Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2429 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 2429 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME DI COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/01/2024
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 3563 del ruolo generale dell’anno 2021, proposto
Da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore NOME COGNOME, rappresentata e difesa, giusta procura speciale su foglio separato allegato al ricorso, dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata presso lo studio dei difensori, in Roma, alla INDIRIZZO;
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
Oggetto:Tributi
Iva 2011
Cessioni intracomunitarie
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 1780/2/2020, depositata in data 22 giugno 2020.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17 gennaio 2024 dal Relatore Cons. AVV_NOTAIO NOME COGNOME NOME COGNOME di Nocera.
RILEVATO CHE
–RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore propone ricorso, affidato a un motivo, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe con cui la Commissione Tributaria Regionale del Lazio aveva accolto l’appello proposto dall’RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , avverso la sentenza n. 15616/25/2018 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma che aveva accolto il ricorso proposto dalla suddetta società avverso l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO con il quale l’Ufficio , ai sensi dell’art. 41 del D.L. n. 331/93, aveva recuperato l’Iva in relazione a fatture emesse senza addebito di imposta, disconoscendo le operazioni eseguite dalla società come intracomunitarie, in mancanza di documentazione attestante l’effettivo trasferimento della merce in altro Stato della Comunità europea;
-la CTR ha osservato che – premesso che: a) l’onere di provare l’esistenza dello scambio intracomunitario grava sul cedente che ha emesso la fattura senza applicare l’imposta nei confronti del cessionario ; b) come chiarito dall’Amministrazione costituisce prova idonea della cessione intracomunitaria la contemporanea presenza della fattura di vendita all’acquirente comunitario, degli elenchi riepilogativi relativi alle cessioni intracomunitarie effettuate, del documento di trasporto internazionale (NUMERO_DOCUMENTO firmato dal trasportatore e dal destinatario per ricevuta della merce, del pagamento dell’acquirente desumibile da riscontri oggettivi; c) nelle cessioni franco fabbrica (con consegna della merce da parte del cedente nazionale al vettore incaricato dal proprio cliente), nel caso in cui il cedente nazionale non sia in grado di esibire il predetto documento di trasporto, la prova della movimentazione fisica dei beni verso lo Stato membro di destinazione può essere fornita con qualsiasi altro documento idoneo – nella
specie, la società aveva allegato al ricorso alcuni documenti inidonei a provare, in assenza di ulteriore documentazione, il presupposto territoriale ‘ consistendo in fatture con allegate certificazioni di avvenuta ricezione della merce che non avevano alcun riferimento certo con le predette fatture’ con conseguente legittimità del recupero Iva da parte dell’Ufficio a seguito del disconoscimento, in applicazione dell’art. 41 del d.l. n. 331/93, RAGIONE_SOCIALE operazioni eseguite dalla società come intracomunitarie in difetto del requisito territoriale;
-l’RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso;
CONSIDERATO CHE
-con l’unico motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 41 del d.l. n. 331/93 e 2697 c.c. per avere la CTR ritenuto legittimo il recupero Iva da parte dell’Ufficio – in relazione alle operazioni eseguite dalla società e disconosciute come aventi carattere intracomunitario -in quanto al fine di provare l’avvenuta effettuazione di una cessione intracomunitaria, non era sufficiente la dichiarazione scritta rilasciata dal cessionario dell’avvenuta ricezione della merce; in particolare, ad avviso della ricorrente – posto che, nelle ipotesi, come nella specie, di cessione con clausola ‘franco fabbrica’ ove il cedente nazionale non avesse provveduto direttamente al trasporto RAGIONE_SOCIALE merci e non fosse in grado di esibire il documento di trasporto, l a prova dell’avvenuto trasporto poteva essere fornita con qualsiasi altro documento idoneo a tal fine -il giudice di appello avrebbe erroneamente affermato la non sufficienza, al fine della prova del requisito della territorialità per l ‘applicabilità del regime della non imponibilità ai sensi dell’art. 41 cit., della dichiarazione sottoscritta dal cessionario attestante la ricezione della merce unitamente ai documenti fiscalmente rilevanti (fattura di vendita, modello Intrastat e avvenuto pagamento dei beni);
-il motivo si profila inammissibile non cogliendo la ratio decidendi del provvedimento impugnato; invero, la CTR ha accolto l’appello dell’ Ufficio sul rilievo che la società contribuente avesse prodotto in giudizio documenti -‘ fatture con allegate certificazioni di avvenuta ricezione della merce che non avevano alcun riferimento certo con le dette fatture ‘ -‘ del tutto inidonei a
provare, in assenza di ulteriore documentazione, il presupposto territoriale ‘ (dell’effettivo trasferimento della merce da uno Stato ad altro Stato della Comunità europea) ai fini dell’applicabilità del requisito della non imponibilità ex art. 41 del d.l. n. 331/93; pertanto, il giudice di appello lungi dal ritenere non sufficiente, al fine di provare il trasporto dei beni in altro Stato membro e, conseguentemente applicare il regime di non imponibilità ex art.41 cit., una dichiarazione rilasciata dal cessi onario attestante l’avvenuta ricezione della merce (unitamente ai documenti fiscalmente rilevanti) ha riscontrato in concreto la mancata valenza probatoria dei documenti prodotti dalla contribuente per mancanza di alcun riferimento certo con le prodotte fatture RAGIONE_SOCIALE allegate certificazioni di avvenuta ricezione della merce;
in conclusione, il ricorso va rigettato;
le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo;
P.Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 5.800,00 per compensi oltre spese prenotate a debito.
Dà atto, ai sensi dell’art.13 comma 1 quater D.P.R. n.115/2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 17 gennaio 2024.