Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7613 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 7613 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/03/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 23804/2021 R.G., proposto
DA
NOME NOME NOME, r appresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO, con studio in Biella, ove elettivamente domiciliati (indirizzo p.e.c.: EMAIL ), e comunque presso la Cancelleria della Corte Suprema di Cassazione, giusta procura in allegato al ricorso introduttivo del presente procedimento;
RICORRENTI
CONTRO
lRAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE, con sede in Roma, in persona del Direttore pro tempore ;
INTIMATA
avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale del Piemonte il 4 febbraio 2021, n. 86/05/2021; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13 marzo 2024 dal AVV_NOTAIO;
IMPOSTA DI REGISTRO ACCERTAMENTO ART. 20 T.U.R. CESSIONE TOTALITARIA DI PARTECIPAZIONE SOCIALE CON CLAUSOLA DI REVISIONE DEL PREZZO
PRINCIPIO DI DIRITTO
udito per i ricorrenti l’ AVV_NOTAIO, in sostituzione dell’AVV_NOTAIO , che ha concluso per l ‘accoglimento ; udito il P.M., nella persona del Sostituto Procuratore Generale, AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’accoglimento .
FATTI DI CAUSA
1. NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso congiunto per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale del Piemonte il 4 febbraio 2021, n. 86/05/2021, che, in controversia su impugnazione di avviso di rettifica e liquidazione dell’ imposta di registro nella misura proporzionale di € 9.825,00 (risultante dall’applicazione dell’aliquota del 3% sul prezzo indicato in appresso) a fronte dell’autoliquidazione nella misura fissa di € 200,00 – in seguito alla riqualificazione ex art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, della cessione dell ‘integrale partecipazione al capitale della ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ da parte di NOME COGNOME e NOME COGNOME, ciascuno per la quota del 50%, in favore di NOME COGNOME, che acquistava da NOME COGNOME la quota del 50% per il prezzo di € 163.750,00 e da NOME COGNOME la quota del 10% per il prezzo di € 32.750,00, e di NOME COGNOME, la quale acquistava da NOME COGNOME la quota del 40% per il prezzo di € 131.000,00, con rogito notarile del 28 febbraio 2017, nei termini complessivi di cessione indiretta di azienda, in base alla pattuizione di una specifica clausola sulla incidenza RAGIONE_SOCIALE sopravvenienze passive relative al periodo anteriore alla cessione sul prezzo di quest’ultima, ha accolto l’appello proposto dall ‘RAGIONE_SOCIALE nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Vercelli il 6 maggio 2019, n. 40/02/2019, con compensazione RAGIONE_SOCIALE spese giudiziali.
La Commissione tributaria regionale ha riformato la decisione di primo grado -che aveva accolto il ricorso originario con l’annullamento dell’atto impositivo -sul presupposto che , anche dopo la modifica dell’art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, l ‘ imposta di registro dovesse applicarsi in relazione alla causa reale dell ‘atto stipulato , ritenendo che la cessione dell’integrale partecipazione al capitale sociale equivalesse quoad effectum alla cessione dell’azienda sociale .
L’RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata.
Con conclusioni scritte, il P.M. si è espresso per l’accoglimento del ricorso.
In prossimità della pubblica udienza, il difensore dei ricorrenti ha depositato la nota spese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso è affidato a due motivi.
1.1 Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2557, 2558, 2559 e 2560 cod. civ., nonché degli artt. 2252 e 2300 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che la cessione totalitaria RAGIONE_SOCIALE quote sociali potesse essere riqualificata ex art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, in cessione indiretta di azienda.
1.2 Con il secondo motivo, si denuncia, al contempo, nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nonché omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per essere stato deciso l’appello con motivazione meramente
apparente, tralasciando di valutare il contratto stipulato tra le parti.
Ragioni di pregiudizialità logico -giuridica inducono a discostarsi dall’ordine di prospettazione in ricorso, scrutinando in via prioritaria il secondo motivo rispetto al primo motivo.
2.1 Ciò posto, il secondo motivo è, in parte, inammissibile, e, in parte, infondato.
2.2 Sotto il primo aspetto, è noto che l ‘art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., riformulato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto RAGIONE_SOCIALE previsioni degli artt. 366, comma primo, n. 6, e 369, comma secondo, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il ” fatto storico “, il cui esame sia stato omesso, il ” dato “, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il ” come ” e il ” quando ” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua ” decisività “, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (tra le tante: Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, nn. 8053 e 8054; Cass., Sez. 6^-3, 27 novembre 2014, n. 25216; Cass., Sez. 2^, 29 ottobre 2018, n. 27415; Cass., Sez. Lav., 21 ottobre 2019, n. 26764; Cass.,
Sez. 5^, 12 luglio 2021, nn. 19820, 19824, 19826 e 19827; Cass., Sez. 5^, 22 luglio 2021, n. 20963; Cass., Sez. 5^, 27 luglio 2021, n. 21431; Cass., Sez. 5^, 30 maggio 2022, n. 17359; Cass., Sez. 5^, 10 novembre 2023, n. 31327; Cass., Sez. 5^, 29 dicembre 2023, n. 36426; Cass., Sez. 5^, 6 febbraio 2024, n. 3404). L’art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ., come riformulato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, nel cui paradigma non è inquadrabile la censura concernente la omessa valutazione di deduzioni difensive (Cass., Sez. 1^, 14 settembre 2018, n. 26305; Cass., Sez. 6^-1, 6 settembre 2019, n. 22397; Cass., Sez. 5^, 11 maggio 2021, n. 12400; Cass., Sez. 5^, 24 luglio 2021, nn. 21457 e 21458; Cass., Sez. 5^, 20 dicembre 2022, n. 37346; Cass., Sez. 5^, 10 novembre 2023, n. 31327; Cass., Sez. 1^, 29 febbraio 2024, n. 5426 ) né l’omessa disanima di questioni o argomentazioni (Cass., Sez. 6^-1, 6 settembre 2019, n. 22397; Cass., Sez. 5^, 20 aprile 2021, n. 10285; Cass., Sez. 5^, 20 dicembre 2022, n. 37346; Cass., Sez. 5^, 10 novembre 2023, n. 31327; Cass., Sez. 1^, 29 febbraio 2024, n. 5426).
