Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 28382 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 28382 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 5091-2022, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, cf CODICE_FISCALE, in persona del Direttore p.t., domiciliata in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende –
Ricorrente
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE, c.f. NUMERO_DOCUMENTO in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv. AVV_NOTAIO, NOME COGNOME e NOME COGNOME –
Controricorrente
RAGIONE_SOCIALE –RAGIONE_SOCIALE, c.f. 03592130243, in persona del liquidatore p.t.;
Intimata
Avverso la sentenza n. 1532/05/2021 della Commissione tributaria regionale del Veneto, depositata il 13.12.2021; adunanza camerale del 26 febbraio udita la relazione della causa svolta nell’ 2025 dal AVV_NOTAIO,
IVA – RAGIONE_SOCIALE in house -Cessione gratuita di beni al socio – Detrazioni o rimborsi di crediti iva Condizioni
FATTI DI CAUSA
Dalla sentenza impugnata si evince che il RAGIONE_SOCIALE di Costabissara era socio unico della società RAGIONE_SOCIALE, costituita per la valorizzazione del patrimonio immobiliare dell’ente territoriale. La società, nata il DATA_NASCITA10.2010, fu posta in liquidazione con delibera n. 34 del 28.07.2015. Con istanza inoltrata all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE il 27.04.2018 la società, per cessazione dell’attività, chiese il rimborso di € 427.692,00 a titolo di crediti iva non portati in detrazione, così come risultanti nella dichiarazione annuale d’imposta 2018.
Con provvedimento notificato il 21.12.2018 l’ufficio negò il rimborso per ‘mancata prova dello svolgimento di un’attività imprenditoriale e della effettiva inerenza degli acquisti nella attività svolta’.
La società ed il RAGIONE_SOCIALE impugnarono il provvedimento dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Vicenza, che con sentenza n. 347/01/2019 rigettò le ragioni RAGIONE_SOCIALE contribuenti. Nella motivazione il giudice provinciale, dopo aver riconosciuto l’esist enza dei presupposti soggettivi ed oggettivi RAGIONE_SOCIALE operazioni Iva, l’inerenza ed afferenza alle operazioni imponibili, nonché l’operatività commerciale della società, ha tuttavia evidenziato come nel corso della liquidazione la società aveva ceduto al RAGIONE_SOCIALE a titolo gratuito beni materiali, assoggettabili invece ad Iva, ex artt. 2 e 4 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in tal modo operando elusivamente.
Appellata la sentenza dagli enti soccombenti, la Commissione tributaria regionale del Veneto, con sentenza n. 1532/05/2021, ha accolto le censure, annullando dunque il provvedimento denegatorio del rimborso.
Il giudice regionale, nel ripercorrere la vicenda processuale e nel riportare le motivazioni della commissione provinciale, ha evidenziato come già in primo grado fosse stata riconosciuta la legittimità RAGIONE_SOCIALE detrazioni Iva sugli acquisti ed il conseguente diritto al rimborso dell’imposta eccedente a credito. Quanto alla rilevanza attribuita nel caso de quo alla successiva cessione dei beni a titolo gratuito in favore del RAGIONE_SOCIALE in occasione RAGIONE_SOCIALE attività di liquidazione della società, cessione che sarebbe avvenuta senza assoggettamento ad Iva, ha affermato che il diniego del rimborso era stato fondato solo sul difetto di inerenza e sull’assenza dei presupposti soggettivi ed oggettivi RAGIONE_SOCIALE operazioni Iva. Di contro le ulteriori contestazioni non erano mai state oggetto di accertamento da par te dell’amministrazione
finanziaria. Pertanto, ogni altra ragione esulava dal provvedimento erariale impugnato, non potendosene occupare il giudice adito.
L’RAGIONE_SOCIALE con due motivi ha censurato la sentenza, chiedendone la cassazione, cui ha resistito il RAGIONE_SOCIALE di Costabissara con controricorso, ulteriormente illustrato da memoria ex art. 380 bis-1 c.p.c., mentre la società è rimasta intimata.
La causa è stata trattata e decisa all’esito dell’adunanza camerale del 2 6 febbraio 2025.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Dev e intanto rigettarsi l’eccepita inammissibilità del ricorso, su cui insiste il controricorrente, che denuncia l’ omessa esposizione RAGIONE_SOCIALE difese dell’Ufficio in primo e secondo grado, nonché RAGIONE_SOCIALE difese d’appello della contribuente.
L’eccezione è infondata. Questa Corte ha chiarito e ribadito che il ricorso per cassazione deve essere redatto in conformità ai principi di chiarezza e sinteticità espositiva, occorrendo che il ricorrente selezioni i profili di fatto e di diritto della vicenda sub iudice posti a fondamento RAGIONE_SOCIALE doglianze proposte, in modo da offrire al giudice di legittimità una concisa rappresentazione dell’intera vicenda giudiziaria e RAGIONE_SOCIALE questioni giuridiche prospettate e non risolte o risolte in maniera non condivisa, per poi esporre le ragioni RAGIONE_SOCIALE critiche nell’ambito della tipologia dei vizi elencata dall’art. 360 c.p.c.; tuttavia l’inosservanza di tali doveri può condurre ad una declaratoria d ‘ inammissibilità dell’impugnazione soltanto quando si risolva in una esposizione oscura o lacunosa dei fatti di causa o pregiudichi l’intelligibilità RAGIONE_SOCIALE censure mosse alla sentenza gravata, così violando i requisiti di contenuto-forma stabiliti dai nn. 3 e 4 dell’art. 366 c.p.c. Questo anche in conformità alle indicazioni della sentenza CEDU del 28 ottobre 2021 (causa Succi ed altri c/Italia), al fine di contemperare il fine legittimo di semplificare l’attività del giudice di legittimità e garantire al tempo stesso la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, salvaguardando la funzione nomofilattica della Corte ed il diritto di accesso della parte ad un organo giudiziario in misura tale da non inciderne la stessa sostanza (Sez. U, 30 novembre 2021, n. 37552; inoltre, ex multis , 14 marzo 2022, n. 8117; 13 febbraio 2023, n 4300). Nel caso di specie il ricorso, nei richiami operati, è perfettamente esaustivo ed idoneo a far comprendere
l’oggetto RAGIONE_SOCIALE questioni controverse sin dal primo grado, come pure le doglianze sviluppate in sede di legittimità.
Venendo al merito, c on il primo motivo l’RAGIONE_SOCIALE si duole della «violazione e falsa applicazione dell’art. 19, comma 2, del DPR 633/1972, dell’art. 1, c. 568 -bis , L. 147/2013, e a ll’art. 1, c. 614, della L. 190/2014, dell’art. 168 della direttiva 112/2006/CE in relazione all’art. 360, comma 1, numero 3, c.p.c.».
Con esso si sostiene che fosse pacifico che la società in house, con socio unico l’ente territoriale, avesse provveduto alla realizzazione o alla ristrutturazione di varie opere (scuola comunale, impianto sportivo comunale, 6 impianti fotovoltaici). L’ Iva richiesta a rimborso era relativa alle fatture passive per gli acquisti posti in essere per la realizzazione RAGIONE_SOCIALE suddette opere, che sono state poi cedute al RAGIONE_SOCIALE ‘a titolo gratuito’ sottraendole tuttavia illegittimamente alla sottoposizione ad Iva.
Lamenta infatti l’ufficio che, a parte la violazione dell’art. 1, c. 568 -bis , L. 147/2013, e de ll’art. 1, c. 614, della L. 190/2014 (in tema di soppressione di enti ‘inutili’, per la quale gli atti di disposizione in favore di pubbliche amministrazioni, a seguito di scioglimento di detti enti, sono esenti da imposizione fiscale ad eccezione dell’imposta sul valore aggiunto) , le operazioni poste in essere tra società in liquidazione e RAGIONE_SOCIALE, equiparabili alle cessioni a qualunque titolo di beni ai soci da parte di società, regolate da ll’art. 2, comma 2, n. 6), del d.P.R. n. 633 del 1972, e pertanto assoggettabili ad Iva, erano state invece eseguite in violazione della disciplina sull’imposta armonizzata.
