Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9536 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 9536 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: LA ROCCA NOME
Data pubblicazione: 09/04/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 12496/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. BOLOGNA n. 2287/2015 depositata il 06/11/2015.
Udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME nella pubblica udienza del 19 dicembre 2023;
Sentito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso , mentre nessuno è comparso per le altre parti.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE con socio unico, NOME COGNOME, ha impugnato l’atto di accertamento emesso dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e notificato il 4.6.2013 con il quale è stata contestata indebita detrazione di IVA per il 2008 in relazione ad una serie di acquisti di beni ceduti dalla RAGIONE_SOCIALE di cui lo stesso NOME COGNOME era socio al 50%; questi acquisti, secondo l’Ufficio, costituivano cessione di ramo d’azienda costituente operazione esente ai sensi dell’art. 2 comma 3 lett. b) d.P.R. n. 633/1972.
La Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Modena ha rigettato il ricorso mentre l’appello della contribuente è stato accolto dalla Commissione Tributaria Regionale (CTR) dell’Emilia Romagna la quale, con la sentenza in epigrafe, ha osservato che la cessione aveva riguardato non un ‘ azienda, cioè un complesso di beni organizzato per l’esercizio della impresa, ma beni disaggregati che non potevano essere in grado di svolgere alcuna funzione produttiva se non inseriti in un complesso aziendale.
La CTR h a aggiunto che l’RAGIONE_SOCIALE, la quale aveva sempre ritenuto la ricorrenza di una cessione d’azienda, avrebbe dovuto agire ai fini dell’imposta di registro entro il termine decadenziale di cui all’art. 76 d.P.R. n. 131/1986, anziché operare rettifiche relative ad un diverso tributo.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’RAGIONE_SOCIALE fondato su tre motivi.
Ha resistito con controricorso la contribuente.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo l’RAGIONE_SOCIALE deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 76 d.P.R. n. 131/1986 e dell’art. 57 d:P.R. n. 633/1972, laddove la
CTR ha ritenuto che la decadenza dell’Ufficio dal potere accertativo di cui all’art. 76 cit. in tema di imposta di registro preclude l’accertamento ai fini IVA nel più lungo termine di decadenza previsto dall’art. 57 cit.
1.1. Il motivo è fondato.
1.2. Questa Corte ha costantemente affermato che, stante l’obbligo per il contribuente di pagare quello previsto dalla legge e non quello scelto in base a considerazioni soggettive (Cass. n. 18524 del 2010; Cass. n. 18764 del 2014), il c.d. principio del consolidamento del criterio impositivo (in virtù del quale è precluso all’amministrazione finanziaria, decorso il termine previsto dall’art. 76, T.U. n. 131 del 1986, procedere ad una diversa qualificazione dell’atto presentato per la registrazione ed esigere di conseguenza una diversa imposta) trova applicazione quando, essendo pacifica l’applicabilità dell’imposta di registro, sia in discussione la misura di essa, ma non anche quando, l’amministrazione finanziaria contesti al contribuente di avere assolto, in relazione all’atto, un’imposta di tipo diverso da quella dovuta. Pertanto, nel caso di vendite contestuali di più beni costituenti un ramo d’azienda, artificiosamente considerati dalle parti come cespiti separati, legittimamente l’ufficio territorialmente competente dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE contesta al contribuente l’indebita detrazione dell’IVA pagata sulla parte di acquisto non assoggettato all’imposta di registro (Cass. n. 13963 del 2016; Cass. n. 1405 del 2013); allo steso modo, l’Ufficio può indicare l’IVA come tributo dovuto ed escludere, invece, l’imposta di registro erroneamente corrisposta dall’acquirente (Cass. n. 6067 del 2022); e la rettifica ai fini IVA non può che essere effettuata entro il termine proprio di questa imposta e, in particolare, entro il termine di cui all’art. 57 del d.P.R. n. 633 del 1972 (Cass. n. 13963 del 2016).
Con il secondo motivo la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione dell’art. 2555 c.c. , in
particolare laddove la CTR ha escluso che la cessione in oggetto, riguardante il patrimonio aziendale dalla società suddiviso tra i due soci, configurasse cessione d’azienda, dovendosi invece verificare se i beni ceduti siano idonei a costituire un ‘ unità produttiva e, considerati nel loro complesso, permanga un residuo d’organizzazione che dimostri l’attitudine all’esercizio dell’impresa.