Nella specie, il ‘ fatto ‘ decisivo è stato ravvisato dai ricorrenti nello stesso contratto di cessione totalitaria di quote sociali, che, a loro dire, non sarebbe stato adeguatamente apprezzato dal giudice di appello, con particolare riguardo all’incidenza della clausola sulla revisione del prezzo in conseguenza di sopravvenienze passive relative al periodo antecedente in grado di diminuire il valore patrimoniale della società.
Ma la valutazione della peculiarità di tale elemento era assorbita, a monte, nell’apprezzamento de l giudice di appello sulla totale ed assoluta equivalenza tra la cessione dell’intera partecipazione al capitale sociale e la cessione dell’azienda sociale, laddove, all’esordio della motivazione della sentenza impugnata, si è lapidariamente affermato che: « La vendita della totalità RAGIONE_SOCIALE azioni o quote di società si configura come cessione di azienda in quanto produce gli stessi effetti giuridici ed economici (…). E questo anche in caso che non vi sia collegamento tra il prezzo di cessione RAGIONE_SOCIALE partecipazioni alla possibile insorgenza di passività tali da incidere negativamente sul valore dell’azienda e del valore sociale », evidenziando la ‘ neutralità ‘ della clausola in questione ai fini della esatta qualificazione del contratto di cessione.
2.3 Sotto il secondo aspetto, come è noto l’art. 36, comma 2, n. 4, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, sulla falsariga dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. (nel testo modificato dall’art. 45, comma 17, della legge 18 giugno 2009, n. 69), dispone che la sentenza: « (…) deve contenere: (…) 4) la concisa esposizione RAGIONE_SOCIALE ragioni di fatto e di diritto della decisione; (…) ».
Per costante giurisprudenza, invero, la mancanza di motivazione, quale causa di nullità della sentenza impugnata, va apprezzata, tanto nei casi di sua radicale carenza, quanto nelle evenienze in cui la stessa si dipani in forme del tutto inidonee a rivelare la ratio decidendi posta a fondamento dell’atto, poiché intessuta di argomentazioni fra loro logicamente inconciliabili, perplesse od obiettivamente incomprensibili (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 30 aprile 2020, n. 8427; Cass., Sez. 6^-5, 15 aprile 2021, n. 9975; Cass., Sez.
5^, 20 dicembre 2022, n. 37344; Cass., Sez. 5^, 18 aprile 2023, n. 10354);
Peraltro, si è in presenza di una tipica fattispecie di ‘ motivazione apparente ‘, allorquando la motivazione della sentenza impugnata, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente e, talora, anche contenutisticamente sovrabbondante, risulta, tuttavia, essere stata costruita in modo tale da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio, e quindi tale da non attingere la soglia del ‘ minimo costituzionale ‘ richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost. (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., Sez. 6^-5, 25 marzo 2021, n. 8400; Cass., Sez. 6^-5, 7 aprile 2021, n. 9288; Cass., Sez. 5^, 13 aprile 2021, n. 9627; Cass., Sez. 6^-5, 24 febbraio 2022, n. 6184; Cass., Sez. 5^, 18 aprile 2023, n. 10354);
Nella specie, tuttavia, non si può ritenere che la sentenza impugnata sia insufficiente ed incoerente sul piano della logica giuridica, contenendo un’adeguata illustrazione RAGIONE_SOCIALE ragioni sottese al l’accoglimento dell’appello (al di là della loro fondatezza o meno in punto di diritto) in relazione all’applicazione dell’imposta di registro in misura proporzionale sul presupposto dell’equipollenza tra cessione dell’integrale partecipazione al capitale sociale e cessione dell’azi enda sociale. Secondo la motivazione della sentenza impugnata, infatti: « Per l’operazione non può dunque essere versata la sola imposta di registro in misura fissa (articolo 11 della tariffa, parte I, allegata al dpr 131/1986) ma l’imposta di registro proporzionale, trattandosi di un fenomeno giuridico unitario tendente ad attu are l’effetto della cessione del compendio aziendale ». Né rileva a contrario la riformulazione -con efficacia retroattiva dell’art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n.
131, dal momento che la riqualificazione del contratto di cessione è stata operata dall’amministrazione finanziaria, « tenendo conto del contenuto sostanziale dello stesso e non della mera forma », dando « preminenza assoluta alla causa reale sull’assetto cartolare , e prescindendo da elementi extratestuali e da atti ad esso collegati ». Da cui la conclusione che: « (…) in definitiva, l’applicazione della tassazione di registro al 3% sarebbe comunque la medesima sia applicando la precedente formulazione sia applicando il nuovo art. 20 modificato a seguito della legge 205/2017, proprio in virtù della nuova qualificazione dell’atto in que stione ».
E tanto basta a soddisfare il requisito del minimum costituzionale ai fini dell’adeguatezza motivazionale della sentenza impugnata.
Il primo motivo è, invece, fondato.
3.1 Al riguardo, si osserva che, in tema di imposta di registro, ai sensi dell’art. del d
modificato dall’art. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, e dall’art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, nella parte in cui prevede che, ai fini dell’imposta di registro, l’interpretazione degli atti presentati alla registrazione debba avvenire solo in base al loro contenuto, senza fare riferimento ad atti collegati o ad elementi extratestuali, l’amministrazione finanziaria non può travalicare lo schema negoziale tipico in cui l’atto risulta inquadrabile; invero, l ‘art. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, prevede che: « Al testo unico RAGIONE_SOCIALE disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all’articolo 20, comma 1: 1) le parole: «degli atti presentati» sono sostituite dalle
seguenti: «dell’atto presentato»; 2) dopo la parola: «apparente» sono aggiunte le seguenti: «, sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi ».
3.2 L’art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, prevede che: « L’articolo 1, comma 87, lettera a), della legge 27 dicembre 2017, n. 205, costituisce interpretazione autentica dell’articolo 20, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131 ».
3.3 Di recente, la sentenza della Corte Costituzionale n. 158 del 21 luglio 2020 ha statuito che non è fondata la questione di legittimità costituzionale, posta in relazione agli artt. 3 e 53 Cost., dell’art. 20 del modificato dall’art. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, e dall’art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, nella parte in cui prevede che, ai fini dell’imposta di registro, l’interpretazione degli atti presentati alla registrazione debba avvenire solo in base al loro contenuto, senza fare riferimento ad atti collegati o ad elementi extratestuali.
Secondo il giudice RAGIONE_SOCIALE leggi, « il legislatore, con la denunciata norma ha inteso, attraverso un esercizio non manifestamente arbitrario della propria discrezionalità, riaffermare la natura di ‘imposta d’atto’ dell’imposta di registro, precisando l’oggetto dell’imposizione in coerenza co n la struttura di un prelievo sugli effetti giuridici dell’atto presentato per la registrazione, senza che assumano rilievo gli elementi extratestuali e gli atti collegati privi di qualsiasi nesso testuale con l’atto medesimo, salvo le ipotesi espressamente regolate dal testo unico »; per
altro verso, un’interpretazione della norma in chiave antielusiva provocherebbe « incoerenze nell’ordinamento, quantomeno a partire dall’introduzione dell’art. 10bis della Legge 212 del 2000 » e « consentirebbe all’amministrazione finanziaria, da un lato, di operare in funzione antielusiva senza applicare la garanzia del contraddittorio endoprocedimentale e, dall’altro, di svincolarsi da ogni riscontro di «indebiti» vantaggi fiscali e di operazioni «prive di sostanza economica», precludendo di fatto al contribuente ogni legittima pianificazione fiscale (invece pacificamente ammessa nell’ordinamento tributario nazionale e dell’Unione Europea)» .
3.4 Da ultima, poi, la sentenza della Corte Costituzionale n. 39 del 16 marzo 2021 ha avuto modo di tornare sulla questione di legittimità costituzionale dell’art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, come modificato dall’art. 1, comma 87, lett . a), nn. 1 e 2, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., che è stata dichiarata manifestamente infondata con specifico riguardo all’efficacia retroattiva della disposizione interpretativa; secondo il giudice RAGIONE_SOCIALE leggi, « si deve escludere che possa essere considerato irragionevole attribuire efficacia retroattiva a un intervento che, come quello descritto, ha assunto un carattere di sistema ».
In tale prospettiva, la Corte Costituzionale ha ritenuto che la retroattività conseguente alla natura di interpretazione autentica riconosciuta all’art. 1, comma 87, lett. a), nn. 1 e 2, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, trova adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non contrasta con altri valori e interessi costituzionalmente protetti, avendo riguardo al carattere di sistema assunto dall’intervento legislativo oggetto di scrutinio, che, per tale motivo, si sottrae
al dubbio sollevato dal remittente; inoltre, la medesima ragione impone di disattendere la censura di irragionevolezza della disposizione anche sotto il profilo della ipotizzata violazione dei « motivi imperativi di interesse generale » desumibili dall’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e RAGIONE_SOCIALE libertà fondamentali , sottolineando che tali norme sono volte a tutelare i diritti della persona contro il potere dello Stato e della Pubblica Amministrazione e non viceversa (vedasi anche: Cass., Sez. 5^, 1 aprile 2021, n. 9065).
3.5 Adeguandosi a tale interpretazione, anche questa Corte ha ribadito che l’imposta colpisce l’atto sottoposto a registrazione quale risulta dallo scritto, senza tener conto di elementi extratestuali o atti collegati, poiché l’art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, dispone che « l’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi » (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 18 febbraio 2021, nn. 4315 e 4319; Cass., Sez. 5^, 1 aprile 2021, n. 9065; Cass., Sez. 6^5, 25 maggio 2021, nn. 14318 e 14342; Cass., Sez. 5^, 21 settembre 2021, n. 25601; Cass., Sez. 6^-5, 22 ottobre 2021, nn. 29620 e 29623; Cass., Sez. 5^, 18 novembre 2021, n. 35220; Cass., Sez. 6^-5, 2 dicembre 2021, nn. 38003 e 38005; Cass., Sez. 6^-5, 11 gennaio 2022, n. 590; Cass., Sez. 6^-5, 12 gennaio 2022, n. 715; Cass., Sez. 5^, 23 maggio 2022, nn. 16482 e 16483; Cass., Sez. 5^, 13 dicembre 2023, n. 34901; Cass., Sez. 5^, 13 dicembre 2023, n. 34917).
