Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15956 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 15956 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/06/2024
SENTENZA
Sul ricorso n. 7535-2015, proposto da:
COGNOME NOME (c.f. CODICE_FISCALE), elettivamente domiciliato in Roma, alla INDIRIZZO , presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, dal quale è rappresentato e difeso –
Ricorrente
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE , cf CODICE_FISCALE, in persona del Direttore p.t., elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura AVV_NOTAIO dello Stato , che la rappresenta e difende –
Controricorrente Avverso la sentenza n. 4329/64/2014 della Commissione tributaria regionale della Lombardia, sez. staccata di Brescia, depositata il 7.08.2014; udita la relazione della causa svolta nell’ udienza pubblica del 19 dicembre 2023 dal AVV_NOTAIO; sentite le conclusioni della Procura AVV_NOTAIO, nella persona del Sostituto l’accoglimento del
AVV_NOTAIO, che ha chiesto terzo motivo;
Accertamento – Cessione ramo d’azienda – Iva/Costi
FATTI DI CAUSA
Dalla sentenza impugnata si evince che l’RAGIONE_SOCIALE notificò al ricorrente, quale titolare di ditta individuale, l’avviso d’accertamento con cui, relativamente all’anno d’imposta 2006, rideterminò l’imponibile ai fini Irpef, Irap ed Iva. Più precisamente, quanto alle imposte dirette, accertò maggiori ricavi mediante riscontri bancari e recuperò costi ritenuti non deducibili. Quanto all’Iva, accertò la non detraibilità di quella relativa ad acquisti, ritenuti tutti riferibili ad operazioni frazionate di un’unica unitaria cessione di ramo d’azienda.
Nel contenzioso seguitone la Commissione tributaria provinciale di Brescia rigettò le ragioni del contribuente con sentenza n. 96/08/12. La Commissione tributaria regionale della Lombardia, sez. staccata di Brescia, accolse solo in parte l’appello dello COGNOME con sentenza n. 4329/64/14.
Il giudice regionale ha ridotto le pretese erariali quanto alle imposte dirette, avendo ritenuto giustificate alcune operazioni bancarie di versamento e di prelevamento. Ha invece confermato l’indeducibilità dell’iva per acquisto di beni dalla RAGIONE_SOCIALE, confermando la riconducibilità della pluralità di operazioni ad un unico negozio avente per oggetto la cessione di un ramo d’azienda. Nell’argomentare tali conclusioni ha ritenuto che l’operazione fosse riconducibile a lla cessione di un ramo e non della azienda nella sua totalità. Ha infine confermato l’indeducibilità RAGIONE_SOCIALE fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE
Il ricorrente ha censurato con tre motivi la pronuncia, chiedendone la cassazione, cui ha resistito con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
All’udienza pubblica del 19 dicembre 2023, dopo la discussione, la causa è stata riservata in decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia la «violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 n. 3 c.p.c.), nullità della sentenza (art. 360 n. 4 c.p.c.) in relazione all’art. 132 c.p.c. e per omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c., omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione (art. 360 n. 5 c.p.c.) in ordine a ll’eccezione di nullità de l rilievo n. 2 dell’avviso d’accertamento per vizio della motivazione relativo alla ricostruzione di maggiori ricavi sulla base RAGIONE_SOCIALE risultanze RAGIONE_SOCIALE indagini finanziarie». La decisione della Commissione regionale, al pari di
quella provinciale, sarebbe viziata perché avrebbe mancato di pronunciarsi sul denunciato vizio dell’atto impositivo in riferimento alla carenza di motivazione sul recupero a tassazione RAGIONE_SOCIALE movimentazioni bancarie.
Il motivo è inammissibile.
A parte la sovrapposizione di una pluralità di parametri di censura, senza che le critiche risultino ben distinte, e in disparte la circostanza che il ricorso per cassazione deve esclusivamente riferirsi a carenze e vizi della sentenza impugnata, non de ll’atto impositivo oggetto della controversia, in ogni caso la decisione è immune dai vizi denunciati con il motivo.
Il giudice regionale, dopo aver rappresentato, nella sezione dedicata al ‘fatto’, che il contribuente aveva prodotto documentazione giustificativa di movimentazioni bancarie per l’importo di € 376.329,09, ha ritenuto, nella parte motiva, che quelle prove documentali supportassero la regolarità RAGIONE_SOCIALE movimentazioni (entro quei limiti e con richiamo analitico a singole voci di spesa). Al contrario, ha ritenuto non giustificate le movimentazioni per il residuo valore di € 2 92.489,80.
Diversamente da quanto afferma il ricorrente, la sentenza opera un esame approfondito, esente da errori o vizi logici, con il quale, implicitamente, risponde anche alla doglianza di carenza di motivazione dell’atto impositivo, conseguenzialmente rigettandola.
Né, d’altronde, in ricorso, ai fini della specificità del motivo, il contribuente ha indicato quali documenti, ulteriori, non siano stati esaminati.
In realtà, a fronte di una esauriente ponderazione RAGIONE_SOCIALE prove, ogni ulteriore critica alla sentenza d’appello si traduce in una sollecitazione di revisione del giudizio di merito, inammissibile in sede di legittimità.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la «violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 n. 3 c.p.c.), nullità della sentenza (art. 360 n. 4 c.p.c.) in relazione all’art. 132 c.p.c. e per omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c., omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione (art. 360 n. 5 c.p.c.), per mancanza della motivazione in ordine all’eccezione di nullità dell’avviso d’accertamento per vizio della motivazione e violazione dell’art. 7 L. 212/ 2000 e degli artt. 42 DPR 600/73 e 56 DPR 633/72 quanto al rilievo n. 1 relativo alla indetraibilità dell’IVA esposta nelle fatture emesse da RAGIONE_SOCIALE n. 4/2006 relativa alla vendita di beni strumentali, avente imponibile di € 44.750,00 ed Iva di €
8.950,00 e nella fattura n. 3 del 30/06/2006 relativa alla cessione del contratto di leasing avente imponibile di € 12.000,00 ed Iva di € 2.400,00».
Il motivo è infondato. A parte, anche in questo caso, la confusa sovrapposizione di una pluralità di parametri di censura, la pronuncia esamina esaustivamente la questione relativa alla natura giuridica RAGIONE_SOCIALE cessioni di beni strumentali tra la RAGIONE_SOCIALE (cedente) e l’impresa dello RAGIONE_SOCIALE (cessionario). Perviene quindi alla conclusione che la cessione non potesse riguardare i singoli beni, ma un compendio aziendale. A tal fine, valorizzando una pluralità di elementi, chiarisce che la cessione solo di parte, sebbene specifici, beni aziendali, se escludeva che l’RAGIONE_SOCIALE avesse ceduto l’intera azienda, provava comunque la cessione di un ramo di essa. La parziale rettifica della ricostruzione della vicenda, rispetto a quanto prospettato dal giudice di primo grado, è consapevolmente e analiticamente finalizzata a sostenere come, sebbene l’intento dell’operazione non fosse quello di depauperare nella sua interezza il patrimonio dell’RAGIONE_SOCIALE, così da escludere ogni garanzia rispetto ad esposizioni debitorie di questa nei confronti dell’erario, parimenti essa, riconducendosi alla cessione di un ramo d’azienda, doveva essere sottoposta all’imposta di registro e non invece ad Iva, con conseguente non spettanza del diritto dello COGNOME alla detrazione dell’imposta.
L’ampia motivazione esclude certamente l’omessa pronuncia, tenuto conto che la commissione regionale si è diffusa per oltre una pagina sull’argomento ; esclude anche il vizio di motivazione, nei termini circoscritti dall ‘ attuale formulazione, introdotta dall’art. 54, primo comma, lett. b), del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito della legge 7 agosto 2012, n. 134, e per il quale non ha rilievo il mancato esame di singoli elementi istruttori, che non integri di per sé il fatto decisivo, qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.
Con il terzo motivo il ricorrente si duole della «violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 n. 3 c.p.c.), nullità della sentenza (art. 360 n. 4 c.p.c.), in relazione all’art. 132 c.p.c. , per mancanza/contraddittorietà/illogicità della motivazione in ordine al rilievo n.
1 relativo alla indetraibilità dell’IVA espost a nelle fatture emesse da RAGIONE_SOCIALE
S.r.l. n. 4/2006 relativa alla vendita di beni strumentali, avente imponibile
di € 44.750,00 ed Iva di € 8.950 e nella fattura n. 3 del 30/06/2006 relativa alla cessione del contratto di leasing avente imponibile di € 12.000,00 ed Iva di € 2.400,00».
Il ricorrente sostiene che il giudice d’appello, riconoscendo la parziale e modesta cessione di beni strumentali operata dalla RAGIONE_SOCIALE, che aveva trattenuto per sé beni strumentali di maggior valore, e tuttavia affermando che l’operazione andava assoggettata all’imposta di registro e non ad iva, sull’assunto che nell’insieme l’operazione concretizzava non già la cessione dell’intera azienda, ma pur sempre un ramo di essa, sarebbe contraddittoria.
Anche questo motivo è inammissibile, perché, per quanto chiarito con riguardo al secondo motivo, la Commissione regionale ha esaminato la vicenda, giungendo alla conclusione che con quella operazione le parti negoziali avevano inteso non già porre in essere una cessione dell’intera azienda, ma solo di un suo ramo.
Condivisibile o meno che sia da parte del ricorrente la ricostruzione del giudice regionale, essa è il portato dell’interpretazione che della vicenda ha reso la commissione regionale, e come tale rappresenta un accertamento in fatto. Si tratta peraltro di una ricostruzione immune da contraddittorietà logica, così come da confusioni sulla ‘lettura’ degli elementi fattuali portati all’attenzione del giudice di merito. Ne consegue che la critica formulata con il terzo motivo, a parte la solita confusione e sovrapposizione di parametri di critica, impinge nel merito, pretendendo una revisione della ricostruzione dei fatti, inammissibile in sede di legittimità.
Il ricorso va dunque rigettato. All’esito del giudizio segue la soccombenza del ricorrente nelle spese di causa, che vanno liquidate in favore dell’RAGIONE_SOCIALE nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in favore della controricorrente nella misura di € 5.900,00, oltre spese prenotate a debito. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, nella misura pari a
quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis del medesimo articolo 13, se dovuto.
Così decisa in Roma, nella camera di consiglio del 19 dicembre 2023