Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20582 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20582 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 24/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5751/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LAZIO n. 4402/2015 depositata il 28/07/2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/06/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
1.La società ‘ RAGIONE_SOCIALE‘ proprietaria di un complesso immobiliare a destinazione commerciale, in uso alla società RAGIONE_SOCIALE, sito nel Comune di Frascati- presentava, in data 29 marzo 2011, procedura Docfa per variazione per frazionamento e fusione e diversa distribuzione degli spazi interni, concernente la particella 30, sub 503 e 506 del foglio 9, alla quale attribuiva la categoria C/1, classe 2) per mq 1330 e classe 3) per mq 2854.
In data 8 marzo 2012, L’RAGIONE_SOCIALE Territorio -previo sopralluogo presso il compendio immobiliare -rettificava il classamento in categoria D/8, con rendite maggiori rispetto a quelle assegnate dalla società, modificando anche il classamento (da categoria A/10, classe 1), a categoria D/8) ex d.m. 11 febbraio 1997, n. 32 per un’altra unità immobiliare, presente nel medesimo complesso immobiliare, identificata con sub 504 adibita ad uffici amministrativi e non oggetto della procedura Docfa.
La nuova determinazione di classamento e di attribuzione della rendita catastale veniva notificata alla proprietaria, la quale impugnava -con separati ricorsi- gli avvisi di accertamento, denunciandone l’illegittimità e contestando il classamento e la rendita, in quanto quest’ultima fondata su valori unitari ritenuti incongrui.
La Commissione tributaria di Roma, riuniti i ricorsi, li respingeva, con sentenza n. 1313/2016/14 che veniva impugnata dalla società, assumendo l’erroneità del classamento, non trattandosi di immobile unitario ma suscettibile di utilizzazione autonoma nelle sue varie parti, circostanza che avrebbe dovuto determinare il classamento dell’immobile tra quelli ordinari e, pertanto, l’adozione del criterio della stima per comparazione.
Quella Regionale del Lazio, nel riformare la decisione di primo grado, accoglieva l’appello della società contribuente.
A fondamento della decisione, i giudici di secondo grado hanno osservato che grava sull’Amministrazione pubblica l’onere di dimostrare i fatti costitutivi della pretesa; affermando che dalla perizia tecnica estimativa, asseverata con giuramento, depositata dalla società ; precisando che gli immobili oggetto di controversia non costituiscono un complesso immobiliare di carattere speciale. In particolare, il giudicante ha statuito che i fabbricati non sono stati costruiti per esigenze di attività commerciale e , ma costituiscono un complesso di unità immobiliari di carattere ordinario, aventi un certo grado di vetustà e appartenenti ad un compendio che ha .
Avverso detta sentenza l’RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per ottenerne la cassazione, che affida a cinque motivi, cui replica con controricorso la società contribuente.
La società ha depositato memoria difensiva in prossimità dell’udienza, ribadendo l’inammissibilità del ricorso sia per difetto di autosufficienza sia perché sottopone al vaglio della corte elementi fattuali già esaminati dal giudice di merito.
CONSIDERATO CHE
1.Il ricorso è articolato in cinque motivi.
2. La prima censura deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 10, legge 11 agosto 1939, n. 1249, in relazione all’art. 360, primo comma, n.3) cod.proc.civ., là dove la Regionale ha disatteso le disposizioni in materia di classamento concernente gli immobili di categoria speciale, in quanto, ai sensi dell’art. 10 citato in rubrica, la rendita catastale RAGIONE_SOCIALE unità immobiliari costituite da opifici e da fabbricati cui all’art. 28 legge 8 giugno 1936, n. 1231, costituite per le speciali esigenze di una attività industriale o commerciale e non suscettibili di un destinazione estranea alle esigenze suddette senza radicali trasformazioni, è determinata con stima diretta per ogni singola unità.
Assume l’ufficio di aver assolto l’onere probatorio, descrivendo le caratteristiche tipologiche della categoria D/8 rispetto alle categorie C/1 e C/2 proposte dalla società ricorrente, rilevando come le specifiche del complesso immobiliare orientassero verso la categoria D/8. Osserva che in categoria C/1 rientrano gli immobili a destinazione commerciale di natura ordinaria e diffusa sul territorio locale in modo da definire un campione significativo di unità di riferimento e confronto, per le quali effettuare la stima per comparazione attraverso il criterio per classi e tariffe; mentre appartengono alla categoria D/8 i cespiti eretti o adattati per speciali esigenze di un’attività commerciale e non suscettibile di destinazione diversa senza radicali trasformazioni, nonché quelli che per la singolarità RAGIONE_SOCIALE loro caratteristiche non sono raggruppabili in classi omogenee.
Pertanto, ad avviso dell’amministrazione finanziaria, solo gli immobili composti da un solo locale principale e dal locale accessorio posti al piano terra e interrati di edifici promiscui a carattere prevalentemente residenziale e condominiale rientrano nella categoria C/1.
Adduce che la RAGIONE_SOCIALE avrebbe omesso di esaminare le deduzioni difensive svolte nei giudizi di merito, incorrendo in error in iudicando per violazione RAGIONE_SOCIALE disposizioni rubricate.
Il secondo strumento di ricorso prospetta ; per avere i giudici territoriali omesso di considerare le descrizioni del compendio contenute negli scritti difensivi dell’ufficio.
Con il terzo mezzo di ricorso -vizio di omesso esame di fatto decisivo ex art. 360, primo comma, n.5) cod.proc. civ. l’ente finanziario si duole dell’accertamento in fatto operato dai secondi giudici che hanno ritenuto trattarsi di cinque edifici distinti, assumendo che, al contrario, il complesso è costituito da un unico corpo di fabbrica che si sviluppa su tre livelli, comunicanti tra loro e che i giudici di appello non avrebbero considerato le circostanze fattuali allegate dall’ufficio.
Evidenzia che la circostanza che il fabbricato sia suddiviso in più unità immobiliari distinte non esclude l’inserimento in categoria speciale, precisando che le uniche unità non censite in cat. D/8 sono l’abitazione (cat. A/2) e la tettoia inclusa in cat. C/7.
Il quarto motivo di ricorso denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ. e 115 cod.proc.civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod.proc.civ.; per avere il decidente erroneamente fondato il proprio convincimento sulla perizia giurata prodotta dalla società, trascurando di valutare le argomentazioni proposte dall’ufficio a sostegno della legittimità degli avvisi di accertamento.
Si deduce che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la perizia di parte non è dotata di efficacia probatoria nemmeno rispetto ai fatti che il consulente asserisce di aver accertato; di talché, rilevando solo come indizio, al pari di ogni documento proveniente da terzi, il suo apprezzamento è rimesso alla valutazione
discrezionale del giudice di merito, il quale, tuttavia, non è obbligato a tenerne conto ai fini decisionali.
Ad avviso dell’Ufficio, in definitiva, la perizia di parte avrebbe la medesima valenza RAGIONE_SOCIALE allegazioni difensive dallo stesso prospettate nel giudizio di merito.
6. L’ultimo mezzo di ricorso prospetta violazione del combinato disposto degli artt. 132, comma secondo, n. 4), cod.proc.civ., 36, comma 1, n. 4) d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4), cod.proc.civ.; per avere la Commissione regionale assunto la perizia di parte come fonte del proprio convincimento, omettendo, tuttavia, di esplicitare le ragioni per le quali l’ha ritenuta corretta e convincente. Nel limitarsi a riprodurre il contenuto della relazione peritale, la RAGIONE_SOCIALE sarebbe incorsa in una ipotesi di motivazione apparente, difettando l’esposizione dell’iter logico argomentativo che ha condotto il decidente a considerare corretta la valutazione del consulente di parte.
Va subito evidenziato, a fronte RAGIONE_SOCIALE contestazioni della società, che il ricorso risulta autosufficiente, avendo nel ricorso trascritto le allegazioni difensive concernenti la descrizione del compendio immobiliare de quo.
8.La seconda censura, la cui disamina appare pregiudiziale rispetto alla prima, in quanto ha ad oggetto la asserita carenza, apparenza e contraddittorietà della motivazione, non merita accoglimento, atteso che la sentenza illustra esaustivamente tutto lo svolgimento del processo e sviluppa compiutamente un percorso logico, individuando in modo chiaro la ratio decidendi.
L’ipotesi di motivazione apparente ricorre allorché essa, pur graficamente e, quindi, materialmente esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non renda tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché costituita da argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico
seguito per la formazione del convincimento, non consentendo, in tal modo, alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice, lasciando all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture; siffatta motivazione si considera -come suol dirsi – non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost., il che rende nulla la sentenza per violazione (censurabile ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ.) anche dell’art. 132, secondo comma, num. 4), cod. proc. civ. o, nel processo tributario, ex 36, comma 2, n. 4, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546; – va esclusa, invece, (in seguito alla riformulazione dell’art. 360, primo comma, num. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54, comma 1, lett. b) del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. con l. 7 agosto 2012, n. 134) qualunque rilevanza al semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (cfr., su tali principi, tra le tante, Cass., Sez. T, 31 gennaio 2023, n. 2689 e, tra le tante, a partire da Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053, Cass., Sez. Trib., 19 gennaio 2023, n. 1615, Cass., 1° marzo 2022, n. 6626; Cass., Sez. Trib, 8 agosto 2022 n 24449; Cass., Sez. U. 19 giugno 2018, n16159 (p. 7.2.), che menziona Cass., Sez. U. 3 novembre 2016, n. 22232; Cass. Sez. U., nn. 22229, 22230, 22231, del 2016, Cass., Sez. U, 24 marzo 2017, n. 766; Cass., Sez. U., 9 giugno 2017, n. 14430 Cass., Sez. U., 18 aprile 2018, n. 9557; Cass., Sez. U., 27 dicembre 2019, n. 34476 (che cita, in motivazione, Cass., Sez. U., 18 aprile 2018, n. 9558 e Cass., Sez. U., 31 dicembre 2018, n. 33679).
Nella specie, le suindicate censure risultano palesemente infondate, essendo sufficiente rinviare al riepilogo che precede per dar conto che la sentenza si è pronunciata sulla applicabilità alla fattispecie della categoria D) con un’ampia motivazione, che ha reso manifeste, ed in modo del tutto chiaro e non contraddittorio, le
ragioni della decisione, impregiudicata, ovviamente, ogni valutazione sulla correttezza della decisione.
La prima censura presenta profili di inammissibilità, come altresì eccepito dalla controricorrente.
9.1. Le critiche articolate dalla difesa della ricorrente non hanno il tono proprio di una censura di legittimità. Esse, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione e falsa applicazione di legge, di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, degradano in realtà verso l’inammissibile richiesta a questa Corte di una rivalutazione dei fatti storici da cui è originata il ricorso della società, sottoponendo alla Corte una descrizione del complesso immobiliare divergente da quello emergente dalla decisione impugnata. (cfr. Cass., Sez. Un., 17 dicembre 2019, n. 33373; S.U. del 27/12/2019, n. 34476).
9.2. In breve, la prima censura traligna dal modello legale di denuncia di un vizio riconducibile all’art. 360 cod. proc. civ., perché pone a suo presupposto una diversa ricostruzione del merito degli accadimenti, fondato sulle allegazioni difensive formulate nel giudizio di merito, senza neppure confrontarsi con la ratio decidendi della sentenza impugnata che ha fondato il decisum sulla perizia di parte contribuente, affermando che l’RAGIONE_SOCIALE non aveva fornito alcun fatto costitutivo della sua pretesa. Il motivo di ricorso per cassazione non incrina, quindi, la valutazione del giudice di merito che si fonda sugli elementi acquisiti e tratti, in particolare, dalla descrizione RAGIONE_SOCIALE unità immobiliari contenuta nella perizia giurata prodotta dalla contribuente, dalla quale la CTR ha inferito che le singole unità immobiliari che compongono il compendio presentano autonoma rilevanza le une dalle altre e non risultano unite in un unico complesso immobiliare come richiede la categoria D/8. Ebbene, rispetto alla tipologia del compendio immobiliare, come accertato con congrua motivazione in base alle acquisizioni
probatorie, i giudici di seconde cure hanno escluso l’applicabilità della normativa citata dall’RAGIONE_SOCIALE.
10. La terza doglianza si rivela parimenti inammissibile.
La giurisprudenza di questa Corte è ormai consolidata (Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053; Cass., Sez. Un., 18 aprile 2018, n. 9558; Cass., Sez. Un., 31 dicembre 2018, n. 33679) nell’affermare che: il novellato testo dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti, oltre ad avere carattere decisivo; l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie; neppure il cattivo esercizio del potere di apprezzamento RAGIONE_SOCIALE prove non legali da parte del giudice di merito dà luogo ad un vizio rilevante ai sensi della predetta norma; nel giudizio di legittimità è denunciabile solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 RAGIONE_SOCIALE preleggi, in quanto attiene all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali: tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione (S.U. n. 34476/2019, cit. Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, nn. 8053 e 8054; Cass., Sez. 6^-3, 27 novembre 2014, n. 25216; Cass., Sez. 2^, 29 ottobre 2018, n. 27415; Cass., Sez.
Lav., 21 ottobre 2019, n. 26764; Cass., Sez. 5^, 12 luglio 2021, nn. 19820, 19824, 19826 e 19827; Cass., Sez. 5^, 22 luglio 2021, n. 20963; Cass., Sez. 5^, 27 luglio 2021, n. 21431; Cass., Sez. 5^, 30 maggio 2022, n. 17359).
L’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. nel suo attuale testo riguarda, dunque, un vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, nozione da intendersi come riferita a un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico e non comprendente questioni o argomentazioni, dovendosi di conseguenza ritenere inammissibili le censure irritualmente formulate che estendano il paradigma normativo a quest’ultimo profilo (ass. 21152/2014, Cass. 14802/2017).
La doglianza in esame in quanto dedotta con riferimento all’omesso esame di allegazioni difensive di parte e al dedotto cattivo apprezzamento RAGIONE_SOCIALE circostanze di fatto introdotte in giudizio non può trovare accoglimento (Cass. del 06/09/2019, n. 22397; Cass. del 18/10/2018, n. 26305), essendo, peraltro, evidente che, poste in questi termini, essa non individua un vizio di omesso esame circa un fatto decisivo, ma mira surrettiziamente ad una rivalutazione del materiale istruttorio acquisito al processo, che è non è consentito in questa sede di legittimità.
La quarta censura ripropone le critiche formulate con la terza doglianza, questa volta sotto il profilo del vizio della violazione dell’ onus probandi (ex art. 2697 cod.civ.) , nonché dell’art. 115 c.p.c.
11.1.Essa si rivela infondata.
11.2. Il giudice d’appello ha ritenuto che la valutazione operata dall’ufficio a sostegno del diverso classamento, volta ad inquadrare il compendio immobiliare nella categoria D/8 (ad esclusione di due unità) sia stata superata dalla documentazione prodotta in giudizio dalla contribuente. In tal modo, la sentenza impugnata ha
correttamente applicato le regole di riparto dell’onere probatorio la cui violazione ricorre unicamente laddove il giudice di merito inverta la ripartizione degli oneri probatori, gravando una parte della prova di un fatto il cui onere probatorio grava in realtà su una parte diversa del processo (v. Cass. 29.05.2018, n. 13395; Cass. 23.10.2018, n. 26769; Cass. 10.05.2021, n. 12286).
11.3. In tal senso, Cass. 7.09.2020, n. 18615 ha ribadito che se l’Ufficio intende riclassificare catastalmente un immobile deve dimostrare l’esistenza dei presupposti di fatto che legittimano la riclassificazione dei beni e la sussistenza RAGIONE_SOCIALE condizioni che fondano l’accertamento. Depone in tal senso Cass. 16.02.2022, n. 5037 che ha chiarito che nelle controversie concernenti la verifica dell’attendibilità del provvedimento di classamento emesso dall’amministrazione in rettifica di quello proposto dal contribuente, a mezzo della procedura DOCFA di cui al d.m. Finanze 19 aprile 1994, n. 701, a seguito di variazioni disposte dal proprietario, l’onere di provare, nel contraddittorio con il contribuente, gli elementi di fatto giustificativi della pretesa, nel quadro del parametro prescelto, spetta alla stessa amministrazione, salva comunque la facoltà del contribuente di assumere su di sé l’onere di dimostrare l’infondatezza della maggiore rendita catastale, avvalendosi degli strumenti probatori previsti dal codice di procedura.
Del resto, il giudice di merito, dovendo verificare se la categoria e la classe attribuita all’immobile risultano adeguate secondo i dati presenti nella motivazione dell’atto, non può trarre prova positiva dall’insuccesso dell’onere probatorio assunto dal contribuente, in difetto di assolvimento dell’onere della prova posta a carico dell’Ufficio (Cass. 20.06.2013, n. 15495; Cass. del 24/04/2015, n. 8344; Cass. 10.05.2023, n. 14727, in motiv.).
11.4. Vale altresì osservare che poiché dinanzi al giudice tributario l’amministrazione finanziaria è sullo stesso piano del contribuente,
la relazione di stima di un immobile, redatta dalla parte, costituisce una semplice perizia di parte; tuttavia, nel processo tributario, nel quale esiste un maggiore spazio per le prove cosiddette atipiche, anche la perizia di parte può costituire fonte di convincimento del giudice, che può elevarla a fondamento della decisione a condizione che spieghi le ragioni per le quali la ritenga corretta e convincente (cfr. Cass. 10/04/2024, n. 10691; Cass. 30/04/2024, n. 11690; Cass. del 23/02/2022, n. 6038; Cass. 22/01/2021, n. 1318; Cass. 6/2/2015, n.2193).
Nel caso di specie la commissione tributaria ha fatto corretta applicazione del suindicato criterio di giudizio, posto che ha adeguatamente motivato la rilevanza della perizia di parte, a cui ha attribuito una effettiva idoneità persuasiva, per chiarezza e concludenza dei dati evidenziati, vagliandone il contenuto alla luce RAGIONE_SOCIALE contestazioni ad essa specificamente mosse dall’ufficio, così come descritto al paragrafo 9.2. (v., ex plurimis, Cass. del 24/02/2020, n. 4864;Cass., 8 maggio 2015, n. 9357; Cass., 6 febbraio 2015, n. 2193; Cass., 25 giugno 2014, n. 14418; Cass., 23 febbraio 2011, n. 4363; Cass., 13 aprile 2007, n. 8890; Cass., 12 aprile 2006, n. 8586; Cass., 30 maggio 2002, n. 7935); il giudice del gravame, in definitiva, e senza violare le disposizioni dalla ricorrente evocate, ha bilanciato i dati probatori hinc et inde offerti nel giudizio, operando una tipica valutazione di concludenza RAGIONE_SOCIALE fonti di prova in relazione ai fatti costitutivi della pretesa tributaria ed a quelli volti ad infirmarne l’efficacia.
11.5. Piuttosto, anche in questo caso, la censura in esame mira nella sostanza ad una rivalutazione del merito non consentita in questa sede (v. Cass. n. 14980/2020; Cass. n. 3005/2021), spettando al giudice di legittimità solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale RAGIONE_SOCIALE argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quelle compete in via esclusiva l’individuazione RAGIONE_SOCIALE fonti del proprio
convincimento, la verifica della loro attendibilità e concludenza e di scegliere tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti (Cass. 13.01.2020, n. 331; S.U. 27.12.2019, n. 34476).
11.6.- Infine, fuori fuoco è anche la censura con la quale si lamenta la violazione dell’art. 115 c.p.c., posto che per dedurla occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio); è, invece, inammissibile la diversa doglianza, in cui nella sostanza si traduce quella in esame, che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c. (tra varie, Cass., Sez. Un., n. 20867/20).
L’ultima censura è priva di pregio.
Va osservato che questa Corte (vedi Cass. n. 2655/2011; Cass. 1.09.2023, 25593) ha già enunciato il principio di diritto secondo cui . Nel caso sub iudice , una motivazione sintetica, ma rispettosa dei parametri costituzionali la RAGIONE_SOCIALE.T.R. l’ha resa, evidenziando la precisione con cui il consulente della società aveva descritto le caratteristiche dei fabbricati, con accessi autonomi che li rendono , rilevando come gli immobili non siano uniti in un unico complesso immobiliare ma siano indipendenti gli uni dagli altri, caratteristiche queste che l’hanno convinta ad escludere l’inquadramento nella categoria attribuita dall’ufficio, come avvalorato dalla circostanza che lo stesso Ufficio ha attribuito la nuova rendita catastale a soli tre dei cinque edifici facenti parte del complessivo cespite. Aggiungendo, inoltre , che l’ufficio non aveva prodotto alcun fatto costitutivo della propria pretesa e che l’unico elemento rilevante era costituito dalla perizia asseverata prodotta dalla società.
13. Il ricorso è quindi respinto.
Le spese del giudizio di legittimità seguono il criterio della soccombenza. Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n.115.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna l’RAGIONE_SOCIALE a pagare le spese del giudizio di legittimità, sostenute dalla società, che liquida in euro 2.500,00 per compensi, oltre euro 200,00 per esborsi, al 15% a titolo di spese forfetarie, iva e cpa.
Così deciso nella camera di Consiglio della sezione tributaria della