Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 27398 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 27398 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso 36078/2018 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante NOME COGNOME, con sede in Cortenova (LC), alla INDIRIZZO (P.IVA e C.F.: P_IVA), NOME COGNOME, nato a Lecco il DATA_NASCITA (C.F.: CODICE_FISCALE), residente in Cortenova (IT), alla INDIRIZZO, NOME COGNOME, nato a Lecco il DATA_NASCITA (C.F.: CODICE_FISCALE), residente in Cortenova, alla INDIRIZZO, NOME COGNOME, nato a Cortenova (LC) il DATA_NASCITA (C.F.: CODICE_FISCALE) ed ivi residente, alla INDIRIZZO, e NOME COGNOME, nata a Cortenova (LC) l’DATA_NASCITA (C.F.: CODICE_FISCALE) ed ivi residente, alla INDIRIZZO, elettivamente domiciliati in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO (C.F.: CODICE_FISCALE), che li rappresenta e difende, unitamente all’AVV_NOTAIO (C.F.: CODICE_FISCALE), giusta procura speciale a margine del ricorso (fax
Avviso accertamento imposte di registro ed ipocatastali -Riqualificazione, ex art. 20 dPR n. 131/1986, come cessione di azienda
dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME: NUMERO_TELEFONO e dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME: NUMERO_TELEFONO; indirizzo di posta certificata: EMAIL);
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F.: P_IVA), in persona del Direttore Generale pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (C.F.: CODICE_FISCALE) e presso la stessa domiciliata in Roma alla INDIRIZZO;
– controricorrente –
-avverso la sentenza n. 2345/12/2018 emessa dalla CTR Lombardia in data 23/05/2018 e non notificata;
udita la relazione della causa svolta dal AVV_NOTAIO.
Rilevato che
RAGIONE_SOCIALE ed i soci della RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME impugnavano l’avviso con il quale l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE aveva liquidato maggiori imposte di registro ed ipocatastali concernenti la cessione RAGIONE_SOCIALE quote della s.n.c. operata, con atto pubblico del 22.5.2012, dai predetti soci in favore della RAGIONE_SOCIALE, cui aveva fatto seguito, con atto pubblico del 24.9.2012, la fusione per incorporazione della s.n.RAGIONE_SOCIALE. nella RAGIONE_SOCIALE, previa riqualificazione, ai sensi dell’art. 20 TUR, della complessiva operazione come cessione di azienda.
La CTP di Lecco accoglieva il ricorso, ritenendo che l’avviso di liquidazione fosse viziato per omesso preventivo contraddittorio tra le parti.
Sull’impugnazione principale dell’RAGIONE_SOCIALE ed incidentale dei contribuenti, la CTR della Lombardia accoglieva il primo gravame, affermando che era possibile valutare, ai sensi dell’art. 1362, comma 2, c.c., circostanze ed elementi di fatto diversi da quelli emergenti dal tenore letterale RAGIONE_SOCIALE previsioni contrattuali, che tale attività interpretativa non postulava un preventivo contraddittorio tra le parti e che la base imponibile coincideva giustamente con il valore di cessione RAGIONE_SOCIALE quote fissato dagli
stessi soci.
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME sulla base di quattro motivi illustrati da memoria. L’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Considerato che
Con il primo motivo i ricorrenti deducono il vizio di omessa pronuncia, ex art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., con riferimento alla domanda di applicazione dell’imposta in misura fissa prevista dagli artt. 4, comma 1, lett. b), Tariffa allegata al dPR n. 131/1986 e 4, comma 1, Tariffa allegata al d.lgs. n. 347/1990 nel caso di registrazione del contratto di fusione per incorporazione.
Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano la mancata applicazione, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., degli artt. 4, comma 1, lett. b), Tariffa allegata al dPR n. 131/1986 (anche con riferimento all’art. 10, comma 5, lett . c, d.l. n. 323/1996, conv. nella l. n. 347/1990) e 4, comma 1, Tariffa allegata al d.lgs. n. 347/1990, per non aver ritenuto la CTR che agli atti di fusione per incorporazione si applicasse l’imposta di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa.
Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano la nullità della sentenza per violazione degli artt. 36, comma 2, d.lgs. n. 546/1992, 132 cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ., per aver reso la CTR una motivazione apparente, essendosi occupata esclusivamente della questione relativa alla riconducibilità o meno dell’art. 20 dPR n. 131/1986 all’istituto dell’abuso di diritto, senza invece esporre per quale ragione l’atto di fusione per incorporazione dovesse essere riqualificato come atto di cession e d’azienda. 4. Con il quarto motivo i ricorrenti si dolgono della violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 10 d.lgs. n. 347/1990, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per non aver la CTR considerato che, ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte ipotecaria e catastale, la base imponibile va determinata tenendo conto del valore degli immobili in sé considerati e dei debiti ad essi strettamente connessi.
5. Il terzo motivo è fondato, con conseguente assorbimento dei restanti.
E’ ormai noto come le Sezioni Unite (sentenza n. 8053 del 2014) abbiano fornito una chiave di lettura della riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito in legge 7 agosto 2012, n. 134, nel senso di una riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione, con conseguente denunciabilità in cassazione della sola “anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella ‘mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella ‘motivazione apparente’, nel ‘contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili’ e nella ‘motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile’, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di ‘sufficienza’ della motivazione. E’ stato altresì precisato che (in termini, Cass. n. 2876 del 2017) che il vizio di motivazione meramente apparente della sentenza ricorre allorquando il giudice, in violazione di un preciso obbligo di legge, costituzionalmente imposto (art. 111, sesto comma, Cost.), e cioè dell’art. 132, sesto comma, n. 4, cod. proc. civ. (in materia di processo civile ordinario) e dell’omologo art. 36, comma 2, n. 4, d.lgs. n. 546 del 1992 (in materia di processo tributario), omette di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione, di specificare o illustrare le ragioni e l’ iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, e cioè di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, in tal modo consentendo anche di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata (cfr. Cass. nn. 2876/2017 e 1461/2018).
L’impugnata sentenza, avuto riguardo alla riqualificazione dell’operazione, ai sensi dell’art. 20 TUR, nei termini di una cessione d’azienda, prima di riprodurre due precedenti di questa Corte (nn. 21767/2017 e 6405/2014),
si è limitata ad affermare quanto segue: <>.
Si tratta all’evidenza di motivazione solo graficamente esistente, ma sostanzialmente del tutto inappagante e ben al di sotto del minimo costituzionale, dal momento che nulla viene detto sulle questioni oggetto dei motivi di appello, né si dà conto, se non ricorrendo ad espressioni generiche ed apodittiche, RAGIONE_SOCIALE ragioni poste a base della decisione di rigetto dell’appello.
Ciò rende impossibile apprezzare l’ iter logico-giuridico seguito dalla sentenza.
5.1. Alla stregua RAGIONE_SOCIALE considerazioni che precedono, in accoglimento del terzo motivo, la sentenza impugnata va cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito nel senso di accogliere il ricorso originario dei ricorrenti.
Invero, la sentenza della Corte Costituzionale n. 158 del 21 luglio 2020 (poi ripresa dalla sentenza n. 39/2021 della stessa Consulta) ha statuito che non è fondata la questione di legittimità costituzionale, posta in relazione agli artt. 3 e 53 Cost., dell’art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, quale modificato dall’art. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017 n. 205 e dall’art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018 n. 145, nella parte in cui prevede che, ai fini dell’imposta di registro, l’interpretazione degli atti presentati alla registrazione debba avvenire solo in base al loro contenuto, senza fare riferimento ad atti collegati o ad elementi extratestuali.
Secondo il giudice RAGIONE_SOCIALE leggi, « il legislatore, con la denunciata norma ha inteso, attraverso un esercizio non manifestamente arbitrario della propria discrezionalità, riaffermare la natura di ‘imposta d’atto’ dell’imposta di registro, precisando l’oggetto dell’imposizione in coerenza co n la struttura di un prelievo sugli effetti giuridici dell’atto presentato per la registrazione, senza che assumano rilievo gli elementi extratestuali e gli atti collegati privi di qualsiasi nesso testuale con l’atto medesi mo, salvo le ipotesi
espressamente regolate dal testo unico ». Per altro verso, un’interpretazione della norma in chiave antielusiva provocherebbe « incoerenze nell’ordinamento, quantomeno a partire dall’introduzione dell’art. 10-bis della Legge 212 del 2000 » e « consentirebbe all’amministrazione finanziaria, da un lato, di operare in funzione antielusiva senza applicare la garanzia del contraddittorio endoprocedimentale e, dall’altro, di svincolarsi da ogni riscontro di «indebiti» vantaggi fiscali e di operazioni «prive di sostanza economica», precludendo di fatto al contribuente ogni legittima pianificazione fiscale (invece pacificamente ammessa nell’ordinamento tributario nazionale e dell’Unione Europea)».
Stando alla ratio legis sottesa alla Legge di Bilancio 2018 menzionata, l’art. 20 del Testo Unico dell’imposta di Registro ‘ deve essere applicata (o) per individuare la tassazione da riservare al singolo atto presentato per la registrazione, prescindendo da elementi interpretativi esterni all’atto stesso (ad esempio, i comportamenti assunti dalle parti), nonché dalle disposizioni contenute in altri negozi giuridici ‘collegati’ con quello da registrare . Non rilevano, inoltre, per la corretta tassazione dell’atto, gli interessi oggettivamente e concretamente perseguiti dalle parti nei casi in cui gli stessi potranno condurre ad una assimilazione di fattispecie contrattuali giuridicamente distinte’.
Con l’art. 1, comma 1084, della legge n. 145/2018 è stata riconosciuta valenza retroattiva alle modifiche sopra descritte.
Da ultimo, la Corte di giustizia europea, con l’ordinanza C -250/22 del 21 dicembre 2022 , ha dichiarato ‘manifestatamente irricevibile’ la domanda di pronuncia pregiudiziale, evidenziando di avere la facoltà di pronunciarsi solo in merito ai tributi armonizzati, non potendo, quindi, esprimersi sulla compatibilità comunitaria della normativa nazionale in materia di imposta di registro, che non costituisce un tributo armonizzato.
Gli effetti dell’attuale formulazione del citato art. 20 sono stati di recente illustrati da questa Corte, nella pronuncia n. 2252/2023, che ne ha fatto applicazione in relazione all’atto di cessione totalitaria di quote. Nella stessa
è stato affermato che, per effetto della riformulazione dell’art. 20, non è più sostenibile l’orientamento della giurisprudenza tributaria che riqualificava la cessione RAGIONE_SOCIALE quote come cessione d’azienda ‘guardando alla «funzione economica» dei due contratti, i.e. alla «sostanza economica» prodotta da essi’. Pertanto, non è possibile ‘tassare l’atto di cessione di quote come cessione di azienda sull’assunto erroneo per cui vi sarebbe identità di effetti giuridici tra la prima e la seconda’, posto che ‘la cessione RAGIONE_SOCIALE quote in realtà non coincide con la cessione dell’azienda dato che l’una attribuisce un diritto personale di partecipazione alla vita societaria, l’altra attribuisce un diritto reale sul patrimonio societario’. D’altronde, lo scopo pers eguito era proprio questo, come dimostra il fatto che nella relazione illustrativa si legge che, per effetto della riforma, ‘non potrà, ad esempio, essere assimilata ad una cessione di azienda la cessione totalitaria di quote’. In breve, il legislatore ha voluto confinare l’attività di riqualificazione degli atti, se basata anche sulla considerazione degli ‘effetti economici’ RAGIONE_SOCIALE operazioni, alla norma sull’abuso del diritto, di cui all’art. 10 -bis della L. 212/2000, nel cui contesto, e nel rispetto RAGIONE_SOCIALE condizioni e RAGIONE_SOCIALE garanzie fissate dalla citata disposizione, è ammesso che l’Amministrazione finanziaria o il giudice considerino il vantaggio fiscale indebito. Invece, la norma recata dall’art. 20 del DPR 131/86 è una norma sull’interpretazione degli a tti, che non può valutare altro che il contenuto dell’atto stesso, senza sconfinare in un esame degli effetti economici dell’operazione (in tal senso, da ultimo, cfr. anche Cass. nn. 5842/2023 e 5838/2023).
5.2. Nel caso di specie, la riqualificazione della complessiva operazione nei termini di una cessione d’azienda è derivata dall’analisi di una pluralità di negozi giuridici distinti (la cessione RAGIONE_SOCIALE quote della RAGIONE_SOCIALE operata, con atto pubblico del 22.5.2012, dai soci COGNOME NOME, NOME, NOME e NOME in favore della RAGIONE_SOCIALE e la fusione per incorporazione della s.n.RAGIONE_SOCIALE. nella s.r.l. effettuata con atto pubblico del 24.9.2012), non più consentita alla stregua dello jus superveniens .
In quest’ottica, la cessione totalitaria di quote societarie è soggetta ad una
disciplina codicistica difforme da quella che regola la cessione d’azienda, sotto il profilo sia del regime di responsabilità dei debiti, sia della continuazione della medesima attività imprenditoriale, il che osta alla possibilità di qualificare la cessione di quote quale cessione d’azienda, in mancanza di elementi intrinseci all’atto soggetto a registrazione da cui inferire una diversa volontà RAGIONE_SOCIALE parti (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 7470 del 20/03/2024).
In particolare, in caso di cessione totalitaria di partecipazioni societarie, l’imposta di registro è sempre liquidata in misura fissa, ai sensi dell’art. 11 della Tariffa parte I, TUR, poiché è preclusa all’Amministrazione finanziaria -che non può valorizzare elementi extratestuali o atti collegati – la riqualificazione della fattispecie nei termini di cessione indiretta di azienda, in virtù dell’art. 20 TUR, restando estraneo a tale contratto, in coerenza con la sua intrinseca natura ed i suoi effetti giuridici, il trasferimento dell’azienda appartenente alla società di persone o di capitali (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 7495 del 20/03/2024). Ciò in quanto, in tema di imposta di registro, gli atti diversi ed ulteriori rispetto a quello oggetto di registrazione, realizzati in precedenza e caratterizzati da funzione ed effetti propri, integrano elementi extratestuali non suscettibili di considerazione ai fini della riqualificazione ex art. 20 TUR, ancorché menzionati, enunciati o riportati nell’atto da registrare (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 4798 del 22/02/2024).
6. Alla stregua RAGIONE_SOCIALE considerazioni che precedono, in accoglimento del terzo motivo, la sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito nel senso di accogliere il ricorso originario dei contribuenti.
Essendo stato l’art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, modificato dall’art. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, e dall’art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, ed avendo la Corte Costituzionale adottato le pronunce nn. 158 del 21 luglio 2020 e 39 del 2021 in epoca successiva alla instaurazione del presente giudizio (essendo stato il ricorso per cassazione notificato in data 11.12.2017), sussistono giusti motivi per compensare integralmente le spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
accoglie il terzo motivo, dichiara assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata con riferimento al motivo accolto e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario della contribuente; compensa integralmente le spese dell’intero giudizio. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 8.10.2024.