Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7473 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 7473 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 20/03/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 18499/2022 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LAZIO n. 375/2022 depositata il 27/01/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Uditi i difensori RAGIONE_SOCIALE parti.
Udita la requisitoria del P.G. che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
FATTI DI CAUSA
1.Con atto di cessione di partecipazioni di società, stipulato in data 06/12/2016 e registrato in data 14/12/2016, la società RAGIONE_SOCIALE cedeva il 100% RAGIONE_SOCIALE quote sociali (rappresentativo dell’intero capitale sociale) della società RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE ad un valore dichiarato di euro 888.478,00.
Facendo riferimento al disposto dell’art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 secondo il testo all’epoca in vigore ( ‘l’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente’), l’Ufficio attribuiva rilevanza alla causa reale ed alla regolamentazione degli interessi effettivamente perseguiti dalle parti contraenti, ritenendo che si fosse realizzata la cessione dell’azienda RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, per la quale era dovuta l’imposta proporzionale di registro, in luogo di quella assolta in misura fissa sull’atto di vendita di quote.
Pertanto, con l’avviso di liquidazione n. ORA00086 -2017 l’Ufficio riqualificava, a mente dell’art. 20 cit. l’operazione nel suo complesso in quanto produttiva di un unico effetto giuridico finale da indentificarsi nella cessione d’azienda.
La RAGIONE_SOCIALE impugnava l’avviso di liquidazione per essere frutto di una errata interpretazione ed applicazione dell’art. 20 del d.P.R. 131/1986 e della mancata verifica RAGIONE_SOCIALE circostanze che avrebbero potuto in linea di principio dare fondamento alla riqualificazione.
La CTP con sentenza n. 15749/28/2019 accoglieva il ricorso.
L’Ufficio proponeva appello avverso la citata pronuncia, denunciandone l’erroneità anche alla luce della nuova formulazione dell’art. 20 TUR, a seguito RAGIONE_SOCIALE previsioni di cui all’articolo 1, comma 87, lett. a), della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di bilancio 2018) e dell’articolo 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019).
La CTR del Lazio, con la sentenza indicata in epigrafe, accoglieva l’appello dell’Ufficio .
La società contribuente ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza indicata in epigrafe, svolgendo tre motivi. L’RAGIONE_SOCIALE replica con controricorso.
Il P.G. ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
MOTIVI DI DIRITTO
2.La prima censura deduce violazione dell’art. 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3) cod.proc.civ.; per avere i giudici territoriali confermato la legittimità dell’avviso sotto il profilo motivazionale.
Secondo la ricorrente, il vizio di motivazione deriva dal fatto che controparte non ha <>. Limitarsi ad affermare che la cessione totalitaria di quote aziendali ben può essere idonea ‘ ad attuare l’effetto della compravendita del compendio aziendale ‘, significa limitarsi ad una osservazione generale ed astratta che nulla ha a che vedere con la fattispecie concreta oggetto dell’attività di liquidazione. Per queste ragioni la CTR avrebbe dovuto accogliere l’appello incidentale condizionato della società.
La seconda doglianza deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 20 del d.P .R. 26 aprile 1986, n. 131 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3) cod.proc.civ.. Secondo la CTR l’avviso di liquidazione è legittimo perché la cessione totalitaria RAGIONE_SOCIALE quote ha la stessa funzione economica della cessione d’azienda.
Tuttavia, la riqualificazione «non può travalicare lo schema negoziale tipico nel quale l’atto risulta inquadrabile, pena l’artificiosa costruzione di una fattispecie imponibile diversa da quella voluta e comportante differenti effetti giuridici. Si obietta che la sentenza della CTR fonda la sua decisione su un tipo di impostazione che è esattamente quella che – anche secondo la Corte costituzionale – con l’intervento interpretativo del 2017 si è inteso superare. Nel legittimare l’operato dell’Ufficio, i giudici di secondo grado osservano altresì che entrambi i contratti (cessione di partecipazioni e cessione di azienda) ‘ realizzano l’effetto giuridico del trasferimento dei poteri di godimento e disposizione dell’azienda, da un gruppo di soggetti ad un altro gruppo di soggetti ‘. Anche questo sarebbe, secondo la CTR, un argomento idoneo a sorreggere la tesi della legittimità dell’avviso di liquidazione. In realtà, con l’acquisto di partecipazioni si acquisisce la qualifica di socio di una società; con l’acquisto di una azienda non si acquisisce affatto tale posizione giuridica soggettiva. Da ciò discendono poi, a catena, ulteriori effetti giuridici che allontanano ancora di più le due fattispecie; quando si cede una azienda, si producono effetti giuridici che nulla hanno a che vedere con la cessione RAGIONE_SOCIALE partecipazioni, producendo effetti che concernono solo la prima fattispecie come quelle regolati dall’art. 2557 cod.civ. oppure alla responsabilità per i debiti disciplinata dall’art. 2560 cod.civ..
Con il terzo mezzo di ricorso si prospetta violazione dell’art. 112 cod.proc.civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4) cod.proc.civ. per omessa pronuncia sulla illegittimità dell’Avviso di
Liquidazione per aver qualificato la maggiore imposta quale imposta ‘complementare’ anziché ‘suppletiva’.
Si assume che in primo grado la società ha fatto valere, in via subordinata, l’illegittimità dell’atto impugnato perché, a differenza di quanto ritenuto dall’Ufficio, la maggiore imposta richiesta avrebbe dovuto essere qualificata come imposta suppletiva ai sensi dell’art. 42, comma 1 del d.P.R. n. 131/1986, tra cui rientra certamente quello di specie, in cui . Essendo tale motivo rimasto assorbito nella sentenza della CTP, la società lo ha riproposto in appello.
Tuttavia, sul punto la CTR non si è pronunciata, così violando apertamente il principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato di cui all’art. 112 cod.proc.civ..
La prima censura è priva di pregio, risultando l’avviso adeguatamente motivato sia con riferimento alla normativa di che disciplina la riqualificazione degli atti sottoposti a registrazione che con riguardo agli effetti concreti individuati nell’operazione negoziale.
La seconda censura è fondata, assorbita l’ultima.
Occorre in proposito ripercorrere, seppure a grandi linee considerata la notorietà della vicenda, l’evoluzione normativa ed interpretativa che ha di recente segnato la sfera di operatività della norma invocata. L’art. 1, comma 87, lett. a), della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (cd. legge di bilancio 2018) ha infatti modificato l’art. 20 TUR in tema di «interpretazione degli atti», la cui previgente formulazione («L’imposta è applicata secondo
l’intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente») trova oggi una più circoscritta definizione normativa. Riaffermato il principio basilare di prevalenza della sostanza sulla forma, l’intervento legislativo ha ristretto l’oggetto dell’interpretazione al solo atto presentato alla registrazione, ed agli elementi soltanto da quest’ultimo desumibili. Non rilevano quindi più, come espressamente indicato dal legislatore, gli elementi evincibili da atti eventualmente ad esso collegati, così come quelli riferibili ad indici esterni o fonti extratestuali: «L’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi». Questo nuovo assetto normativo è stato poi fatto oggetto di ulteriore intervento legislativo. Il 1° gennaio 2019, infatti, è entrato in vigore l’art.1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (bilancio di previsione per l’anno 2019), secondo cui: «l’art. 1, comma 87, lett. a), legge 27 dicembre 2017, n. 205, costituisce interpretazione autentica dell’art. 20, comma 1, del testo unico di cui al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131». In tal modo il legislatore del 2018 ha ritenuto di espressamente attribuire alla previsione dell’art.1, comma 87, legge n. 205 cit., portata di interpretazione autentica della disposizionebase di cui all’art. 20 TUR. E ciò al fine di assegnare efficacia retroattiva alla riformulazione di quest’ultima disposizione, così da renderla applicabile – fermi i rapporti di registrazione ormai esauriti – anche agli atti negoziali posti in essere prima del 1° gennaio 2018. Questi interventi legislativi -tali da imprimere alla materia un indirizzo ricostruttivo radicalmente diverso da quello fatto proprio da una
pluriennale e consolidata giurisprudenza di legittimità – sono stati vagliati sotto vari profili dal giudice RAGIONE_SOCIALE leggi.
7.2.Investita una prima volta con ordinanza di questa Corte n. 23549/19 (dubitativa della legittimità, ex artt. 3 e 53 Cost., della nuova formulazione dell’art. 20 in punto esclusione degli elementi estrinseci all’atto e degli atti collegati), la Corte Costituzionale (sentenza n. 158/2020) ha ritenuto non fondati i dubbi così sollevati, osservando che: ferma restando l’insindacabilità da parte del giudice RAGIONE_SOCIALE leggi della interpretazione evolutiva attribuita dalla Corte di Cassazione, in funzione nomofilattica, all’art. 20 in parola, siccome riferita alla causa concreta dell’atto ed alla rilevanza del collegamento negoziale, non può dirsi, diversamente da quanto affermato dal giudice rimettente, che tale interpretazione sia l’unica costituzionalmente necessitata, essendo infatti compatibili con la Costituzione anche nozioni diverse di atto presentato alla registrazione e di effetti giuridici in relazione alle quali considerare la capacità contributiva espressa; – la scelta del legislatore del 2017 di discrezionalmente escludere ogni rilevanza agli elementi extra-testuali ed ai negozi collegati (salvo che negli specifici casi desumibili da diverse disposizioni dello stesso TU Registro) deve ritenersi non arbitraria, ed anzi coerente con i principi ispiratori dell’imposta di registro e, in particolare, sia con la sua natura, storicamente riconosciuta, di imposta d’atto, sia con la tipizzazione tariffaria e per effetti giuridici degli atti imponibili; – la tesi dell’interpretazione dell’atto incentrata sulla nozione di causa reale non appare coerente con la sopravvenuta introduzione nell’ordinamento dell’articolo 10 -bis della legge 27 luglio 2000, n. 212, poiché .
7.3. Analoga questione di legittimità costituzionale è stata sollevata, con ordinanza di rimessione 13 novembre 2019, anche dalla Commissione Tributaria Provinciale di Bologna, la quale ha altresì sottoposto al vaglio della Corte Costituzionale, in via subordinata, la diversa ed ulteriore questione della legittimità costituzionale del cit. art. 1, comma 1084, legge 30 dicembre 2018, n. 145, in forza del quale l’art. 1, comma 87, lettera a), della legge n. 205 del 2017 «costituisce interpretazione autentica» del censurato art. 20 del d.P.R. n. 131 del 1986. Orbene, la Corte Costituzionale (sentenza n. 39/2021), ha richiamato -quanto alla legittimità in sé del nuovo testo dell’art. 20 – il convincimento di infondatezza della questione così come già emerso con la menzionata sentenza n. 158/20; ha quindi dichiarato inammissibili (ex art. artt. 24, 81, 97, 101, 102 e 108 Cost.), ovvero infondati (ex art.3 Cost.), gli ulteriori dubbi di legittimità costituzionale sulla retroattività per interpretazione autentica della nuova disciplina. In ordine a quest’ultimo profilo, in particolare, ha osservato la Corte che: – non è irragionevole attribuire efficacia retroattiva ad un intervento che abbia carattere di sistema come quello inciso, posto che il legislatore ha in tal modo certamente fissato uno dei contenuti normativi riconducibili, più che all’ambito semantico di una singola disposizione, a quello dell’intero impianto sistematico della disciplina sostanziale e procedimentale dell’imposta di registro, dove la sua origine storica di ‘imposta d’atto’ «non risulta superata dal legislatore positivo» (sentenza n. 158 del 2020); nemmeno, l’intervento può dirsi irragionevole quando esso sia determinato dall’intento di rimediare a un’opzione interpretativa consolidata nella giurisprudenza (anche di legittimità) che si è sviluppata in senso divergente dalla linea di politica del diritto
giudicata più opportuna dal legislatore (sentenza n. 402 del 1993), fermo restando che l’interpretazione di legittimità dell’art. 20 non risultava comunque del tutto monolitica, trovando anche forte dissenso nella dottrina; – non può dirsi che la modificazione legislativa fosse a tal punto imprevedibile da palesarsi irragionevole (neppure nella sua attribuita efficacia retroattiva), ponendosi invece essa su un piano di rispettata , secondo quanto già osservato con la sentenza 158/20; – quanto alla asserita violazione del principio di uguaglianza, valgono i principi già evidenziati in quest’ultima pronuncia sul fatto che la disciplina del 2017 non leda l’art. 3 -e neppure l’art. 53 – Cost., dovendosi qui aggiungere (per quanto concerne lo specifico aspetto della retroattività) che «nella giurisprudenza sovranazionale si riconosce che le norme della CEDU sono volte a tutelare i diritti della persona contro il potere dello Stato e della Pubblica Amministrazione e non viceversa».
All’esito dell’evoluzione normativa ed interpretativa di cui si è dato finora conto, la giurisprudenza di questa Corte di legittimità -appunto preso atto del mutato quadro di riferimento -ha innanzitutto osservato come le riforme del 2017 e 2018 non abbiano intaccato il principio legislativocardine dell’imposizione di registro, costituito dalla prevalenza della sostanza sulla forma. Ciò perché, a parte ogni considerazione sul rilievo anche ex art. 53 Cost. del principio, ne esce comunque riaffermata la testuale prescrizione per cui , sicchè la prevalenza sostanziale dei presupposti dell’imposizione, rispetto al titolo o alla forma apparente dell’atto, può (deve) a tutt’oggi essere fatta valere dall’Amministrazione finanziaria, sia pure entro i ricordati limiti imposti all’attività
ermeneutica dall’art.20 novellato, cioè (Cass. del 22.06.2022, n. 20073).
Su tale fondamentale premessa, la giurisprudenza di legittimità registra l’adattamento della nuova disciplina dell’art.20 secondo i criteri ricostruttivi di compatibilità costituzionale dettati dal giudice RAGIONE_SOCIALE leggi, con conseguente affermata preclusione alla riqualificazione negoziale ‘per estrinseco’ o per collegamento negoziale <in tema di imposta di registro, le operazioni strutturate mediante conferimento d'azienda seguito dalla cessione di partecipazioni della società conferitaria non possono essere riqualificate in una cessione d'azienda e non configurano, di per sé, il conseguimento di un indebito vantaggio realizzato in contrasto con le finalità RAGIONE_SOCIALE norme fiscali o con i principi dell'ordinamento tributario (fatta salva l'ipotesi in cui tali operazioni siano seguite da ulteriori passaggi idonei a palesare la volontà di acquisire direttamente l'azienda). Oggetto di tassazione è infatti il solo atto presentato per la registrazione attesa l'irrilevanza, alla luce RAGIONE_SOCIALE sentenze n.158 del 2020 e n. 39 del 2021 della Corte Costituzionale, degli elementi extratestuali e degli atti collegati in coerenza con i principi ispiratori della disciplina dell'imposta di registro (Cass. n. 25601/2021); ed ancora: .
Adeguandosi a tale interpretazione, anche questa Corte ha ribadito che l’imposta colpisce l’atto sottoposto a registrazione quale risulta dallo scritto, senza tener conto di elementi extratestuali, poiché l’art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, dispone che «l’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi» (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 18 febbraio 2021, nn. 4315 e 4319; Cass., Sez. 5^, 1 aprile 2021, n. 9065; Cass., Sez. 6^-5, 25 maggio 2021, nn. 14318 e 14342; Cass., Sez. 5^, 21 settembre 2021, n. 25601; Cass., Sez. 6^-5, 22 ottobre 2021, nn. 29620 e 29623; Cass., Sez. 5^, 18 novembre 2021, n. 35220; Cass., Sez. 6^-5, 2 dicembre 2021, nn. 38003 e 38005; Cass., Sez. 6^-5, 11 gennaio 2022, n. 590; Cass., Sez. 6^-5, 12 gennaio 2022, n. 715; Cass., Sez. 5^, 23 maggio 2022, nn. 16482 e 16483; Cass., Sez. 5^, 13 dicembre 2023, n. 34901; Cass. 11.10.2023, n. 24668). Così anche si era espressa Cass. n. 10688/2021, la quale ha evidenziato come, a seguito del duplice intervento della Corte Costituzionale, l’Amministrazione Finanziaria non può più riqualificare l’atto facendo ricorso a contenuti diversi da quelli propri RAGIONE_SOCIALE clausole contrattuali ed estranei agli elementi desumibili dall’atto presentato alla registrazione. Più in particolare, quest’ultima pronuncia ha osservato che: – l’attività di qualificazione per via interpretativa dell’atto da registrare è legittima soltanto se operata , senza l’utilizzazione di elementi ad esso estranei, in quanto l’interpretazione prevista dall’art. 20, d.P.R. n. 131 del 1986, cit. non può basarsi sull’individuazione di contenuti diversi da quelli ricavabili dalle clausole negoziali e dagli elementi comunque
desumibili dal singolo atto presentato alla registrazione; l’accesso ad elementi negoziali o comportamentali estrinseci è invece consentito nella diversa ottica (estranea all’art.20) dell’emersione di un abuso del diritto ed elusione fiscale, nel qual caso -però l’amministrazione finanziaria (i cui poteri accertativi in tema di imposta di registro ed ipo-catastale sono stati equiparati a quelli propri dell’imposizione sul reddito ex art.53 -bis d.P.R. 131/86 novellato nel 2017) deve osservare il contraddittorio preventivo, il procedimento e le garanzie tutte di cui all’art.10 -bis legge 27 luglio 2000, n. 212 (ben inteso, soltanto alle fattispecie successive alla sua introduzione).
L’attenzione dell’interprete muove oggi, dunque, dalla polarizzazione , dovendosi in concreto valutare quali elementi siano da considerarsi interni all’atto presentato alla registrazione, così da rilevare ai fini della qualificazione dell’atto stesso, e quali siano invece ad esso esterni, così da risultare ininfluenti ed inutilizzabili (salva la diversa ipotesi dell’ ex art. 10bis legge 212/00 cit.). E questa opera di classificazione e qualificazione negoziale deve essere finalizzata all’individuazione del regime di imposizione applicabile all’atto tenuto conto, da un lato, della sua intrinseca natura e dei suoi effetti giuridici (non economici) e, dall’altro, della sua atomistica ed autosufficiente analisi secondo il paradigma -ancora insito nell’Ordinamento (C.Cost. cit.) della .
Orbene, da quanto finora osservato discende de plano la fondatezza della tesi dei ricorrenti. La cessione della totalità RAGIONE_SOCIALE quote di partecipazione al capitale sociale della società RAGIONE_SOCIALE di cui risultavano unici soci i ricorrenti, non solo non è produttiva degli effetti giuridici propri della cessione aziendale, discostandosene quanto ad estraneità di istituti tipici (v. artt. 2556 segg., 2112 cod.civ.), ma neppure può essere ritenuta espressiva
del trasferimento di un compendio produttivo organizzato idoneo, ex articolo 2555 cod.civ., a fungere da azienda o ramo di essa.
Il Collegio ritiene che non possa revocarsi in dubbio che l’Amministrazione finanziaria, in forza di tale disposizione, non sia affatto tenuta ad accogliere acriticamente la qualificazione prospettata dalle parti ovvero quella “forma apparente” al quale lo stesso art. 20 cit. fa riferimento. Tale attività qualificatoria, tuttavia, non può travalicare lo schema negoziale tipico nel quale l’atto risulta inquadrabile, mediante l’artificiosa costruzione di una fattispecie imponibile diversa da quella voluta dai contraenti e per di più comportante effetti giuridici differenti, soltanto in ragione, per quanto è dato leggere nel controricorso dell’RAGIONE_SOCIALE, <del risultato concreto perseguito dalle parti» o di una opinabile equivalenza economico-sostanziale tra la cessione totalitaria di quote societarie e la cessione di azienda. Il giudice di merito, cui spetta vagliare la corretta interpretazione dei negozi giuridici, avrebbe dovuto analizzare le ragioni dell'accertamento dell'Ufficio, relativamente alla operata qualificazione dell'atto tassato, escludendo ovvero affermando la decisività di talune pattuizioni, laddove ritenute in grado di snaturare l'essenza del tipo contrattuale adottato dalle parti. Come, del resto, ribadito anche dalla Consulta, non si deve ricercare un presunto effetto economico dell'atto, tanto più se e quando, come nel caso di specie, lo stesso è il medesimo che il negozio tipico prescelto, atteso che l'Ufficio non indica nell'avviso impugnato quali sarebbero gli elementi del regolamento negoziale adottato dalle parti che ne avrebbero immutato la sostanza, facendone scaturire effetti giuridici diversi, equivalenti a quelli del trasferimento d'azienda (v. artt. 2556 e ss.gg. cod. civ.) e, quindi, suscettibili di una differente e più onerosa imposizione tributaria. Da un punto di vista economico, si può astrattamente ipotizzare che la situazione di chi ceda l'azienda sia assimilabile a quella di chi cede l'intera partecipazione
societaria, posto che in entrambi i casi, in qualche modo, si "monetizza" il valore del complesso dei beni aziendali. Ciò nondimeno, non si può non riconoscere che, dal punto di vista giuridico, le situazioni sono assolutamente diverse.