L’Amministrazione finanziaria aveva pertanto denegato il rimborso in difetto di inerenza, ‘in senso ampio’, tra i costi sostenuti a monte dalla società in house per la realizzazione di quelle opere, e le operazioni a valle di cessione RAGIONE_SOCIALE suddette opere , illegittimamente sottratte dall’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto. In altri termini il rimborso era stato negato per essere venuto meno proprio il meccanismo di detrazione e rivalsa, fondamento del principio di neutralità, secondo il principio evincibile dall’art. 168 della Direttiva 112/2006/CE, laddove la detrazione spetta per la realizzazione dei beni ceduti o per l ‘esecuzione di prestazioni di servizi in favore di terzi, che siano a loro volta imponibili ad Iva. A tal fine la ricorrente
invocava l’art. 19, comma 2, del d.P.R. n. 633 cit., lamentandone la violazione da parte del giudice regionale.
Il motivo è fondato.
Deve innanzitutto richiamarsi il principio ormai consolidato, secondo il quale ai fini dell’assoggettamento ad I.V.A. costituisce “operazione imponibile” qualsiasi assegnazione fatta dalla società al socio, anche attraverso fattispecie complesse e collegamenti negoziali, a prescindere dal tipo di titolo della cessione, sia essa a titolo gratuito o oneroso, e da quello della società, sia essa di persone o di capitali, mentre rileva esclusivamente l’effetto traslativo o costitutivo di diritti in favore dell’assegnatario, secondo l’intento perseguito dalle parti e la funzione economico sociale in concreto assegnata all’atto (già Cass., 9 aprile 1991, n. 3726).
Nella giurisprudenza unionale, poi, il principio dell’assoggettamento ad Iva di operazioni di cessioni di beni, anche quando eseguite a titolo gratuito, è stato di recente vagliato dalla Corte di Giustizia UE nella sentenza 25 aprile 2024, in causa C-207/23.
La Corte, nel trattare una fattispecie nella quale risultavano operate cessioni a titolo gratuito di calore proveniente dalla centrale di cogenerazione collegata all’impianto di produzione di biogas di una società in favore di soggetti terzi (un imprenditore e una società), ha innanzitutto individuato le norme della Direttiva Iva COGNOME, tra le quali, per quanto qui di interesse, l’ art. 2, paragrafo 1, della direttiva IVA ( che prevede l’assoggettamento all’Iva RAGIONE_SOCIALE a) cessioni di beni effettuate a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro da un soggetto passivo che agisce in quanto tale ); l ‘articolo 14, paragrafo 1 ( «Costituisce ‘cessione di beni’ il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario»); l ‘art . 16 («È assimilato a una cessione di beni a titolo oneroso il prelievo di un bene dalla propria impresa da parte di un soggetto passivo il quale lo destina al proprio uso privato o all’uso del suo personale, lo trasferisce a titolo gratuito o, più generalmente, lo destina a fini estranei alla sua impresa, quando detto bene o gli elementi che lo compongono hanno dato diritto ad una detrazione totale o parziale dell’IVA »); l’articolo 74 («Per le operazioni di prelievo o di destinazione da parte di un soggetto passivo di un bene della propria impresa o di detenzione di beni da parte di un soggetto passivo o da parte dei suoi aventi diritto in caso di cessazione della sua attività economica
NUMERO_DOCUMENTO
imponibile, contemplate agli articoli 16 e 18, la base imponibile è costituita dal prezzo di acquisto dei beni o di beni simili, o, in mancanza del prezzo di acquisto, dal prezzo di costo, determinati nel momento in cui si effettuano tali operazioni»). Giunge quindi ad affermare il principio secondo cui « L’articolo 16, primo comma, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretato nel senso che: il trasferimento a titolo gratuito del calore prodotto da un soggetto passivo ad altri soggetti passivi ad uso RAGIONE_SOCIALE loro attività economiche costituisce un prelievo di un bene dalla propria impresa da parte di tale soggetto passivo il quale lo trasferisce a titolo gratuito ai sensi di tale disposizione, assimilabile a una cessione di beni effettuata a titolo oneroso, e che è irrilevante a tal riguardo il fatto che questi altri soggetti passivi utilizzino o meno tale calore per operazioni che danno loro diritto alla detra zione dell’imposta sul valore aggiunto ».
E, ancora, su una domanda di pronuncia pregiudiziale vertente sull’interpretazione dell’art . 168 della direttiva Iva , proposta nell’ambito di una controversia relativa ad una decisione con cui era denegata la detrazione dell’ Iva, che la ricorrente aveva assolto a monte nel contesto della realizzazione di un ‘ percorso ricreativo ‘ , la CGUE, con sentenza 22 ottobre 2015, in causa C-126/14, ha affermato che « L’articolo 168 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretato nel senso di conferire, in circostanze come quelle del procedimento principale, a un soggetto passivo il diritto di detrarre l’imposta sul valore aggiunto assolta a monte per l’acquisto o per la fabbricazione di beni d’investimento intesi a un’attività economica progettata, di turismo rurale o ricreativo, i qual i siano direttamente destinati all’utilizzo gratuito da parte del pubblico, ma possano consentire la realizzazione di operazioni imponibili, se sussiste un nesso diretto e immediato tra le spese connesse alle operazioni a monte e una o più operazioni a valle che danno diritto a detrazione ovvero con il complesso RAGIONE_SOCIALE attività economiche del soggetto passivo, ciò che spetta al giudice del rinvio verificare sulla base di elementi oggettivi».
NUMERO_DOCUMENTO AVV_NOTAIO rel. COGNOME Altrettanto utile alla presente controversia è poi la sentenza del 16 settembre 2020 in causa C-528/19, intervenuta in una vicenda nella quale vi era stato il rifiuto di detrazione dell’imposta sul valore aggiunto , versata
a monte per la realizzazione di lavori di ampliamento di una strada appartenente ad un RAGIONE_SOCIALE, con cui la Corte europea ha tra l’altro affermato che (paragrafi 61-68) «61. Più precisamente, l’articolo 5, paragrafo 6, della sesta direttiva assimila ad una cessione di beni a titolo oneroso il prelievo di un bene dalla propria impresa da parte di un soggetto passivo, il quale lo destina al proprio uso privato o all’uso del suo personale, lo trasferisce a titolo gratuito o, più generalmente, lo destina a fini estranei alla sua impresa, quando detto bene o gli elementi che lo compongono hanno dato diritto ad una detrazione totale o parziale dell’IVA (sentenza dell’11 maggio 2017, Posnania Investment, C-36/16, EU:C:2017:361, punto 41 e giurisprudenza ivi citata). Tuttavia, tale disposizione non assimila ad una cessione di beni effettuata a titolo oneroso i prelievi ad uso dell’impresa per regali di scarso valore e campioni. 62. risulta che la sesta direttiva dev’essere interpretata nel senso che, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, i lavori di ampliamento di una strada comunale sono idonei a far sorgere un diritto a detrazione e ad essere qualificati come trasferimento a titolo gratuito, di modo che talune RAGIONE_SOCIALE condizioni di applicazione dell’articolo 5, paragrafo 6, di tale direttiva sono soddisfatte. 63. . 64. Infine, dal momento che i lavori sono stati consegnati al C omune interessato, è pacifico che l’ipotesi di un consumo ad uso privato o ad uso del personale dell’impresa è esclusa, così come quella relativa alla destinazione a fini estranei all’impresa, dato che tali lavori sono stati effettuati per un’esigenza dell a ricorrente nel procedimento principale. Quest’ultima circostanza non osta, tuttavia, all’applicazione dell’articolo 5, paragrafo 6, della sesta direttiva. Infatti, secondo la giurisprudenza della Corte, emerge dal tenore stesso dell’articolo 5, paragrafo 6, prima frase, della sesta direttiva che esso equipara ad una cessione effettuata a titolo oneroso, assoggettandolo quindi all’IVA, il prelievo di un bene della propria impresa da parte di un soggetto passivo il quale lo trasferisca a titolo gratuito, quando lo stesso bene abbia conse ntito una deduzione dell’IVA riscossa a monte, senza rilevanza, in via di principio, del fatto che il trasferimento avvenga o no per le esigenze dell’impresa (sentenza del 27 aprile 1999, RAGIONE_SOCIALE Petroleum, C-48/97, EU:C:1999:203, punto 22). 65. Analogamente, la circostanza menzionata dal giudice del rinvio che la strada comunale in questione non è utilizzata dal comune interessato a fini
privati ma è, al contrario, aperta gratuitamente alla pubblica circolazione, non osta, in linea di principio, all’applicazione dell’articolo 5, paragrafo 6, della sesta direttiva. Infatti, ai sensi di tale disposizione, il prelievo di un bene per un uso a tali fini riguarda, in ogni caso, il prelievo e l’uso da parte del soggetto passivo, nella fattispecie la ricorrente nel procedimento principale, e non da parte di un terzo, vale a dire il comune interessato. Orbene, i lavori di ampliamento di tale strada sono stati effettuati per rispondere alle esigenze della ricorrente nel procedimento principale e il risultato di tali lavori, vale a dire l’adeguamento della strada perché potesse sopportare il traffico di autoveicoli pesanti generato dallo sfruttamento della cava di calcare, è utilizzato anzitutto per le esigenze della ricorrente. 66. Tuttavia, giacché il mancato assoggettamento all’IVA della cessione al comune interessato dei lavori di ampliamento della strada comunale in questione, effettuati a titolo gratuito dalla ricorrente nel procedimento principale, non dà luogo ad una situazione di consumo finale non tassato o a una violazione del principio della parità di trattamento, tali lavori non costituiscono un’operazione che dev’essere assimilata a una ces sione di beni effettuata a titolo oneroso ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 6, della sesta direttiva. 67. Infatti, sebbene la strada comunale in questione sia aperta alla pubblica circolazione, occorre tenere conto dell’utilizzo finale effettivo di tale strada. Orbene, dalla risposta alla prima questione discende che, fatte salve le verifiche che devono essere effettuate dal giudice del rinvio, da un lato, i lavori di ampliamento di tale strada vanno a beneficio della ricorrente nel procedimento principale e presentano un nesso diretto e immediato con il complesso RAGIONE_SOCIALE sue attività economiche che danno luogo ad operazioni imponibili e, dall’altro, il costo RAGIONE_SOCIALE prestazioni ricevute a monte e collegate ai lavori di ampliamento della suddetta strada fa parte degli elementi del costo RAGIONE_SOCIALE operazioni effettuate a valle dalla ricorrente nel procedimento principale. 68. Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, occorre rispondere alla terza questione dichiarando che l’articolo 5, paragrafo 6, della sesta direttiva dev’essere interpretato nel senso che i lavori, effettuati a favore di un comune, di ampliamento di una strada comunale aperta al pubblico ma utilizzata per la sua attività economica dal soggetto passivo che ha effettuato tali lavori a titolo gr atuito, non costituiscono un’operazione che
dev’essere assimilata a una cessione di beni effettuata a titolo oneroso ai sensi di tale disposizione».
Ebbene, dall’insieme de lle argomentazioni e dei principi enunciati dalla giurisprudenza unionale e nazionale si evince che: a) intanto la gratuità di una cessione o della prestazione di un servizio non esime di per sé l’operazione dalla sua sottoposizione ad Iva; b) inoltre , e anche per l’effetto di quanto appena evidenziato, sussiste il diritto alla detrazione dell’Iva assolta a monte per l’acquisto di beni o servizi utilizzati per la realizzazione del progetto economico nel quale si concretizzano le operazioni a valle, soggette ad Iva; c) il diritto alla detrazione sussiste quando si evince un nesso diretto e immediato tra le spese connesse alle operazioni a monte e una o più operazioni che siano imponibili a valle.
