Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9413 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9413 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24292 -2020 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso da ll’ Avvocato COGNOME giusta procura speciale in calce al ricorso
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO
-controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 380/2020 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della TOSCANA, depositata il 9/6/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del l’ 11/3/2025 dal Consigliere Relatore Dott.ssa NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME propone ricorso, affidato a tre motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana aveva parzialmente accolto l’appello erariale avverso la sentenza n. 1198/2017 emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Firenze, in accoglimento del ricorso proposto da NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso avvisi di accertamento catastale, notificati il 14 settembre 2016, con cui l’Agenzia delle Entrate aveva determinato la nuova rendita catastale ed il classamento di unità immobiliari ubicate nella città di Firenze – INDIRIZZO confermando l’originario classamento in cat. A/8.
L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale affidato a due motivi.
Il ricorrente ha da ultimo depositato memoria difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con il primo motivo il ricorrente principale denuncia, in rubrica, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c. «violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7 della Legge 27 luglio 2000 n. 212, dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990 n. 241, del D.L. 19 dicembre 1984, n. 853, art. 4, comma 21, convertito in L. 17 febbraio 1985, n. 17, del D.M. Finanze 19 aprile 1994, n. 701, art. 6 e art. 61 del D.P.R. n. 1142 del 1949, e della Circolare del Ministero delle Finanze n. 5 del 14 marzo 1992 e successiva nota N.C. – 111022 del 4 maggio 1994» per avere la Commissione tributaria regionale erroneamente ritenuto che l’Agenzia delle entrate avesse rispettato gli obblighi motivazionali de ll’ avviso di accertamento impugnato, attribuendo alle unità immobiliari del ricorrente una classificazione in categoria A/8 (ville o appartamenti in villa) basandosi su una motivazione generica e indistinta per tutte le unità immobiliari, senza
specificare le ragioni concrete per cui il classamento proposto dal contribuente (categoria A/2) era stato disatteso.
1.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia, in rubrica, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c. «violazione e/o falsa applicazione del D.L. 19 dicembre 1984, n. 853, art. 4, comma 21, convertito in L. 17 febbraio 1985, n. 17, del D.M. Finanze 19 aprile 1994, n. 701, artt. 3, 6 e art. 61 del D.P.R. n. 1142 del 1949, e della Circolare del Ministero delle Finanze n. 5 del 14 marzo 1992 e successiva nota N.C. – 111022 del 4 maggio 1994» per avere la Commissione tributaria regionale erroneamente ritenuto legittima l’integrazione della motivazione dell’ avviso di accertamento in corso di giudizio, introducendo fatti nuovi non considerati in fase procedimentale.
1.3. Le doglianze, da esaminare congiuntamente, in quanto strettamente connesse, sono infondate.
1.4. Come più volte chiarito da questa Corte l’accertamento catastale è sufficientemente motivato con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita quando la discrasia tra rendita proposta e rendita attribuita derivi da una valutazione tecnica sul valore economico dei beni classati, e solo quando l’Ufficio compie una divergente valutazione degli elementi di fatto indicati dal contribuente, la motivazione dell’accertamento deve essere più approfondita perché l’Ufficio deve indicare le differen ze tra quanto dichiarato nel c.d. DOCFA e quanto accertato (cfr. Cass., tra le tante, Cass. nn. 2777 del 2018; 12497 del 2016; 8344 del 2015).
1.5. È stato dunque evidenziato che gli indicati termini di riscontro dell’obbligo di motivazione dell’atto di classamento, adottato in esito alla procedura DOCFA, debbono ritenersi inadeguati (solo) a fronte di un ‘ immutazione della proposta formulata dalla parte (con la dichiarazione di accatastamento), immutazione rilevante – ai fini dell’assolvimento dell’obbligo di motivazione – qualora incentrata sugli «elementi di fatto» di detta proposta, non anche qualora (ad elementi di fatto immutati) la diversa valutazione della rendita catastale (così come nella fattispecie) consegua «da una diversa valutazione tecnica riguardante il valore economico dei beni» (cfr., ex plurimis , Cass n. 23674 del 2020; Cass. n.
29373 del 2019; Cass. n. 13778 del 2019; Cass. n. 31809 del 2018; Cass. n. 12777 del 2018; Cass. n. 12497 del 2016; Cass. n. 8344 del 2015; Cass. n. 23237 del 2014).
