Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 506 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 506 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 653 -20 20 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore Generale pro tempore , rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione volontaria, in persona del curatore, rappresentato e difeso, per procura speciale in calce al contro ricorso, dall’avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato in Roma, al INDIRIZZO presso lo studio legale dell’avv. NOME COGNOME;
– controricorrente –
Oggetto:
Tributi –
cessioni intracomunitarie
costi
avverso la sentenza n. 3963/06/2018 della Commissione tributaria regionale della SICILIA, Sezione staccata di CATANIA, depositata in data 25/09/2018;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del 18/10/2023 dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
1. La controversia ha ad oggetto l’ impugnazione di un avviso di accertamento ai fini IVA con cui l’Agenzia delle entrate , sulla scorta delle risultanze di un p.v.c. della G.d.F. del 16/12/2011, aveva rettificato la dichiarazione reddituale della RAGIONE_SOCIALE all’epoca i n liquidazione volontaria, successivamente fallita, relativa all’anno d’imposta 200 6, disconoscendo la non imponibilità, ex art. 41 del d.l. n. 331 del 1993, convertito, senza modificazioni, dalla legge n. 427 del 1993, delle cessioni che la predetta società contribuente aveva effettuato nei confronti di alcuni operatori commerciali comunitari che dagli accertamenti svolti risultavano essere mere cartiere, in mancanza peraltro della prova del trasferimento fisico dei beni ceduti dal territorio nazionale al Paese comunitario di destinazione.
Con la sentenza in epigrafe indicata la CTR della Sicilia, Sezione staccata di Catania, accoglieva l’appello proposto dal la società contribuente, all’epoca in liquidazione volontaria, avverso la sfavorevole sentenza di primo grado. I giudici di appello sostenevano che la società contribuente aveva fornito in giudizio la prova dell’effettivo trasferimento dei beni al di fuori del territorio nazionale, costituente requisito necessario per poter beneficiare della non assoggettabilità all’IVA delle cessioni a soggetti residenti in uno Stato membro; aveva, infatti prodott o «verifiche dell’esistenza sul territorio comunitario della società acquirente mediante interrogazione presso l’Agenzia delle Entrate (verifica della partita IVA comunitaria); fatture di vendita; offerte commerciali proposte
dalla società, conferme d’ordine; comunicazioni per il trasporto ed il ritiro dele merci; lettere di vettura internazionale; conferme di ricezione delle merci; elenchi riepilogativi delle cessioni intracomunitarie; comunicazioni degli istituti di credito comprovanti il pagamento delle fatture; estratti dal libro giornale della contabilità della società» (sentenza, pag. 5).
Avverso tale statuizione l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi cui replica il RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
Il controricorrente ha depositato istanza datata 8 marzo 2023 di sollecita definizione del giudizio.
Il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte ex art. 380 bis1 cod. proc. civ. chiedendo di accogliere il ricorso.
Considerato che:
Va preliminarmente disattesa l’eccezione del controricorrente di inammissibilità del ricorso per essere formato con trascrizioni compilative degli atti di causa precedenti, senza una sintesi dei contenuti. Sull’inammissibilità dei cosiddetti ricorsi “farciti” o “sandwich”, avuto riguardo al requisito di cui all’art. 366, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., si è pronunciata più volte questa Corte (Cass. n. 784/2014, n. 22792/2013, n. 10244/2013; n. 17447/2012, S.U. n. 5698/2012, n. 1380/2011, n. 15180/2010). Nel caso in esame, la materiale integrazione del ricorso per cassazione con atti processuali delle fasi di merito (nella specie, dell’avviso di accertamento, peraltro la sola parte motivazionale, e i formulari SCAC2004) non solo era resa necessaria per illustrare le ragioni di censura alla sentenza impugnata senza incorrere nel difetto di specificità del motivo ex art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ., ma tali riproduzioni non determinano il paventato vizio, in quanto i documenti riprodotti risultano facilmente individuabili ed isolabili, il
che consente di enucleare, con sufficiente chiarezza, i fatti salienti della vicenda processuale, e le ragioni dell’impugnazione (Cass. n. 13334 del 2019; Cass. n. 2913 del 2019; Cass. n. 20112 del 2018, n. 18363 del 2015 e n. 1957 del 2004).
Venendo, quindi, ai motivi di ricorso, con il primo la ricorrente deduce , ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., l’omesso esame dei «Formulari SCAC2004 ex artt. 5 e 19 REG. 2003/179/CE» recanti le risposte fornite dalle Autorità fiscali francesi e spagnole alle richieste di informazioni avanzate con riferimento alle società cessionarie estere (RAGIONE_SOCIALE con sede in Francia, e RAGIONE_SOCIALE con sede in Spagna) e da cui emergeva che le stesse erano mere cartiere, nonché della «interrogazione dati veicolo targato TARGA_VEICOLO» che attestava che lo stesso, utilizzato per il trasporto delle merci oggetto di cessione alle società estere, era stato radiato dal pubblico registro automobilistico (PRA) in data antecedenti all’effettuazione di detti trasporti.
Il motivo , che è ammissibile non ricorrendo un’ipotesi di c.d. doppia conforme, è fondato e va accolto in quanto la CTR ha del tutto pretermesso l’esame di tali documenti, pacificamente prodotti agli atti del giudizio di merito, non rinvenendosi nella motivazione della sentenza impugnata alcuna argomentazione al riguardo.
3.1. Tali documenti attestano l’esistenza di precisi fatti storici, ovvero la natura cartiera delle società cessionarie e la radiazione dall’iscrizione al PRA del mezzo utilizzato per il trasporto delle merci all’estero, che sono stati sottoposti al contraddittorio delle parti, tant’è vero che, ad esempio, della questione della qualifica delle società cessionarie come mere cartiere si fa menzione nella parte della sentenza impugnata dedicata allo svolgimento del processo. Tali fatti sono anche decisivi, per come facilmente desumibile dal rilievo che sarebbero idonee, ove positivamente accertate dal giudice di merito in sede di rinvio, la prima a rendere del tutto irrilevante la
circostanza che le merci siano state effettivamente trasferite nello stato estero di destinazione, la seconda a far escludere tale ultima circostanza, atteso peraltro che molti degli elementi di prova forniti dalla società contribuente, presi in considerazione dalla CTR ed indicati in sentenza, sono idonei a provare l’effettivo trasporto di beni al di fuori del territorio nazionale; di certo non le «verifiche dell’esistenza sul territorio comunitario della società acquirente mediante interrogazione presso l ‘Agenzia delle Entrate (verifica della partita IVA comunitaria)», né le «fatture di vendita», o le «offerte commerciali proposte dalla società», e tanto meno le «conferme d’ordine»; le «comunicazioni per il trasporto ed il ritiro delle merci»; le «conferme di ricezione delle merci»; gli «elenchi riepilogativi delle cessioni intracomunitarie»; le «comunicazioni degli istituti di credito comprovanti il pagamento delle fatture»; gli «estratti dal libro giornale della contabilità della società». Trattasi, infatti, di documenti che attestano al più la regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, e dei rapporti tra le società, in quanto essi vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia (cfr. Cass. n. 28628 del 2021), ovvero quello che l’amministrazione finanziaria ha sostenuto essersi verificato nella specie corroborando tale tesi con la produzione documentale che i giudici di appello invece non hanno preso in alcuna considerazione.
Con il secondo motivo la ricorrente deduce la medesima questione posta con il primo motivo ma con riferimento alla violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2727, 2729 cod. civ., 115 e 116 cod. proc. civ. in relazione all’art. 2697 cod. civ.
Con il terzo motivo la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 41, comma 1, lett. a), del d.l. n. 331 del 1993, convertito, senza modificazioni, dalla legge n. 427 del 1993, e
2697 cod. civ., sostenendo che la natura di cartiere delle società cessionarie e la mancanza di prova certa del trasferimento dei beni nello stato estero di destinazione, per essere stato il mezzo all’uopo utilizzato, radiato dal PRA in epoca precedente ai presunti trasporti, escludeva la non imponibilità delle cessioni.
I motivi devono ritenersi assorbiti dall’accoglimento del primo mezzo.
In estrema sintesi, va accolto il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado territorialmente competente anche per la regolamentazione delle spese processuali del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, Sezione staccata di Catania, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma in data 18/10/2023