Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 29358 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 29358 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 06/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29677/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato -controricorrente-
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE E DEL TERRITORIO UFFICIO PROVINCIALE DI ROMA
-intimata- avverso SENTENZA di COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE LAZIO n. 1235/2019 depositata il 04/03/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/10/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1.La società RAGIONE_SOCIALE proprietaria di un’unità immobiliare sita nel Comune di Formello, in INDIRIZZO, distinta al Catasto dei Fabbricati Urbani del detto Comune al foglio 20, particella 201, subalterno 510, destinata a laboratorio artigianale, compresa in un edificio realizzato dalla società ‘RAGIONE_SOCIALE‘ che comprende circa cinquanta immobili destinati a laboratori artigianali e/o a locali di deposito e/o a magazzini, classificati catastalmente nel gruppo C, categorie C/2 e C/3 della Tabella catastale -presentava Docfa con la nuova destinazione e nuova rendita catastale che l’Ufficio rettificava con l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO/NUMERO_DOCUMENTO, modificando i dati di classamento e di rendita proposti dalla società ricorrente, assegnando la categoria D/7, ovvero la medesima categoria catastale del precedente fabbricato demolito a seguito di realizzazione dell’attuale.
La società impugnava l’avviso di accertamento per essere stato notificato oltre il termine fissato all’art.1, comma 3, del d.m. Finanze 19.4.1994 n.701, nonché per carenza motivazionale e per la violazione del procedimento di qualificazione e di classificazione di cui al d.p.r. 1.12.1949 n. 1142.
I giudici di prossimità respingevano il ricorso con sentenza n. 3442/2017.
Sull’appello della società, la Corte distrettuale respingeva l’impugnazione, così statuendo .
Avverso la summenzionata sentenza n. 1235/6/2019, depositata in segreteria in data 4 marzo 2019, la società propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi di doglianza.
Replica con controricorso l’amministrazione finanziaria.
La contribuente ha depositato memoria difensive in prossimità dell’udienza.
MOTIVI DI DIRITTO
1.Il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., deduce , avendo i giudici regionali erroneamente ritenuto l’avviso opposto congruamente motivato, ancorchè fosse privo dei dati fattuali e degli elementi di diritto che avevano condotto l’Amministrazione ad attribuire la categoria catastale D/7 all’immobile oggetto di Docfa.
Argomenta la società che la decisione della Corte distrettuale si pone in evidente contrasto con l’insegnamento di legittimità in tema di motivazione degli atti di classamento ed attribuzione di rendita castale, omettendo di considerare che ‘ in ipotesi di
classamento di un fabbricato mediante la procedura Docfa , l’atto con cui l’amministrazione disattende le indicazioni date dal contribuente deve contenere un’adeguata, ancorché sommaria, motivazione, che delimiti l’oggetto della successiva ed eventuale controversia giudiziaria, affermando, appunto, che l’Ufficio non può limitarsi a comunicare il classamento che ritiene adeguato, ma deve anche fornire un qualche elemento che spieghi perché la proposta avanzata dal contribuente con la Docfa viene disattesa ‘ (Cass. 23237/14).
Si osserva che, in ipotesi di attribuzione della rendita catastale a seguito di procedura DOCFA, l’obbligo di motivazione può dirsi assolto con la semplice indicazione dei dati oggettivi e della classe, solamente nel caso in cui gli elementi di fatto indicati nella dichiarazione presentata dal contribuente non siano stati disattesi dall’Ufficio e risultino, perciò, immutati; diversamente, laddove la rendita proposta con la procedura DOCFA non venga accettata in ragione di asserite differenze relative a taluno degli elementi di fatto indicati dal contribuente – come avvenuto nel caso di specie l’Ufficio dovrà specificarle, sia per consentire al contribuente di approntare agevolmente le consequenziali difese, sia per delimitare, in riferimento a dette ragioni, l’oggetto dell’eventuale successivo contenzioso, essendo precluso all’Ufficio di addurre, in giudizio, cause diverse rispetto a quelle enunciate.
La Commissione Tributaria Regionale sarebbe, pertanto, incorsa in un vizio di motivazione (perché errata, contraddittoria e contraria alla corretta interpretazione dei principi giurisprudenziali sul punto) -implicitamente assumendo che l’avviso di accertamento opposto doveva ritenersi congruamente motivato.
Il secondo mezzo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n.3, c.p.c., denuncia ; si assume che, anche se il citato art. 61 non contiene una esplicita previsione per quanto concerne il ‘contraddittorio’ con il contribuente, i principi generali dell’ordinamento giuridico amministrativo, confermati in materia tributaria dalla legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto del Contribuente), prevedono in ogni caso il coinvolgimento del contribuente nelle operazioni istruttorie di constatazione che, appunto, si devono svolgere in occasione del sopralluogo, onde permettere la tutela preventiva dei propri diritti e interessi. Sebbene le norme dello statuto si riferiscano specificatamente alle verifiche fiscali in tema di imposte dirette ed indirette, nondimeno esse introducono un principio generale applicabile a quelle situazioni in cui l’Amministrazione finanziaria, attraverso una procedura di constatazione, mira a modificare il presupposto dell’imposizione e, quindi, a recuperare la tassazione.
Il terzo strumento di ricorso introdotto ex art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., prospetta l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti e, partitamente, delle argomentazioni di cui al terzo motivo di appello.
Si assume che con il quarto motivo di appello era stata dedotta la .
La società osserva che la diversa categoria catastale attribuita dall’Ufficio era stata determinata anche attraverso la comparazione con immobili ritenuti simili presenti in zona limitrofa . Tuttavia, dall’esame dei dati catastali degli immobili limitrofi utilizzati come parametro di raffronto per l’attribuzione della categoria e della rendita, risulterebbe che essi sono tutti ubicati nella medesima zona censuaria ed inquadrati prevalentemente in categoria del gruppo A, categorie A/2, A/4, A/10, e del gruppo C, categorie C/1, C/2, C/3, C/6; per altro verso, in merito alle unità immobiliari di riferimento fg. 20, p.lle 215 – 1386 – 1895, aventi classamento D/7, l’Amministrazione resistente avrebbe taciuto la circostanza che le rettifiche di classamento che hanno interessato gli immobili insistenti su dette particelle ‘di riferimento’, erano state tutte impugnate dai rispettivi proprietari.
In particolare, si ribadisce che l’odierna ricorrente aveva dato atto, in grado d’appello, che: -nell’immobile, insistente nella particella 215, di proprietà della RAGIONE_SOCIALE, si svolgevano attività di riparazione di motocicli e motocarri e di vendita delle relative componenti; l’immobile insistente nella particella 1386, di proprietà della RAGIONE_SOCIALE, era destinato prevalentemente a magazzini e ad alcuni uffici (allo stato non sembra svolgersi alcuna attività); l’immobile insistente nella particella 1895, di proprietà della RAGIONE_SOCIALE, era destinato esclusivamente a magazzino.
Discendendo quale effetto della concreta destinazione delle unità immobiliari comparate l’erronea classificazione come ‘industriale’ dell’edificio di proprietà della contribuente, giacché in tutte le unità immobiliari ricomprese nello stesso si svolgono tipiche attività di laboratorio o sono utilizzate come depositi, magazzini o showroom senza attività di vendita.
Si deduce che, a conferma dell’erronea valutazione compiuta dall’Ufficio impositore, veniva depositata la relazione a firma del perito industriale NOME AVV_NOTAIO, dalla quale emerge che le unità immobiliari inserite all’interno dell’edificio oggetto di accertamento, risultano indicate chiaramente nell’elaborato grafico allegato all’ultimo titolo edilizio (DIA n. 147/2010) come depositi, ovvero come laboratori/depositi, circostanza che emerge dalla documentazione inerente il P.R.G. del Comune di Formello e dalla visione dei titoli edilizi rilasciati per la costruzione dell’immobile (ed in particolare dall’ultimo titolo edilizio rilasciato, ovvero la DIA n. 147/2010).
Nella illustrazione della censura, la società contribuente critica la sentenza impugnata anche per motivazione apparente, essendosi la Corte distrettuale limitata a considerare, ai fini del rigetto del gravame, le dimensioni dell’immobile oggetto di accertamento, senza alcuna valutazione comparativa con gli elementi addotti e documentati dalla società.
I giudici regionali, si afferma, non hanno esplicitato, nella parte motiva, i passaggi logici della sentenza appellata avverso i quali erano state espresse le singole censure, limitandosi a condividere apoditticamente le risultanze dell’accertamento dell’Ufficio; né hanno rivelato le ragioni per le quali avrebbero ritenuto valido il nuovo valore catastale attribuito dall’Agenzia, il che rende nulla la decisione impugnata ai sensi dell’art.360, primo comma, n.4 c.p.c., in quanto priva, a norma dell’art.132 cpc, di uno dei requisiti indispensabili al suo scopo.
L’ultimo mezzo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4), c.p.c., la nullità della sentenza per inesistenza e carenza di motivazione, avendo la Corte regionale omesso di esplicitare i passaggi logici del decisum, limitandosi a condividere
apoditticamente le risultanze dell’accertamento dell’ufficio senza considerare i proposti motivi di appello e valutare la correttezza del metodo adottato dall’ufficio ai fini dell’attribuzione della categoria catastale.
Appare opportuno decidere la controversia alla stregua del principio della ragione più liquida, desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost., che consentono la decisione della causa sulla base della questione ritenuta di più agevole soluzione, anche se logicamente subordinata, senza che sia necessario esaminare previamente le altre, imponendosi, a tutela di esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio, un approccio interpretativo che comporti la verifica delle soluzioni sul piano dell’impatto operativo piuttosto che su quello della coerenza logico sistematica e costituisca il profilo dell’evidenza a quello dell’ordine delle questioni da trattare ai sensi dell’art. 276 cod. proc. civ. (tra le tante: Cass., Sez. Un., 8 maggio 2014, n. 9936; Cass., Sez. 6^-5, 22 agosto 5 2017, n. 20250; Cass., Sez. 5^, 3 ottobre 2018, n. 24061; Cass., Sez. 5^, 17 aprile 2019, n. 10674; Cass., Sez. 5^, 7 ottobre 2020, n. 27989; Cass., Sez. 5^, 19 luglio 2021., n. 20639; Cass., Sez. 5^, 20 dicembre 2021, n. 40734; Cí3SS., Sez. 5^, 9 gennaio 2019, n. 363; Cass., Sez. 5^, 18 novembre 2021, n. 35219; Cass., Sez. 5^, 29 dicembre 2021, n. 41841; Cass., Sez. 5^, 11 gennaio 2022, n. 522; Cass., Sez. 5^, 17 gennaio 2022, n. 1149).
5.1. Ragioni di ordine logico impongono di esaminare anzitutto l’ultimo motivo, in quanto va a censurare la motivazione con cui la Corte territoriale è pervenuta ad affermare la correttezza della categoria catastale attribuita al cespite e della relativa rendita catastale. La trattazione in via preliminare dell’ultimo motivo di ricorso, se accolto, rende difatti ultroneo l’esame delle questioni sollevate con i primi tre mezzi, consentendo una più sollecita
definizione della vicenda in giudizio in base al principio della ragione più liquida.
6.La censura è fondata.
6.1. Come, fondatamente, lamentato dal ricorrente sia nel terzo che nel quarto motivo, la Corte si è limitata ad affermare che .
6.2. Trattasi di motivazione apparente perché carente del giudizio di fatto. Essa è invero basata su un’affermazione generale e astratta: non risponde infatti al requisito del giudizio di fatto l’affermazione secondo cui ; si tratta di motivazione non in grado di attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. (Cass., 15/02/2024, n. 416630; Cass. 11/06/2020, Cass. n. 13248) e che concreta una nullità processuale, deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. (così, tra le più recenti, Cass., 17/05/2021, n. 13170; Cass., 14/11/2019, n. 29495; Cass., 24/01/2023, n. 2122).
6.3. Al riguardo, va evidenziato che a seguito della riformulazione del numero 5 dell’art. 360, primo comma, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l.22 giugno 2012, n. 83, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 (applicabile alle sentenze pubblicate dopo il giorno 11 settembre 2012 e dunque, anche alla pronuncia impugnata con il ricorso in esame), il sindacato di legittimità sulla motivazione è stato ridotto al c.d. “minimo costituzionale”, sicché è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in
violazione di legge costituzionalmente rilevante, la quale si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, nn. 8053 e 8054 e succ. conf.; da ultimo, Cass. 3 marzo 2022, n. 7090).
6.4. Questo vizio è riscontrabile nel caso di specie, atteso che la motivazione della sentenza impugnata si connota per il carattere obiettivamente apparente dell’unico passaggio argomentativo utilizzato dalla Corte d’appello per confermare la congruità della rettifica catastale, dato dal generico riferimento alla metratura dell’immobile, ignorando, invece, gli altri elementi pur parimenti se non prevalentemente rilevanti nella determinazione della categoria catastale e della conseguente rendita catastale, quali l’ubicazione dell’unità immobiliare, la normale destinazione funzionale per unità immobiliare, tenuto conto dei caratteri tipologici e costruttivi specifici e delle consuetudini locali, così come dispone l’art. 8, comma 2, del d.P.R. n. 138 del 1998: circostanze fattuali del tutto trascurate dalla Commissione tributaria.
6.5. Il d.P.R. n. 1142 del 1949, art. 61, difatti, recita: . Il successivo art. 62 prevede: . Analoghe indicazioni sono contenute nel d.P.R. n. 138 del 1998, art. 8, comma 1 e 2. Il dettato normativo pone l’accento sulla ‘ destinazione ordinaria ‘ del bene da classare. La destinazione va desunta dalle caratteristiche oggettive del bene (costruttive e tipologiche in genere).
6.6. Il collegio d’appello avrebbe dovuto, dunque, accertare che il bene di cui trattasi aveva le caratteristiche per poter essere utilizzato come laboratorio ovvero come opificio, condizione per la quale risulta irrilevante la destinazione d’uso (modificata da opificio ad artigianale), così come marginale risulta la superficie dell’immobile.
6.7. Il provvedimento di attribuzione della rendita catastale è un atto tributario che inerisce al bene, secondo un’angolazione reale: l’idoneità del bene a produrre ricchezza va ricondotta alla sua destinazione funzionale e produttiva e tale destinazione non può che essere accertata avendo prioritario riferimento alle potenzialità effettive d’utilizzo del bene stesso.
6.8. Nel classamento di un immobile, inoltre, l’amministrazione finanziaria non è condizionata dalle valutazioni compiute dall’amministrazione comunale competente alla attribuzione di una determinata destinazione d’uso secondo la normativa urbanistica (Cass.5012/2020), dovendosi ritenere determinante che struttura e caratteristiche di un immobile siano state modificate, come parrebbe essere avvenuto nella presente fattispecie con demolizione e ricostruzione dell’unità immobiliare, con conseguente modifica della destinazione da industriale ad artigianale (Cass. n. 12025/2015; Cass. n. 7458 del 2021; Cass. n. 31232/2022)
6.9. Sulla struttura e la destinazione funzionale dell’unità immobiliare de qua – su cui particolarmente ampio era il motivo di appello (riprodotto con il ricorso per cassazione) – la sentenza sostanzialmente tace, senza neppure prendere in considerazione né la sua fondatezza, né la sua valenza a fini classificatori, semplicemente affermando la correttezza della rettifica in ragione delle dimensioni del cespite.
6.10. Sotto altro versante, al contribuente deve essere consentito di dimostrare in giudizio l’infondatezza della pretesa di una maggiore rendita catastale, avvalendosi dei criteri astratti utilizzabili per l’accertamento del classamento o del concreto raffronto con le unità immobiliari presenti nella stessa zona censuaria in cui è collAVV_NOTAIO l’immobile (Cass. Sez. 5, 13/06/2024, n. 16569; Cass. n. 1321/2025 in motiv.).
La Corte d’appello non ha affrontato, benché sollecitata, neppure la questione della compresenza nel medesimo edificio di circa cinquanta unità immobiliari inquadrate nelle categorie C, C/2 e C/3 in quanto destinate, come quella di proprietà della società ricorrente, a laboratori, magazzini e depositi né la compatibilità tra la struttura e la concreta destinazione dell’unità immobiliare in oggetto – adibita a laboratorio artigianale – e quella attribuita dall’Ufficio con la classificazione in categoria D/7, benché una simile circostanza, a fronte della specifica contestazione, avrebbe dovuto trovare giustificazione nella pronuncia impugnata. E ciò tanto più tenuto conto del fatto che il classamento va riferito ad ogni singola unità immobiliare e non al fabbricato nel suo insieme (Cass. Sez. 5, n. 22900 del 18/08/2021), il che impone la valutazione delle sue caratteristiche intrinseche.
8.La motivazione si appalesa, dunque, apparente, posto che giunge alla conclusione della correttezza dell’attribuzione della categoria
catastale da parte dell’Ufficio, senza confrontarsi con le censure, le deduzioni e le allegazioni della contribuente (Cass. n. 13521/2025).
9.L’accoglimento del quarto motivo di ricorso comporta la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, cui è demandata anche la liquidazione delle spese di lite di questo giudizio di legittimità. Assorbite le residue censure di cui ai motivi primo, secondo e terzo.
P.Q.M.
Accoglie il quarto motivo di ricorso, assorbiti i restanti; cassa la decisione impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio.
Così deciso nella camera di consiglio della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione del 15 ottobre 2025 .
IL PRESIDENTE
NOME COGNOME