LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Cessioni intracomunitarie: no IVA se beni installati

La Corte di Cassazione ha stabilito che la fornitura di beni da un paese UE, destinati ad essere installati o montati in Italia, non si qualifica come acquisto intracomunitario soggetto a IVA da parte del committente. Tale operazione rientra nelle cessioni interne, con l’imposta che deve essere applicata dal fornitore principale. Il caso riguardava la fornitura di filobus a un Comune italiano nell’ambito di un appalto complesso, dove la Corte ha annullato l’avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate, chiarendo il corretto trattamento IVA per le cessioni intracomunitarie di questo tipo.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 12 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Cessioni Intracomunitarie e Beni da Installare: Quando l’IVA non è a Carico del Cliente

L’ordinanza n. 21869/2024 della Corte di Cassazione offre un chiarimento fondamentale sul trattamento IVA delle cessioni intracomunitarie di beni che devono essere installati o montati nel paese di destinazione. Con una decisione netta, la Suprema Corte ha stabilito che, in tali circostanze, l’operazione non si configura come un acquisto intracomunitario per il cliente, bensì come una cessione interna. Questo sposta l’obbligo di applicare l’IVA sul fornitore principale, liberando il committente dall’onere del versamento. Analizziamo i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento IVA notificato dall’Agenzia delle Entrate a un Comune italiano. L’ente locale aveva commissionato la realizzazione di un sistema di trasporto ecocompatibile a un’Associazione Temporanea di Imprese (ATI). All’interno di questo appalto complesso, due società con sede in altri paesi dell’Unione Europea avevano fornito i filobus.

Queste società comunitarie avevano emesso fatture senza applicare l’IVA, qualificando l’operazione come cessione intracomunitaria. Di conseguenza, l’Agenzia delle Entrate aveva richiesto il versamento dell’imposta direttamente al Comune, in qualità di acquirente, secondo le regole del reverse charge applicabili agli acquisti intracomunitari.

Il Comune si è opposto, sostenendo che la fornitura dei filobus non fosse una semplice vendita di beni, ma una componente di un unico e più ampio contratto d’appalto che prevedeva l’installazione e la messa in opera del sistema di trasporto nel territorio italiano. Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano dato ragione all’ente locale.

La Disciplina delle Cessioni Intracomunitarie con Installazione

Il cuore della controversia risiede nella corretta interpretazione delle norme IVA che distinguono una semplice cessione di beni da una che include anche l’installazione. L’Agenzia delle Entrate basava la sua pretesa sull’articolo 38, comma 2, del D.L. 331/1993, che definisce le regole generali per gli acquisti intracomunitari.

Tuttavia, la Corte di Cassazione, confermando la decisione dei giudici di merito, ha evidenziato l’esistenza di una specifica eccezione contenuta nel comma 5, lettera b), dello stesso articolo. Questa norma stabilisce che non costituisce acquisto intracomunitario ‘l’introduzione nel territorio dello Stato, in esecuzione di una cessione, di beni destinati ad essere ivi installati, montati o assiemati dal fornitore o per suo conto’.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha rigettato tutti i motivi di ricorso presentati dall’Agenzia delle Entrate, sviluppando un ragionamento giuridico solido e coerente.

In primo luogo, ha respinto la censura relativa all’omesso esame di un fatto decisivo. Secondo l’Agenzia, i giudici di appello non avrebbero considerato che il collaudo dei filobus era avvenuto ‘in fabbrica’ presso i fornitori comunitari. La Corte ha chiarito che i giudici di merito avevano invece esaminato il rapporto contrattuale nel suo complesso, inquadrando correttamente la fornitura come un ‘segmento interno’ di un più ampio appalto per la realizzazione di un’opera pubblica. L’operazione, quindi, doveva essere considerata unitariamente come effettuata in Italia.

In secondo luogo, la Cassazione ha confermato la corretta applicazione delle norme. La fornitura dei filobus, essendo destinata all’installazione in Italia nell’ambito di un unico progetto, rientrava pienamente nell’eccezione prevista dalla normativa. Di conseguenza, l’operazione doveva essere qualificata come ‘cessione interna’ ai sensi dell’art. 7, comma 2, del d.P.R. 633/1972. Questo significa che l’IVA doveva essere inclusa nella fatturazione complessiva dell’appalto da parte del capofila dell’ATI, e non assolta separatamente dal Comune.

Infine, la Corte ha dichiarato inammissibile il terzo motivo, con cui l’Agenzia tentava di sostenere che il Comune dovesse essere considerato soggetto passivo IVA in quanto svolgeva un’attività d’impresa (trasporto di persone). I giudici hanno ribadito il principio secondo cui la causa petendi (le ragioni della pretesa) non può essere modificata nel corso del giudizio. Poiché l’avviso di accertamento originario non faceva alcun riferimento all’esercizio di un’attività d’impresa da parte del Comune, tale argomento non poteva essere introdotto per la prima volta in sede processuale.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un principio di fondamentale importanza per le imprese e gli enti pubblici che operano in contesti internazionali. Quando un contratto con un fornitore UE non si limita alla semplice vendita di un bene, ma include anche la sua installazione, montaggio o assiemaggio nel territorio italiano, l’operazione perde la sua natura di cessione intracomunitaria. Essa viene attratta nella territorialità italiana e deve essere trattata come una cessione interna. Per il committente, ciò significa non essere tenuto ad assolvere l’IVA tramite il meccanismo del reverse charge, in quanto l’imposta deve essere regolarmente esposta in fattura dal fornitore o dal capofila del progetto.

Quando una vendita di beni da un altro Paese UE è considerata una transazione interna ai fini IVA?
Secondo la Corte, una vendita di beni provenienti da un altro Stato membro dell’UE è considerata una transazione interna (e non un acquisto intracomunitario) quando i beni sono destinati ad essere installati, montati o assiemati in Italia dal fornitore stesso o per suo conto. In questo caso, l’operazione si considera territorialmente rilevante in Italia.

Perché l’avviso di accertamento IVA contro il Comune è stato annullato?
L’avviso è stato annullato perché la fornitura dei filobus non era una semplice vendita, ma parte di un complesso contratto di appalto per un’opera pubblica che ne prevedeva l’installazione in Italia. Pertanto, l’operazione è stata correttamente qualificata come cessione interna, per la quale l’IVA doveva essere applicata dal fornitore principale (il capofila dell’ATI) e non versata dal Comune acquirente.

Può l’Agenzia delle Entrate modificare le ragioni della sua pretesa fiscale durante il processo?
No. La Corte ha ribadito il principio secondo cui le ragioni giuridiche e fattuali della pretesa fiscale (la cosiddetta causa petendi) sono quelle indicate nell’avviso di accertamento originario e non possono essere modificate o ampliate nel corso del giudizio. Nuovi argomenti non presenti nell’atto impositivo iniziale sono considerati inammissibili.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati