Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8732 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8732 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1355/2024 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici è elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma INDIRIZZO
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado di Bolzano, n. 32/2023, depositata il 19 giugno 2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 gennaio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-L’Agenzia delle entrate ha notificato a NOME COGNOME titolare del RAGIONE_SOCIALE, un avviso di accertamento IVA per l’anno di imposta 2013, contestando la non imponibilità delle cessioni asseritamente intracomunitarie nei confronti della RAGIONE_SOCIALE
Il COGNOME ricorreva in primo grado sostenendo la violazione dell’art. 12, comma 7, l. 212/2000, la nullità dell’avviso per difetto di motivazione, l’infondatezza della pretesa perché le operazioni erano reali e quindi, in quanto intracomunitarie, imponibili.
La Commissione tributaria di primo grado di Bolzano, con sentenza n. 105/2019, in accoglimento dell’eccezione preliminare relativa alla violazione dell’art. 12, comma 7, l . 212/2000, accoglieva il ricorso annullando l’avviso di accertamento .
Avverso la pronuncia, proponeva ricorso l’Agenzia delle entrate.
Il gravame veniva respinto con la sentenza n. 7/01/20 della Commissione tributaria di secondo grado.
L’Ufficio ricorreva in Cassazione che, con ordinanza n. 14258 del 2022, accoglieva il ricorso e cassava con rinvio la pronuncia di prime cure.
-Il procedimento veniva riassunto dinanzi alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado di Bolzano.
L’Ufficio si costituiva in giudizio.
Con sentenza n. 32/2023, depositata il 19 giugno 2023, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado di Bolzano ha accolto l’appello del contribuente.
-L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a un unico motivo.
Il contribuente si è costituito con controricorso.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
Il contribuente ha depositato una memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con l’unico motivo si censura la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 41 , c. 1, d.l. 331/93, in materia di prova della non imponibilità delle cessioni intracomunitarie e dell’art. 115 cod. proc. civ . in relazione all’art. 2697 cod. civ ., sotto il profilo dell’art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ. Parte ricorrente contesta la pronuncia nella parte in cui ha ritenuto dimostrato il carattere intracomunitario delle cessioni realizzatasi tra RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, in quanto, a tal fine, sarebbe sufficiente depositare in giudizio ‘ gli ordini della merce che avvenivano via mail o informalmente via telefono, le fatture, le dichiarazioni Intrastat, i mastrini di cassa da cui si evincono le somme incassate in contanti ‘. Al contrario di quanto sostenuto dalla sentenza, ribadendo quanto già evidenzi ato dall’Ufficio in sede di controdeduzioni al ricorso in riassunzione, l’Agenzia esclude che controparte abbia provato l’adempimento di tutti gli obblighi previsti in materia di cessione intracomunitarie. Ciò si desumerebbe anche dalla stessa prassi citata in ricorso, ossia la Circolare n. 12 del 12 maggio 2020, poiché la parte non è riuscita a dimostrare il titolo dell’esenzione IVA beneficiata, e, quindi, che si sia trattato di cessione intracomunitarie. In particolare, il contribuente non avrebbe fornito la prova circa la sussistenza dei requisiti soggettivo (il cessionario non risulta essere soggetto attivo già a fare data dal 2009), oggettivo (le transazioni non sono avvenute con modalità di pagamento tracciabili dalle quali si ricava l’onerosità della prestazione), territoriale (la parte non ha
dimostrato la fuoriuscita della merce dal territorio dello Stato e l’essere la stessa transitata da uno Stato UE ad un altro). Nel caso in esame, si evidenzia che il contribuente non avrebbe dimostrato né la movimentazione della merce e la fuoriuscita dal territorio italiano, né l’onerosità della prestazione e i rapporti commerciali intercorsi con il cessionario.
1.1. -Il motivo è fondato.
In tema di IVA, e in fattispecie di cessione intracomunitaria ex art. 41 del d.l. 30 agosto 1993, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, grava sul cedente, ai sensi dell’art. 2697 cod. civ., l’onere di dimostrare, con mezzi adeguati, tali da non lasciare dubbi, i presupposti della deroga al normale regime impositivo e, cioè, non solo la consegna della merce al vettore, ma anche l’effettività dell’esportazione in altro Stato membro e la propria buona fede, potendo, quindi, essere negata, secondo la sentenza della Corte di giustizia del 6 settembre 2012 (C-273/11), l’esenzione al contribuente ove risulti, in base ad elementi oggettivi, che egli, conoscendo o avendo dovuto conoscere che l’operazione effettuata rientrava in un’evasione posta in essere dall’acquirente, non aveva adottato misure ragionevoli per evitare di parteciparvi (Cass., Sez. V, 12 febbraio 2019, n. 4045; Cass., Sez. V, 30 dicembre 2015, n. 26062; Cass., Sez. V, 26 febbraio 2014, n. 4636).
Ove l’Amministrazione finanziaria contesti l’imponibilità di cessioni relative a merci che si ritengano fittiziamente esportate in altro Paese membro della UE, grava sul cedente l’onere di provare l’effettività del trasporto nel territorio dello Stato in cui risiede il cessionario (Cass., Sez. V, 24 dicembre 2020, n. 29498).
Gli elementi indicati in motivazione (documentazione riguardante i rapporti commerciali con la RAGIONE_SOCIALE con riferimento ad ordini via mail o informali, fatture e incassi in contanti; valutazione
della buona fede con riferimento al requisito soggettivo dell’acquirente sulla base delle sole risposte telematiche alle frequenti richieste di validità della partita IVA) non appaiono invero idonei a dimostrare, con mezzi adeguati, tali da non lasciare dubbi, i presupposti della deroga al normale regime impositivo e, cioè, non solo la consegna della merce al vettore, ma anche l’effettività del trasporto ed esportazione in altro Stato membro e la propria buona fede.
Come emerge dalla giurisprudenza di questa Corte, alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, la prova del ‘passaggio del confine’ (il trasporto nell’altro Paese UE) può essere fornita anche con mezzi diversi dalle lettere di vettura CMR (lettere di spedizione fondate sulla Convenzione concernente il contratto di trasporto internazionale di merci su strada, firmata a Ginevra il 19 maggio 1956, come modificata dal protocollo del 5 luglio 1978) purché posseggano requisiti di affidabilità e consistenza, tali da comprovare l’effettività del trasferimento della merce in altro Stato membro (Cass., Sez. V, 24 dicembre 2020, n. 29498; Cass., Sez. V, 8 novembre 2019, n. 28831). Ci pensi al caso dell’esemplare della cosiddetta copia di ritorno per il cedente, documento commerciale che deve essere rinviato allo speditore per appuramento, contenente le stesse informazioni.
A tal fine, va evidenziato che i documenti indicati dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado di Bolzano (gli ordini della merce via mail, le fatture, le dichiarazioni Intrastat, i mastrini di cassa da cui si evincono le somme incassate in contanti) sono inidonei e non si conformano ai principi affermati da questa Corte e dalla Corte di giustizia. Documenti quali lettere di spedizione fondate sulla Convenzione concernente il contratto di trasporto internazionale di merci su strada, firmata a Ginevra il 19 maggio 1956, come modificata dal protocollo del 5 luglio 1978, e documenti amministrativi elettronici che accompagnano la circolazione di beni in sospensione dall’accisa
possono essere presi in considerazione per dimostrare che, al momento dell’importazione in uno Stato membro, i beni in questione sono destinati a essere spediti o trasportati verso un altro Stato membro, ai sensi dell’articolo 143, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2006/112, come modificata, purché detti documenti siano presentati in tale momento e contengano tutte le informazioni necessarie, ivi compresa la data della consegna (Corte giust. UE, 20 giugno 2018, «Enteco Balti» UAB contro Muitinės dep artamentas prie Lietuvos Respublikos finansų ministerijos , C-108/17)
Riguardo alla condizione di buona fede del contribuente, in tema di cessioni intracomunitarie, nell’ipotesi in cui l’acquirente benefici del potere di disporre del bene e non abbia assolto all’obbligo, previsto dall’art. 41 del d.l. n. 331 del 1993, conv. nella l. n. 427 del 1993, di trasportare lo stesso al di fuori dello Stato membro di cessione, ai fini del riconoscimento della esenzione dall’IVA a favore del fornitore è necessario -in conformità alla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea (sentenza 21 febbraio 2018, COGNOME ) -che lo stesso abbia agito in buona fede, impiegando la massima diligenza esigibile da un operatore accorto, valutata secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità, rispetto alle circostanze del caso concreto, al fine di assicurarsi di non essere coinvolto in un’operazione finalizzata ad un’evasione delle imposte (Cass., Sez. V, 13 settembre 2018, n. 22333).
Sul punto, si è precisato che l’onere di diligenza e prudenza che grava sul cedente per prevedere e prevenire possibili illeciti a valle si accentua quando emergono anomalie rispetto a prassi ordinarie -come traspare nel caso di specie dagli elementi dedotti dall’Agenzia delle entrate -e deve avere riguardo all’effettività, operatività, serietà e solidità del cessionario, al fine di ricavarne un complessivo giudizio di affidabilità, attraverso un’indagine che non sia limitata alle risultanze
formali, quali l’esistenza e la validità della partita IVA, ma che si estenda alla reale situazione economico-patrimoniale, scandagliando le strutture, la patrimonializzazione, la clientela e la reputazione (Cass., Sez. V, 6 agosto 2024, n. 22261).
Nel caso di specie, parte ricorrente ha evidenziato una serie di elementi che sono stati del tutto trascurati dalla pronuncia impugnata ai fini della prova della buona fede e che, al contrario, lasciano emergere un difetto di diligenza (consegna delle merci al cliente germanico in territorio austriaco e con cessioni di merce tra soggetti imprenditoriali attraverso consegne personali senza trasportatori terzi; pagamento di ingenti somme di denaro in contanti e quindi non tracciabili; assenza di elementi relativi alla destinazione della merce ceduta e alla provenienza del denaro contante; ammontare delle cessioni effettuate nei confronti del soggetto tedesco corrisponde alla quasi totalità del volume di affari generato dalla parte; il codice identificativo IVA del cliente tedesco risulta non più attivo già dal 2009).
-La sentenza impugnata dev’essere perciò cassata e, per l’effetto, va disposto il rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado competente anche per la liquidazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado di Bolzano, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di lite. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 28 gennaio 2025.