Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21287 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21287 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: LIBERATI NOME
Data pubblicazione: 25/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21300/2022 R.G. proposto da : AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che lo rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE;
-intimata- avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte, n. 174/2022 depositata il 07/02/2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/04/2025 dal
Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE ha impugnato avanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Torino l’avviso di accertamento catastale n. T00069147/2017, portante rettifica del classamento, dalla categoria proposta E/9 ” edifici a destinazione
particolare non compresi nelle categorie precedenti del gruppo E” alla categoria D/7 “Fabbricati costruiti o adattati per le speciali esigenze di un’attività industriale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali trasformazioni”, della unità immobiliare (stazione di sollevamento acque reflue), sita in Comune di Susa, identificata al foglio 6, part.187.
Ha chiesto, in particolare, di dichiarare la nullità dell’avviso di accertamento impugnato per inesistenza/insufficienza di motivazione logicogiuridica e, in via principale, di annullare l’avviso di accertamento e confermare, per l’unità in vertenza, la categoria E/3 da essa proposta. In via subordinata, nel merito, ha chiesto annullare l’accertamento e rideterminare il classamento dell’unità, secondo quanto emerso in corso di causa, tenendo, comunque, ferma la categoria proposta in sede di dichiarazione DOCFA, con vittoria delle spese di giudizio.
La Commissione Tributaria Provinciale di Torino con sentenza 1078/2019, depositata il 20.03.2019 ha accolto il ricorso compensando le spese.
4 . Avverso tale decisione ha proposto appello l’amministrazione, che la CTR del Piemonte, con la sentenza in epigrafe indicata, ha respinto, ritenendo che l’avviso di accertamento non fosse adeguatamente motivato, in quanto non specificava le ragioni della modifica della classificazione da E/9 a D/7 e che non contesse gli elementi essenziali che avevano determinato l’attribuzione della categoria D/715. Nel merito, la CTR ha ritenuto infondata la ricostruzione normativa dell’Ufficio, ritenendola basata su circolari contraddittorie ed ha affermato che la destinazione a servizi pubblici essenziali è rilevante ai fini della classificazione catastale, sottolineando che nel caso specifico l’impianto non potesse essere considerato un’attività industriale e che l’attività di SMAT era
finalizzata al soddisfacimento di un’esigenza pubblica, senza scopo di lucro.
5 . Avverso la suddetta sentenza di gravame l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a n. 2 motivi di ricorso.
L’intimata non ha depositato controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 7, c. 1 l. n. 212 del 27/07/2000, e art. 3 l. n. 241 del 07/08/1990), che l’avviso di accertamento era sufficientemente motivato perché i documenti citati (come la circolare n. 2/e del 2016) erano accessibili a tutti; che può ritenersi adeguata la motivazione resa anche con la mera indicazione dei dati oggettivi accertati dall’ufficio tecnico e della classe attribuita all’immobile, perché la procedura DOCFA è di tipo partecipativo e implica che il contribuente fornisca gli elementi fattuali rilevanti.. Inoltre, nel caso in esame, si sarebbe limitato a dare una valutazione difforme rispetto alla proposta di SMAT e la relazione di stima sintetica allegata forniva tutte le informazioni necessarie per comprendere le ragioni del cambiamento di categoria catastale.
1.1. Il motivo è fondato.
1.2. Con riferimento all’atto di classamento adottato in esito alla procedura DOCFA che è connotata da una struttura fortemente partecipativa, la Corte, secondo un risalente, e consolidato orientamento interpretativo, ha statuito che l’obbligo di motivazione «deve ritenersi osservato anche mediante la mera indicazione dei dati oggettivi acclarati dall’ufficio … e della classe conseguentemente attribuita all’immobile, trattandosi di elementi idonei a consentire al contribuente, mediante il raffronto con quelli indicati nella propria dichiarazione, di intendere le ragioni della classificazione, sì da essere
in condizione di tutelarsi mediante ricorso alle commissioni tributarie»; ed ha, in particolare, rimarcato che – laddove viene in rilievo quale presupposto, e fondamento (motivazionale), dell’avviso di classamento la stima diretta dell’unità immobiliare (r.d.l. n. 652 del 1939, art. 10; d.p.r. n. 1142 del 1949, artt. 8 e 30) esplicita «un giudizio sul valore economico dei beni classati di natura eminentemente tecnica, in relazione al quale la presenza e l’adeguatezza, o non, della motivazione rilevano ai fini, non già della legittimità ma, della attendibilità concreta del giudizio cennato, e, in sede contenziosa della verifica della bontà delle ragioni oggetto della pretesa (v., ex plurimis , Cass., 9 luglio 2018, n. 17971; Cass., 3 febbraio 2014, n. 2268; Cass., 21 luglio 2006, n. 16824; Cass., 7 giugno 2006, n. 13319).
