Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21930 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21930 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/08/2024
1993.
COGNOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME ROCCA COGNOME COGNOME NOME
Presidente
Consigliere
Consigliere
Ud. 1/24/04/2024 C.C. PU R.G. 28360/2020
Consigliere – COGNOME. –
Consigliere
Cron. 17987/2019
R.G.N. 17987/2019
ORDINANZA
ha pronunciato la seguente sul ricorso n. 28360/2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO.
–
ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, congiuntamente e disgiuntamente, dal AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO e dal AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO. Anche disgiuntamente fra loro, con domicilio eletto presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, in Roma, INDIRIZZO, giusta procura in calce al controricorso.
– controricorrente-
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della LOMBARDIA, n. 1219/2020, depositata in data 24 giugno 2020, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24 aprile 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO CHE
La Commissione tributaria regionale ha rigettato l’appello proposto dall’Ufficio avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Milano, che aveva accolto il ricorso della società RAGIONE_SOCIALE, avente ad oggetto l’avviso di accertamento, relativo all’anno di imposta 2012, con il quale, a seguito di invio e risposta al questionario, era stata contestata la mancata dimostrazione, tramite l’esibizione di documenti di trasporto su strada (CRM), firmati, ovvero di altro documento idoneo, di cessioni intracomunitarie di beni effettuate nei confronti di un unico cliente, RAGIONE_SOCIALE, per un unico prodotto (Talco COGNOME Bebè gr. 300) per complessivi euro 336.004,00, riqualificate come cessioni interne soggette ad Iva al 21%, con recupero dell’imposta pari a euro 70.560,84.
I giudici di secondo grado hanno confermato la statuizione impugnata, con una diversa motivazione, affermando che i giudici di primo grado avevano errato a ritenere prova dirimente la sola dichiarazione sottoscritta dal legale rappresentante dell’RAGIONE_SOCIALE, non valorizzando, invece, tutte le altre prove che la società contribuente aveva offerto per dimostrare che i beni avevano lasciato il territorio nazionale; in particolare, la ricorrente a seguito di questionario aveva prodotto documentazione ed anche in sede di accertamento con adesione aveva fatto presente di operare con modalità «franco fabbrica» ed aveva allegato al ricorso introduttivo copia di cinque CMR
firmati da RAGIONE_SOCIALE, copia CMR firmato dal destinatario COGNOME, copia CMR firmato dal destinatario COGNOME, copia RAGIONE_SOCIALE dodici fatture emesse (d)a RAGIONE_SOCIALE nel 2012 corredate da documenti di trasporto, estratto conti bancari relativi ai pagamenti e scambio mail con il cliente; dunque, la complessiva documentazione prodotta era idonea a dimostrare che i beni avevano lasciato fisicamente il territorio italiano e che il bene ceduto, etichettato in lingua francese, non era commerciabile in RAGIONE_SOCIALE nell’anno in esame; non vi era frode o malafede, in quanto i beni risultavano riferiti da un rapporto continuativo ad una azienda affidabile nota sul territorio francese, successivamente acquisita da RAGIONE_SOCIALE, in relazione al bene borotalco, etichettato in lingua francese, che mal si conciliava ad una cessione domestica; ancora la cliente COGNOME aveva affidato all’operatore RAGIONE_SOCIALE sia il trasporto che lo stoccaggio della merce nel territorio francese e, per questo, su cinque CMR era presente il timbro d ell’operatore, sia in qualità di trasportatore che di destinatario; infine, né i prospetti di raccordo tra le fatture e i relativi CMR, né le rimesse di pagamento erano stati contestati dall’U fficio, se non in modo generico.
L ‘RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a due motivi.
La società RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso e memoria.
CONSIDERATO CHE
1. Il primo mezzo deduce la violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., dell’art. 41 del decreto legge n. 331 del 1993, convertito dalla legge n. 427 del 1993, nonché degli artt. 116 cod. proc. civ., 2729 e 2697 cod. civ.. Le considerazioni svolte dalla Commissione tributaria regionale sulle dichiarazioni del legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE, sulla etichettatura in lingua francese o sulla mancata commercializzazione in Itali del prodotto nel 2012, non apparivano decisive. In realtà, tali circostanze non erano
provate in alcun modo, né a tal fine poteva dirsi decisiva una dichiarazione di COGNOME in una e -mail, né dalla documentazione bancaria era possibile dedurre alcunché, stante la mancata congruenza tra i bonifici e le fatture ricollegate con appunti, scritti a penna, sulla voce dell’estratto conto e che era necessario, quantomeno, che tale documentazione riportasse il numero e la data RAGIONE_SOCIALE fatture cui facevano riferimento i bonifici e che fossero state allegate le relative contabili bancarie. Né potevano ritenersi provanti i pagamenti RAGIONE_SOCIALE cessioni, le richieste di anticipazione bancarie su crediti vantati a fronte di operazioni intracomunitarie effettuate. In ogni caso, anche qualora la parte avesse esibito le rimesse bancarie per ciascun pagamento, questa documentazione solo insieme al DDT, CMR e gli INTRASTAT trasmessi, avrebbe costituito prova della non imponibilità ai sensi dell’art. 41 citato.
Il secondo mezzo deduce la nullità della sentenza per violazione degli artt. 61 e 36, comma primo, n. 4, del decreto legislativo n. 546 del 1992 e degli artt. 132, comma secondo, n. 4, cod. proc. civ., e 118 disp. att. cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ.. La Commissione tributaria regionale non aveva esaminato le articolat e argomentazioni dell’Ufficio, in tal modo incorrendo nel vizio denunciato, e si era limitata ad aderire in maniera acritica alla tesi della società contribuente, risolvendosi la motivazione della pronuncia in un elenco meramente riproduttivo RAGIONE_SOCIALE circostanze allegate dalla società contribuente senza esplicare le ragioni per cui le stesse risultavano idonee a dimostrare l’infondatezza della pre tesa erariale.
Il secondo motivo, la cui trattazione è prioritaria perché involge un vizio di motivazione, è infondato.
3.1 La Commissione tributaria regionale ha, alle pagine 2-4 della sentenza impugnata, confermato la statuizione impugnata, integrando la motivazione dei primi giudici, affermando che i giudici di primo grado
avevano errato a ritenere prova dirimente la sola dichiarazione sottoscritta dal legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE, non valorizzando, invece, tutte le altre prove che la società contribuente aveva offerto per dimostrare che i beni avevano lasciato il territorio nazionale; i giudici di primo grado hanno evidenziato che, in particolare, la società ricorrente aveva prodotto, a seguito di questionario, della documentazione ed anche in sede di accertamento con adesione aveva fatto presente di operare con modalità «franco fabbrica», allegando al ricorso introduttivo copia di cinque CMR firmati da RAGIONE_SOCIALE, copia CMR firmato dal destinatario COGNOME, copia CMR firmato dal destinatario COGNOME, copia RAGIONE_SOCIALE dodici fatture emesse da RAGIONE_SOCIALE nel 2012 corredate da documenti di trasporto, estratto conti bancari relativi ai pagamenti e scambio mail con il cliente; i giudici di secondo grado concludevano, dunque, che la complessiva documentazione prodotta era idonea a dimostrare che i beni avevano lasciato fisicamente il territorio italiano e che il bene ceduto, etichettato in lingua francese, non era commerciabile in RAGIONE_SOCIALE nell’anno in esame; non vi era frode o malafede, in quanto i beni risultavano riferiti da un rapporto continuativo ad una azienda affidabile nota sul territorio francese, successivamente acquisita da RAGIONE_SOCIALE, in relazione a l bene borotalco, che mal si conciliava ad una cessione domestica e che la cliente COGNOME aveva affidato all’operatore RAGIONE_SOCIALE sia il trasporto che lo stoccaggio della merce nel territorio francese e, per questo, su cinque CMR era presente il timbro dell’operatore, sia in qualità di trasportatore che di destinatario; infine, né i prospetti di raccordo tra le fatture e i relativi CMR, né le rimesse di pagamento erano sta ti contestati dall’Ufficio, se non in modo generico.
3.2 Risulta, pertanto, evidente che la decisione impugnata assolve in misura adeguata al requisito di contenuto richiesto dalle disposizioni di legge di cui il ricorso lamenta la violazione, attesa l’esposizione RAGIONE_SOCIALE ragioni di fatto e di diritto della decisione, sufficiente ad evidenziare il
percorso argomentativo della pronuncia giudiziale, funzionale alla sua comprensione e alla sua eventuale verifica in sede di impugnazione 3.3 In proposito, va osservato, con la giurisprudenza di questa Corte, che l’obbligo motivazionale deve ritenersi compiutamente adempiuto allorché per mezzo della concisa esposizione RAGIONE_SOCIALE ragioni di fatto e di diritto della decisione venga ad essere illustrato il percorso motivazionale che ha indotto il giudice a regolare la fattispecie al suo esame mediante la norma di diritto applicata e che, di contro, viene meno all’obbligo in parola – e si mostra perciò viziata dal difetto di motivazione apparente o di mancanza della motivazione – la decisione nella quale «il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento» (Cass., 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., 5 agosto 2019, n. 20921; Cass., 7 aprile 2017, n. 9105).
3.4 Più specificamente in base alla costante giurisprudenza di legittimità, la «motivazione apparente» ricorre allorché la motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente – come parte del documento in cui consiste la sentenza (o altro provvedimento giudiziale) – non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché esibisce argomentazioni obiettivamente inidonee a far riconoscere l’ iter logico seguito per la formazione del convincimento e, pertanto, non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento del giudice (Cass., Sez. U. 22 settembre 2014, n. 19881).
3.5 Così delineati i principi statuiti da questa Corte, la censura svolta dal motivo non appare fondata, dal momento che dalla lettura della sentenza impugnata risultano chiaramente esposti, anche se in forma concisa, le ragioni della decisione.
II primo motivo è inammissibile, perché si tratta di una doglianza diretta, con evidenza, a censurare una erronea ricognizione della fattispecie concreta, di necessità mediata dalla contestata valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze probatorie di causa, che non costituiscono vizio di violazione di legge (Cass., 19 agosto 2020, n. 17313).
4.1 In proposito, questa Corte ha affermato il principio secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass., 7 dicembre 2017, n. 29404; Cass., 4 agosto 2017, n. 19547; Cass., Sez. U., 27 dicembre 2019, n. 34476; Cass., 4 marzo 2021, n. 5987) e che, con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e RAGIONE_SOCIALE prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass., 26 ottobre 2021, n. 30042).
4.2 Ed invero, nel caso di specie, non viene in rilievo la violazione RAGIONE_SOCIALE regole di diritto che la società ricorrente assume essere state violate e le doglianze mirano a contestare l’accertamento in fatto operato dalla Commissione tributaria regionale, insindacabile in questa sede, stante che la valutazione RAGIONE_SOCIALE prove raccolte, anche se si tratta di presunzioni,
costituisce un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito (cfr. Cass., 19 luglio 2021, n. 20553).
4.3 I giudici di secondo, in particolare, hanno ritenuto, operando un accertamento in fatto, che tutte le prove che la società contribuente aveva offerto, specificamente elencate alle pagine 3 e 4 della sentenza impugnata, erano idonee a dimostrare che i beni avevano lasciato fisicamente il territorio italiano e che il bene ceduto, etichettato in lingua francese, non era commerciabile in RAGIONE_SOCIALE nell’anno in esame, né vi era stata frode o malafede, in quanto i beni risultavano riferiti da un rapporto continuativo ad una azienda affidabile nota sul territorio francese, successivamente acquisita da l’RAGIONE_SOCIALE, in relazione al bene borotalco, che mal si conciliava ad una cessione domestica.
4.4 Il motivo è pure inammissibile, laddove lamenta la violazione degli artt. 116 cod. proc. civ. e 2729 cod. civ. e 2697 cod. civ. e, tuttavia, non specifica per quali aspetti la decisione impugnata si pone in contrasto con le norme di legge indicate ed avrebbe potuto essere diversa, esaminando il contenuto precettivo RAGIONE_SOCIALE norme richiamate e raffrontandolo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata. Ed invero, in tema di ricorso per cassazione, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, comma primo, n. 4, cod. proc. civ., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della
sentenza che si pongono in contrasto con essa (Cass., Sez. U., 28 ottobre 2020, n. 23745).
Per le ragioni di cui sopra, il ricorso deve essere rigettato e l’RAGIONE_SOCIALE ricorrente va condannata al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali, sostenute dalla società controricorrente e liquidate come in dispositivo, nonché al pagamento dell’ulteriore importo, previsto per legge e pure indicato in dispositivo.
5.1 Non vi è luogo a pronuncia sul raddoppio del contributo unificato, perché il provvedimento con cui il giudice dell’impugnazione, nel respingere integralmente la stessa (ovvero nel dichiararla inammissibile o improcedibile), disponga, a carico della parte che l’abbia proposta, l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto ai sensi del comma 1 bis del medesimo art. 13, non può aver luogo nei confronti RAGIONE_SOCIALE Amministrazioni RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo stesso, mediante il meccanismo della prenotazione a debito (Cass., Sez. U., 25 novembre 2013, n. 26280; Cass., 14 marzo 2014, n. 5955).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna l’RAGIONE_SOCIALE ricorrente al pagamento, in favore della società controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 7.600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 24 aprile 2024.