Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33115 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33115 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/12/2024
Oggetto:
Tributi
ordinanza
sul ricorso iscritto al n. 14253/2016 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME come da procura speciale a margine del ricorso (PEC: EMAIL; EMAIL);
-ricorrente – contro
Agenzia delle entrate , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-resistente – e nei confronti di
Ministero dell’Economia e delle Finanze
-intimato – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 6402/21/2015, depositata il 2.12.2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9 ottobre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La CTR del Lazio accoglieva l’ appello proposto dall ‘Agenzia delle entrate avverso la sentenza della CTP di Roma, che aveva accolto il ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE avverso l’avviso di a ccertamento, per IVA e imposte dirette, in relazione all’anno 2007, notificato alla predetta ricorrente, in quanto risultava cessionaria di due rami di azienda della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione (cessioni avvenute mediante due distinti atti notarili, rispettivamente del 2006 e del 2009) e come tale era chiamata quale obbligata in solido, ai sensi dell’art. 14 del d.lgs. n. 472 del 1997, a rispondere delle obbligazioni tributaria della cedente per l’anno della cessione e per le due annualità pregresse.
dalla sentenza impugnata si evince, per quanto ancora qui rileva, che:
i rami di azienda ceduti, rispettivamente nel 2006 e nel 2009, riguardavano una officina autorizzata RAGIONE_SOCIALE e una officina autorizzata RAGIONE_SOCIALE;
-la RAGIONE_SOCIALE era debitrice verso l’Amministrazione finanziaria per violazioni tributarie commesse dell’anno 2007 ;
-sebbene la responsabilità del cessionario sia sussidiaria, l’Agenzia delle entrate può emettere comunque nei suoi confronti l’avviso di accertamento, anche prima di escutere il patrimonio del cedente, al solo fine di munirsi di uno specifico titolo esecutivo;
-l’appello dell’Amministrazione finanziaria era limitato alla contestazione dell ‘ipotesi di cui al primo comma dell’art. 14 cit. e andava esclusa la cessione del ramo d’azienda, avvenuta nel 2006, in quanto precedente al periodo temporale considerato dalla disposizione normativa ai fini della responsabilità del cessionario;
sebbene la cessione del 2009 avesse ad oggetto solo il ramo relativo alla officina autorizzata Volkswagen, i debiti fiscali di cui doveva rispondere anche la cessionaria non potevano essere riferiti al solo ramo ceduto, sia perché una simile limitazione non era desumibile dal disposto normativo che circoscrive la responsabilità ad un determinato periodo temporale e al prezzo pagato per la cessione, sia perché sarebbe stato comunque arduo distinguere il debito tributario riferibile al comparto ceduto;
la cessione, peraltro, aveva riguardato non solo l’attività di officina autorizzata dalla Volkswagen, ma anche l’attività di vendita delle autovetture con IVA del margine, come si evinceva dalle stesse note autorizzate depositate dalla UC, posto che quest’ultima, che non si era mai occupata prima di detta attività di vendita, già nel 2008 aveva improvvisamente venduto veicoli con IVA del margine per un valore di 5 milioni di euro, incrementando detta attività subito dopo l’acquisto del ramo d’aziend a, a fronte di un evidente calo di ricavi per la vendita di autovetture con IVA del margine in capo alla Aikon;
la società contribuente impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a due motivi;
-l’Agenzia delle entrate si costituiva al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione .
CONSIDERATO CHE
-Va preliminarmente dichiarata l’inammissibilità del ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze per difetto di legittimazione processuale ( ex multis , Cass. n. 19111 del 2016, n. 22992 del 2010, n. 9004 del 2007, nonché Cass. S.U. n. 3118/2006; n. 3116/2006; n. 20781/2016);
sempre in via preliminare va anticipato che, sebbene il ricorso non sia stato notificato anche alla RAGIONE_SOCIALE, che era parte nel giudizio di appello , non va disposta l’integrazione del contraddittorio,
trattandosi di ricorso palesemente infondato, sicchè la concessione di un termine per l’integrazione del contraddittorio si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti posto che (Cass. n. 12515 del 21/05/2018);
ciò posto, con il primo motivo, la contribuente deduce, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 14, primo comma, del d.lgs. n. 472 del 1997, in quanto, avendo la CTR escluso l’ipotesi di cessione effettuata in frode dei crediti tributari, avrebbe dovuto escludere anche la responsabilità solidale della cessionaria, non essendo stato dimostrato che vi fosse stata la preventiva escussione del patrimonio del cedente da parte dell’Amministrazione finanziaria;
il motivo è infondato;
il cessionario d’azienda o di ramo d’azienda assume la veste di coobbligato in solido col cedente per il pagamento dell’imposta e delle relative sanzioni, nei limiti indicati dall’art. 14, comma 1, del d.lgs. n. 472 del 1997, seppure nella veste di coobbligato in via sussidiaria, perché gode del beneficio della preventiva escussione del cedente;
nel caso in esame, tuttavia, l’atto impugnato è un avviso di accertamento, che l’Amministrazione finanziaria aveva notificato alla società cessionaria per munirsi di uno specifico titolo esecutivo nei confronti della società cessionaria, in quanto coobbligata per i debiti tributari della società cedente; poiché si tratta di atto che non riguardava la fase esecutiva , l’Amministrazione finanziaria non aveva alcun onere di preventiva escussione del cedente;
-con il secondo motivo, deduce, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 14, primo comma, del d.lgs. n. 472 del 1997 e 2560 cod. civ., per avere
la CTR errato nel ritenere che oggetto della cessione sia stata l’intera azienda della Aikon, ivi compreso il settore delle ‘vendite al margine’ (attività principale della Aikon), senza considerare che i rami d’azienda ceduti alla UC riguardavano esclusivamente il settore ‘officina’, non praticato dalla Aikon che ne aveva acquistato le relative autorizzazioni dalla case madre (‘RAGIONE_SOCIALE‘ e ‘Volkswagen’) solo pochi mesi prima della cessione dei rami d’azienda ; poichè nessun fatturato era stato prodotto dalla cedente con riferimento a i rami ‘officina’, nessuna responsabilità poteva essere individuata in relazione agli stessi a carico della cessionaria; rileva, inoltre, che non vi è stata alcuna continuità tra il settore delle ‘vendite al margine’ e i ram i d’azienda dell’assistenza e manutenzione dei veicoli, ceduti alla UC; la Aikon non aveva mai fatturato somme per l’attività di riparazione dei veicoli, esercitata dalla UC; la UC aveva iniziato ad occuparsi di cessione di autovetture con IVA al margine a partire dall’anno 2008 e, dunque, prima dell’acquisto del ramo d’azienda, avvenuto nel 2009; la UC aveva sottoscritto un contratto abilitante per l’acquisto di autoveicoli esclusivamente presso Daimler Chrysler (canale Yucon), mentre la
NOME acquistava da altri fornitori;
il secondo motivo è inammissibile;
la ricorrente deduce solo apparentemente una violazione di norme di legge, ma in realtà mira alla rivalutazione dei fatti, operata dal giudice di merito, che ha accertato come la cessione del ramo d’azienda dissimulasse la cessione dell’intera azienda , comprensiva anche dell’attività di vendita , fondando tale accertamento su una serie di dati compiutamente descritti nella sentenza impugnata (la UC aveva iniziato ad esercitare attività di vendita di autovetture con IVA del margine l’anno prima di acquistare il ramo d’azienda nel 2009, incrementando detta attività subito dopo tale acquisto, a fronte di un
evidente calo di ricavi per la vendita di autovetture con IVA del margine in capo alla Aikon); da ciò si poteva evincere, secondo il giudice di appello, che la cessione del ramo d’azienda occultava anche la cessione dell’attività di vendita di autovetture con IVA del margine (attività principale della Aikon) e, quindi, che la cessione aveva riguardato tutta l’azienda, tanto che nello stesso anno 2009 la Aikon era stata messa in liquidazione;
la ricorrente prospetta, quindi, non l’analisi e l’applicazione delle norme, bensì l’apprezzamento delle prove, rimesso alla esclusiva valutazione del giudice di merito ( ex multis , Cass. n. 3340 del 5/02/2019; Cass. n. 640 del 14/01/2019; Cass. n. 24155 del 13/10/2017);
il motivo è inammissibile anche per mancanza di specificità ed autosufficienza, nella parte in cui sostiene che la responsabilità solidale era stata estesa anche a debiti non inerenti al ramo d’azienda ceduto;
ed invero, questa Corte ha già evidenziato, in generale, che in caso di cessione di ramo d’azienda, l’acquirente, pur in presenza di una contabilità unitaria, risponde, a norma dell’art. 2560 cod. civ., dei debiti pregressi risultanti dai libri contabili obbligatori, a condizione, però, che siano inerenti alla gestione del ramo d’azienda ceduto (Cass. n. 13319 del 30/06/2015);
-benchè l’art. 14 del d.lgs. n. 472 del 1997 sia una norma speciale rispetto a quella generale di cui all’art. 2560 cod. civ., essa non è una norma eccezionale: tale disposizione introduce una disciplina speciale in tema di cessione di azienda quanto ai rapporti tributari (Cass. n. 17264 del 13/07/2017), regolando diversamente gli effetti della cessione sui debiti del cedente rispetto alla normativa codicistica che, però nelle parti in cui non viene derogata, deve comunque ritenersi pienamente operante (Cass. 31610 del 06/12/2018);
solo una espressa deroga al principio della inerenza, quindi, avrebbe consentito di escludere la applicabilità della regola codicistica alla fattispecie tributaria, per cui la responsabilità del cessionario del ramo di azienda deve fondarsi, anche per i debiti tributari, sull’inerenza del debito al compendio acquistato, sicché essa non opera per quelle obbligazioni pecuniarie che siano riconducibili ad altro ramo aziendale rimasto di proprietà del cedente (Cass. n. 18117 del 24/06/2021; Cass. n. 21161 del 23/07/2021);
da ciò discende, tuttavia, quale necessario corollario, che è onere del cessionario dimostrare non solo l ‘effettiva preesistente autonomia del ramo aziendale acquistato, ma anche la non inerenza del debito tributario a detto ramo aziendale, in quanto sarebbe riconducibile ad altro ramo aziendale, rimasto di proprietà del cedente ovvero ceduto a terzi; detta prova, poi, non può darsi tramite presunzioni, bensì con modalità idonee ad escludere che nella concreta fattispecie sia stata vanificata la finalità anti elusiva dell’articolo 14 del D.lgs. 472/1997, vale a dire tramite l’esibizione del certificato di cui al comma terzo del medesimo art. 14 e della contabilità aziendale (Cass. n. 11678 dell’11/04/2022);
la contribuente, invece, non ha indicato in alcun modo quali debiti non fossero riconducibili al ramo d’azienda ceduto;
in conclusione, il ricorso va rigettato e nulla va disposto sulle spese nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, non avendo la stessa svolto difese.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze e, per il resto, lo rigetta; ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 9 ottobre 2024