3.6 Va aggiunto, per mera completezza, che, in risposta al rinvio pregiudiziale del giudice di legittimità alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea sulla questione « se gli artt. 5, numero 8, della direttiva n. 77/388/CEE e 19 della direttiva n. 2006/112/CE ostino ad una disposizione nazionale come l’art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, modificato dall’art. 1, comma 87, lettera a), numeri 1) e 2), della legge 27 dicembre 2017, n. 205 e dall’art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, che impone all’Amministrazione finanziaria di qualificare l’operazione intercorsa tra le parti esclusivamente sulla base degli elementi testuali contenuti nel contratto con divieto del ricorso ad elementi extratestuali (ancorché essi siano oggettivamente esistenti e provati), derivandone la preclusione assoluta per l’Amministrazione finanziaria di provare che la prestazione economica, integrante una cessione d’azienda, in sé indissociabile, è stata in realtà artificialmente scomposta in una pluralità di prestazioni – le plurime cessioni dei beni -, con il conseguente riconoscimento della detrazione IVA in assenza dei requisiti previsti dal diritto dell’Unione Europea » (Cass., Sez. 5^, 31 marzo 2022 n. 10283), il giudice eurounitario ne ha dichiarato la manifesta irricevibilità, « non avendo il giudice del rinvio esposto in modo sufficiente sotto quale profilo l’interpretazione dell’articolo 5, paragrafo 8, della sesta direttiva e dell’articolo 19 della direttiva IVA sia rilevante ai fini dell’applicazione dell’articolo 20 del TUR, la Corte non può valutare in quale misura una risposta alla questione sollevata sia necessaria per consentire a tale giudice di decidere » (Corte Giust., 21 dicembre 2022, causa C-250/2022, RAGIONE_SOCIALE contro RAGIONE_SOCIALE ).
3.7 Dunque, ai fini della presente decisione, non resta che prendere atto della portata retroattiva della norma di interpretazione autentica di cui all’art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, ritenendo applicabile l’art.
del dall’art. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, anche agli atti stipulati in epoca antecedente alla sua entrata in vigore per i quali i processi dinanzi ai giudici tributari siano ancora pendenti.
Invero, è pacifico che la qualificazione di una disposizione di legge come norma di interpretazione autentica – al di là del carattere effettivamente interpretativo della previsione -esprime univocamente l’intento del legislatore di imporre un determinato significato a precedenti disposizioni di pari grado, così da far regolare dalla nuova norma fattispecie sorte anteriormente alla sua entrata in vigore, dovendosi escludere, in applicazione del canone ermeneutico che impone all’interprete di attribuire un senso a tutti gli enunciati del precetto legislativo, che la disposizione possa essere intesa come diretta ad imporre una determinata disciplina solo per il futuro (in termini: Cass., Sez. Un., 29 aprile 2009, n. 9941; Cass., Sez. Un., 21 agosto 2009, nn. 18565, 18566, 18567, 18568, 18569, 18570, 18571, 18572, 18573, 18574, 18575, 18576, 18577, 18578, 18579, 18580, 18581 e 18582).
3.8 Ne discende che la sentenza impugnata ha contravvenuto ai principi enunciati, avendo erroneamente ritenuto che la cessione dell ‘integrale partecipazione al capitale sociale potesse essere riqualificata, pur in assenza del riferimento ad elementi extratestuali o ad atti collegati, nei termini di cessione indiretta di azienda per la prevalenza degli effetti economici sugli effetti giuridici del contratto, prescindendo nella
formulazione di tale conclusione dalla retroattività dell’art. 1, comma 87, lett. a), nn. 1 e 2, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 , quale norma di interpretazione autentica dell’art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, nel testo novellato dall’art. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205.
3.9 Nel caso di specie, infatti, stante l’applicabilità retroattiva dell’art. del d
dall’art. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, per effetto della precisazione contenuta nell’art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018 n. 145, l’amministrazione finanziaria non aveva la facoltà di riqualificare la cessione della integrale partecipazione al capitale della ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ nei termini di una cessione indiretta d ell’ azienda sociale, anche in assenza del riferimento ad elementi extratestuali o ad atti collegati, dovendo sempre darsi la prevalenza agli effetti giuridici sugli effetti economici del singolo atto.
Pertanto, dovendo essere considerati soltanto gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, così come da esso desumibili, non può assumere rilevanza lo scopo economico perseguito dalle parti, quand’anche fosse quello di acquistare in via indiretta l’azienda della società compravenduta (Cass., Sez. 5^, 13 dicembre 2023, n. 34929). Ciò che è insuperabile è il diverso ed ulteriore aspetto secondo cui la cessione della partecipazione societaria non è produttiva degli effetti giuridici propri della cessione di azienda (ancorché l’atto preveda , con l’apposita pattuizione di una specifica clausola, anche la separata trasmissione dei debiti e crediti sociali), discostandosene quanto ad estraneità di istituti tipici (artt. 2556 ss. cod. civ.; art. 2112 cod.civ.) (in termini: Cass., Sez. 5^, 13 dicembre 2023, n. 34917).
3.10 Tanto può essere ribadito anche in relazione alla pattuizione della clausola sulla revisione del prezzo di cessione in dipendenza di sopravvenienze passive, anche di natura fiscale o tributaria, che siano idonee a depauperare il valore patrimoniale della società.
Secondo la motivazione dell’atto impositivo (che è stata trascritta in ricorso, secondo il canone dell’autosufficienza), « (…) la cessione totalitaria RAGIONE_SOCIALE partecipazioni societarie è stata accompagnata dalla stipula di dichiarazioni e clausole di garanzia, con cui le parti hanno ritenuto di sollevare l’acquirente dai possibili rischi derivanti dalla precedente gestione, regolando gli effetti del possibile minor valore RAGIONE_SOCIALE quote rispetto al corrispettivo pagato, a fronte del successivo manifestarsi di passività ignorate al momento della stipulazione del negozio che avrebbero potuto incidere sulla consistenza quantitativa e qualitativa del patrimonio indirettamente ceduto. Le clausole inserite, frutto dell’autonomia contrattuale RAGIONE_SOCIALE parti , ha consentito alle stesse in questione, di ricollegare implicitamente il valore RAGIONE_SOCIALE quote al valore di mercato del patrimonio sociale della ‘RAGIONE_SOCIALE‘, cosicché le convenzioni stipulate dalle parti si sono rese suscettibili di surrogare la tutela giuridica prevista per la cessione d’azienda in forma diretta. Pertanto, la cessione totalitaria RAGIONE_SOCIALE quote di partecipazione in oggetto può ritenersi riqualificabile ai sensi dell’art. 20 del D.P.R. n. 131/1986 come atto di cessione di azienda con l’applicazione dell’imposta proporzionale di registro nella misura del 3% sul valore dei beni facenti parte del compendio aziendale ».
In tema di cessione di partecipazioni sociali, secondo l’indirizzo costante di questa Corte (da ultima: Cass., Sez. 2^, 5 aprile
2023, n. 9347 -in senso analogo: Cass., Sez. 5^, 13 agosto 2020, n. 17011; Cass., Sez. 5^, 17 luglio 2023, n. 20538), alle cui conclusioni il collegio ritiene di prestare piena adesione in questa sede, le clausole che attribuiscono rilievo alle sopravvenienze passive della società (società ‘ target ‘ ), le cui partecipazioni siano cedute, ‘ garantisce ‘ una determinata situazione debitoria della società ovvero un determinato valore patrimoniale netto dell’azienda, sicché lo scopo di queste previsioni consiste nel dettare una specifica disciplina pattizia dei fatti che influiscono sul valore RAGIONE_SOCIALE quote -o, più propriamente, sul patrimonio dell’azienda, che è indirettamente l’utilità che si prefigge di raggiungere la parte acquirente della totalità RAGIONE_SOCIALE partecipazioni sociali -cosicché, a tutela di parte acquirente, in caso di insorgenza di sopravvenienze passive, il corrispettivo può essere adeguato alla minore consistenza patrimoniale societaria oppure, per effetto dell’integrazione di tale ultima situazione, può essere riconosciuto un obbligo di ‘manleva’, attraverso la prestazione di un indennizzo. In proposito, si premette che la cessione RAGIONE_SOCIALE partecipazioni di una società di capitali o di persone fisiche ha come oggetto immediato la partecipazione sociale (bene di secondo grado) e solo quale oggetto mediato la quota parte del patrimonio sociale che tale partecipazione rappresenta (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 13 dicembre 2006, n. 26690; Cass., Sez. 3^, 19 luglio 2007, n. 16031; Cass., Sez. 1^, 23 giugno 2010, n. 15220; Cass., Sez. 3^ 14 febbraio 2012, n. 2087). Ne consegue che siffatte pattuizioni di ‘ garanzia ‘ (c.d. ‘ sale purchase agreement ‘ ), assunte dal cedente di partecipazioni sociali, in ordine alla situazione patrimoniale o debitoria della società, hanno la funzione di neutralizzare l’incidenza negativa di atti o fatti di gestione compiuti prima del mutamento della
compagine sociale. Si tratta, peraltro, con riferimento alle clausole di ‘ garanzia ‘ del venditore in ordine alle sopravvenienze passive, di previsioni ricorrenti nel caso di cessione di partecipazioni sociali, essendo il loro effetto tipico quello di consentire all’acquirente di ridurre il corrispettivo della cessione per un ammontare pari all’importo RAGIONE_SOCIALE sopravvenienze passive a carico della società, le cui quote sono state cedute, o di assicurarsi a posteriori (ossia dopo la corresponsione del prezzo), comunque, un indennizzo, alla stregua del sopravvenuto verificarsi di detti accadimenti. In questa logica esse sono definite come clausole di ‘ price adjustment ‘ ovvero di ‘ indemnity ‘ , la cui finalità si traduce nella tutela dell’acquirente RAGIONE_SOCIALE partecipazioni sociali in ordine a situazioni debitorie ancora ignote al momento del perfezionamento della cessione, i cui fatti costitutivi si siano, all’epoca, già verificati, come accade pe r i debiti di natura tributaria o fiscale (c.d. ‘ due diligence ‘ ), inevitabilmente accertati e quantificati in epoca successiva a quella in cui si è verificato l’omesso o insufficiente versamento, ma i cui effetti negativi sul patrimonio e sulle prospettive della società, le cui quote sono state cedute, non erano ancora oggettivamente percepibili al tempo in cui è stato raggiunto l’accordo di cessione.
Occorre rilevare che le clausole di ‘ indemnity ‘ si distinguono dalle clausole di ‘ price adjustment ‘ in senso proprio (ossia di ‘ aggiustamento ‘ del prezzo o, più esattamente, di ‘ adeguamento ‘ o ‘ revisione ‘ del prezzo). Siffatte ultime clausole -che operano nel caso di mancata determinazione del prezzo di cessione RAGIONE_SOCIALE partecipazioni sociali in misura fissa e immutabile (come nel caso di specie, in cui il prezzo è stato stabilito in relazione ad un programma rateale che tiene
espressamente conto RAGIONE_SOCIALE possibili sopravvenienze passive in prospettiva verificabili, ai fini dell’adeguamento al ribasso del corrispettivo della cessione) -costituiscono il meccanismo negoziale strumentale alla determinazione del prezzo definitivo di c essione RAGIONE_SOCIALE azioni, ogni qual volta quest’ultimo rappresenti l’espressione monetaria di un parametro patrimoniale (come il patrimonio netto o posizione finanziaria netta) o reddituale (come il margine operativo lordo – EBITDA) della società ‘ target ‘ (c.d . ‘ valore rilevante ‘), da calcolarsi alla data del trasferimento della proprietà RAGIONE_SOCIALE partecipazioni sociali e dell’adempimento RAGIONE_SOCIALE formalità esecutive del closing ( ‘ closing date ‘ ). In tal caso, il prezzo viene inizialmente determinato dalle parti in via provvisoria, al momento della stipulazione del contratto di cessione ( ‘ signing ‘ ), sulla base della più aggiornata possibile -rispetto alla data del closing -situazione patrimoniale, finanziaria e/o reddituale della società ‘ target ‘ (tenendo conto di una determinata data di ‘riferimento’); mentre il corrispettivo viene fissato in via definitiva, sulla base di una nuova situazione patrimoniale, finanziaria e/o reddituale della società ‘ target ‘ aggiornata alla data del closing , e quindi tale da coprire il periodo anteriore a quest’ultima data e successivo alla ‘ data di riferimento ‘.
