Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3698 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3698 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24839/2020 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del LAZIO n. 18/2020 depositata il 07/01/2020. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/01/2025
dalla Consigliera NOME COGNOME
Rilevato che:
1. La Commissione Tributaria Regionale del Lazio ( hinc: CTR), con la sentenza n. 18/2020 depositata in data 07/01/2020, ha accolto l’appello proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE contro la sentenza n. 1105/2019, con la quale la Commissione Tributaria Provinciale di Roma aveva respinto l’avviso di liquidazione dell’imposta di registro n. 2016 ORA00002, notificato il 30/09/2011. Con tale avviso era stata sottoposta ad imposta di registro la cessione di beni strumentali, documentata con l’emissione di ventuno fatture, che ad avvis o dell’amministrazione finanziaria celava, in realtà, una cessione di ramo d’azienda.
2. La CTR ha ritenuto fondate le censure inerenti alla qualificazione dei negozi giuridici sottostanti le fatture, qualificazione che non poteva essere fatta rientrare tra le cessioni di ramo d’azienda, in considerazione sia dell’inquadramento di tale categoria che delle modalità dei contratti che vengono in rilievo. Ha quindi richiamato i contenuti dell’art. 2112, commi 1 e 5, c.c., rilevando che il punto centrale è costituito dalla presenza di un’attività economica che preesiste al trasferimento e che, an che in esito a quest’ultimo, modifica la sua titolarità soggettiva, conservando la propria precedente identità. Deve trattarsi di un complesso unitario di mezzi e soggetti oppure di un complesso di più unità di questo tipo, funzionalmente tese al medesimo scopo.
Rileva come, secondo la giurisprudenza di legittimità, sia centrale l’autonomia funzionale del ramo ceduto, ovvero la capacità di
provvedere a uno scopo produttivo con i propri mezzi, svolgendo la funzione o il servizio cui risultava finalizzato nell’ambito dell’impresa cedente al momento della cessione.
2.1. Esaurito tale inquadramento ha rilevato che, nel 2011, la RAGIONE_SOCIALE ha ceduto i beni strumentali in favore di due società neocostituite, la RAGIONE_SOCIALE (che avrebbe operato nel settore della fornitura di allestimenti illuminotecnici e gruppi elettrogeni) alla quale furono trasferiti diciannove dei ventisei dipendenti, mentre alla RAGIONE_SOCIALE, poi divenuta RAGIONE_SOCIALE (che avrebbe operato nel settore del noleggio e installazione dei sistemi multimediali, led-wall, maxischermi, videoproiettori, TV, monitor e media server) furono cedute singole attrezzature e i residui sette dipendenti. Ad avviso della CTR l’inquadramento della cessione di tali attrezzature come cessione d’azienda è del tutto errato, m entre è corretto l’assoggettamento a IVA dell a delle singole cessioni.
La CTR rileva che, secondo quanto risulta dai contratti, l’attuale RAGIONE_SOCIALE ha acquistato una serie di attrezzature e solo sette dipendenti dal precedente complesso aziendale, mentre l’altra ditta ha rilevato gran parte dei dipendenti. Gli scopi sociali delle due nuove aziende sono il frutto di una scissione di attività e non sono concorrenziali, ma agiscono in campi del tutto differenti: una agisce nel campo della dante causa, mentre l’altra avrebbe dovuto ricavare la propria sfera di attività in un settore da trarre dal complesso di RAGIONE_SOCIALE, all’epoca non individuabile distintamente dal punto di vista dell’organizzazione aziendale. Rileva, quindi, che il « ramo d’azienda » non sussisteva all’interno della dante causa, ma era solo una delle componenti dello scopo sociale gestito unitariamente insieme al resto.
Contro la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in cassazione con due motivi.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
La Procura Generale della Corte di cassazione ha depositato requisitoria scritta.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso è stata denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 2555 c.c., dell’art. 2, terzo comma, lett. b), d.P.R. 26/10/1972, n. 633 e degli artt. 15 e 40 d.P.R. 26/04/1986, n. 131, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
1.1. Ad avviso della ricorrente è pacifico che la società RAGIONE_SOCIALE, riconducibile ai fratelli RAGIONE_SOCIALE, attiva nel settore dei servizi cinetelevisivi e dello spettacolo, abbia trasferito le proprie attività e capacità produttive a due società di nuove costituzione: la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE (odierna controparte). A quest’ultima sono state trasferite attrezzature del valore di circa dodici milioni di euro, costituenti l’intera capacità produttiva video della cedente, sette dipendenti, l’intero gruppo dirigente, la sede operativa e la clientela, secondo quanto risulta dai dati e dalle dichiarazioni dello stesso sig. NOME COGNOME, riportate ai fogli 60-63 del PVC 21/12/2015, richiamato quale parte integrante nella motivazione dell’avviso di liquidazione.
La CTR ha, tuttavia, annullato la ripresa dell’amministrazione finanziaria, ritenendo di escludere l’esistenza del trasferimento di un ramo d’azienda, in ragione del fatto che il numero di dipendenti passati alla contribuente non fosse elevato e che la capacità produttiva trasferita si riferisse a un’attività potenziale e non già precedentemente svolta dalla cedente. Tale conclusione è, tuttavia, in contrasto con la nozione di azienda desumibile dall’art. 2555 c.c.
A fini descrittivi, ad avviso della ricorrente, occorre distinguere tra un elemento materiale (cd. corpus), costituito da un insieme di beni materiali e immateriali (come brevetti, licenze, ecc…) e uno immateriale, costituito dal vincolo di destinazione unilateralmente imposto dall’imprenditore a tali beni, con finalità produttiva. Ciò che distingue un coarcervo di beni da un’azienda è, pertanto, l’elemento immateriale, cioè la finalizzazione unitaria alla produzione. È sufficiente che tale finalizzazione sussista allo stato potenziale ed è pertanto pacifico che i rapporti debitori e creditori e l’avviamento non siano essenziali all’azienda. L’Agenzia delle Entrate h a rilevato, poi, che non assume rilievo l’attualità dell’esercizio del ramo di azienda, essendo sufficiente l’attitudine potenziale del compendio di beni e rapporti, così come non assume rilievo la necessità di ulteriori investimenti. Non preclude la configurabilità di una cessione d’azienda la mancata cessione dei rapporti contrattuali (di lavo ro, con i fornitori, i clienti e i finanziatori). L’unitarietà del compendio aziendale deve essere riconosciuta qualora quest’ultimo sia caratterizzato dall’obiettiva attitudine all’esercizio dell’impresa.
1.2. Ad avviso della ricorrente gli elementi sui quali la CTR ha fondato la sua decisione (esiguo numero dei dipendenti trasferiti e diversità dell’attività svolta dalla cessionaria) non sono, quindi, significativi alla luce della stessa giurisprudenza di legittimità. La CTR non ha, infatti, indagato sul nesso funzionale tra beni e rapporti, che costituisce l’essenza stessa della nozione di azienda e, quindi, il presupposto indicato dal l egislatore per l’identificazione dell’azienda. Sempre secondo la ricorrente, la decisione impugnata si pone, conseguentemente, in contrasto con l’art. 2, comma 3, lett. b), d.P.R. n. 633 del 1972, secondo il quale una cessione, qualificata come cessione di ramo di azienda si pone fuori dal campo di applicazione dell’IVA. La sentenza della CTR viola quindi il principio
di alternatività tra IVA e imposta di registro codificato nell’art. 40 d.P.R. n. 131 del 1986.
1.3. Il motivo di ricorso è fondato.
Nel caso di specie sono state poste in essere dalla RAGIONE_SOCIALE due operazioni: una con RAGIONE_SOCIALE (operante nel settore della fornitura di allestimenti illuminotecnici) accompagnata dal trasferimento di quasi tutti i lavoratori e un’altra con RAGIONE_SOCIALE (diventata, poi, RAGIONE_SOCIALE) operante nel settore del noleggio e dell’installazione di sistemi multimediali. In particolare, a quest’ultima sono stati trasferiti beni per circa dodici milioni di euro e sette dipendenti già in carico a RAGIONE_SOCIALE. I requisiti a cui ha dato rilievo la CTR, per escludere che l’ipotesi appena richiamata fosse qualificabile come cessione d’azienda , sono incentrati sul numero dei dipendenti e sulla circostanza che l’attività svolta (dall’odierna parte controricorrente) fosse differente, in quanto da « trarre dal complesso della RAGIONE_SOCIALE, all’epoca non individuabile distintamente nel campo di azione di questa e soprattutto non autonomamente in dividuabile nello specifico dal punto di vista dell’organizzazione aziendale».
1.4. Tale conclusione non è, tuttavia, conforme alla giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale, ai fini della qualificazione come cessione di azienda (assoggettabile ad imposta di registro, anziché ad I.V.A.) del trasferimento solo di alcuni dei beni in essa rientranti, non è decisiva la volontà delle parti, occorrendo invece verificare se, in base agli elementi probatori disponibili, i beni complessivamente ceduti abbiano, o meno, mantenuto carattere autonomo idoneo a consentire l’esercizio dell’impresa, seppure con le integrazioni che il cessionario abbia dovuto eventualmente effettuare (Cass., 08/05/2013, n. 10740).
Ai fini della qualificazione di un negozio quale cessione di azienda non occorre, quindi, che il complesso ceduto permetta l’esercizio attuale dell’attività di impresa, essendo sufficiente la sua potenziale attitudine a tale esercizio (Cass., 17/11/2017, n. 27290; Cass., 27/12/2018, n. 33486).
L’accertamento diretto a qualificare una operazione economica come una cessione d’azienda deve essere, poi, operato effettuando una valutazione globale di tutte le circostanze del caso di specie (Cass., 07/05/2024, n. 12450).
Nel caso in esame -tanto più se si considera che i beni ceduti, così come le sette unità di personale sono passate in capo a una new.co. -la CTR nel far riferimento all’attività svolta dalla controricorrente ha dato rilievo a una evocata – ma neppure precisata – attività economica svolta in discontinuità rispetto a quella della dante causa, senza verificare se il (considerevole) complesso di beni ceduti (per un valore di dodici milioni di euro di beni frazionato in ventuno fatture) avesse l’attitudine all’esercizio dell’attività d’impresa , unitamente alle sette unità di personale trasferite, come complesso funzionalmente autonomo.
Con il secondo motivo è stato censurato l’omesso esame di fatti controversi e decisivi, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.
2.1. La ricorrente rileva che la CTR è giunta alle conclusioni censurate nella presente sede, in quanto ha omesso di valutare due fatti:
la complessiva operazione fraudolenta posta in essere dai sig.ri COGNOME per svuotare la consistenza patrimoniale della società RAGIONE_SOCIALE e trasferire le disponibilità nelle proprie tasche, i compendi immobiliari in una soc ietà ‘cassaforte’ di
famiglia, le attività economiche in due nuove società, delle quali una è RAGIONE_SOCIALE;
-l’esistenza di una simmetrica operazione di trasferimento di ramo d’azienda dissimulato dalla cessione di beni delle residue attività della preesistente DI AND RAGIONE_SOCIALE, in favore di un’altra new.co (RAGIONE_SOCIALE.
Si tratta, in entrambi i casi, di fatti risultanti dal PVC (pag. 13-14) di cui vengono riportate alcune parti a pag. 20-24 del ricorso in cassazione. Rileva che tali fatti sono decisivi, in quanto se la CTR avesse valutato il contesto fraudolento in cui si inserisce la cessione del ramo d’azienda contestata e l’esistenza di una simmetrica operazione volta a trasferire la residua parte del compendio produttivo della preesistente RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto concludere che la cessione controversa assumeva la natura di cessione di ramo di azienda e andasse soggetta alla conseguente tassazione di registro.
2.2. Il secondo motivo di ricorso deve considerarsi assorbito, in ragione dell’accoglimento del primo motivo di ricorso.
Alla luce di quanto sin qui evidenziato, deve essere accolto il primo motivo e dichiarato assorbito il secondo motivo.
3.1. La sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
3.2. Le questioni riproposte dalla controricorrente a pag. 20 ss. del controricorso sono destinate a essere riproposte nel giudizio di rinvio.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo e dichiara assorbito il secondo motivo di ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, il 17/01/2025.