Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21885 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21885 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/08/2024
Oggetto:
IVA – avviso di
accertamento
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24968/2017 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che la rappresenta e difende;
-ricorrente –
contro
Comune di Lecce, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, con domicilio digitale EMAIL ;
-controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia, sezione staccata di Lecce, n. 2516/24/2017, depositata il 26 luglio 2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24 aprile 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con la sentenza impugnata la Commissione tributaria regionale della Puglia, sezione staccata di Lecce, accoglieva l’appello principale proposto dal Comune RAGIONE_SOCIALE Lecce e respingeva l’appello incidentale proposto dall’RAGIONE_SOCIALE, ufficio RAGIONE_SOCIALE, avverso la sentenza n. 2511/2/14 della Commissione tributaria provinciale di Lecce che aveva parzialmente accolto il ricorso dell’RAGIONE_SOCIALE contro l’avviso di accertamento IVA 2006.
La CTR osservava in particolare che la pretesa creditoria erariale non era fondata, trattandosi di operazione (fornitura di materiale rotabile da parte di imprese residenti in altro Stato membro dell’Unione europea) che doveva considerarsi effettuata in Italia, ex art. 7, secondo comma, dPR 633/1972, rispetto alla quale le fatture emesse a carico del committente Comune di Lecce dovevano essere comprensive dell’IVA e non come invece fatto dalle imprese emittenti senza applicazione di tale imposta.
Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’RAGIONE_SOCIALE deducendo tre motivi.
Resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Considerato che:
Con il primo motivo -ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.l’agenzia RAGIONE_SOCIALE ricorrente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo e controverso che individua nella mancata considerazione che il collaudo del materiale rotabile in oggetto (filobus) era, per contratto, avvenuto presso i fornitori comunitari dello stesso ossia “in fabbrica” ovvero “in produzione”.
La censura è infondata.
Il giudice tributario di appello infatti ha accertato in fatto che inserendosi la fornitura di tale materiale nell’ambito della fornitura complessiva di un sistema di trasporto eco-compatibile nella quale si erano contrattualmente impegnate più imprese, italiane e comunitarie (tra cui quelle che detta sub-fornitura hanno effettuato), associate in un’ATI, della quale capo-fila era RAGIONE_SOCIALE, impresa italiana.
La CTR pugliese non ha quindi omesso di esaminare il rapporto contrattuale tra fornitrici dei filobus e Comune di Lecce, ma, diversamente, lo ha considerato come un segmento interno al rapporto più ampio di appalto per la realizzazione di detta opera pubblica.
Il giudice tributario di appello peraltro ne ha tratto la conseguenza giuridica che la fornitura de qua deve considerarsi unitariamente, in quanto tale effettuata in Italia, quindi soggetta alla disciplina dell’art. 7, comma 2, dPR 633/1972, con l’implicazione che, come è stato, l’IVA doveva essere applicata nella fatturazione della RAGIONE_SOCIALE, in detta qualità.
Di qui comunque l’assenza di decisività del fatto asseritamente non esaminato.
Con il secondo motivo -ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.- la ricorrente si duole della violazione/falsa applicazione degli artt. 38, commi 2-5, lett. b), decreto-legge 331/1993, 7, comma 2, dPR 633/1972, poiché la CTR ha sussunto la fattispecie contrattuale oggetto del giudizio (fornitura di filobus da parte di imprese comunitarie) nella seconda disposizione legislativa e non nella prima, perciò qualificando le operazioni imponibili in contesto come cessioni interne e non infracomunitarie.
La censura è inammissibile e comunque infondata.
Anzitutto osta all’esame del mezzo l’accertamento in fatto compiuto dal giudice tributario di appello, di cui si è detto in relazione alla prima censura.
Va infatti ribadito che «Con il ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito poiché la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità» (Cass., n. 29404 del 07/12/2017, Rv. 646976 – 01); «Con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e RAGIONE_SOCIALE prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze in di inammissibilità, in quanto richiede a questa Corte un sindacato sull’interpretazione della fattispecie contrattuale dedotta in giudizio effettuata dalla CTR, dovendosi ribadire l’ulteriore, consolidato, contratto, traducendosi in una operazione di accertamento della volontà dei contraenti, si risolve in una indagine di fatto riservata al giudice di merito, censurabile in cassazione, oltre che per violazione RAGIONE_SOCIALE regole ermeneutiche, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per inadeguatezza della motivazione, ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., nella formulazione antecedente alla novella di cui al d.l. n. 83 del 2012, oppure – nel vigore della novellato testo di detta
dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti discussione» (Cass., n. 9097 del 07/04/2017, Rv. 643792 – 01). Il mezzo in esame evidenzia peraltro un ulteriore profilo principio di diritto che «L’interpretazione del
norma – nella ipotesi di omesso esame di un fatto decisivo e oggetto di discussione tra le parti» (Sez. 3, Sentenza n. 14355 del 14/07/2016, Rv. 640551 – 01).
In ogni caso la censura non è fondata.
Sempre sulla base dell’accertamento di fatto -non ulteriormente sindacabile- del giudice tributario di appello risulta che il Comune di Lecce, con contratto dell’8 luglio 2005 ha commissionato ad un A.T.I. l’esecuzione di un sistema di trasporto ecocompatibile; dell’A.T.I. facevano parte due imprese italiane (RAGIONE_SOCIALE, capogruppo, RAGIONE_SOCIALE) e due comunitarie (RAGIONE_SOCIALE COGNOME Nv, belga, Vosslok Kiepe RAGIONE_SOCIALE, tedesca), essendo quest’ultime fornitrici dell’occorrente materiale rotabile (filobus).
Le imprese comunitarie hanno fatturato la propria prestazione senza applicazione dell’imposta, ritenendo le loro forniture quali cessioni intracomunitarie, e di conseguenza l’agenzia RAGIONE_SOCIALE ne ha preteso il versamento dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE committente, secondo la previsione di cui all’art. 38, comma 2, decreto-legge 331/1993.
Tale pretesa è tuttavia infondata, dovendosi nel caso di specie, come sancito dalla CTR pugliese e sulla base del suo insindacabile accertamento di fatto, applicare il comma 5, di tale disposizione legislativa, la quale appunto prevede che non realizza un acquisto infracomunitario «b) l’introduzione nel territorio dello Stato, in esecuzione di una cessione, di beni destinati ad essere ivi installati, montati o assiemati dal fornitore o per suo conto », con la conseguente ulteriore applicabilità dell’art. 7, comma 2, primo periodo, dPR 633/1972, il quale prevede « Le cessioni di beni si considerano effettuate nel territorio dello Stato se hanno per oggetto beni immobili ovvero beni mobili nazionali, comunitari o vincolati al regime della temporanea importazione, esistenti nel territorio dello stesso ovvero beni mobili spediti da altro Stato membro, installati, montati o assiemati nel territorio dello Stato dal fornitore o per suo conto ».
La fornitura dei filobus (e relativo materiale accessorio) da parte della società belga e di quella tedesca faceva infatti parte della ben più complessa opera appaltata, dovendo pertanto essere sussunta nelle fattispecie normative astratte appena citate.
Quindi tale cessione non può essere considerata “comunitaria”, bensì “interna”, con la conseguente applicabilità del modulo attuativo ordinario della seconda categoria di operazioni imponibili.
Con il terzo motivo -ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.- la ricorrente denuncia la violazione/falsa applicazione degli artt. 46, 47, 49 decreto-legge 331/1993, 4, dPR 633/1972, poiché la CTR non ha ascritto la soggettività passiva IVA al Comune di Lecce, che invece le doveva essere attribuita in quanto il caso di specie riguarda l’esercizio da parte dell’RAGIONE_SOCIALE territoriale di un’attività di impresa (trasporto di persone e di cose), secondo la specifica previsione normativa di cui all’art. 4, comma 5, dPR 633/1972.
La censura è inammissibile.
L’RAGIONE_SOCIALE controricorrente, trascrivendo il contenuto della motivazione dell’atto impositivo impugnato, ha dimostrato che il contenuto di questa censura non può legittimamente essere considerato in sede processuale, tantomeno in questo giudizio di legittimità, secondo il principio di diritto che «Il processo tributario, in quanto diretto a sollecitare il sindacato giurisdizionale sulla legittimità del provvedimento impositivo, è strutturato come un giudizio di impugnazione del provvedimento stesso e tale caratteristica circoscrive il dibattito alla pretesa effettivamente avanzata con l’atto impugnato, sicché il giudice tributario non può estendere la propria indagine all’esame di circostanze nuove ed estranee a quelle originariamente invocate dall’ufficio» (tra le molte, Sez. 5, Sentenza n. 7927 del 20/04/2016, Rv. 639633 – 01) e secondo l’ancor più generale principio di diritto che «Il giudizio di cassazione ha, per sua natura, la funzione di controllare la difformità della
decisione del giudice di merito dalle norme e dai principi di diritto, sicché sono precluse non soltanto le domande nuove, ma anche nuove questioni di diritto, qualora queste postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice di merito che, come tali, sono esorbitanti dal giudizio di legittimità» (tra le molte, v., Sez. 3 – , Ordinanza n. 15196 del 12/06/2018, Rv. 649304 – 01).
Risulta invero chiaro che nella motivazione dell’avviso di accertamento non si faceva alcun riferimento all’esercizio di un’impresa da parte del Comune di Lecce, giacchè anzi ne venivano evocate le attribuzioni istituzionali. Tale è dunque la causa petendi , non giudizialmente modificabile, della pretesa creditoria erariale e RAGIONE_SOCIALE correlative sanzioni, e pertanto non può essere considerata l’astratta applicabilità della previsione di cui all’art. 4, comma 5, lett. e-f), dPR 633/1972.
In conclusione il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.