1.6. Tanto premesso sul piano dei principi, non può non osservarsi come i fatti sui quali si fonda l’impugnato avviso sono quelli stessi indicati dal contribuente nella proposta DOCFA di attribuzione di rendita, in quanto la motivazione dell’atto di classamento, per quanto risulta, non è fondato su di una causa petendi sconosciuta al contribuente.
1.7. Nel caso di specie, si deduce dalla sentenza impugnata e dall’avviso di classamento (ritualmente trascritto nel controricorso) che la richiesta di modifica della categoria sia stata respinta sulla base dei dati forniti dal contribuente, con conseguente mancata modifica della rendita catastale, in ragione di una valutazione tecnica effettuata sulla base della tipologia costruttiva, caratteristiche dimensionali, finiture, e impianti fissi, mentre non è stato dedotto in ricorso che l’atto di classamento si sia basato su elementi di fatto differenti da quelli indicati nel modello DOCFA.
1.8. Lo stesso contribuente non ha, in ricorso, specificato, rispetto al l’ immutazione della proposta formulata dalla parte (con la dichiarazione di accatastamento), su quali differenti «elementi di fatto» rispetto a detta proposta essa fosse incentrata, in quanto non è affatto discussa la struttura e la dimensione dell’unità immobiliare oggetto di causa , né è in contestazione la consistenza di questa che è stata oggetto di frazionamento, ben nota tra le parti, essendo per la stessa già stata attivata nel 2002 altra procedura DOCFA.
1.9. Non risulta, dunque, vi sia stata contestazione da parte dell’Ufficio nell’avviso di classamento circa la destinazione e le caratteristiche dell’immobile, così come risultanti dall’elaborato Docfa presentato dai ricorrenti, né circa la superficie utile dell’unità immobiliare .
1.10. Gli elementi fattuali, pertanto, si può affermare che fossero alle parti ben noti e si deve ritenere, quindi, che sia stato corretto il principio applicato dalla sentenza impugnata per cui l’obbligo motivazionale, in quanto effettuato a seguito di procedura Docfa, in presenza di dati fattuali non contestati tra le parti, è adeguatamente assolto attraverso
l’indicazione dei dati catastali, dei dati relativi all’ubicazione dell’immobile, dei dati di classamento proposti nel 2015 e quelli antecedenti.
1.11. Si trattava allora, nello specifico, di trarre esatte conseguenze giuridiche da fatti che la parte contribuente conosce per averli allegati alla proposta DOCFA D.L. 23 gennaio 1993, n. 16, ex art. 2 conv. con mod. in L. 24 marzo 1994, n. 75 e D.M. 19 aprile 1994, n. 701, in quanto il dissenso non è sui fatti posti a fondamento dell’atto di classamento, non è, cioè, controversa la consistenza catastale o l’ubicazione o gli esiti della ristrutturazione, bensì la lite è sulla valutazione di detti fatti incontroversi e sulle conseguenze giuridiche che da tali valutazioni debbono esser fatte discendere.
1.12. Al contribuente era stato quindi assolutamente garantito il diritto difensivo di confutare, per esempio a mezzo di perizie di parte, sempre nel rispetto delle previste preclusioni, le ragioni contenute nella stima effettuata dall’Ufficio, fondate su elementi di fatto conosciuti in quanto indicati nella richiesta DOCFA.
1.13. Peraltro, se da una parte rimane ferma la preclusione ad una postuma e tardiva integrazione -con valore sanante -di una motivazione carente o insufficiente, nel caso in cui non si ravvisi tale ipotesi, come nel caso in esame, non è precluso all’ Amministrazione finanziaria di controdedurre alle censure del contribuente in sede processuale per difendere la motivazione ab origine adeguata anche con la prospettazione ad abundantiam di nuovi argomenti o la produzione di nuovi documenti, che non erano stati enunciati, riprodotti o menzionati nell’avviso di rettifica catastale, ma che, comunque, assumono rilevanza processuale sul piano della delimitazione del thema decidendum e del thema probandum .
2.1. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia, in rubrica, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5), c.p.c. «violazione e/o falsa applicazione del D.L. 19 dicembre 1984, n. 853, art. 4, comma 21, convertito in L. 17 febbraio 1985, n. 17, del D.M. finanze 19 aprile 1994, n. 701, artt. 3, 6 e art. 61 del D.P.R. n. 1142 del 1949, e della circolare del ministero delle Finanze n. 5 del 14 marzo 1992 e successiva nota N.C. -111022 del 4 maggio 1994 … per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio»
avendo la Commissione tributaria regionale confermato il classamento dell’Agenzia delle Entrate con una motivazione generica e stereotipata, senza esaminare «le caratteristiche effettive delle unità immobiliari di proprietà …(del ricorrente)…, come illustrate nella perizia …(di parte)…», avendo reso un motivazione generica e stereotipata.
2.2. In particolare, il ricorrente sostiene che le caratteristiche delle unità immobiliari erano state illustrate nella perizia di parte, depositata in primo grado, che evidenziava come le unità immobiliari non avessero le caratteristiche necessarie per essere classificate come appartamenti in villa (categoria A/8), specificando che le unità immobiliari erano di limitata metratura, non disponevano di ampi giardini o parchi pertinenziali, non avevano una dotazione di impianti e servizi superiori all’ordinario, non presentavano caratteristiche costruttive e rifiniture di livello superiore all’ordinario.
2.3. Nel caso di specie si controverte del classamento dell’immobile de quo in categoria A/8.
2.4. Questa Corte, proprio in riferimento ad una controversia incentrata sul medesimo tema, ha affermato quanto segue: «Il classamento non è oggi disciplinato da precisi riferimenti normativi: la legge si limita, infatti, a prevedere la elaborazione di un reticolo di categorie e classi catastali e demanda la elaborazione di tali gruppi, categorie e classi all’Ufficio tecnico erariale (d.P.R. 1 dicembre 1949, n.1142 art. 9). L’ufficio tecnico erariale procede sulla base di istruzioni ministeriali anche piuttosto risalenti nel tempo (è tuttora utile in proposito la circolare n.134 del 6 luglio 1941, integrata dalla istruzione 2 del 24 maggio 1942). Di fatto, mentre è pressoché uniforme in tutto il territorio nazionale la suddivisione in cinque gruppi (A, B, C, D, E) articolati in numerose categorie (Al, A2, A3….), sono assai incerti i criteri in forza dei quali un immobile rientri nelle diverse categorie: vada ad esempio classificato come A2 (abitazione di tipo civile) piuttosto che come A3 (abitazione di tipo economico). Nel suo “quadro generale delle categorie con annesso massimario” contenuto nella citata circolare 134 del 1941 il Ministero avvertiva in riferimento alle prime otto classi della categoria A,
che “trattandosi di qualificazione relativa e variabile da luogo a luogo, deve corrispondere al significato che ha localmente”; qualche maggiore precisazione è oggi contenuta nella circolare ministeriale 14 marzo 1992, n.5/3/1100, ma siamo sempre a livello di mere istruzioni amministrative, di cui si tiene conto in quanto possibile espressione di un “comune sentire”. Proprio in considerazione di queste difficoltà, ai fini della applicazione delle agevolazioni fiscali “prima casa”, il legislatore ha creato un’apposita categoria di “abitazioni di lusso” che non ha preciso riscontro nelle classi catastali (tanto che si nega che essa coincida con la categoria catastale Al). Queste difficoltà si riflettono sulla distinzione fra “A/7 – abitazioni in villini” e “A/8 – abitazioni in ville”. Sembra di dover affermare che ciò che caratterizza la “villa” non sono soltanto le dimensioni, quanto le attrezzature di cui dispone, le caratteristiche interne, il pregio degli infissi e degli ornamenti, la collocazione, il rapporto con il territorio, le vie di accesso. Nel linguaggio comune (ripreso dal legislatore) edifici simili vengono chiamati “villa” se collocati in località di lusso e “villini” se collocati in aree di minor pregio. Altro è poi se le vie di comunicazione sono difficoltose in quanto l’edificio è collocato in una pregiata località montuosa o panoramica, altro è se l’isolamento non è espressione di un lusso bensì, più banalmente, determina una scomodità. La circolare ministeriale 5/1992 afferma, in proposito, come per “ville debbano intendersi quegli immobili caratterizzati essenzialmente dalla presenza di parco e/o giardino, edificate in zone urbanistiche destinate a tali costruzioni o in zone di pregio con caratteristiche costruttive e di rifiniture, di livello superiore all’ordinario. Consistenza e dotazione di impianti corrispondenti a quanto indicato dall’Ufficio in sede di classamento automatico per l’attribuzione della categoria (punti 1, 3, 6, 8, 9, 10, 11, 12 e 14 dei prospetti 9)”. Mentre “per villino deve intendersi un fabbricato, anche se suddiviso in unità immobiliari, avente caratteristiche costruttive, tecnologiche e di rifiniture proprie di un fabbricato di tipo civile o economico ed essere dotato, per tutte o parte delle unità immobiliari, di aree coltivate o no a giardino. Le unità immobiliari dovranno avere consistenza e dotazioni corrispondenti a quanto indicato dall’Ufficio in sede di classamento automatico per
l’attribuzione della categoria (punti 1, 2, 3, 4, 6, 8, 12, 13, 14 e 15 dei prospetti 9)”. Ora, per parco non può certo intendersi la utilizzabilità di qualunque area verde, altrimenti tutte le abitazioni rurali sarebbero ville, bensì un’area con alberi destinata ed adattata al godimento degli abitanti, tanto più appetibile perché sita in zone di pregio o destinate, appunto, a ville. E si deve altresì valutare se l’immobile abbia “caratteristiche costruttive e di rifiniture, di livello superiore all’ordinario”» (cfr. Cass. n. 2704/2014).
2.5. Nella sentenza impugnata, la Commissione tributaria regionale ha confermato il classamento dell’Ufficio in A8 dell’unità immobiliare evidenziando che nel corso del giudizio l’Ufficio aveva indicato le «caratteristiche dell’immobile …(le)… tipologie costruttive … ( e le)… unità concretamente assunte in comparazione», indicando «altre situazioni analoghe nel Comune di Firenze», richiamando «le cc.dd. Unità Tipo (punto di riferimento istituzionale per la determinazione di un classamento) e situazioni similari censite in zona», e concludendo «per la qualificazione dell’immobile come “appartamento in villa”, ai sensi della circolare ministeriale 5/92 …(in quanto)… le unità immobiliari oggetto del giudizio costituivano un unico fabbricato ed erano tutte di proprietà del ricorrente in una zona considerata “pregiata” dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare».
2.6. E’ innegabile nella specie la sussistenza del denunciato vizio motivazionale, essendo la CTR pervenuta a formulare il proprio giudizio in ordine al classamento in A8 delle unità immobiliari del ricorrente, senza procedere ad un’adeguata disamina degli elementi offerti in cognizione da quest’ultimo a conforto del proprio assunto, ma limitandosi unicamente a sentenziare, in maniera sommaria e generica, senza una compiuta indicazione ed illustrazione, in concreto, delle caratteristiche effettive degli immobili, pur a fronte delle circostanziate deduzioni contrarie del ricorrente, illustrate anche con perizia di parte, ritualmente trascritta in ricorso, in merito, ad esempio, all ‘ingresso comune alle unità immobiliari, alla via di accesso alle stesse, all ‘esigua metratura delle unità immobiliari, all’assenza di giardini o spazi esterni di dimensioni notevoli, nonché di
impianti, servizi, caratteristiche costruttive e rifiniture superiori all’ordinario .
2.7. Va invero ribadito che nel processo tributario le perizie stragiudiziali prodotte dalla parte contribuente costituiscono prove atipiche liberamente valutabili dal giudice tributario (cfr. Cass. n. 6038 del 2022, 2193 del 2015, Cass. n. 5776 del 2000).
2.8. Nella fattispecie la CTR ha dunque dimostrato di non aver effettuato il necessario bilanciamento dei dati probatori offerti al giudizio, senza operare una tipica valutazione di concludenza delle fonti di prova in relazione ai fatti costitutivi della pretesa tributaria ed a quelli volti ad infirmarne l’efficacia in relazione alle caratteristiche degli immobili.
3.1. Con il primo e secondo motivo di ricorso incidentale l’Agenzia denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4) e n. 3), c.p.c., nullità della sentenza impugnata e violazione di norme di diritto laddove la Commissione tributaria regionale ha accolto parzialmente il ricorso introduttivo relativamente alla quinta unità originata dal frazionamento dell’immobile originario.
3.2. Le doglianze sono inammissibili.
3.3. Al riguardo la Commissione tributaria regionale ha affermato quanto segue: «Va … ritenuta corretta la classificazione dell’Amministrazione Finanziaria, ad eccezione della quinta unità originata dal frazionamento dall ‘ immobile originario ed identificata nel foglio 121 part 118 sub. 601, graffata alla 144 sub. 503 cat. A/2 classe 3 vani 1.5, … che viste le caratteristiche dell’immobile, siccome si evince anche dalla relazione tecnica di parte del geom. NOME COGNOME va confermata nel classamento rivendicato da parte contribuente…».
3.4. È documentalmente provato che della suddetta unità immobiliare fosse proprietaria, in via esclusiva, l’originaria ricorrente NOME COGNOME
3.5. Ciò posto, come recentemente affermato dalle Sezioni Unite (cfr. Cass. Sez. U. n. 11676 del 2024), in base agli artt. 331 e 332 c.p.c., nelle cause scindibili non vi è obbligo di integrare il contraddittorio nei confronti di quelle parti del giudizio di primo grado, il cui interesse alla partecipazione all’appello sia venuto meno.
3.6. In ipotesi di litisconsorzio, per l’esistenza di una situazione che comporti l’obbligo di chiamare in causa, ai sensi dell’art. 331 c.p.c., tutte le parti presenti nella precedente fase del processo, è necessario, dunque, che i rapporti dedotti in causa siano inscindibili, non suscettibili di soluzioni differenti nei confronti delle varie parti del giudizio, o che due (o più) rapporti dipendano logicamente l’uno dall’altro, o da un presupposto di fatto comune, in modo tale da non consentire razionalmente l’adozione nei confronti delle diverse parti di soluzioni non conformi perché comporterebbero capi di decisione logicamente in contraddizione tra loro.
3.7. Ne consegue che, quando il giudice di appello adotti, senza contraddizioni insanabili, soluzioni diverse nei confronti di più parti (nella specie: i proprietari di distinte e separate unità immobiliare), se ne deve dedurre l’insussistenza di alcuna ipotesi di litisconsorzio necessario, nemmeno di carattere processuale, e l’applicabilità dell’art. 332 c.p.c., sull ‘ impugnazione relativa alle cause scindibili.
3.8. L’odierno ricorrente non era quindi onerato di instaurare il contraddittorio anche nei confronti di NOME COGNOME, proprietaria della citata «quinta unità originata dal frazionamento dall ‘ immobile originario ed identificata nel foglio 121 part 118 sub. 601, graffata alla 144 sub. 503 cat. A/2 classe 3 vani 1.5».
3.8. L’Agenzia delle entrate , seppure nei termini previsti dall’art. 327 c.p.c., ha notificato il ricorso incidentale esclusivamente nei confronti dell’odierno ricorrente principale, del tutto estraneo alla parte della pronuncia in questione.
3.9. In un giudizio svoltosi con pluralità di parti in causa scindibile, come nel caso in esame, la proposizione del ricorso per cassazione nei confronti di talune soltanto delle parti processuali determina, tuttavia, il passaggio in giudicato della sentenza nei confronti delle altre parti del giudizio di merito non destinatarie dell’impugnazione (cfr. Cass. n. 10171 del 2018).
3.10. La norma contenuta nell’art. 332 c.p.c., la quale dispone che l ‘ impugnazione proposta soltanto da alcuna delle parti o nei confronti solo di alcuna di esse deve essere notificata anche alle altre parti, nei cui
confronti l’impugnazione stessa non è esclusa o preclusa, ha, invero, la finalità di evitare che avverso la medesima sentenza si svolgano separati giudizi d’impugnazione, per cui la notificazione della impugnazione non contiene una vocatio in ius , ma ha il valore di semplice litis denuntiatio e serve a consentire che le parti alle quali è stata indirizzata, propongano, a pena di decadenza, le loro impugnazioni in via incidentale nello stesso processo; pertanto, non occorre ordinare l’integrazione del contraddittorio, nel caso di cause scindibili, nei confronti della parte in relazione alla quale il termine di impugnazione sia decorso (situazione questa che risulta realizzata nel caso di specie, perché, rispetto alla sentenza di secondo grado, risulta allo stato ampiamente decorso il termine per impugnarla), a nulla rilevando che la stessa abbia partecipato al precedente grado di giudizio (cfr. Cass. n. 20792 del 2004; Cass. n. 9002 del 2007).
4. Sulla scorta di quanto sin qui osservato, va accolto il terzo motivo di ricorso principale, respinti i rimanenti motivi di ricorso principale e dichiarato inammissibile il ricorso incidentale, con conseguente cassazione dell’impugnata sentenza e rinvio per nuovo esame alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana in diversa composizione, cui resta demandata anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso principale, respinti i rimanenti motivi; dichiara inammissibile il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana in diversa composizione, cui demanda di pronunciare anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità da