Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 17727 Anno 2025
Oggetto: Tributi
CESSIONI INTRACOMUNITARIE Relatore: COGNOME NOME
Civile Ord. Sez. 5 Num. 17727 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/07/2025
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 37889 del ruolo generale dell’anno 20 19, proposto
Da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
– ricorrente principale e controricorrente incidentale Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, dall’AVV_NOTAIO, dall’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, giusta procura speciale a margine del controricorso, elettivamente domiciliata presso
RAGIONE_SOCIALE, in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente e ricorrente incidentale – per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte n. 1367/05/2018, depositata in data 6.09.2018, non notificata.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10 aprile 2025 dal Relatore Cons. AVV_NOTAIO NOME COGNOME NOME COGNOME di Nocera.
FATTI DI CAUSA
1. L’ RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , propone ricorso, affidato a un motivo, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe con cui la Commissione tributaria regionale del Piemonte aveva rigettato l’appello principale proposto nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , e dichiarato inammissibile quello incidentale di quest’ultima avverso la sentenza n. 907/04/2016 della Commissione Tributaria Provinciale di Torino che aveva accolto parzialmente il ricorso proposto dalla suddetta società avverso un avviso di accertamento con il quale, previo pvc della Direzione regionale del Piemonte, l’Ufficio aveva recuperato maggiore Iva, oltre interessi e sanzioni, disconoscendo il regime di non imponibilità ex art. 41 e ss. del d.l. n. 331/93, per le operazioni intracomunitarie, in relazione : 1) a fatture di cessione emesse nei confronti di vari clienti per le quali non risultava provato il materiale trasferimento dei beni nello Stato di destinazione (primo rilievo); 2) a fatture concernenti ‘modifiche attrezzature’ emesse nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, soggetto identificato in Italia (secondo rilievo).
2. In punto di diritto, la CTR – confermando la sentenza di prime cure che accolto il ricorso limitatamente al rilievo n. 1 dell’avviso – ha osservato che: 1) con riguardo al recupero dell’Iva (primo rilievo) in relazione alle cessioni di beni franco-fabbrica, era stato correttamente applicato il regime di esenzione di
imposta relativo alle operazioni intracomunitarie atteso che, non dovendo la prova dell’effettiva uscita dal territorio nazionale della merce consegnata per il trasporto essere fornita esclusivamente con la produzione dei modelli TARGA_VEICOLO ed attenendo i documenti prodotti dalla società prevalentemente alla consegna al vettore della merce, in assenza di un preciso documento attestante la ricevuta della merce nel paese di destinazione, assumevano rilievo, quale prova alternativa, dei fatti secondari che davano atto della fuoriuscita RAGIONE_SOCIALE merci dal territorio nazionale, quali la produzione RAGIONE_SOCIALE comunicazioni Intrastat e le dichiarazioni rese ex post dai cessionari di avere ricevuto la merce; 2) l’appello incidentale (relativo al secondo rilievo) della società era inammissibile in quanto proposto fuori termine trattandosi di ‘domanda respinta espressamente dalla CTP’ per cui tale statuizione avrebbe dovuto essere imp ugnata nei termini dell’appello principale e non in via condiziona ta , non avendo l’Ufficio osservato nulla su quel punto della decisione ; in ogni caso, nel merito l’appello era infondato, non essendovi stata alcuna movimentazione fisica dei beni oggetto della presunta cessione.
3.Resiste, con controricorso, la società contribuente articolando ricorso incidentale affidato a un motivo cui resiste, con controricorso, l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
La società contribuente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Va preliminarmente osservato che il ricorso (principale) per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte n. 1367/05/2018, depositata in data 6.09.2018, è stato tempestivamente proposto dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE con atto notificato, a mezzo pec, il 6.12.2019 presso l’indirizzo di posta elettronica de i difensori domiciliatari della società in grado di appello (AVV_NOTAIO, AVV_NOTAIO e AVV_NOTAIO) avvalendosi del termine di sospensi one previsto dall’art. 6, comma 11, del d.l. n. 119/2018 convertito dalla legge n. 136 del 2018.
2.Con l’unico motivo del ricorso principale si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 41 del d.l. n. 331 del 1993, conv. dalla legge n. 427 del 1993 nonché degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c. per avere la CTR ritenuto la documentazione fornita dalla società contribuente (modelli Intrastat e dichiarazioni dei cessionari) idonea a comprovare il presupposto del ‘ trasporto o spedizione nel territorio di altro Stato membro ‘ ai fini dell’applicabilità dell’esenzione d’imposta per le operazioni intracomunitarie; ciò se bbene, anche in caso di vendita con clausola ‘franco fabbrica’ , il cedente avesse diritto all’esenzione Iva soltanto nel caso di dimostrazione dell’effettivo trasferimento della merce nello Stato membro di destinazione in base ad elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti, senza che potessero valere a tal fine, come per le cessioni extracomunitarie – pur non essendo necessarie le lettere di vettura c.d. CMR – documenti di ‘ origine privata ‘ quali i modelli Intrastat e le dichiarazioni scritte dei cessionari in ordine alla avvenuta ricezione della merce nello Stato membro di destinazione.
2.1.Il motivo è infondato.
2. 2. La non imponibilità RAGIONE_SOCIALE cessioni intracomunitarie di beni è prevista dall’art. 138 della Direttiva 2006/112/CE, secondo il quale ‘Gli stati membri esentano le cessioni di beni spediti o trasportati, fuori del loro rispettivo territorio ma nella Comuni tà, dal venditore, dall’acquirente o per loro conto, effettuate nei confronti di un altro soggetto passivo o di un ente non soggetto passivo, che agisce in quanto tale in uno Stato membro diverso dallo Stato membro di partenza della spedizione o del traspo rto dei beni’.
2 .3 In conformità all’articolo 138 cit., poi, l’articolo 41, comma 1, lettera a), del d.l. n. 331 del 1993, convertito con modificazioni dalla l. n. 427 del 1993, considera non imponibili ai fini IVA ‘le cessioni a titolo oneroso di beni, trasportati o spediti nel territorio di altro Stato membro, dal cedente o dall’acquirente, o da terzi per loro conto, nei confronti di cessionari soggetti d’imposta o di enti, associazioni ed altre organizzazioni […]’.
2.4. La tassazione avviene, quindi, nello Stato membro di destinazione, secondo il principio per cui il gettito fiscale va trasferito tendenzialmente allo Stato membro in cui avviene il consumo finale dei beni ceduti.
2.5. Come è stato più volte ribadito da questa Corte (Cass. 3603/2009; Cass. 15871/2016; Cass n. 10355/2022), l’onere di provare l’esistenza dei presupposti della deroga al regime della territorialità IVA è a carico del contribuente, anche in ragione del principio generale secondo il quale l’onere di provare la sussistenza dei presupposti di fatto, che legittimano la deroga al normale regime impositivo, è sempre a carico di chi invoca detta deroga.
L’esenzione dall’IVA della cessione intracomunitaria di un bene diviene applicabile solo quando sono soddisfatte tre condizioni: il potere del fornitore di disporre di tale bene come proprietario è stato trasmesso all’acquirente, il fornitore prova che tale bene è stato spedito o trasportato in un altro Stato membro e, in seguito a tale spedizione o trasporto, il medesimo bene ha lasciato fisicamente il territorio dello Stato membro di cessione (cfr. CGUE 9 ottobre 2014, Traum; CGUE, 6 settembre 2012, NOME; CGUE, 27 settembre 2007, Teleos). Sempre con riferimento alle cessioni intracomunitarie, la Corte di giustizia ha precisato che gli obblighi spettanti a un soggetto passivo in materia di prova (segnatamente con riferimento al trasferimento della merce in altro Stato membro) devono essere determinati in funzione RAGIONE_SOCIALE condizioni espressamente stabilite a tale riguardo dal diritto nazionale e dalla prassi abituale prevista per analoghe operazioni (CGUE in causa C-273/11, cit., punto 38; CGUE in causa C-492/13, punto 30).
2.6.La Direttiva 2006/112/CE e il suo Regolamento di attuazione, infatti, non forniscono alcuna indicazione in ordine alle prove necessarie per dimostrare l’effettivo trasferimento della merce da uno Stato membro all’altro, rinviando sul punto ai singoli ordin amenti nazionali. Neppure l’art. 41 del d.l. n. 331 del 1993, applicabile ratione temporis , indica quali siano i documenti necessari per dimostrare la cessione comunitaria, sicchè l’Amministrazione finanziaria è intervenuta diverse volte sull’argomento con le risoluzioni dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE, fra le quali vanno menzionate la n. 345 del 28 novembre 2007, la n. 477 del 15 dicembre 2008, la n. 19/E del 25 marzo 2013 e la n. 71 del 24 luglio 2014.
2.7. La risoluzione n. 345 del 2007 – dopo aver ricordato l’obbligo del contribuente di conservare le fatture e gli elenchi INTRASTAT – chiarisce che, ai fini della dimostrazione dell’invio dei beni in altro Stato dell’Unione Europea, può costituire prova idonea l’esibizione del documento di trasporto da cui si evince l’uscita RAGIONE_SOCIALE merci dal territorio dello Stato per l’inoltro ad un soggetto passivo d’imposta identificato in altro Paese comunitario; in detta risoluzione si precisa altresì che il contribuente deve conservare sia la documentazione bancaria, dalla quale risulti traccia RAGIONE_SOCIALE somme riscosse in relazione alle cessioni intracomunitarie effettuate, sia la copia degli altri documenti attestanti gli impegni contrattuali che hanno dato origine alla cessione intracomunitaria e al trasporto dei beni in altro Stato membro.
2.8. La successiva risoluzione n. 477 del 2008 precisa che il riferimento contenuto nella risoluzione n. 345 del 2007 all’esibizione del documento di trasporto deve intendersi effettuato a titolo meramente esemplificativo e chiarisce che, nei casi in cui il cedente nazionale non abbia provveduto direttamente al trasporto RAGIONE_SOCIALE merci e non sia in grado di esibire il predetto documento di trasporto, la prova in questione potrà essere fornita con qualsiasi altro documento idoneo a dimostrare che le merci sono state inviate in altro Stato membro .
2.9. La risoluzione n. 19/E del 2013 ha esteso la valenza probatoria del documento di trasporto cartaceo anche a quello elettronico.
2.10.La risoluzione n. 71 del 2014, infine, riguarda l’ipotesi di cessione di un’imbarcazione, con riferimento alla quale è stato stabilito che, quando non è possibile esibire il documento di trasporto, sono ammissibili altri mezzi di prova idonei e che la prov a dell’avvenuto trasferimento del bene in altro Stato membro
deriva da un insieme di documenti da cui si ricava, con sufficiente evidenza, che il bene è stato trasferito dallo Stato del cedente a quello dell’acquirente.
2.11. Secondo le indicazioni fornite dall’Amministrazione finanziaria, quindi, ai fini della dimostrazione dell’invio dei beni in altro Stato dell’Unione Europea, può costituire prova idonea l’esibizione del documento di trasporto da cui si evince l’uscita RAGIONE_SOCIALE merci dal territorio dello Stato per l’inoltro ad un soggetto passivo d’imposta identificato in altro Paese comunitario. Il contribuente deve conservare sia la documentazione bancaria, dalla quale risulti traccia RAGIONE_SOCIALE somme riscosse in relazione alle cessioni intracomunitarie effettuate, sia la copia degli altri documenti attestanti gli impegni contrattuali che hanno dato origine alla cessione intracomunitaria e al trasporto dei beni in altro Stato membro ( Cass. sez. 5, n. 8477 del 2024).
2.12. La questione sulla prova dell’effettività del trasporto della merce tra due operatori UE è stata affrontata anche dalla giurisprudenza unionale e di legittimità, essendosi affermato che, nel caso di cessione intracomunitaria, il cedente ha l’onere di dimostrare l’effettività del trasporto della merce nel territorio dello Stato in cui risiede il cessionario; in mancanza, deve emergere la sua buona fede, cioè che egli non sapesse o non avrebbe dovuto sapere che l’operazione effettuata rientrava in un’evasione posta in essere dall’acquirente e, ciò nonostante, non avesse adottato tutte le misure ragionevoli per evitare di parteciparvi ( Cass. sez. 5, n. 8477 del 2024; Cass. n. 29498 del 24/12/2020; Cass. n. 26062 del 30/12/2015; Cass. n. 4636 del 26/02/2014; CGUE 6 settembre 2012, in C-273/11, NOME/NOME; CGUE 17 ottobre 2019, in C653/18, Unitel).
2.13. A tal fine il contribuente deve dimostrare di avere adottato la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, valutata secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità, in rapporto alle circostanze del caso concreto (Cass. n. 4045 del 12/02/2019), per cui, in caso di vendita con clausola «franco fabbrica», ad esempio, dovrà fornire la prova documentale rappresentativa della effettiva dislocazione della merce nel territorio dello Stato membro di
destinazione o di «fatti secondari», da cui desumere la presenza RAGIONE_SOCIALE merci in un territorio diverso dallo Stato di residenza, ovvero, se la documentazione sia in possesso di terzi non collaboranti e non sia acquisibile da altri soggetti, di aver espressamente concordato, nei contratti stipulati con vettore, spedizioniere e cessionario, l’obbligo di consegna del documento e, a fronte dell’altrui inadempimento, di aver esperito ogni utile iniziativa giudiziaria (Cass. n. 26062 del 30/12/2015; Cass. n. 4045 del 12/02/2019; Cass., sez. 5, n. 8477 del 2024, Cass. n. 23295 del 2024).
2.14. Sempre in tema di onere probatorio che incombe sul cedente, si è precisato altresì che ‘il documento di accompagnamento della merce è surrogabile anche con un documento commerciale contenente le stesse informazioni e la sua terza copia (l’esemplare che deve essere rinviato allo speditore per appuramento, cosiddetta copia di ritorno per il cedente) è idonea a comprovare, ai fini del beneficio dell’esenzione IVA, l’effettività del trasferimento della merce in altro Stato membro’ (Cass. n. 28831 del 08/11/201 9).
2.15. Infine, è stato precisato che, nei casi in cui il cedente nazionale non abbia provveduto direttamente al trasporto RAGIONE_SOCIALE merci e non sia in grado di esibire il predetto documento di trasporto, la prova in questione potrà essere fornita con qualsiasi altro documento idoneo a dimostrare che le merci sono state inviate in altro Stato membro (Cass. n. 2327 del 2/02/2021 e Cass. n. 25587 del 21/09/2021; Cass. n. 8477 del 2024).
2.16. Posto quanto sopra, nella sentenza impugnata, la CTR si è attenuta ai suddetti principi di diritto, nel ritenere che premesso che la prova dell’effettivo trasferimento della merce in uno Stato intracomunitario non doveva avvenire esclusivamente attraverso la produzione del modello TARGA_VEICOLO, specie nelle ipotesi in cui era stata effettuata una cessione franco-fabbrica e che, nella specie, i documenti prodotti dalla società attenevano prevalentemente alla consegna della merce al vettore -costituivano, in mancanza di un preciso documento attestante la ricezione della merce nel paese di destinazione, ‘ fatti secondari ‘ idonei a comprovare la fuoriuscita della merce dal territorio nazionale, le
comunicazioni Intrastat e le dichiarazioni rese ex post dai cessionari circa l’avvenuta ricezione de i beni nello Stato intracomunitario di destinazione.
Con l’unico motivo del ricorso incidentale, in relazione all’art.360, comma 1, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza per violazione degli artt. 54 e 23 del d.lgs. n. 546/1992, 333 e 334 c.p.c. per avere la CTR dichiarato inammissibile l’appello incidentale (sul secondo rilievo) della società in quanto fuori termine, trattandosi di domanda espressamente respinta dalla CTP che avrebbe dovuto essere impugnata nei termini dell’appello principale e non in via condizionata in quanto l’Ufficio nulla aveva osse rvato su tale punto della decisione; ciò sebbene, nella specie, trattavasi di appello incidentale tardivo- ovvero proposto oltre i termini di impugnazione della sentenza di primo grado ma ‘tempestivo’ – ovvero entro il termine di sessanta giorni dalla notifica dell’appello principale (essendo stato presentato in seno alle controdeduzioni del 16 febbraio 2017 a fronte della notifica dell’appello principale dell’RAGIONE_SOCIALE del 21 dicembre 2016) – ancorché su un capo della sentenza di prime cure diverso da quello oggetto di impugnazione principale, atteso che l’interesse a proporre l’impugnazione incidentale (condizionata) dipendeva dall’avvenuta proposizione di quella principale.
3.1.Il motivo è infondato.
3.2. Dalla sentenza impugnata e dagli atti di causa, si evince che, con riferimento alla statuizione della CTP di rigetto della censura relativa alla assunta illegittimità del secondo rilievo contenuto nell’atto impositivo, la società aveva proposto appello incidentale qualificato come ‘condizionato’ chiedendo nelle conclusioni ‘ in via principale di rigettare l’appello dell’Ufficio, confermando, per l’effetto, la sentenza impugnata; in via subordinata di annullare l’atto, in accoglimento.. comunque dell’appello incidentale condizionato ‘ (v. stralcio RAGIONE_SOCIALE controdeduzioni con appello incidentale riprodotto nel controricorso al ricorso incidentale, pag. 5).
3.3. Quanto al tema dei limiti oggettivi dell’impugnazione incidentale tardiva si osserva quanto segue.
3.4. Va premesso che l’art. 334 c.p.c. costituisce norma non incompatibile con il rito tributario e, pertanto, applicabile anche in quest’ultimo (Cass. sez. 5, n. 29593 del 2018).
3.5. Questa Corte, a sezioni unite – chiamata a pronunciarsi sul contrasto di giurisprudenza manifestatosi in ordine all ‘ individuazione del termine da osservarsi per la notifica del ricorso incidentale per cassazione proposto da uno dei controricorrenti nei confronti di soggetto diverso dal ricorrente principale nella sentenza n. 24627 del 27/11/2007, ha statuito il seguente principio di diritto: « sulla base del principio dell’interesse all’impugnazione, l’impugnazione incidentale tardiva è sempre ammissibile, a tutela della reale utilità della parte, tutte le volte che l’impugnazione principale metta in discussione l’assetto di interessi derivante dalla sentenza alla quale il coobbligato solidale aveva prestato acquiescenza ; conseguentemente, è ammissibile, sia quando rivesta la forma della contro impugnazione rivolta contro il ricorrente principale, sia quando rivesta le forme della impugnazione adesiva rivolta contro la parte investita dell’impugnazione principale, anche se fondata sugli stessi motivi fatti valere dal ricorrente principale, atteso che, anche nelle cause scindibili, il suddetto interesse sorge dall’impugnazione principale, la quale, se accolta, comporterebbe una modifica dell’assetto RAGIONE_SOCIALE situazioni giuridiche originariamente accettate dal coobbligato solidale ».
3.6. Questa Corte, a sezioni unite, nella sentenza n. 8486 del 2024- emessa, ai sensi dell’art. 363, comma 3, c.p.c., alla stregua della particolare rilevanza RAGIONE_SOCIALE questioni processuali (specialmente di quella riferita all’interpretazione dell’art. 334, comma 1, c.p.c.) poste con l’ordinanza di rimessione n. 20588 del 2023 (pubblicata il 17 luglio 2023), anche per effetto della sollecitata possibile rimeditazione della conclusione raggiunta dalle Sezioni unite con la sentenza n. 24627/2007 (sottoposta a critica da parte di un certo orientamento di questa Corte e particolarmente dibattuta anche in dottrina, soprattutto con riguardo alle conseguenze derivanti in tema di obbligazioni solidali) e della notevole incidenza riconducibile alla sua soluzione (anche per gli effetti correlati che può produrre
su questioni processuali dipendenti)quanto ai limiti oggettivi dell’impugnazione incidentale tardiva, ha premesso che ‘ la giurisprudenza di questa Corte – dopo un lungo periodo in cui aveva imposto rigorosi confini oggettivi alla possibilità di esperire l’impugnazione incidentale tardiva, ritenendola ammissibile solo in quanto rimanesse nell’ambito del capo della sentenza investita dall’impugnazione principale o riguardasse un capo connesso con quest’ultimo o da questo dipendente – a partire dagli anni ottanta del secolo scorso aveva avviato un percorso di ripensamento, consacrato dalla sentenza RAGIONE_SOCIALE SU n. 4640 del 7/11/1989, con la quale venne affermato il seguente principio di diritto: «l’art. 334 cod. proc. civ., che consente alla parte, contro cui è stata proposta impugnazione (o chiamata ad integrare il contraddittorio a norma dell’art. 331 cod. proc. civ.), di esperire impugnazione incidentale tardiva, senza subire gli effetti dello spirare del termine ordinario o della propria acquiescenza, è rivolto a rendere possibile l’accettazione della sentenza, in situazione di reciproca soccombenza, solo quando anche l’avversario tenga analogo comportamento, e, pertanto, in difetto di limitazioni oggettive, trova applicazione con riguardo a qualsiasi capo della sentenza medesima, ancorché autonomo rispetto a quello investito dall’impugnazione principale». Con questa pronuncia si ritenne che: (a) la ratio dell’art. 334 c.p.c. è una finalità “transattivo-ritorsiva”: la norma, infatti, ha lo scopo di indurre la parte parzialmente vittoriosa a rinunciare all’impugnazione, per non correre il rischio che l’appellato, attraverso l’impugnazione tardiva, possa rimettere in discussione anche le parti della sentenza favorevoli all’appellante principale; (b) se questa è la ratio della norma, essa sarebbe frustrata se si impedisse all’appellato di impugnare tardivamente anche capi di sentenza diversi da quelli impugnati in via principale, perché l’esigenza di favorire la definitiva composizione della lite, dissuadendo le parti dall’impugnazione, sussiste anche in questa ipotesi; (c) pertanto, l’interesse a proporre l’impugnazione tardiva non coincide con quello che sorge dalla mera soccombenza, ma è un interesse diverso e sorge dall’impugnazione altrui, “che tende a modificare l’assetto di interessi che l’impugnato, in mancanza dell’altrui impugnazione principale, avrebbe accettato”. Per effetto della sentenza appena
ricordata, cadde il limite all’impugnazione incidentale tardiva rappresentato dalla medesimezza o dipendenza tra il capo di sentenza impugnato dall’impugnante principale e quello impugnato dall’impugnante incidentale. A quest’ultimo, di conseguenza, si è consentito impugnare qualsiasi capo della sentenza, anche se diverso da quello investito dall’impugnazione principale (cfr., ad es., Cass., Sez. 3, n. 14596 del 9/07/2020) e anche se autonomo rispetto a questo (v. Cass., Sez. 3, n. 26139 del 5/09/2022). E’ importante rimarcare che questo principio è stato recepito nell’art. 96 del d. lgs. n. 104/2010 – che reca la nuova disciplina sul processo amministrativo -prevedendosi proprio, al comma 4, che «Con l’impugnazione incidentale proposta ai sensi dell’art. 3 34 del codice di procedura civile possono essere impugnati anche capi autonomi della sentenza; tuttavia, se l’impugnazione principale è dichiarata inammissibile, l’impugnazione incidentale perde ogni efficacia», impugnazione che la giurisprudenza amministrativa ha denominato come impugnazione incidentale tardiva c.d. ‘impropria ‘ . Nella richiamata pronuncia, la Corte, a sezioni unite, nel confermare l’impianto della sentenza RAGIONE_SOCIALE Sezioni unite n. 24627 del 2007 – ha posto poi in risalto -condividendolo -« quanto è stato in essa sostenuto nel passaggio logicoargomentativo centrale della motivazione, laddove si argomenta che – poiché l’unità del giudizio conclusosi con la sentenza impugnata, la cui intima coerenza verrebbe meno se ogni parte di esso fosse suscettibile di esame separato, con conseguente (pericolo) di difformità dei giudicati scaturenti dal medesimo rapporto, seppur tra parti diverse -l’impugnazi one incidentale tardiva è sempre ammissibile a tutela della reale utilità della parte tutte le volte che l’impugnazione principale metta in discussione l’assetto di interessi derivanti dalla sentenza alla quale il coobbligato solidale aveva prestato acquiescenza ». E’, dunque, ad avviso della Corte, « la prospettiva dell’interesse (qualificato e concreto, e non insito solo nell’evitare un ‘pregiudizio di fatto’ che può derivare dall’esito del giudizio conseguente al gravame principale) ad impugnare (dal cui esercizio discende l’acquisizione della qualit à di parte che fa valere uno ius quo utimur) che legittima il coobbligato solidale (a cui venga notificata l’impugnazione principale) a proporre l’impugnazione incidentale tardiva ai sensi
dell’art. 334, comma 1, c.p.c. In tal modo [precisa la Corte] si ottiene non solo una semplificazione del quadro che le Sezioni unite del 2007 hanno inteso tracciare nel contesto ispirato da un intento teleologico, ma anche una tutela maggiormente effettiva e garantistica nonché un’efficace economia processuale, evitando la moltiplicazione di processi a causa di sentenze che producano effetti soltanto tra alcune parti, a seguito di scissioni intervenute nello svolgersi RAGIONE_SOCIALE impugnazioni, pur essendo il giudizio iniziato ab origine nei confronti di una pluralità di parti e pur risentendo queste, quantomeno in via riflessa o indiretta (ma pur sempre giuridicamente apprezzabile), dei pregiudizi che si originano dalla formazione di giudicati interni o soggettivamente parziali. In tal modo si garantisce una tutela effettiva RAGIONE_SOCIALE situazioni sostanziali e degli interessi in gioco, finalità che -con una previsione normativa, efficace ed esaustiva nella sua più ampia rappresentazione testuale e non, invece, improntata a genericità (come nel nuovo c.p.c., laddove non si pone uno specifico riferimento alle obbligazioni solidali) -perseguiva il codice di procedura civile del 1865».
3.7.Nella sentenza n. 8486 del 2024, la Corte, a sezioni unite, non ha riscontrato, pertanto, idonee ragioni che potessero indurla ad un ripensamento in risposta alla sollecitazione di cui al primo quesito (concernente i temi della legittimazione attiva e passiva all’impugnazione incidentale tardiva e quello comunque correlato – dei limiti oggettivi di tale impugnazione, nei processi con pluralità di parti, nella peculiare fattispecie RAGIONE_SOCIALE obblig azioni solidali cd. ‘paritarie’ o ‘a interesse comune), rispetto al principio statuito con la sentenza RAGIONE_SOCIALE stesse Sezioni unite n. 24627/2007, e ha statuito, il seguente principio di diritto ai sensi dell’art. 363, comma 3, c.p.c.: «l’impugnazione incidentale tardiva è ammissibile anche quando rivesta le forme dell’impugnazione adesiva rivolta contro la parte destinataria dell’impugnazione principale, in ragione del fatto che l’interesse alla sua proposizione può sorgere dall’impugnaz ione principale »; il prospettato quesito sulla seconda questione (se il principio fissato da Cass., Sez. U., 24627/2007, ove confermato, possa essere applicato anche con riferimento all’interesse insorto a seguito di un’impugnazione incidentale tardiva (in trodotta, peraltro, con autonomo atto di citazione) è stato poi risolto dalla Corte,
conseguenzialmente alla risposta data alla prima questione, affermando il seguente principio di diritto ai sensi del citato art. 363, comma 3, c.p.c.: « Il principio secondo cui l’impugnazione incidentale tardiva è ammissibile pure quando rivesta le forme dell’impugnazione adesiva rivolta contro la parte destinataria dell’impugnazione principale è applicabile anche con riferimento all’interesse insorto a seguito di un’impugnazione incidentale tardiva »; infine, la terza questione (se, una volta dichiarata inammissibile l’impugnazione incidentale tardiva proposta reagendo all’impugnazione principale, debba considerarsi inammissibile, per consumazione del diritto di impugnazione, una seconda impugnazione incidentale presentata dalla stessa parte in relazione all’impugnazione incidentale di un differente coobbligato solidale) posta con l’ordinanza di rimessione, è stata risolta con l’affermazione (sempre ai sensi dell’art. 363, comma 3, c.p.c.) del seguente principio di diritto nell’interesse della legge: «il principio di consumazione dell’impugnazione non esclude che, fino a quando non intervenga una declaratoria di inammissibilità, possa essere proposto un secondo atto di impugnazione, immune dai vizi del precedente, destinato a sostituirlo e relativo anche a capi della sentenza diversi da quelli oggetto del precedente atto di impugnazione ».
3.8. Invero, come ripetutamente affermato da questa Corte, a partire dalla decisione RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite n. 24627 del 27/11/2007, ribadita da innumerevoli successive decisioni, il principio è stato ulteriormente chiarito da ll’o rdinanza n. 23584 del 28/07/2022, secondo cui ‘l’impugnazione incidentale tardiva è ammissibile (…) a condizione che l’interesse a proporla sia innescato dall’impugnazione principale e non preesista, viceversa, a quest’ultima, nel senso che la posizione dell’impugnante in via incidentale sia già pregiudicata dalla sentenza e non venga in alcun modo rimessa in discussione dall’impugnazione principale’ (nello stesso senso, tra molte, Sez. 3, Ordinanza n. 25285 del 11/11/2020, Sez. 3, Ordinanza n. 17614 del 24/08/2020; Sez. 3, Ordinanza n. 20696 del 2023).
3.9.Si è infatti precisato che l’impugnazione incidentale tardiva, da qualunque parte provenga, va dichiarata inammissibile laddove l’interesse alla sua proposizione non possa ritenersi insorto per effetto dell’impugnazione principale.” (Cass. 12387/ 2016; Cass. 6156/ 2018; Cass. 27616-2019), trattandosi, per l’appunto, di una impugnazione che non dipende da quella avversa, nel senso che l’interesse ad impugnare non nasce dalla impugnazione altrui, non potendo consentirsi di “recuperare”, mediante l’appello tardivo, la possibilità di effettuare una impugnazione il cui interesse era già presente dal momento della pubblicazione della sentenza (cfr. Cass sez. un. 23903 del 2020; Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 31135 del 2022).
3.10.Tornando allora alla questione qui oggetto di controversia, nella specie l’interesse (qualificato e concreto, e non insito solo nell’evitare un ‘pregiudizio di fatto’ che può derivare dall’esito del giudizio conseguente al gravame principale) della contribuente- vittoriosa in primo grado con riguardo al primo rilievo contenuto nell’atto impositivo e soccombente con riguardo al secondo rilievo relativo alla contestata omessa applicazione di Iva su fatture emesse nei confronti di RAGIONE_SOCIALE (‘ nessuna prova è stata data dalla ricorrente sui beni che sarebbero stati oggetto di cessione intracomunitaria e quindi trasportati in Francia, nessun documento è stato fornito, anzi .. risultava diversamente la natura di servizi prestati in Francia e non rientranti, pertanto nel regime di non imponibilità ex art. 41 del d.l. n. 331/1993 ‘, v. pag. 5 del ricorso incidentale) -a proporre l’appello incidentale tardivo su tale capo non risulta sorto dall’impugnazione principale dell’RAGIONE_SOCIALE nel senso che la posizione dell’impugnante in via incidentale (con riguardo al secondo rilievo dell’Ufficio) era già pregiudicata dalla sentenza e non poteva essere in alcun modo rimessa in discussione dall’impugnazione principale (con riguardo al primo rilievo dell’Ufficio) , non potendo consentirsi di “recuperare”, mediante l’appello tardivo, la possibilità di effettuare una impugnazione il cui interesse era già presente dal momento della pubblicazione della sentenza di primo grado; sul punto, dunque, la CTR, conformemente ai suddetti principi, ha dichiarato inammissibile l’appello incidentale ‘ in quanto fuori termine; trattandosi di domanda [relativa al secondo
rilievo] respinta espressamente dalla CTP doveva essere impugnata nei termini dell’appello principale e non in via condizionata ..in quanto l’Ufficio nulla aveva osservato su tale punto della decisione ‘.
4.In conclusione, va rigettato sia l’appello principale che quello incidentale.
Stante la reciproca soccombenza, vanno compensate tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
P.Q. M.
La Corte rigetta sia l’appello principale che quello incidentale; compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 10 aprile 2025