1.3. La Corte ha, quindi, precisato che gli indicati termini di riscontro dell’obbligo di motivazione dell’atto di classamento, adottato in esito alla procedura Docfa, debbono ritenersi inadeguati (solo) a fronte di una immutazione della proposta formulata dalla parte (con la dichiarazione di accatastamento), immutazione rilevante – ai fini dell’assolvimento dell’obbligo di motivazione – qualora incentrata sugli «elementi di fatto» di detta proposta, non anche qualora (ad elementi di fatto immutati) la diversa valutazione della rendita catastale (v., ex plurimis, Cass., 28 ottobre 2020, n. 23674; Cass., 22 maggio 2019, n. 13778; Cass., 7 dicembre 2018, n. 31809; Cass., 23 maggio 2018, n. 12777; Cass., 16 giugno 2016, n. 12497; Cass., 24 aprile 2015, n. 8344; Cass., 31 ottobre 2014, n. 23237).
1.4. Nel caso di specie, la stessa CTR ha rilevato che nell’avviso di accertamento non c’era stata immutazione di elementi fattuali; ha soggiunto che la destinazione dei beni risultava indicata in dichiarazione Docfa e allegati.
1.5. Invero, la detta destinazione non è stata mutata perché l’avviso di accertamento ha ad oggetto una stazione di sollevamento,
mentre ciò che è mutata è la qualificazione catastale di detto bene che è stato ascritto ad una diversa categoria catastale (del gruppo D piuttosto che di quello E, come da proposta in dichiarazione docfa).
1.6. Si tratta dunque di mera riqualificazione, secondo l’assetto regolativo del catasto, che non incide sui dati fattuali esposti in dichiarazione.
1.7. Il motivo è dunque fondato e va accolto, atteso che non sussisteva il difetto di motivazione provvedimentale riconosciuto dal giudice del gravame.
Con il secondo motivo di gravame si deduce in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ed in particolare del R.D.L. 13 aprile 1939, n. 652 e successive modificazioni, e del D.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142. La CTR avrebbe errato nel dare rilevanza alla natura pubblica dell’attività svolta da SMAT e non alle caratteristiche oggettive dell’immobile, che lo qualificano come fabbricato destinato ad attività industriale, secondo le norme e la prassi in materia di catasto.
La questione relativa alla classificazione catastale degli impianti di depurazione e smaltimento di acque reflue è stata già affrontata e decisa da questa Corte con soluzione uniforme – salvo un isolato precedente di segno contrario (Cass., Sez. 6^-5, 19 febbraio 2015, n. 3358) – a cui si ritiene di poter dare continuità in questa sede (da ultime, in senso conforme: Cass., Sez. 5^, 4 aprile 2019, n. 9427; Cass., Sez. 5″, 2 febbraio 2021, n. 2247; Cass., Sez. 5^, 8 luglio 2021, n. 19393; Cass., Sez. 5^, 13 luglio 2021, n. 19873).
2.1. Come già evidenziato (Cass. 8/02/2022, n. 3921; Cass. 13/12/2021, n. 39594) la qualificazione nel gruppo E è propria di quegli immobili (stazioni, ponti, fari, edifici di culto, cimiteri ecc.), con una marcata caratterizzazione tipologico-funzionale, costruttiva e dimensionale che li rende sostanzialmente incommerciabili ed estranei ad ogni logica di commercio e di produzione industriale. Una
conferma di tale impostazione è data dalla L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 40, a tenore del quale: «Nelle unità immobiliari censite nelle categorie catastali E/1, E/2, E/3, E/4, E/5, E/6 ed E/9 non possono essere compresi immobili o porzioni di immobili destinati ad uso commerciale, industriale, ad ufficio privato ovvero ad usi diversi, qualora gli stessi presentino autonomia funzionale e reddituale». Dal che si evince come la legge instauri una vera e propria incompatibilità tra classificazione in categoria «E», da un lato, e destinazione dell’immobile ad uso commerciale o industriale.
2.2. Tale assunto trova convalida giurisprudenziale nel consolidato indirizzo di questa Corte secondo il quale « In tema di classamento, ai sensi dell’art. 2, comma 4, del d.l. n. 262 del 2006, convertito, con modificazioni, nella legge n. 286 del 2006, nelle unità immobiliari censite nelle categorie catastali E/1, E/2, E/3, E/4, E/5, E/6 ed E/9 non possono essere compresi immobili o porzioni di immobili destinati ad uso commerciale, industriale, ad ufficio privato ovvero ad usi diversi, qualora gli stessi presentino autonomia funzionale e reddituale, e, cioè, alla luce del combinato disposto degli artt. 5 del r.d.l. n. 652 del 1939 e 40 del d.P.R. n. 1142 del 1949, immobili per se stessi utili o atti a produrre un reddito proprio, anche se utilizzati per le finalità istituzionali dell’ente titolare» (Cass. n. 20026/15, 7868/2016, 4223/2019 e 9427/2019).
2.3 Sulla scorta di tali principi questa Corte ha puntualizzato, proprio in materia di impianti di depurazione delle acque, che «…. dal che si evince come la citata norma instauri una vera e propria incompatibilità tra classificazione in categoria “E”, da un lato, e destinazione dell’immobile ad uso commerciale o industriale, dall’altro lato, sicché diventa dirimente, ai fini della valutazione del corretto censimento del immobile, accertare se la gestione dell’impianto di depurazione presentasse gli obiettivi caratteri della economicità intesa quale perseguimento del cosiddetto lucro oggettivo ossia il
rispetto di un criterio di proporzionalità tra costi e ricavi nel senso che questi ultimi tendono a coprire i primi remunerando i fattori produttivi (in termini: Cass., Sez. 5, 4 aprile 2019, n. 9427). Diversamente da quanto affermato dalla controricorrente, è irrilevante la destinazione dell’impianto di depurazione ad una attività di pubblico interesse. Difatti, l’interesse generale allo svolgimento dell’attività non esclude che quest’ultima sia esercitata secondo parametri essenzialmente imprenditoriali intesi come attitudine alla copertura dei costi e del capitale investito con i ricavi conseguiti attraverso l’applicazione di tariffe (così: Cass., Sez. 5, 23 maggio 2018, n. 12741, in tema di classamento catastale di impianto di discarica per la gestione di rifiuti solidi urbani e la captazione di biogas; Cass., Sez. 5, 23 gennaio 2020, n. 17022, in tema di classamento catastale di impianto di compostaggio di rifiuti).
2.3.1. La normativa di settore (L. 5 gennaio 1994, n. 36, art. 9, comma 1: ” I comuni e le province di ciascun ambito territoriale ottimale di cui all’art. 8, entro il termine perentorio di sei mesi dalla delimitazione dell’ambito medesimo, organizzano il servizio idrico integrato, come definito dall’art. 4, comma 1, lett. f), al fine di garantirne la gestione secondo criteri di efficienza, di efficacia e di economicità”; D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 141:”Il servizio idrico integrato è costituito dall’insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili di fognatura e di depurazione delle acque reflue, e deve essere gestito secondo principi di efficienza, efficacia ed economicità, nel rispetto delle norme nazionali e comunitarie”; del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 154, comma 1, nel testo modificato, all’esito del referendum abrogativo disposto col D.P.R. 23 marzo 2011, dal D.P.R. 18 luglio 2011, n. 116, art. 1, comma 1: “La tariffa costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato ed è determinata tenendo conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti
necessari, dell’entità dei costi di gestione delle opere, e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, nonché di una quota parte dei costi di funzionamento, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio “chi inquina paga”. Tutte le quote della tariffa del servizio idrico integrato hanno natura di corrispettivo”), con riferimento alla y gestione del servizio idrico integrato, richiama i principi di efficienza, efficacia ed economicità. Posto che sono classificabili come “servizi a rilevanza economica” (D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 113, nel testo novellato dalla L. 28 dicembre 2001, n. 448, art. 35) tutti quei servizi pubblici locali assunti dall’ente competente laddove la tariffa richiedibile all’utente sia potenzialmente in grado di coprire integralmente i costi di gestione e di creare un utile d’impresa che non deve essere di modesta entità, l’inquadramento del servizio idrico integrato in tale schema è stato confermato dalle sentenze della Corte Costituzionale n. 325 del 3 novembre 2010 e n. 187 dell’8 giugno 2011, affermandosene la riconducibilità alle materie della “tutela della concorrenza” e della “tutela dell’ambiente”, che pertengono alla esclusiva competenza legislativa dello Stato (art. 117 Cost., comma 2, lett. e e lett. s).Del pari, la giurisprudenza di legittimità ha messo in risalto che la tariffa del servizio idrico integrato configura ormai il corrispettivo di una prestazione commerciale complessa, che trova fonte, non in un atto autoritativo direttamente incidente nel patrimonio dell’utente, bensì nel contratto di utenza (Cass., Sez. 5, 6 giugno 2014, n. 12763; Cass., Sez. 5, 6 giugno 2014, n 12769), confermando l’ispirazione della relativa gestione a criteri di efficienza, efficacia ed economicità, in coerenza con il requisito teleologico minimo per l’assunzione della qualifica imprenditoriale (art. 2050 c.c.). In linea con tale impostazione, la circolare emanata dall’Agenzia delle Entrate il 16 maggio 2006 n. 4 del 2006 ha chiarito (par. 3.1.3,
lett. c), che le costruzioni tese ad ospitare impianti industriali mirati al trattamento delle acque reflue sono tipiche di processi industriali o, comunque, produttivi e, pertanto, la categoria da attribuire agli immobili che le ospitano è da individuare nel gruppo “D”. Né la natura economica dell’attività viene meno per la circostanza che a gestire il servizio pubblico sia direttamente l’ente territoriale piuttosto una azienda municipalizzata o una società partecipata dal Comune in quanto ciò che rileva ai fini del classamento catastale sono le caratteristiche dell’immobile e la sua destinazione funzionale »(cfr. Cass. 2247/2021).
2.4 Alla luce delle suesposte argomentazioni, sono destituiti di fondamento i rilievi di cui alla gravata sentenza, che fanno leva, oltre che sull’attività di pubblico interesse esercitata dalla RAGIONE_SOCIALE, sulla natura della contribuente di società interamente partecipata.
2.5 Si ribadisce, infatti, l’irrilevanza, ai fini dell’inquadramento catastale dell’immobile destinato ad un servizio di interesse generale offerto con modalità imprenditoriali in un determinato mercato, dell’affidamento del servizio ad una società interamente partecipata.
2.6 La Commissione Tributaria Regionale ha errato nell’affermare che gli impianti in analisi vanno inseriti nella categoria del gruppo «E» anziché in categoria “D/7” (“fabbricati costruiti o adattati per le speciali esigenze di un’attività industriale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali trasformazioni”), sull’erroneo presupposto che la destinazione a servizio pubblico fosse incompatibile con la natura imprenditoriale dell’attività svolta da una società a rilevante partecipazione pubblica.
2.7. Difatti, l’interesse generale cui allude la gravata sentenza non esclude né l’autonomia funzionale e reddituale di unità immobiliari ad uso commerciale – secondo lo specifico ordinamento catastale né la loro stessa rilevanza nell’ordinamento eurounitario -in tema di aiuti di Stato e di concorrenza -sotto il profilo
dell’identificazione di un’impresa la cui nozione si correla, a prescindere dal suo status giuridico, allo svolgimento di un’attività economica (v., tra le tante, CGUE, 6 novembre 2018, cause riunite da C-622/16P a C-624/16P, RAGIONE_SOCIALE , punti 103 ss.; CGUE, 27 giugno 2017, causa C-74/16, Congregación de Escuelas Pías Provincia Betania , punto 50; CGUE, 1 luglio 2008, procedimento C-49/07, MOTOE , punti 27 e 28; CGUE, 11 settembre 2007, COGNOME e COGNOME–COGNOME , procedimento C-76/05, punto 39; CGUE, 10 gennaio 2006, procedimento C-222/04, Ministero dell’Economia e delle Finanze , punti 107, 108, 122, 123; CGUE, 12 settembre 2000, procedimenti riuniti da C-180/98 a C-184/98, COGNOME e altri , punti 74 e 75).
2.8. Anche il secondo motivo di ricorso va dunque accolto.
Pertanto, la sentenza impugnata va cassata e la causa, non necessitando di ulteriori accertamenti di fatto, può essere decisa nel merito con il rigetto dell’originario ricorso della società contribuente.
Le spese dell’ intero giudizio vanno compensate per la sopravvenienza, in corso di causa, della pertinente giurisprudenza di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta l’originario ricorso della contribuente ; compensa, tra le parti, le spese di lite dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, il 24/04/2025.