Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14669 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14669 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 31/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8914 -2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato NOME COGNOME giusta procura speciale in allegato al controricorso
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 3737/2021 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della LOMBARDIA, depositata il 14/10/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 13/5/2025 dal Consigliere Relatore Dott.ssa NOME
DELL’ORFANO
FATTI DI CAUSA
Agenzia delle entrate propone ricorso, affidato a tre motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione tributaria regionale della Lombardia aveva respinto l’appello erariale avverso la sentenza n. 1411/2020 emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Milano, in accoglimento del ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso diniego di rimborso dell’imposta di registro ver sata in relazione ad atto di trasferimento di quote societarie.
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con il primo motivo l’Agenzia ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4), c.p.c., nullità della sentenza impugnata per motivazione omessa o apparente avendo la Commissione tributaria regionale confermato la sentenza di primo grado senza compiere alcuna valutazione.
1.2. La doglianza è infondata.
1.3. Per costante giurisprudenza di questa Corte (cfr., tra le molte, Cass. n. 15883 del 2017; Cass. n. 9105 del 2017; Cass. Sez. Unite n. 22232 del 2016; Cass. n. 9113 del 2012; Cass. n. 16736 del 2007), ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorché il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, ovvero li indichi senza un’approfondita disamina logica o giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento.
1.4. Nella fattispecie in esame la sentenza impugnata, in modo del tutto lineare, esplicita la ratio decidendi circa la mancata applicazione dell’art. 20 d.P.R. 26/4/1986 n. d.P.R. 26/4/1986 n. 131, rilevando che l’imposta di registro va calcolata facendo riferimento esclusivamente all’atto presentato per la registrazione e non alla «causa reale» dell’operazione o al risultato che in concreto vogliono raggiungere le parti del contratto, consentendo il controllo del percorso logico -giuridico che ha portato alla decisione, tant’è che, con i restanti motivi, l’Ufficio ha potuto censurare compiutamente gli errori di diritto che, secondo l’ente impositore, giustificano comunque la richiesta cassazione dell’impugnata sentenza.
2.1. Con il secondo motivo l’Agenzia denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., violazione dell’art. 20 d.P.R. 26/4/1986 n. 131 e degli artt. 97 e 113 Cost. per avere la Commissione tributaria regionale errone amente omesso di considerare la «intrinseca natura» dell’atto sottoposto a registrazione, prescindendo dalla causa reale del medesimo.
2.2. La censura va disattesa.
2.3 La ragione specifica su cui l’Agenzia fonda la propria censura risiede nel fatto che in sede di riqualificazione, operata per intrinseco, dell’atto di cessione totalitaria delle quote in oggetto, emergerebbe comunque un risultato del tutto corrispondente a quello di cessione aziendale, e come tale tassabile in misura proporzionale.
2.4. Tali argomentazioni difensive sono state, tuttavia, più volte smentite da questa Corte osservando quanto segue: « « fermo restando che nella lettera e nella ratio dell’art. 20 Tur (‘L’imposta deve essere applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente’) sopravvive in effetti il basilare principio di pr evalenza della sostanza sulla forma (e sul nomen attribuito dalle parti all’atto), va tuttavia considerato che questa prevalenza deve comunque originare (si è detto, per intrinseco vertendosi, de jure condito, di ‘imposta d’atto’) dalla valutazione degli ‘effetti giuridici’ e non economici dell’atto medesimo»; « sia sulla esclusiva rileva nza ex art. 20 -in generale – degli effetti
giuridici, sia sul fatto che -in particolare – sul piano appunto di questi effetti, quelli di trasferimento aziendale e di cessione totalitaria di quote sono negozi diversi e non riqualificabili il primo nel secondo, basterà richiamare la più recente giurisprudenza di legittimità che ha dato conto del mutato quadro applicativo», sottolineandosi « in Cass. 34917/23 che l’espediente riqualificatorio costituito dalla valorizzazione a fini tributari della causa ‘reale’ o ‘concreta’ del negozio (vale a dire, in sostanza, dei suoi effetti ‘economici’) è stato superato – salva la peculiare ipotesi dell’abuso, qui neppure dedotta proprio dalla Corte Costituzionale, la quale ha avuto modo di osservare (sent. 158/20 cit.) che una siffatta valorizzazione non appare coerente con la sopravvenuta introduzione nell’ordinamento dell’articolo 10 -bis della legge 212 del 2000 »; « l’opera di classificazione e qualificazione negoziale deve essere finalizzata all’individuazione del regime di imposizione applicabile all’atto tenuto conto, da un lato, della sua intrinseca natura e dei suoi effetti giuridici (non economici) e, dall’altro, della sua atomistica ed autosufficiente analisi. Risultando in ciò insuperabile (Cass. da ultimo cit.) il fatto che ‘la cessione della partecipazione societaria, (…) non è produttiva degli effetti giuridici propri della cessione aziendale (…), discostandosene quanto ad estraneità di istituti tipici (v. artt. 2556 segg., 2112 cod.civ.)’»; « anche in linea con quanto desumibile dalla Rel azione illustrativa all’art. 1 co. 87 l. 205/17 in ordine al reale intendimento del legislatore – il diverso oggetto del trasferimento (la partecipazione sociale in un caso, il compendio di beni organizzati ex art. 2555 cod. civ. dall’altro) nonché la diversa disciplina alla quale tale oggetto è sotto vari profili sottoposto, anche mediante la previsione di istituti dedicati e caratterizzanti (la successione nei creditidebiti e nei contratti; la responsabilità per i debiti aziendali; il divieto di concorrenza; il trasferimento delle posizioni lavorative ecc…) bastano a denotare la giuridica non assimilabilità, ex art. 20, della cessione aziendale a quella della partecipazione sociale, per quanto totalitaria; quest’ultima attributiva non di un compendio organizzato, quanto di un vero e proprio status (di socio) e del resto assoggettata ex lege ad imposta di registro in misura fissa (art. 11 tariffa parte prima all. d.P.R. 131/86) anche in ragione
di vincoli unionali»; «g ià si era osservato in Cass. n. 24647/21 che: ‘come ribadito anche dalla Consulta, non (si) deve ricercare pertanto un presunto effetto economico dell’atto tanto più se e quando – come nel caso di specie – lo stesso è il medesimo per due negozi tipici diversi per gli effetti giuridici che si vogliono realizzare»; « ancorché da un punto di vista economico si possa ipotizzare che la situazione di chi ceda l’azienda sia la medesima di chi cede l’intera partecipazione, posto che in entrambi i casi si “monetizza” il complesso di beni aziendali, si deve riconoscere che dal punto di vista giuridico le situazioni sono assolutamente diverse»; « il che ha trovato, da ultimo, ulteriore riscontro nell’assunto (Cass.n.7495/24) per cui: ‘(…) dovendo sempre darsi la prevalenza agli effetti giuridici sugli effetti economici del singolo atto. Pertanto, dovendo essere considerati soltanto gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, così come da esso desumibili, non può assumere rilevanza lo scopo economico perseguito dalle parti, quand’anche fosse quello di acquistare in via indiretta l’azienda della società compravenduta’, con affermazione del seguente principio di diritto: ‘Anche in caso di cessione totalitaria della partecipaz ione al capitale di una società di persone o di capitali, l’imposta di registro deve essere sempre liquidata in misura fissa ai sensi dell’art. 11 della tariffa – parte prima allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, essendo preclusa all’amministrazione f inanziaria -in assenza di elementi extratestuali o atti collegati – la riqualificazione della fattispecie nei termini di cessione indiretta di azienda, in forza dell’art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (nel testo novellato dall’art. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, secondo l’interpretazione autentica dell’art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018 n. 145), restando estraneo a tale contratto, in coerenza con la sua «intrinseca natura» ed i suoi «effetti giuridici», il trasferim ento dell’azienda appartenente alla società di persone o di capitali’» (così Cass. n. 10214/2024 e, nello stesso senso, Cass. n. 14031/2024 e Cass. 17628/2024 pure in controversia avente ad oggetto un caso di riqualificazione, quale cessione di azienda, de ll’atto di cessione (totalitaria) del capitale sociale di s.r.l.).
3.1. Con il terzo motivo l’Agenzia ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4), c.p.c., omessa pronuncia della Commissione tributaria regionale sul motivo di appello relativo alla circostanza che «il presente procedimento non scaturisce da alcun atto di riqualificazione dell’Ufficio, bensì da un versamento spontaneo effettuato dalla società contribuente in autoliquidazione, per la registrazione dell’atto …», specificando che era stata «la stessa contribuente che, qualificando spontaneamente l’operazione come cessione di ramo d’azienda, …(aveva)… proceduto ad applicare conseguentemente l’imposta in misura proporzionale» e in un secondo momento, aveva ritenuto di depositare un’istanza di rimborso per beneficiare dell’art. 20 del DPR 131/1986 (Testo Unico dell’imposta di Registro TUR) come modificato dalla Legge di Bilancio 2018 e reso retroattivo dalla Legge di Bilancio 2019.
3.2. La doglianza va parimenti disattesa.
3.3. Il pagamento spontaneo di un’imposta non preclude, invero, la possibilità di richiederne il rimborso, a condizione che il pagamento non sia avvenuto in seguito a un atto impositivo divenuto definitivo per mancata impugnazione o per effetto di giudicato; in tali casi, il contribuente mantiene il diritto di presentare istanza di rimborso per le somme versate non dovute.
3.4. A conferma di ciò è opportuno evidenziare quanto già affermato da questa Corte (cfr. Cass. n. 26515 del 2022, Cass. n. 3881 del 1975), secondo cui l’istituto dell’acquiescenza al provvedimento amministrativo, sotto la specie dell’accettazione di esso, non trova applicazione nel diritto tributario, nel quale vige il principio generale secondo cui non può attribuirsi al puro e semplice riconoscimento, esplicito o implicito, fatto dal contribuente, di essere tenuto al pagamento di un tributo, e contenuto in atti della procedura di accertamento e di riscossione (denunce, adesioni, pagamenti, domande di rateizzazione o di altri benefici), l’effetto di precludere ogni contestazione in ordine all’ an debeatur , salvo che non siano scaduti i termini di impugnazione e che non possa considerarsi estinto il rapporto tributario, circostanza che tuttavia non ricorre nel caso
in esame, avendo dunque la contribuente legittimamente invocato l’applicazione dello ius superveniens .
Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso va integralmente respinto.
Le ragioni dell’annullamento del diniego di rimborso, stante lo ius superveniens di cui si è detto e della precedente qualificazione dell’atto come cessione d’azienda da parte della stessa contribuente in sede di versamento dell’imposta, sono pertanto tali da integrare il presupposto che, ai sensi dell’art. 92, secondo comma, c.p.c., giustificano l’integrale compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; compensa integralmente le spese di lite. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità da