in questa sede di legittimità: ‘è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito’ (Cass., Sez. U, Sentenza n. 34476 del 27/12/2019; conf. Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 5987 del 04/03/2021 ed altre) ».
3. A fronte di tali condivisibili argomentazioni di segno contrario ai suoi petita , la ricorrente si è limitata a depositare l’opposizione ed a chiedere la trattazione del ricorso, « ritenendo di non voler aderire a tale proposta e ravvisando la necessità di una decisione della presente controversia ».
Per cui, a parere del collegio, le argomentazioni poste a fondamento della proposta di definizione accelerata sono ostative all’accoglimento delle censure prospettate, tenendo conto che la sentenza impugnata si è conformata agli orientamenti ormai sedimentati di questa Corte, sia in relazione all’adeguatezza motivazionale dell’avviso di
accertamento catastale, che in relazione alle caratteristiche determinanti l ‘attribuzione della categoria A/1 per la signorilità di un’abitazione.
Alla stregua delle suesposte argomentazioni, dunque, valutandosi l’inammissibilità /infondatezza dei motivi dedotti, il ricorso deve essere respinto.
Le spese giudiziali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo.
6 . Ai sensi dell’art. 96, terzo comma, cod. proc. civ. (quale introdotto dall’art. 45, comma 12, della legge 18 giugno 2009, n. 69), in virtù del richiamo fattone dall’art. 380 -bis , terzo comma, cod. proc. civ. (nel testo novellato dall’art. 3, comma 28, n. 3), lett. g), del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149), la manifesta inammissibilità/infondatezza del ricorso giustifica l’ulteriore condanna d’ufficio della parte soccombente al pagamento in favore della parte vittoriosa di una somma equitativamente determinata nell’importo corrispondente alla liquidazione delle spese giudiziali. Difatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di responsabilità processuale aggravata, l’art. 96, terzo comma, cod. proc. civ., nel disporre che il soccombente può essere condannato a pagare alla controparte una « somma equitativamente determinata », non fissa alcun limite quantitativo per la condanna alle spese della parte soccombente, sicché il giudice, nel rispetto del criterio equitativo e del principio di ragionevolezza, può quantificare detta somma sulla base dell’importo delle spese processuali (di una loro frazione o di un loro multiplo) o anche del valore della controversia (tra le tante: Cass., Sez. 3^, 4 luglio 2019, n. 17902; Cass., Sez. 3^, 20 novembre 2020, n. 26435; Cass., Sez. 5^, 5 novembre 2021, n. 31870; Cass., Sez. 3^, 26 gennaio 2022, n. 2347;
Cass., Sez. 6^-3, 15 febbraio 2023, n. 4725; Cass., Sez. Trib., 12 aprile 2023, n. 9802; Cass., Sez. Trib., 15 giugno 2023, n. 17100; Cass., Sez. Trib., 19 giugno 2024, n. 16934).
Nella specie, tale somma viene commisurata ad un importo di poco ridotto rispetto alla liquidazione dei compensi difensivi.
7. In applicazione del combinato disposto degli artt. 380bis , terzo comma, e 96, quarto comma, cod. proc. civ., si deve, altresì, condannare la ricorrente a pagare una sanzione di € 1.000,00 a favore della Cassa delle Ammende; peraltro, le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito che, in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, l’art. 380bis , terzo comma, cod. proc. civ. (come novellato dall’art. 3 del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149) – che, nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta, contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ. – codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché il non attenersi ad una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente (Cass., Sez. Un., 27 settembre 2023, n. 27433; Cass., Sez. Un., 13 ottobre 2023, n. 28540), per quanto sia stato precisato che la predetta norma non prevede l’applicazione automatica delle sanzioni ivi previste, la quale resta affidata alla valutazione delle caratteristiche del caso concreto, in base ad un’interpretazione costituzionalmente compatibile del nuovo istituto (Cass., Sez. Un., 27 dicembre 2023, n. 36069), avendosi particolare riguardo, nella specie, alla omogeneità delle ragioni decisorie rispetto alla formulazione della proposta;
che, inoltre, in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, di cui all’art. 380bis cod. proc. civ. (come novellato dall’art. 3 del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149), la condanna del ricorrente al pagamento della somma di cui all’art. 96, quarto comma, cod. proc. civ. in favore della Cassa delle Ammende – nel caso in cui egli abbia formulato istanza di decisione (ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 380bis cod. proc. civ.) e la Corte abbia definito il giudizio in conformità alla proposta – deve essere pronunciata anche qualora nessuno dei soggetti intimati abbia svolto attività difensiva, avendo essa una funzione deterrente e, allo stesso tempo, sanzionatoria rispetto al compimento di atti processuali meramente defatigatori (Cass., Sez. Un., 22 settembre 2023, n. 27195 -nello stesso senso: Cass., Sez. 3^, 4 ottobre 2023, n. 27947). 8 . Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dela ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali in favore della controricorrente, liquidandole nella misura di € 4.305,00 per compensi, oltre a spese prenotate a debito; condanna la ricorrente al pagamento della ulteriore somma di € 4.000,00 in favore della controricorrente, ai sensi dell’art. 96, terzo comma, cod. proc. civ.; condanna la ricorrente al pagamento di una sanzione di € 1.0 00,00 in favore della Cassa delle Ammende, ai sensi dell’art.
96, quarto comma, cod. proc. civ.; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio dell ’11 luglio