La (eventuale) differenza positiva o negativa tra il ‘ valore rilevante ‘ della società ‘ target ‘ alla data di ‘ riferimento ‘ e quello alla data del closing legittima, appunto, l” aggiustamento ‘ (recte l” adeguamento ‘) dell’iniziale prezzo provvisorio e, quindi, la fissazione del prezzo definitivo .
Per l’effetto, le clausole di ‘ aggiustamento ‘ del prezzo e quelle di indennizzo intervengono su piani diversi: le prime attengono alla determinazione della misura della prestazione principale e indefettibile a carico del compratore (pagamento del prezzo),
sulla base degli inevitabili cambiamenti del ‘ valore rilevante ‘ della società ‘ target ‘ tra la data di ‘ riferimento ‘ e la data del closing , e i relativi ‘ aggiustamenti ‘ del prezzo provvisorio possono essere indifferentemente a favore del compratore o del venditore, a seconda dei risultati della gestione della società ‘ target ‘ nel citato periodo interinale (salvo che non sia pattiziamente previsto in concreto, come nel caso di specie, esclusivamente un adeguamento al ribasso); le seconde, viceversa, si ricollegano alla previsione di una prestazione complementare (ed eventuale) a carico del (solo) venditore (e che si aggiunge, quindi, a quella del prezzo, anche, se del caso, ‘ aggiustato ‘), da eseguire in favore del compratore solo in caso di violazione RAGIONE_SOCIALE clausole di ‘ garanzia convenzionale ‘ e, quindi, di difformità tra il ‘ valore rilevante ‘ della società ‘ target ‘ garantito dal venditore e quello effettivo, allo scopo di ripristinare l’originario equilibrio tra le prestazioni corrispettive contrattuali principali. E ciò dopo che l’effetto traslativo si è prodotto l’alienazione RAGIONE_SOCIALE partecipazioni sociali a carico del venditore) in esito al finale assetto pecuniario della vicenda (con il pagamento del prezzo, definitivo e non provvisorio, a carico del compratore, ancorato al ‘ valore rilevante ‘). In sostanza, l’obbligo di indennizzo a carico del venditore è un meccanismo patologico, che attiene alla reintegrazione del valore RAGIONE_SOCIALE azioni o quote acquistate dal compratore, così come diminuito per effetto della difformità tra il ‘ valore rilevante ‘ della società ‘ target ‘ ‘ garantito convenzionalmente ‘ e quello effettivo. Per converso, gli obblighi di ‘ aggiustamento ‘ del prezzo (provvisorio) -secondo lo schema dell’aggiornamento del patrimonio netto (aggiustamento del prezzo su base economica) o della posizione finanziaria netta (aggiustamento del prezzo su base finanziaria) -, a carico del
venditore o del compratore, consacrano un meccanismo fisiologico che concerne la fissazione del prezzo (definitivo), in funzione del ‘ valore rilevante ‘, ossia effettivo della società ‘ target ‘ alla data del closing .
In base all’opinione espressa da un autorevole filone della dottrina, le clausole di indemnity e gli (eventuali) importi relativi corrisposti al compratore costituirebbero, in realtà, una mera modalità accessoria del contratto di cessione, ai fini della (ri-)determinazione del prezzo RAGIONE_SOCIALE azioni cedute, che, al tempo della cessione, sarebbe stato fissato in un importo inferiore (pari all’ammontare dell’indennizzo effettivamente pagato), qualora i contraenti fossero stati consapevoli dell’effettivo avverame nto del rischio coperto dalle clausole di ‘ garanzia convenzionale ‘ ( Representations & Warranties ).
In sintesi, secondo quest’ultima impostazione, gli indennizzi opererebbero come una sorta di sopravvenuto (ed eventuale) price adjustment di secondo livello, a carattere unidirezionale in riduzione (ossia, modificherebbero solo in diminuzione, a favore del compratore, il prezzo fissato al closing , che, quindi, non sarebbe più definitivo tout court ); mentre, il price adjustment di primo livello operante sul prezzo provvisorio ( recte : sul prezzo iniziale) alla ‘ data di riferimento ‘ anteriore al closing presenterebbe carattere bidirezionale (ossia di possibile modifica, in aumento o diminuzione, a favore, secondo il caso, del venditore o del compratore).
Secondo detta tesi, la clausola di indemnity dovrebbe essere ricondotta nel campo applicativo della clausola di price adjustment , all’interno dei contratti di acquisizione societaria: sarebbe, dunque, possibile che il corrispettivo venga pattuito sulla scorta del valore assegnato al patrimonio sociale ad una certa data, al fine di tenere indenne l’acquirente dall’eventuale
emersione di passività quiescenti emerse solo dopo il trasferimento.
La ratio di tali previsioni sarebbe quella di superare il deficit di informazioni che grava sul soggetto che si accinge ad entrare in una compagine sociale, il cui assetto patrimoniale è determinato da scelte e condotte rispetto alle quali esso è rimasto estraneo. La clausola in oggetto verrebbe, così, ad atteggiarsi, in ogni caso, quale clausola di revisione del prezzo, a fronte dell’effettiva consistenza patrimoniale del bene oggetto di compravendita, costituendo, in tal modo, un negozio del tutto legittimo e ragionevole posto a tutela della parte acquirente, a prescindere dal fatto che questa ricopra o meno una posizione di forza negoziale. Per effetto della previsione di una clausola di adeguamento del prezzo (quand’anche a mezzo della corresponsione di un indennizzo successivo), quindi, la parte cedente assumerebbe in proprio ed ex novo , a favore dell’acquirente, un’obbligazione ‘ compensativa ‘ per il caso di violazione di impegni dalla stessa assunti, riguardanti eventuali passività latenti ed esistenti già al momento del trasferimento, con esclusione RAGIONE_SOCIALE passività future. In linea con questa ricostruzione e con il conseguente inquadramento dogmatico del rapporto, si sostiene che la discriminazione tra le clausole di indemnity e di price adjustment in senso stretto rischierebbe di non trovare fedele riscontro nella pratica degli affari, che tende ad adottare -in ragione della sottoposizione ad autonoma tassazione RAGIONE_SOCIALE clausole di indemnity – tecniche contrattuali tali da ricondurre queste ultime nell’a lveo RAGIONE_SOCIALE clausole di price adjustment (depotenziandone, quindi, l’autonomia strutturale e funzionale), al fine di usufruire del regime fiscale più favorevole.
Ora senza entrare nel merito dell’esatta identificazione sul piano commercialistico della clausola stipulata tra le parti nell’odierna fattispecie, è indubbio che si tratta di una pattuizione compatibile con la causa tipica della cessione di partecipazione sociale, essendo finalizzata a ‘rafforzare’ la garanzia del cessionario in caso di sopravvenienze incidenti in senso negativo sul valore del patrimonio sociale, rispetto al quale si parametra il valore della partecipazione sociale e, di conseguenza, il prezzo corrisposto al cedente. Va, poi, aggiunto che suddetta clausola contiene una comune regolamentazione anche RAGIONE_SOCIALE sopravvenienze attive,
Per cui, nell’economia complessiva della cessione, la clausola di revisione del prezzo (pur nelle sue diverse declinazioni) assume la funzione accessoria di adeguare ex post la commisurazione del corrispettivo alle alterazioni subite dal patrimonio sociale per l’incidenza negativa o positiva di eventi insorti ex ante (ma con rilevanza postuma) rispetto alla produzione dell’effetto traslativo, senza mutare in alcun modo l’oggetto immediato del contratto , che continua ad essere costituito dalla quota (e non dal patrimonio) sociale.
A maggior ragione, poi, l’ininfluenza di tale clausola sulla conformazione della causa contrattuale deve essere ribadita con riguardo alla cessione di compartecipazione al capitale di società personale (nella specie, di una società in nome collettivo), laddove la responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali, che fisiologicamente insorge (per il cessionario) con l’ ingresso nella compagine sociale (art. 2291, primo comma, cod. civ.) e cessa (per il cedente) con la fuoriuscita dalla compagine sociale (art. 2290 cod. civ.), giustifica una pattuizione diretta a contenere entro limiti programmati e prestabiliti il rischio di un accrescimento o
incremento del patrimonio sociale per effetto di sopravvenienze impreviste o imprevedibili al momento della stipulazione della cessione , attraverso una ‘ traslazione ‘ dell’onere economico a carico, rispettivamente, del cedente o del cessionario mediante l’incremento o la riduzione proporzionale del prezzo convenuto ab origine (sotto forma di ‘ conguaglio ‘ secondo la terminologia adoperata dai contraenti) in misura rapportata alla plusvalenza o alla minusvalenza del patrimonio netto (risultante da un bilancio infrannuale al 30 giugno 2017) rispetto al valore fissato alla data del closing ( € 500.000,00).
3.11 D’altra parte, il fisiologico riferimento ai fini della determinazione e della revisione del prezzo di cessione – al valore imputabile ratione temporis al patrimonio netto della società di persone o di capitali è indirettamente confermato dalla disciplina codicistica in tema di liquidazione RAGIONE_SOCIALE azioni o RAGIONE_SOCIALE quote in caso di morte, recesso o esclusione del socio (artt. 2289, secondo comma, 2293, 2315, 2355bis , secondo comma, 2437ter , secondo comma, 2437sexies , 2454, 2469, secondo comma, 2473, terzo comma, 2473bis e 2497quater , secondo comma, cod. civ.), nella quale è costante il rinvio alla situazione patrimoniale della medesima società;
3.12 Da ciò consegue che la individuazione del regime tributario applicabile, quanto all ‘ imposta di registro, avrebbe dovuto essere operata dall’ amministrazione finanziaria con autonomo, distinto e separato riferimento alla cessione totalitaria della quota di compartecipazione nella società target , dovendo avallarsi la tassazione isolata del negozio veicolato dall’atto presentato alla registrazione secondo gli effetti giuridici da esso desumibili.
3.13 Peraltro , prendendo atto dell’evoluzione normativa e giurisprudenziale, la stessa RAGIONE_SOCIALE ha recentemente finito per ritenere che « (…) la complessiva operazione descritta, comprendente la cessione totalitaria RAGIONE_SOCIALE quote sociali preceduta dal conferimento del ramo d’azienda, non possa essere riqualificata come cessione d’azienda unitaria ai sensi dell’art. 20 del T.U.R. , così come modificato dalla Legge di bilancio 2018 » (vedasi la risposta ad interpello n. 371 del 17 settembre 2020);
3.14 Giova ricordare che, con riferimento agli atti di cessione di quote societarie, l’art 11 della tariffa – parte prima allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, prevede che gli « (…) atti pubblici e scritture private autenticate aventi per oggetto la negoziazione di quote di partecipazione in società o enti di cui al precedente art. 4 o di titoli di cui all’art. 8 della tabella o aventi per oggetto gli atti previsti nella stessa tabella, esclusi quelli di cui agli artt. 4, 5, 11, 11-bis e 11-ter; atti di ogni specie per i quali è prevista l’applicazione dell’imposta in misura fissa ».
Questa Corte (in termini: Cass., Sez. 5^, 27 novembre 2006, n. 25087; Cass., Sez. 6^-5, 16 aprile 2015, n. 7809; Cass., Sez. 5^, 23 giugno 2021, n. 18037; Cass., Sez. 5^, 26 aprile 2022, n. 13006) ha già affermato che le scritture private autenticate, aventi per oggetto la negoziazione di quote di partecipazione in società di qualunque tipo, sono assoggettate all’imposta di registro in misura fissa, ai sensi dell’art. 11 della tariffa – parte prima allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131. L ‘ affermazione che all’atto di cessione di quota societaria si applica, ex art 11 della tariffa – parte prima allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, l’imposta di registro in misura fissa risulta, poi, conforme anche ai principi comunitari, ed in
particolare ai principi stabiliti dalla Direttiva n. 69/335/CEE del Consiglio del 17 luglio 1969; tale Direttiva, concernente le imposte indirette sulla raccolta di capitali, aveva lo scopo di fissare una armonizzazione nella Comunità sulla tassazione indiretta dei conferimenti societari, precisando all’art. 11 che « Gli Stati membri non sottopongono ad alcuna imposizione, sotto qualsiasi forma: a) la creazione l’emissione, l’ammissione in borsa, la messa in circolazione o la negoziazione di azioni, di quote sociali o titoli della stessa natura, nonché di certificati di tali titoli, quale che sia il loro emittente (…) ».
Tale ultima disposizione è stata abrogata dall’art. 16 della Direttiva n. 2008/7/CE del Consiglio del 12 febbraio 2008, ma la previsione in essa contenuta è stata sostanzialmente riprodotta dall’art. 5 ( ‘ Operazioni non soggette all’imposta indiretta ‘ ) della medesima Direttiva.
L’ esenzione da imposta proporzionale stabilita dall’art. 11 della tariffa – parte prima allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 non è, quindi, una disposizione meramente nazionale, ma è una disposizione di diretta applicazione di principi comunitari ispirati al principio della libera circolazione dei capitali in ottica di sviluppo del mercato comune (Cass., Sez. 5^, 23 giugno 2021, n. 18037).
3.15 Ne discende che la sentenza impugnata ha contravvenuto ai principi enunciati con l’affermazione che: « La vendita della totalità RAGIONE_SOCIALE azioni o quote di società si configura come cessione di azienda in quanto produce gli stessi effetti giuridici ed economici di tale negozio (…). E questo anche in caso che non vi sia collegamento tra il prezzo di cessione RAGIONE_SOCIALE partecipazioni alla possibile insorgenza di passività tali da incidere negativamente sul valore dell’azienda e del valore sociale. Per l’operaz ione non può dunque essere versata la sola
imposta di registro in misura fissa (articolo 11 della tariffa, parte I, allegata al dpr 131/1986) ma l’imposta di registro proporzionale, trattandosi di un fenomeno giuridico unitario tendente ad attuare l’effetto della cessione del compendio aziendale ».
3.16 In conclusione, il collegio ritiene di poter enunciare in funzione nomofilattica il seguente principio di diritto: « In caso di cessione totalitaria della partecipazione al capitale di una società di persone o di capitali (società target ), anche nel caso di specifica pattuizione tra i contraenti di una clausola di price adjustment ovvero di una clausola di indemnity , la quale preveda, rispettivamente, una revisione (mediante incremento o riduzione) del prezzo ovvero una garanzia assicurativa (mediante il versamento di un’indennità compensativa della plusvalenza o della minusvalenza) a latere del prezzo, in dipendenza di sopravvenienze idonee ad incidere ( in maius o in minus ) sul valore del patrimonio netto della società, al quale è stata commisurata la determinazione originaria del valore e, di conseguenza, del prezzo RAGIONE_SOCIALE azioni o RAGIONE_SOCIALE quote al momento della cessione (data del closing ), l’imposta di registro deve essere sempre liquidata in misura fissa, ai sensi dell’art. 11 della tariffa – parte prima allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, essendo preclusa all’amministrazione finanziaria in assenza di elementi extratestuali o atti collegati – la riqualificazione della fattispecie nei termini di cessione indiretta di azienda, in forza dell’art. 20 del d dall’art. 1,
comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, secondo l’interpretazione autentica dell’art. 1, comma
1084, della legge 30 dicembre 2018 n. 145), dal momento che la suddetta pattuizione non è idonea ad alterare la causa né a mutare l’oggetto del contratto, al quale rimane estraneo, in coerenza con la sua «intrinseca natura» ed i suoi «effetti giuridici», il trasferimento del l’azienda appartenente alla società di persone o di capitali ».
Dunque, alla stregua RAGIONE_SOCIALE suesposte argomentazioni, valutandosi la fondatezza del primo motivo e l ‘in ammissibilità/infondatezza del secondo motivo, il ricorso può trovare accoglimento entro tali limiti e la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto; non occorrendo ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384, primo comma, ultima parte, cod. proc. civ., con l’accoglimento del ricorso originario e l’annullamento dell’atto impositivo.
Le spese dei giudizi di merito sono compensate tra le parti in ragione dell’andamento processuale e dell’evoluzione giurisprudenziale, mentre le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo (come da nota depositata il 10 marzo 2024).
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo e rigetta il secondo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario ed annulla l’avviso di rettifica e liquidazione n. NUMERO_DOCUMENTO; compensa tra le parti le spese dei giudizi di merito; condanna la controricorrente alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità in favore dei ricorrenti, liquidandole nella misura di € 200,00 per esborsi e di € 3.082,00 per compensi, oltre a
rimborso forfettario nella misura del 15% sui compensi e ad altri accessori di legge.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 13 marzo