Tale ultima condizione afferisce alla inerenza della spesa. La Corte di giustizia, difatti, nel segnare la differenza tra la fattispecie esaminata nella causa C-207/23 e in quella valutata nella causa C-528/19, ha precisato che «46. Infine, è vero che la Corte ha dichiarato, al punto 68 della sentenza del 16 settembre 2020, RAGIONE_SOCIALE (C-528/19, EU:C:2020:712), invocata in particolare dalla Y, che lavori, effettuati a favore di un comune, di ampliamento di una strada comunale aperta al pubblico ma utilizzata, oltre che dal pubblico, dal soggetto passivo che ha effettuato a titolo gratuito tali lavori ai fini della sua attività economica, non costituiscono un’operazione che dev’essere assimilata ad una cessione di beni effettuata a titolo oneroso ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 6, della ses ta direttiva 77/388 (corrispondente all’articolo 16 della direttiva IVA). 47. Tuttavia, da un lato, tali lavori andavano a vantaggio del soggetto passivo autore del trasferimento e presentavano un nesso immediato e diretto con il complesso della sua attivi tà economica e, dall’altro, il costo RAGIONE_SOCIALE prestazioni ricevute a monte e connesse a detti lavori facevano parte degli elementi del costo RAGIONE_SOCIALE operazioni effettuate a valle da tale soggetto passivo. Per contro, nessun elemento consente di ritenere che il calore prelevato e trasferito a titolo gratuito dalla Y sia stato utilizzato anche da quest’ultima».
NUMERO_DOCUMENTO AVV_NOTAIO rel. COGNOME COGNOME COGNOME COGNOME COGNOME, n el caso di specie l’Amministrazione finanziaria aveva contestato il difetto di inerenza dei costi sostenuti con riferimento alle operazioni poste in essere «a monte», rispetto alle
operazioni «a valle» realizzate dalla RAGIONE_SOCIALE, poi cedute gratuitamente al RAGIONE_SOCIALE e così sottratte (illegittimamente secondo la prospettazione erariale) all’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto .
Ma, per quanto qui interessa, rileva soprattutto che la cessione ‘gratuita’ dei beni dalla società all’ente territoriale non rispondeva affatto anche all’interesse della cedente -o comunque tanto non emergeva da alcun elemento addotto nel giudizio-, così venendo meno quella condizione, apprezzata dalle pronunce della CGUE da ultimo richiamate, affinché una cessione gratuita di beni che pur l’art. 16 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, i cui principi sono stati poi replicati ne ll’art. 5, paragrafo 6, della sesta direttiva 77/388, ritiene di assimilare ad una cessione di beni effettuata a titolo oneroso ai fini del trattamento Iva-, possa comunque reputarsi operazione esente da Iva.
Ebbene, la sentenza d’appello ha riconosciuto le ragioni RAGIONE_SOCIALE contribuenti sull’assunto che l’Ufficio non aveva espressamente contestato a mezzo di un apposito atto l’imponibilità della cessione gratuita RAGIONE_SOCIALE opere pubbliche realizzate o ristrutturate dalla società in house. Si tratta di un ragionamento radicalmente errato, perché con esso sono stati ignorati i principi enunciati sulla base del diritto unionale e nazionale, per come interpretato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, ed illustrati in precedenza.
A questo si aggiunge che è la stessa difesa della controricorrente a citare giurisprudenza unionale (CGUE 22.2.2001, Abbey National , causa C-408/98, punti 26-28, pag. 19/20 del controricorso) dalla quale si evince proprio la necessità del rapporto tra costo sostenuto a monte (da detrarre) e operazione ‘imponibile’ a valle (« per conferire il diritto a detrazione, i beni o servizi acquisiti devono presentare un nesso immediato e diretto con le operazioni soggette ad imposta . Tali spese devono quindi far parte dei costi RAGIONE_SOCIALE operazioni a valle, che utilizzano i beni e i servizi acquistati. Di conseguenza, tali componenti di costo devono generalmente essere sorte prima che il soggetto passivo abbia effettuato le operazioni imponibili cui si riferiscono.»).
NUMERO_DOCUMENTO AVV_NOTAIO rel. COGNOME COGNOME assume in questo contesto rilevanza la difesa articolata dalla controricorrente, che vorrebbe suggestivamente distinguere tra ‘operazioni imponibili’, ancorché l’imposta per l’operazione a valle non sia stata
concretamente versata, ed ‘ operazioni non imponibili’ (sempre a valle) , volendo intendere che nel caso di specie mancava semplicemente un accertamento e una contestazione del mancato assolvimento dell’Iva sulle operazioni a valle. Ciò, sia perché tale assunto (che peraltro si tradurrebbe in una sorta di confessione che per le operazioni di cessione RAGIONE_SOCIALE opere al RAGIONE_SOCIALE l’imposta andava assolta , ma non lo è stata dai soggetti che pur erano obbligati), non rispecchia neppure le difese dell’ente e della società in house -dalle quali è dato invece desumere che avessero ritenuto quelle operazioni esenti dall’iva -; sia perché -e ciò costituisce la questione assorbenteil giudice d’appello , dopo aver riportato succintamente le motivazioni della pronuncia di primo grado, ha inteso semplicemente constatare che «la cessione gratuita non è stata contestata dall’Ufficio Tributario a mezzo di apposito atto e pertanto non può formare materia di giudizio in sede contenziosa».
Sennonché, nel formulare tale considerazione, il collegio d’appello non ha tenuto conto dei principi enunciati dalla giurisprudenza unionale, così come riportati, né compreso che nel caso di specie assumeva rilievo la diversa disciplina impositiva, cui occorreva sottoporre la ‘cessione gratuita’ RAGIONE_SOCIALE opere, a sua volta incidente proprio sul nesso necessario tra detraibilità dei costi RAGIONE_SOCIALE operazioni a monte ed imponibilità RAGIONE_SOCIALE operazioni a valle.
Più in generale, il giudice regionale non si è neppure preoccupato di comprendere se le operazioni di cessione RAGIONE_SOCIALE opere, dalla società in house al RAGIONE_SOCIALE, fossero o meno sottoponibili all’imposta sul valore aggiunto. E, cioè, non si è preoccupato di valorizzare proprio la condotta della società in house, che pretende la detrazione dell’iva versata per le operazioni a monte, senza tuttavia tener conto della necessaria inerenza di queste con le operazioni a valle, che va relazionata alla imponibilità di queste ultime, salvo che nelle ipotesi circoscritte dalle sentenze della CGUE, qui del tutto assenti, ossia che la cessione fosse operata anche nell’interesse della cedente .
Questo, a parte ogni considerazione sulla disciplina fiscale RAGIONE_SOCIALE società in house (Cass., 29 luglio 2021, n. 21658; cfr. anche 28 marzo 2023, n. 8794), si traduce in una violazione dello stesso principio di neutralità e RAGIONE_SOCIALE norme unionali in materia di Iva.
Il motivo risulta dunque fondato e trova accoglimento.
Risulta fondato anche il secondo motivo, con il quale l’RAGIONE_SOCIALE ha denunciato la violazione dell’art. 1 del DPR 443/1997 , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. La Commissione regionale avrebbe errato nel valorizzare la circostanza secondo cui ‹‹ (…) lo stesso Ufficio Tributario, per il periodo d’imposta, anno 2012, ha autorizzato, a mezzo lettera di prot. 1204/2015 e del 12/2/2015, la società ad utilizzare in compensazione il credito risultante dalla dichiarazione Iva di euro 319.311,00. Con tale provvedimento ha riconosciuto la legittimità dell’IVA relativa alle operazioni passive e l’esercizio dello svolgimento di un’attività commerciale ››. La difesa dell’Amministrazione finanziaria sostiene, invece, che il provvedimento del 2015, con cui l’Ufficio aveva comunicato alla società la facoltà di riportare il credito d’imposta nella dichiarazione successiva, ‘ non comportava in alcun modo l’incontestabilità del predetto credito in sede di rimborso ‘.
A tal fine trova applicazione il principio di diritto secondo cui, in tema di rimborso dell’eccedenza detraibile dell’IVA, l’Amministrazione finanziaria può contestare il credito esposto dal contribuente nella dichiarazione, che non derivi dalla sottostima dell’imposta dovuta, anche qualora siano scaduti i termini per l’esercizio del suo potere di accertamento o per la rettifica dell’imponibile e dell’imposta dovuta, senza che abbia adottato alcun provvedimento (Sez. U, 29 luglio 2021, n. 21766; nello stesso senso cfr. inoltre 11 aprile 2022, n. 11698; 14 settembre 2023, n. 26523; cfr. anche 19 maggio 2022, n. 16103, in cui si esplicita come, ai fini del rimborso IVA, qualora il contribuente abbia un debito maggiore di quello dichiarato e l’amministrazione finanziaria non abbia esercitato, entro il termine stabilito dall’art. 57 d.P.R. n. 633 del 1972, il potere di accertamento del maggiore imponibile, quest’ultima non può recuperare la decadenza; nondimeno, ove la documentazione che il contribuente è tenuto a produrre in giudizio per ottenere il riconoscimento di quel credito che l’amministrazione gli ha negato, non sia tale da dimostrarne l’esistenza, il credito deve essergli negato, quale che sia il periodo di tempo trascorso dal momento in cui questo venne esposto in dichiarazione).
NUMERO_DOCUMENTO AVV_NOTAIO rel. COGNOME COGNOME diversa interpretazione comprometterebbe la possibilità per l’Amministrazione di contestare la sussistenza di un credito nei confronti dell’erario, anche indipendentemente dal decorso del termine di decadenza
contemplato dall’art. 57 del d.P.R. n. 633/72, ciò che, scongiurando il riconoscimento di crediti iva inesistenti, assicura il rispetto del principio di neutralità (cfr. Sez. U, 21766/2021 cit., punto 9).
In definitiva la sentenza va cassata e rinviata alla Corte di Giustizia tributaria di II grado del Veneto, che in diversa composizione, oltre che liquidare le spese del giudizio di legittimità, provvederà al riesame dell’appello, tenendo conto de l principio secondo cui ‹‹ in tema di Iva, ai fini del diritto alla detrazione, o al rimborso di crediti iva, relativi alle operazioni che si afferma sostenute a monte per la realizzazione di beni da parte di una società in house, successivamente ceduti a titolo gratuito al proprio socio, ente territoriale, è necessario non solo il rapporto di inerenza tra i costi sostenuti a monte e la realizzazione dei beni ceduti con le operazioni a valle, ma anche, alla luce dei principi affermati dalla giurisprudenza unionale, in particolare nelle sentenze pronunciate dalla Corte di Giustizia UE in cause C207-2023 e C-528-2019 -secondo cui , ai sensi dell’art. 5, paragrafo 6, della direttiva 388/77, sono equiparate a cessioni a titolo oneroso le cessioni a titolo gratuito operate a favore di un socio, salvo che tale cessione non risponda anche agli interessi economici del cedentel’accertamento ed il riscontro che tale cessione gratuita sia avvenuta nel rispetto dei presupposti indicati dalla disciplina unionale, come interpretata dalle pronunce della Corte di Giustizia ››.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia il giudizio dinanzi alla Corte di Giustizia tributaria di II grado del Veneto, cui demanda, in diversa composizione, anche la liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese processuali del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il giorno 26 febbraio 2025.
La Presidente NOME COGNOME