Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 921 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 921 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29978/2017 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE, nella qualità d’incorporante sRAGIONE_SOCIALE. RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro-tempore , rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate , in persona del Direttore pro-tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato
– controricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate , Ufficio provinciale di Foggia – in persona del Direttore pro-tempore
–
intimata- avverso la sentenza n. 1541/2017, depositata il 2.5.2017, della Commissione Tributaria Regionale della Puglia, Sezione distaccata di Foggia, n. 27;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19 dicembre 2024 dalla dott.ssa NOME COGNOME
Fatti di causa
L’Agenzia delle Entrate, Ufficio provinciale di Foggia, in data 20.10.2014 notificava alla RAGIONE_SOCIALE l’avviso di accertamento n. FG0214716, con il quale rettificava d’ufficio la categoria catastale (passando da quella proposta dalla contribuente E/3 a D/1) e la rendita catastale (da 28.000,00 euro a 19.200,00 per ciascun generatore) relativamente a due aerogeneratori ricompresi nel parco eolico sito nel comune di Biccari, località Ripe di Suonno, di proprietà della società ricorrente. La contribuente proponeva ricorso, che, secondo quanto riportato nella sentenza impugnata, la CTP di Foggia accoglieva parzialmente, rideterminando il capitale fondiario in base ai valori accertati agli anni 1988-89.
La contribuente proponeva appello censurando la sentenza per difetto di motivazione, per illegittima classificazione negli immobili nella categoria D/1, invece che nella categoria E, e per erronea quantificazione della rendita.
La CTR, con la sentenza impugnata, ha rigettato l’appello, ritenendo l’avviso di accertamento sufficientemente motivato, come dimostrato anche dal fatto che la contribuente aveva potuto articolare una difesa nel merito. Con riferimento alla classificazione dei parchi eolici nella categoria catastale D/1 il giudice d’appello ha richiamato la giurisprudenza della Corte di Cassazione e, in merito alla determinazione del valore della rendita, ha ritenuto corretto il procedimento seguito di stima diretta, con il metodo comparativo, dichiarando di condividere la rideterminazione del giudice di primo grado.
Ha proposto ricorso la società contribuente, affidato a quattro motivi; il 9 dicembre 2024 ha presentato memoria sRAGIONE_SOCIALE. RAGIONE_SOCIALE, nella qualità d’incorporante la società ricorrente.
5. L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
Ragioni della decisione
1.Con il primo motivo di ricorso, rubricato ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 7, legge n. 212/2000 e dell’art. 3 n. 241/1990, nel contesto degli artt. 3, 23, 53 e 97, co. 1 della Costituzione e in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.’, la contribuente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, deducendo che, contrariamente rispetto a quanto affermato dal giudice d’appello, l’accertamento dell’Agenzia era stato fondato unicamente sulla valorizzazione del capitale fondiario desunta da altri impianti aventi caratteristiche similari, reperiti attraverso la consultazione di prontuari di settore e non, invece, attraverso i valori indicati nei bilanci depositati presso la Camera di commercio dalle società che detengono impianti eolici analoghi.
1.1. Il motivo è inammissibile per più ragioni.
La censura si basa, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., sull’omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti (la rettifica operata dall’Ufficio sarebbe stata articolata sulla valorizzazione del capitale fondiario desunta da altri impianti aventi caratteri similari e non sui dati di bilancio depositati), ma si sviluppa, in modo ondivago, tra la contestazione di una « motivazione profondamente erronea del giudice di appello » (v. pagina n. 4 del ricorso) circa la motivazione dell’avviso ed il rimprovero di una valutazione erronea in quanto omissiva dell’esame dello specifico contenuto dell’avviso.
Il motivo non si confronta poi con la consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo cui, in tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito della procedura docfa -come avvenuto nella specie – l’obbligo di motivazione del relativo avviso è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita se gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano stati disattesi
dall’amministrazione finanziaria e l’eventuale discrasia tra rendita proposta e rendita attribuita derivi da una valutazione tecnica sul valore economico dei beni (così Cass. n. 10224/2023, che richiama Cass. n. 23237/2014; Cass. n. 12497/2016; Cass. n. 31809/2018; Cass. n. 25006/2019; Cass n. 17016/2020; Cass. n. 2247/2021; Cass. nn. 3104, 3106 e 3107/2021; Cass. n. 7210/2021; Cass. n. 41179/2021; Cass. n. 11281/2022).
In ogni caso, le dedotte ipotesi di motivazione e di valutazione erronee restano fuori dall’ambito operativo dell’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., anche sotto il profilo del travisamento della prova, che -all’evidenza – non può riguardare la sufficienza motivazionale dell’avviso impugnato, il quale attiene al tema rappresentativo e non anche probatorio della pretesa fiscale.
Va, infine, aggiunto che nemmeno vi è stato il contestato omesso esame da parte del Giudice regionale, avendo questi esaminato il predetto avviso e ritenuto che la rettifica del valore della rendita fosse avvenuta tramite stima diretta e con metodo comparativo « in virtù del quale ha indicato numerose definizioni di rendita riferite a parchi similari; che a loro volta erano stati determinati ricorrendo ai dati di bilancio che si ritengono sufficientemente corretti » (v. pagina n. 3 della sentenza).
Non solo. L’eventuale deficit percettivo circa il modo in cui l’Ufficio avrebbe proceduto alla valorizzazione del capitale fondiario (e quindi non aver considerato che l’avviso non operava alcun riferimento ai dati di bilancio) non è stato accompagnato dall’allegazione della sua decisività, il che conferma vieppiù la valutazione di inammissibilità del motivo.
Con il secondo motivo di ricorso, rubricato ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 24 della Costituzione, in relazione all’art. 360, co.1 n. c.p.c.’ (indicazione che deve intendersi riferita, all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., sebbene non esplicitato, per evidente errore materiale), la contribuente censura la decisione del giudice
d’appello nella parte in cui ha ritenuto sufficientemente motivato l’avviso di accertamento per il solo fatto che la società aveva proposto ricorso, spiegando una difesa nel merito, sottolineando che la contribuente ha potuto conoscere le effettive ragioni della pretesa e quindi difendersi solo in sede giudiziale all’esito delle integrazioni sviluppate dall’Ufficio.
2.1. Anche tale motivo è inammissibile. Anzitutto si richiamano le considerazioni già svolte sul contenuto della motivazione dell’atto nell’ambito della procedura docfa . Inoltre, a fronte della ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale sta nella considerazione che attraverso il riferimento ai dati di bilancio è stato reso ostensibile l’ iter motivazionale seguito dall’Agenzia per operare in rettifica, la contribuente nemmeno si prende cura di chiarire quali siano state le integrazioni documentali prodotte nel giudizio di merito che le avrebbero consentito di potersi adeguatamente difendere.
Con il terzo motivo, rubricato ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 12 del D. Lgs. 387/2003 e della direttiva 2001/77/CE e degli artt. 3, 23, 53, 97, comma 1, Cost., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.’, la società censura la decisione impugnata sottolineando che gli impianti eolici hanno il carattere di bene di pubblico interesse e di pubblica utilità, la cui classificazione non può che essere ricompresa nella categoria E, come peraltro già riconosciuto per le stazioni di servizio per il rifornimento di carburante. Deduce, inoltre, che non è possibile invocare l’applicazione dell’art. 1 -quinques del d.l. n. 44 del 2005, convertito nella l. n. 88 del 2005, atteso che detta norma non poteva trovare applicazione nel caso di specie, in cui mancava il fabbricato in relazione alla determinazione della cui rendita catastale era possibile considerare tassabili gli impianti non infissi al suolo.
3 .1. Si tratta di motivo inammissibile ai sensi dell’art. 360 -bis , primo comma, n. 1, c.p.c.
Secondo l’orientamento costante di questa Corte, i parchi eolici, nel regime anteriore (come nella specie) alla novella di cui alla legge 208/2015, sono accatastabili nella categoria D/1 (‘opifici’), in quanto costituiscono centrali elettriche, rispetto alle quali il sistema normativo non offre indicazioni che ne giustifichino un trattamento differenziato, per cui le pale eoliche debbono essere computate ai fini della determinazione della rendita, come lo sono le turbine di una centrale idroelettrica, poiché anc h’ esse costituiscono una componente strutturale ed essenziale della centrale stessa, sicché questa senza quelle non potrebbe più essere qualificata tale, restando diminuita nella sua funzione complessiva ed unitaria ed incompleta nella sua struttura (così Cass. n. 10224/2023, che richiama Cass. n. 4028/2012; Cass. n. 24815/2014; Cass. n. 22551/2022, nonché, tra le tante, Cass. n. 12482/2023, che richiama anche Cass. 32861/2019).
La Commissione regionale si è uniformata a tale indirizzo ed il motivo non offre elementi per mutare detto orientamento.
3.2. In particolare, irrilevanti, sotto il profilo catastale, appaiono le considerazioni sulla finalità di pubblica utilità dei manufatti in esame. Questa Corte, infatti, decidendo su un ricorso relativo ad una vicenda analoga a quella per cui è causa, ha già sottolineato che: ‘ già in passato è stato chiarito (Sez. 5, Sentenza n. 12741 del 23/05/2018) che, in tema di classamento di immobili, un impianto (nella specie si trattava di una discarica pubblica oggetto di sfruttamento economico per la gestione di rifiuti solidi urbani e la captazione di biogas) connotato da autonomia funzionale e reddituale costituisce un’unità immobiliare urbana soggetta ad accatastamento e rientra nella categoria D/7 – non in quella residuale E, concernente gli immobili a particolare destinazione pubblica -, in quanto svolge attività industriale secondo parametri economico-imprenditoriali, senza che assuma rilevanza l’eventuale destinazione dell’immobile anche ad attività di pubblico interesse.
Applicando lo stesso criterio, si è affermato (Sez. 5, Ordinanza n. 5070 del 21/02/2019) che gli impianti di risalita al servizio di piste sciistiche, come le sciovie, le funivie e le seggiovie, possono essere classificati come “mezzi pubblici di trasporto”, con il conseguente accatastamento nella categoria catastale E, ove, pur soddisfacendo un interesse commerciale, siano destinati prevalentemente, sul piano funzionale, alle esigenze di mobilità generale della collettività. Ugualmente, è stato escluso che gli immobili costituenti un terminal portuale adibito al deposito e alla movimentazione di merce, oggetto di concessione demaniale marittima, fossero compresi in categoria E/1 e fossero perciò soggetti all’esenzione ICI di cui all’art. 7, comma 1, lett. b, del d.lgs. n. 504 del 1992(Sez. 5, Sentenza n. 23067 del 17/09/2019). È, peraltro, errato identificare il concetto di “finalità istituzionali”, che sono proprie dell’ente locale e che costituiscono la ragion d’essere dello stesso, con quello di “servizio pubblico”, che può essere svolto anche per tramite di altri soggetti di natura privata, quali le aziende municipalizzate o altri enti o società che (come nel caso di specie) forniscono energia elettrica. Dette forniture, sia pure costituenti servizi per il pubblico, non possono essere ricomprese tra i compiti istituzionali che hanno una propria differenziata connotazione e le imprese che le assicurano, quali esercenti attività commerciali, non hanno ragione di godere esenzioni classificazioni differenziate. D’altra parte, come chiarito da Sez. 5, Sentenza n. 2621 del 11/02/2015, nel quadro normativo delineato dalla Direttiva Comunitaria 2001/77/CE del 27 settembre 2001, attuata con d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, ed abrogata dalla Direttiva Comunitaria 2009/28/CE del 23 aprile 2009, a sua volta attuata con d.lgs. 3 marzo 2011, n. 28, il quale prevede un regime di sostegno per lo sviluppo di energia elettrica da fonti rinnovabili, non emerge alcuna specificità dell’accatastamento degli impianti. E’ stata, quindi, ritenuta corretta la classificazione D/1, così come la prassi dell’Ufficio di
individuare l’oggetto della stima finalizzata all’attribuzione di rendita nell’insieme dei beni costituenti l’aerogeneratore, comprensivo non soltanto delle componenti prettamente immobiliari o infisse al suolo, ma anche di quelle componenti (navicella, rotore, pale, cabina elettrica, spazi di manovra e servizio ecc.) di per sé fisicamente amovibili ma non separabili senza pregiudizio alla funzione precipua di generazione energetica. Tale interpretazione ha trovato conferma nell’art. 1, comma 244 della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità per l’anno 2015), che risolveva la questione degli impianti funzionali al processo produttivo con il richiamo alle «istruzioni di cui alla circolare dell’Agenzia del territorio n. 6/2012 del 30 novembre 2012, concernente la “Determinazione della rendita catastale delle unità immobiliari a destinazione speciale e particolare: profili tecnicoestimativi ” (Sez. 5, Ordinanza n. 4837 del 2022, non massimata).
Per completezza va dato atto della non applicabilità, ratione temporis , alla presente fattispecie dell’art. 1, comma 21, della l. n.208 del 2015 (secondo il quale «A decorrere dal 10 gennaio 2016, la determinazione della rendita catastale degli immobili a destinazione speciale e particolare, censibili nelle categorie catastali dei gruppi D ed E, è effettuata, tramite stima diretta, tenendo conto del suolo e delle costruzioni, nonché degli elementi ad essi strutturalmente connessi che ne accrescono la qualità e l’utilità, nei limiti dell’ordinario apprezzamento. Sono esclusi dalla stessa stima diretta macchinari, congegni, attrezzature ed altri impianti, funzionali allo specifico processo produttivo»), atteso che l’accertamento risale a l 2014, in relazione a docfa antecedente. Va altresì ribadito che, in tema di attribuzione della rendita catastale ad una centrale elettrica eolica (assegnata, nella specie, alla categoria D/1), il d.lgs. 3 marzo 2001, n. 28, attuativo della Direttiva Comunitaria 2009/28/CE, pur delineando un quadro normativo di sostegno alla produzione di energia elettrica da fonti
rinnovabili, non prevede regole specifiche per l’accatastamento degli impianti, né esenzioni o riduzioni in materia di ICI, senza che l’assenza di una simile previsione possa ritenersi in contrasto con i principi comunitari, in quanto la determinazione della rendita catastale non costituisce un’imposta, né un presupposto d’imposta (v. Sez. 6 – 5, Sentenza n. 3354 del 19/02/2015). Da ciò consegue che anche l’impianto eolico complessivamente inteso era soggetto all’accatastamento in categoria D/1, ivi compresi gli aerogeneratori. 4. Con il quarto motivo di ricorso la contribuente ha rimproverato al Giudice regionale, a mente dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa ed erronea applicazione dell’art. 10, R.D.L. n. 652/1939, nonché degli artt. 28 e 29 d.P.R. n. 1142/1949, contestando la valutazione di congruità della rendita catastale operata dal Giudice regionale, siccome non conforme ai principi estimativi, non potendo avallarsi la metodologica classica applicata dall’Ufficio prevista per un fabbricato vero e proprio, laddove nella specie, trattandosi di impianti, occorreva tener conto nel procedimento di valorizzazione della loro vetustà ed obsolescenza, mentre il valore attribuito risultava spropositato in considerazione del fatto che già con la circolare n. 6/2012 dell’Agenzia ed a partire dal 1 gennaio 2016 con l’art. 1 comma 21, della legge n. 208/2015 e dalla seguente circolare n. 2/2016 dell’Agenzia l’entità della rendita catastale è diminuita di oltre l’80%.
L’istante ha sul punto segnalato che la corretta determinazione della rendita catastale era stata offerta dalla consulenza di parte e che la Commissione regionale con altra sentenza aveva attribuito ad un aerogeneratore un capitale fondiario pari a 360.000,00 € a MW installato e che, con ulteriore sentenza, relativamente agli altri quattro aerogeneratori costituenti il campo eolico in questione, aveva attribuito a ciascun aerogeneratore un capitale fondiario pari a euro 400.000,00 a MW installato.
4.1. Anche tale motivo va ritenuto inammissibile.
Il nucleo centrale della contestazione concerne la necessità di considerare nella determinazione della rendita lo stato di vetustà fisicamateriale dell’impianto e le sue condizioni di obsolescenza tecnica. Sta di fatto che emerge che di tale deprezzamento il giudice d’appello ha tenuto conto, là dove, come la stessa ricorrente dà atto riportando lo stralcio della sentenza impugnata a pag. 15 del ricorso, ha ritenuto ‘che la Commissione ha correttamente rideterminato il valore alla data dell’88 -89 in euro 480.000.000 per MW riducendo il valore accertato dall’ufficio tenuto conto della data in cui è stato completato l’impianto’ (v’è discrasia rispetto a quanto riportato nella narrativa del ricorso, ma la discrasia non si è incanalata in un motivo di impugnazione).
Ebbene, tale valutazione della Commissione regionale è stata del tutto obliterata dal motivo di ricorso, sviluppatosi sulla mera contestazione del valore attribuito dall’Ufficio nell’avviso impugnato; di modo che non è conferente nel caso in esame il principio affermato dalla giurisprudenza di questa Corte richiamata in memoria.
Si tratta, in definitiva, di motivo aspecifico, che -come suol dirsi -non si confronta con le ragioni della decisione impugnata, come tale da dichiarare inammissibile.
4.2. Si impone, pertanto, il rigetto del ricorso.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
A carico della ricorrente, stante il rigetto del ricorso, sussiste l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto secondo un accertamento spettante all’amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 65719801), ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna RAGIONE_SOCIALE, nella qualità d’incorporante RAGIONE_SOCIALE, al pagamento delle spese di lite in favore della controricorrente che quantifica in € 4.500,00, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso, in Roma, 19 dicembre 2024