Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8812 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 8812 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PAOLITTO LIBERATO
Data pubblicazione: 03/04/2024
Registro Invim Accertamento
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 27510/2017 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo legale rappresentante p.t. , con domicilio eletto in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo Direttore p.t. , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici, in Roma, INDIRIZZO, ope legis domicilia;
-controricorrente – avverso la sentenza n. 3424/33/2017, depositata il 12 aprile 2017, della Commissione tributaria regionale della Campania;
Udita la relazione della causa, svolta nella pubblica udienza del 5 dicembre 2023, dal AVV_NOTAIO; udito l’AVV_NOTAIO per l’ RAGIONE_SOCIALE; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo il rigetto del primo motivo del ricorso e l’accoglimento del secondo motivo.
FATTI DI CAUSA
1. -Con sentenza n. 3424/33/2017, depositata il 12 aprile 2017, la Commissione tributaria regionale della Campania -pronunciando quale giudice del rinvio disposto da Cass., 2 dicembre 2015, n. 24595 -ha accolto «l’appello dell’Ufficio», così, in riforma della «sentenza n.21762012», rigettando «il ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE» che aveva impugnato un avviso di liquidazione dell’imposta di registro emesso dall’ RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in relazione ad un atto che -recando la cessione (totalitaria) a terzi RAGIONE_SOCIALE quote possedute dai soci della RAGIONE_SOCIALE, di RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE -era stato riqualificato in termini di cessione di azienda e -a fronte del versamento dell’imposta in misura fissa sottoposto a tassazione proporzionale (secondo l’aliquota del 3%).
Il giudice del gravame ha ritenuto che «non è contestato ma è pacifico fra le parti che l’atto soggetto a liquidazione è un atto di cessione totalitaria RAGIONE_SOCIALE quote» e -richiamando i principi di diritto posti dalla giurisprudenza di legittimità relativamente alla sussunzione della fattispecie esaminata nella disposizione di cui al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 20 -ha rilevato che la cessione totalitaria RAGIONE_SOCIALE quote sociali doveva ritenersi «assimilabile … ai fini dell’imposta di registro al contratto di cessione di azienda».
– RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di due motivi.
L’ RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 4 e 5, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge con riferimento al d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, comma 2, n. 4, all’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. ed all’art. 111, sesto comma, Cost. deducendo, in sintesi, la «carenza assoluta di motivazione» della gravata sentenza il cui decisum si risolveva nel richiamo (oltretutto erroneo) ad una pronuncia della Corte di cassazione e che non esponeva «gli elementi caratterizzanti la decisione … loro disamina logico -giuridica».
Il secondo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 20, deducendo, in sintesi, la ricorrente che la citata disposizione non poteva consentire di riqualificare l’atto registrato («cessioni di quote di partecipazione in società, seppur totalitarie») nei termini di una cessione di azienda, considerato che venivano (così) in rilievo fattispecie negoziali «assai diverse per natura e per effetti giuridici, contabili, gestionali e fiscali», che, oltretutto, difettavano nell’atto «le pattuizioni tipiche della cessione di azienda», e che detta cessione era «giustificata da valide ragioni economiche», così che la stessa scelta dei contribuenti di farvi ricorso non poteva considerarsi finalizzata «al mero conseguimento di un risparmio fiscale».
-Il primo motivo di ricorso è destituito di fondamento.
2.1 -Come le Sezioni unite della Corte hanno statuito, la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54, d.l. 22 giugno 2012 n. 83, conv., con
modificazioni, in l. 7 agosto 2012 n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione; pertanto, è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione (Cass. Sez. U., 22 settembre 2014, n. 19881; Cass. Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053).
Si è quindi ripetutamente precisato che deve ritenersi apparente la motivazione che, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non renda tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perchè consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’ iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice (Cass. Sez. U., 3 novembre 2016, n. 22232; v., altresì, Cass., 18 settembre 2019, n. 23216; Cass., 23 maggio 2019, n. 13977; Cass., 7 aprile 2017, n. 9105; Cass. Sez. U., 24 marzo 2017, n. 7667; Cass. Sez. U., 3 novembre 2016, n. 22232; Cass. Sez. U., 5 agosto 2016, n. 16599).
2.2 -Come, allora, reso esplicito dai relativi contenuti, sopra ripercorsi, la motivazione della gravata sentenza, sia pur sintetim , dà conto RAGIONE_SOCIALE ragioni che sono state poste a fondamento del decisum , e della autonoma valutazione RAGIONE_SOCIALE stesse, seppur a fronte di una
pronuncia rescindente che aveva cassato con rinvio la sentenza impugnata riscontrando il difetto di motivazione prospettato col ricorso per cassazione.
-Il secondo motivo è, per converso, fondato e va accolto.
-Occorre premettere che la pronuncia rescindente -seppur richiamando «in linea di diritto» il principio secondo il quale il d.P.R. n. 131 del 1986, art. 20 «impone di privilegiare l’intrinseca natura e gli effetti giuridici, rispetto al titolo e alla forma apparente degli stessi, con la conseguenza che i concetti privatistici relativi all’autonomia negoziale regrediscono, di fronte alle esigenze antielusive poste dalla norma, a semplici elementi della fattispecie tributaria, per ricostruire la quale dovrà, dunque, darsi preminenza alla causa reale e complessiva dell’operazione economica, rispetto alle forme dei singoli negozi giuridici», così che, dunque, con riferimento alla cessione totalitaria RAGIONE_SOCIALE quote di una società, la Corte aveva già chiarito «- con l’ordinanza 11666/09, a cui il Collegio intende dare conferma e seguito – che esso ha la medesima funzione economica della cessione dell’azienda sociale» – ha accolto i motivi di ricorso (secondo, terzo e quarto motivo) che esponevano la denuncia di difetto di motivazione (ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.) , ed ha rilevato, per un verso, che il giudice del gravame aveva «disatteso la tesi dell’Ufficio ritenendo che, nella specie, non fosse stato dimostrato l’intento elusivo» e, per il restante, che «la sentenza gravata – pur dando atto che l’Ufficio aveva dedotto che l’atto tassato aveva ad oggetto una cessione totalitaria di quote sociali – ha tuttavia omesso di esaminare tale fatto e di indagarne la portata ai fini della ricostruzione della sostanza economica dell’operazione sottoposta a tassazione».
Va, quindi, rilevato che il giudizio di rinvio conseguente a cassazione, pur dotato di autonomia, non dà luogo ad un nuovo procedimento, ma rappresenta una fase ulteriore di quello originario;
e, sinanche nell’ipotesi di accoglimento del ricorso per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, l’obbligo del giudice di rinvio di uniformarsi alla regula juris enunciata dalla Corte di cassazione a norma dell’art. 384 cod. proc. civ. viene meno quando la norma da applicare in aderenza a tale principio sia stata successivamente abrogata, modificata o sostituita per effetto di jus superveniens ovvero dichiarata costituzionalmente illegittima con sentenza della Corte costituzionale pubblicata dopo la sentenza rescindente, dovendo in questo caso farsi applicazione, rispetto ai fatti già accertati nelle precedenti fasi del processo, di detto ius superveniens (v., ex plurimis , Cass., 21 ottobre 2022, n. 31267; Cass., 14 gennaio 2020, n. 448; Cass., 24 ottobre 2019, n. 27337; Cass., 7 agosto 2014, n. 17790; Cass., 3 ottobre 2005, n. 19305; Cass., 6 aprile 2004, n. 6707).
5. -Tanto premesso, va rilevato che il testo originario del d.P.R. n. 131 del 1986, art. 20 (in buona sostanza riproduttivo del previgente d.P.R. n. 634 del 1972, art. 19) disponeva che «L’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente.».
La Corte, in relazione alla portata applicativa di detta disposizione, ha avuto modo di precisare che la stessa ha natura di regola interpretativa e non di norma antielusiva, sicché l’Amministrazione finanziaria può procedere alla riqualificazione del negozio senza necessità di un previo contraddittorio endoprocedimentale (Cass., 13 ottobre 2020, n. 22037; Cass., 30 maggio 2018, n. 13610; Cass., 9 aprile 2018, n. 8619; Cass., 9 gennaio 2018, n. 313; Cass., 19 giugno 2013, n. 15319); e, per quel che qui più rileva, che detta disposizione deve essere intesa nel senso che, nell’attività di qualificazione degli atti negoziali, l’Ufficio è tenuto ad attribuire rilievo preminente alla causa reale del negozio, ovvero alla regolamentazione degli interessi
effettivamente perseguita dai contraenti, anche mediante una pluralità di pattuizioni non contestuali tra loro collegate, così che l’Amministrazione finanziaria può riqualificare come cessione di azienda la cessione totalitaria RAGIONE_SOCIALE quote di una società, senza essere tenuta a provare l’intento elusivo RAGIONE_SOCIALE parti, attesa l’identità della funzione economica dei due contratti, consistente nel trasferimento del potere di godimento e disposizione dell’azienda da un gruppo di soggetti ad un altro gruppo o individuo (v. Cass., 2 dicembre 2015, n. 24594; Cass., 20 maggio 2009, n. 11666; per il rilievo che la riqualificazione, ex art. 20, cit., «non può travalicare lo schema negoziale tipico in cui l’atto risulta inquadrabile» salva la prova di un disegno elusivo e RAGIONE_SOCIALE modalità di manipolazione ed alterazione degli schemi negoziali classici, v. Cass., 27 gennaio 2017, n. 2054 cui adde Cass., 10 marzo 2020, n. 6790, in motivazione; Cass., 15 gennaio 2019, n. 722).
5.1 -La l. 27 dicembre 2017, n. 205, art. 1, comma 87, lett. a), ha, quindi, ridisegnato le coordinate regolative dell’art. 20, cit., il cui contenuto ne è uscito riformulato nei seguenti termini: «L’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi.»; e detta disposizione – cui la Corte aveva attribuito natura innovativa e, con ciò, non retroattiva (Cass., 9 gennaio 2019, n. 362; Cass., 28 febbraio 2018, n. 4589; Cass., 23 febbraio 2018, n. 4407; Cass., 26 gennaio 2018, n. 2007) – ha formato oggetto di un ulteriore intervento da parte del legislatore che, con la l. 30 dicembre 2018, n. 145, art. 1, comma 1084, ha precisato che «La L. 27 dicembre 2017, n. 205, art. 1, comma 87, lett. a), costituisce interpretazione autentica del testo unico di cui al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 20, comma 1.».
5.2 -Le questioni di costituzionalità sollevate nei riguardi della riformulazione dell’art. 20, cit., quale disposizione di interpretazione autentica, sono state, quindi, disattese dalla Corte Costituzionale (Corte Cost., 21 luglio 2020, n. 158; Corte Cost. 16 marzo 2021, n. 39); e il Giudice RAGIONE_SOCIALE leggi ha, in particolare, rimarcato che:
«il senso fatto palese dal significato proprio RAGIONE_SOCIALE parole della disposizione denunciata (secondo la loro connessione), i correlativi lavori preparatori (in particolare la relazione illustrativa all’art. 1, comma 87, della legge n. 205 del 2017) e tutti i comuni criteri ermeneutici (in particolare, quello sistematico) convergono univocamente nel far ritenere la disposizione oggetto RAGIONE_SOCIALE questioni come intesa a imporre che, nell’interpretare l’atto presentato a registrazione, si debba prescindere dagli elementi «extratestuali e dagli atti ad esso collegati», salvo quanto disposto dagli articoli successivi del medesimo d.P.R. n. 131 del 1986.»;
-l’interpretazione evolutiva della disposizione di cui all’art. 20, cit., quale sottesa alla ricostruzione operata dalla Corte, «non equivale a priori a un’interpretazione costituzionalmente necessitata» dei parametri costituzionali evocati (art. 3 e art. 53 Cost.), in quanto «è possibile ritenere compatibili con la Costituzione anche nozioni diverse, rispetto a quelle utilizzate dal rimettente, di «atto presentato alla registrazione» e di «effetti giuridici», in relazione alle quali considerare la capacit à contributiva, tenendo conto dell’individuazione RAGIONE_SOCIALE voci in tariffa distintamente stabilite dal testo unico dell’imposta di registro. Tali possibili diverse nozioni, convalidate dalla novella censurata, riguardano lo stesso presupposto d’imposta individuato dall’art. 20 del d.P.R. n. 131 del 1986, che deve essere vagliato alla luce della disciplina del tributo nel suo complesso.»;
-gli interventi normativi che hanno inciso sull’originaria formulazione dell’art. 20, cit., «nel confermare la tassazione isolata del
negozio veicolato dall’atto presentato alla registrazione secondo gli effetti giuridici da esso desumibili», risultano coerenti «con i principi ispiratori della disciplina dell’imposta di registro e, in particolare, con la natura di ‘imposta d’atto’ storic amente riconosciuta al tributo di registro dopo la sostanziale evoluzione da tassa a imposta. Per quanto possa apparire, de iure condendo , in parte obsoleta rispetto all’evoluzione RAGIONE_SOCIALE tecniche contrattuali, tale natura non risulta superata dal legislato re positivo tenuto conto dell’attuale impianto sistematico della disciplina sostanziale e procedimentale dell’imposta di registro.»;
– detti interventi – in quanto volti ad escludere il rilievo di elementi extratestuali e di atti collegati privi di qualsiasi nesso testuale con l’atto sottoposta a registrazione – sono, quindi, finalizzati «a ricondurre il citato art. 20 all’interno del suo alveo originario, dove l’interpretazione, in linea con le specificità del diritto tributario, risulta circoscritta agli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione (ovverossia al gestum , rilevante secondo la tipizzazione stabilita dalle voci indicate nella tariffa allegata al testo unico), senza che possano essere svolte indagini circa effetti ulteriori, salvo che ciò sia espressamente stabilito dalla stessa disciplina del testo unico. … le ipotesi riconducibili all’accezione restrittiva ge nerale della nozione di «atto» presentato alla registrazione sono individuabili solo al di fuori di quelle, espressamente regolate dallo stesso testo unico, che ammettono la rilevanza degli effetti di separati atti o fatti collegati o, in altri termini, di vicende rientranti nel complessivo programma di azione costituito da un precedente negozio, che incideranno sul regime fiscale di quest’ultimo o comporteranno trattamenti d’imposta diversificati.»; da tanto conseguendo che «il criterio di qualificazione e di sussunzione in via interpretativa risulta omogeneo a quello della tipizzazione, secondo le regole del testo unico e in ragione degli effetti giuridici dei singoli atti
distintamente individuati dal legislatore nelle relative voci di tariffa ad esso allegata.»;
-«l’interpretazione evolutiva, patrocinata dal rimettente, di detto art. 20 del d.P.R. n. 131 del 1986, incentrata sulla nozione di ‘causa reale’, provocherebbe incoerenze nell’ordinamento, quantomeno a partire dall’introduzione dell’art. 10 -bis della legge n. 212 del 2000. Infatti, consentirebbe all’amministrazione finanziaria, da un lato, di operare in funzione antielusiva senza applicare la garanzia del contraddittorio endoprocedimentale stabilita a favore del contribuente e, dall’altro, di sv incolarsi da ogni riscontro di «indebiti» vantaggi fiscali e di operazioni «prive di sostanza economica», precludendo di fatto al medesimo contribuente ogni legittima pianificazione fiscale (invece pacificamente ammessa nell’ordinamento tributario nazionale e dell’U nione europea).» (così Corte Cost., 21 luglio 2020, n. 158).
5.3 -La giurisprudenza della Corte, successiva alla riformulazione dell’art. 20, cit., ed agli interventi della Corte costituzionale, ha rimarcato che il ricordato principio giurisprudenziale del rilievo preminente da attribuire alla «causa reale» del negozio, ovvero alla regolamentazione degli interessi effettivamente perseguita dai contraenti (cd. prevalenza della sostanza sulla forma), può continuare ad essere fatto valere dall’amministrazione – con riferimento agli effetti giuridici dell’atto presentato per la registrazione – seppur nei (più ristretti) limiti della unicità del dato documentale ( instrumentum ) che non consente più la considerazione di elementi extra -testuali e impone un’interpretazione ab intrinseco del gestum (v. Cass., 28 gennaio 2022, n. 2677; Cass., 22 aprile 2021, n. 10688; Cass., 1 aprile 2021, n. 9065); nonché che la funzione antielusiva deve essere fatta valere dietro applicazione della l. 27 luglio 2000, n. 212, art. 10bis (Cass., 22 aprile 2021, n. 10688, cit.; v. altresì, in motivazione, Cass., 20 luglio 2023, n. 21535).
5.4 -Nella fattispecie – ove lo stesso difetto di motivazione rilevato dalla pronuncia rescindente involgeva l’accertamento in fatto che, secondo la pronuncia cassata, non aveva dato conto dell’intento elusivo perseguito dal contribuente -va, pertanto, rimarcato che la funzione antielusiva non poteva che essere perseguita secondo i presupposti sostanziali, e la disciplina procedimentale, posta dalla l. n. 212 del 2000, art. 10bis , una volta esclusa, ad ogni modo, la legittimità di un’interpretazione dell’atto registrato complementare a quella desumibile da elementi extra -testuali.
-L’impugnata sentenza va, pertanto cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito con accoglimento del ricorso originario della contribuente.
Le spese del l’intero giudizio vanno compensate tra le parti in considerazione del sovrapporsi in corso di causa, sull’orientamento di legittimità di cui sopra s’è dato conto, di interventi normativi, e di conseguenti pronunce del Giudice RAGIONE_SOCIALE Leggi, che hanno conferito alla res controversa profili di novità con mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti in contestazione tra le parti.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il secondo motivo di ricorso e rigetta il primo; cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, accoglie il ricorso originario della contribuente; compensa, tra le parti, le spese dell’intero giudizio .
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5 dicembre 2023.