Così posta la questione, va pure considerato che chi aliena un'azienda soggiace ad una peculiare disciplina legale perché, ad esempio, ha l'obbligo di astenersi dall'intraprendere una nuova attività imprenditoriale che si ponga in concorrenza con l'azienda ceduta per oggetto o ubicazione (art. 2557 cod. civ.) e, nel contempo, cede all'acquirente crediti, debiti e rapporti contrattuali inerenti all'azienda ceduta ed all'impresa con essa esercitata (artt. 2558, 2559, 2560 e 2112 cod. civ.) e neppure è liberato dei debiti anteriori al trasferimento se i creditori non vi abbiano acconsentito. Con la compravendita RAGIONE_SOCIALE quote societarie (art. 2479 cod. civ.), il cessionario continua, naturalmente, l'attività della società in cui è subentrato come socio ed i debiti della società gravano su di essa con totale liberazione del soggetto che ha ceduto la partecipazione, anche senza il consenso dei creditori. Significativo appare, anche, il regime di responsabilità solidale del cessionario dell'azienda o del ramo d'azienda, per i debiti tributari concernenti le annualità pregresse, dettato dall'art. 14, d.lgs. n. 472 del 1997. Tanto, a riprova della diversità degli effetti giuridici degli atti (cessione RAGIONE_SOCIALE partecipazioni sociali e cessione dell'azienda) qui considerati, fatta salva, ovviamente, la valutazione della portata degli effetti derivanti dall'eventuale inserimento, nel singolo atto traslativo tassato, di clausole pattizie in relazione ad obiettivi ulteriori che le parti intendano, in concreto, raggiungere avuto riguardo alle caratteristiche della società ed alla situazione patrimoniale dei contraenti ( v. Cass. del 5.12.2023, n. 34930; Cass. del 5.12.2023, n. 34955, in motiv.).
Tuttavia, l'RAGIONE_SOCIALE, anche in questa sede, si è limitata a svolgere argomentazioni generiche sugli effetti della
cessione totalitaria di quote, mentre nessun elemento, in ordine alle regole di interpretazione dei contratti, è stato fornito per resistere ai rilievi critici proposti dai contribuenti, circa l'effettiva volontà RAGIONE_SOCIALE parti di incidere, oggettivamente, sugli effetti tipici del negozio prescelto (compravendita di partecipazioni societarie) e presentato alla registrazione.
8.In conclusione, il secondo motivo di ricorso va accolto, respinto il primo ed assorbito l'ultimo mezzo, la sentenza impugnata va cassata e la causa, non necessitando di ulteriori accertamenti in fatto, può essere decisa con l'accoglimento dell' originario ricorso della contribuente.
Il sopravvenire del complesso iter normativo ed interpretativo poc'anzi richiamato depone per la compensazione RAGIONE_SOCIALE spese di lite del giudizio di merito.
Le spese di legittimità seguono la soccombenza, tenuto conto che il ricorso è stato introdotto successivamente agli interventi RAGIONE_SOCIALE Corte Costituzionale.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale; cassa la sentenza impugnata in relazione ai mezzi accolti e decidendo nel merito accoglie l' originario ricorso della contribuente.
Dichiara compensate tra le parti le spese di giudizio di merito, condanna l'amministrazione finanziaria alla refusione RAGIONE_SOCIALE spese di lite in favore dei ricorrenti che liquida in euro 8.000,00, oltre 200,00 euro per esborsi, rimborso forfettario e d accessori come per legge.
Così deciso in Roma, all'udienza della Sezione tributaria della Corte di Cassazione tenuta il 13.02.2024.
Il Consigliere relatore
NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME