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Cessioni intracomunitarie: la prova del trasporto

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 22080/2024, ha stabilito che nelle cessioni intracomunitarie di beni, l’onere di provare l’effettivo trasferimento della merce in un altro Stato membro UE grava sempre sul venditore, anche in caso di vendita con clausola “franco fabbrica”. La semplice dichiarazione contrattuale dell’acquirente di farsi carico del trasporto e la radiazione dei veicoli dal PRA non sono sufficienti per beneficiare dell’esenzione IVA. È necessaria una prova documentale concreta dell’avvenuta uscita dei beni dal territorio nazionale.

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Pubblicato il 13 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Cessioni Intracomunitarie: la Prova del Trasporto Spetta Sempre al Venditore

Le cessioni intracomunitarie rappresentano un pilastro del mercato unico europeo, consentendo alle imprese di vendere beni in altri Stati membri beneficiando di un regime di non imponibilità IVA. Tuttavia, questo vantaggio fiscale è subordinato a un requisito fondamentale: la prova certa che i beni abbiano effettivamente lasciato il territorio nazionale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito con forza questo principio, chiarendo le responsabilità del venditore anche nelle vendite con clausola “franco fabbrica”.

I Fatti del Caso

Una società italiana operante nel settore automobilistico si è vista notificare un avviso di accertamento dall’Agenzia delle Entrate per l’anno d’imposta 2012. L’amministrazione finanziaria contestava la detrazione dell’IVA relativa a diverse vendite di autovetture a operatori di altri Paesi UE, sostenendo che la società non avesse fornito prove adeguate dell’effettiva uscita dei veicoli dal territorio italiano.

La particolarità del caso risiedeva nel fatto che le vendite erano state concluse con la clausola “franco fabbrica” (o Ex Works), secondo cui è l’acquirente a farsi carico dell’organizzazione e dei costi del trasporto. La società venditrice riteneva di aver adempiuto ai propri obblighi probatori producendo i contratti di vendita (che impegnavano gli acquirenti al trasferimento all’estero), la documentazione bancaria e, soprattutto, la prova della radiazione dei veicoli dal Pubblico Registro Automobilistico (PRA) per esportazione.

Dopo un esito favorevole in primo grado, la Commissione Tributaria Regionale aveva riformato la decisione, dando ragione all’Agenzia delle Entrate. La questione è quindi approdata in Cassazione.

L’Analisi della Corte sulle Cessioni Intracomunitarie

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso della società, confermando la linea rigorosa in materia di prova per le cessioni intracomunitarie. Il principio cardine, derivante sia dalla normativa nazionale che da quella europea (Direttiva IVA 2006/112/CE), è che l’onere di dimostrare la sussistenza dei requisiti per la non imponibilità grava sul cedente.

Il requisito sostanziale non è la vendita in sé, ma l’effettivo trasferimento fisico del bene in un altro Stato membro. La Corte ha sottolineato che, anche in una vendita “franco fabbrica”, questa responsabilità probatoria non viene meno. Il venditore non può limitarsi a fare affidamento sull’impegno contrattuale assunto dall’acquirente di trasportare la merce all’estero.

La Prova del Trasporto nelle Cessioni Intracomunitarie “Franco Fabbrica”

Il punto cruciale della decisione riguarda la natura della prova richiesta. La giurisprudenza, sia nazionale che europea, ammette che la prova non debba necessariamente consistere in un unico documento tipizzato (come il CMR firmato a destinazione), ma possa essere fornita attraverso un insieme di elementi documentali coerenti, anche di natura privata (i cosiddetti “fatti secondari”).

Tuttavia, questi elementi devono essere idonei a dimostrare, senza incertezze, due fatti distinti:
1. La cessione del bene.
2. L’effettivo trasporto e arrivo del bene in un altro Stato membro.

Nel caso specifico, la documentazione prodotta dalla società è stata ritenuta insufficiente. I contratti, pur contenendo l’obbligo per l’acquirente di trasferire i veicoli, dimostravano solo un’intenzione, non un fatto avvenuto. La radiazione dal PRA, sebbene sia un passo necessario, attesta unicamente la cessazione della circolazione del veicolo in Italia, ma non prova di per sé che esso abbia varcato il confine nazionale.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha motivato il rigetto del ricorso evidenziando come la Commissione Tributaria Regionale avesse correttamente operato una valutazione di fatto, insindacabile in sede di legittimità, concludendo per l’assenza di una prova documentale del trasferimento. Il semplice impegno contrattuale degli acquirenti, non supportato da prove concrete del suo adempimento (come documenti di trasporto, ricevute di consegna, o altre prove dell’arrivo a destinazione), lascia la prova della cessione intracomunitaria incompleta.

Il venditore, pur non gestendo direttamente il trasporto, ha l’onere di essere proattivo nel procurarsi la documentazione necessaria dall’acquirente o dal trasportatore. In caso di inadempimento di questi ultimi, il venditore dovrebbe dimostrare di aver intrapreso tutte le iniziative utili per ottenere tali documenti. La Corte ha ritenuto che mancasse la prova dell’effettiva dislocazione fisica dei beni, elemento essenziale per qualificare l’operazione come intracomunitaria e beneficiare del regime di non imponibilità IVA.

Conclusioni

Questa ordinanza consolida un principio fondamentale per tutte le imprese che operano sul mercato europeo: la diligenza nella raccolta della documentazione è cruciale. Per le cessioni intracomunitarie, e in particolare per quelle “franco fabbrica”, il venditore non può assumere un ruolo passivo. È sua responsabilità assicurarsi di ottenere e conservare prove concrete e inequivocabili che attestino non solo la vendita, ma anche e soprattutto l’avvenuto trasporto della merce in un altro Stato membro. Affidarsi esclusivamente agli impegni contrattuali dell’acquirente espone al rischio concreto di vedersi disconosciuto il diritto all’esenzione IVA, con conseguenze economiche significative.

In una vendita “franco fabbrica” verso un altro paese UE, chi deve provare che la merce è uscita dall’Italia ai fini IVA?
La responsabilità di fornire la prova dell’effettivo trasferimento del bene in un altro Stato membro ricade sempre sul venditore, anche se il trasporto è a carico dell’acquirente.

L’impegno contrattuale dell’acquirente a trasportare i beni all’estero è una prova sufficiente per l’esenzione IVA?
No. Secondo la Corte, l’impegno contrattuale non è di per sé una prova sufficiente. Il venditore deve dimostrare che tale impegno è stato effettivamente adempiuto, fornendo documentazione che attesti l’avvenuto trasferimento fisico dei beni.

La radiazione del veicolo dal Pubblico Registro Automobilistico (PRA) per esportazione basta a dimostrare la cessione intracomunitaria?
No, da sola non è sufficiente. La Corte ha chiarito che la radiazione dal PRA è un elemento non documentale che, pur essendo un presupposto per l’esportazione, non costituisce prova dell’effettiva uscita del veicolo dal territorio dello Stato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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