2.1. Il motivo è fondato.
2.2. Secondo la giurisprudenza di questa Corte ricorre la cessione d’azienda, a titolo di vendita o d’affitto (v. artt. 2555 c.c. e ss. c.c.), ogni volta venga ceduto un insieme di elementi costituenti un complesso organico e funzionalmente adeguato a conseguire lo scopo in vista del quale il loro coordinamento era stato posto in essere, essendo necessario e sufficiente che la cessione abbia ad oggetto un’entità economica ancora esistente, la cui gestione sia stata effettivamente proseguita o ripresa dal nuovo titolare. La vendita aziendale non è esclusa in caso di cessione di singole unità produttive, purché abbiano una propria autonomia organizzativa e funzionale -anche se, una volta inserite nell’impresa cessionaria, restino assorbite, integrate o riorganizzate nella più ampia struttura di quest’ultima e anche ove, per dare continuità all’impresa, sia necessario l’apporto di altri beni o dotazioni. In altri termini, «non è necessario che siano ceduti tutti gli elementi che normalmente costituiscono l’azienda », compresi quelli immateriali, purché nel complesso di beni oggetto del trasferimento « permanga un residuo di organizzazione che ne dimostri l’attitudine all’esercizio dell’impresa », sia pure con le successive integrazioni ad opera del cessionario o dell’affittuario (Cass. 23496 del 2004; Cass. 17418 del 2005; Cass. 27826 del 2005; Cass. 21481 del 2009; Cass. n. 7308 del 2023). Del resto, l ‘azienda può esser dedotta quale oggetto di cessione sia nella sua fase statica, sia in quella dinamica e, pertanto, non è neppure rilevante che l’idoneità funzionale e produttiva dei beni non sussista
ancora, bastando che essa sia conseguenza potenziale prevista dalle parti (Cass. 1640 del 1984; Cass. 4700 del 2003; Cass. 166 del 2005).
2.3. La sentenza impugnata si pone in contrasto con questi principi laddove, in particolare, afferma che « un ‘ramo d’azienda’, pur rappresentando una parte d’azienda ‘scorporata’ deve avere pertanto la potenzialità di produrre e scambiare beni e servizi sotto la gestione ed il controllo organizzativo, amministrativo e finanziario di un imprenditore (..) Questo sta a significare che tale parte di azienda trasferita deve essere dotata di totale autonomia… » e richiede che « un ‘ramo d’azienda’ deve essere sempre trasferito con proprie attività e passività finanziarie e patrimoniali, oltre ai beni strumentali ed ad eventuale personale tecnico, amministrativo e commerciale »; secondo i principi sopra riportati, invece, è sufficiente un’attitudine all’esercizio dell’impresa nel complesso dei beni ceduti e non devono essere trasferiti tutti i beni e rapporti che componevano l’azienda .
2.4. Nello specifico, come riportato in ricorso per autosufficienza, la RAGIONE_SOCIALE, avente come socio unico NOME COGNOME, acquistò dalla RAGIONE_SOCIALE, partecipata al 50% dallo stesso NOME COGNOME, con più operazioni tutti i beni strumentali e parte del magazzino; sulla base di tali emergenze la CTR avrebbe dovuto accertare se, a prescindere dalla pluralità di atti, quel compendio presentava, secondo quanto sopra esposto, i caratteri minimi del complesso aziendale.
2.5. Sul piano civilistico, per distinguere l’ipotesi disciplinata dall’art. 2555 c.c. dalla vendita di singoli elementi è necessario accertare quale sia stato – secondo la volontà dei contraenti l’oggetto specifico del contratto e cioè se i beni ceduti siano stati considerati nella loro autonoma individualità o non piuttosto nella loro funzione unitaria e strumentale in vista della prosecuzione
dell’attività produttiva ( Cass. 10193 del 2002; Cass. 8621 del 2001).
2.6. In materia tributaria, peraltro, l’opera di qualificazione non si esaurisce, necessariamente, nell’esame del solo dato contrattuale ma può investire, più specificamente, il fenomeno economico che il rapporto (o i rapporti) mira a realizzare, sì da valutare l’effettiva consistenza dell’operazione e, in caso di pluralità di operazioni, se esse abbiano una medesima “sostanza economica” anche se vi sia una differente “sostanza giuridica” (Cass. n. 33495 del 2018). Ciò è particolarmente evidente in materia di IVA ove, per quanto ciascuna prestazione debba essere normalmente considerata distinta e indipendente, come risulta dall’art. 1, par. 2, comma 2, della c.d. “sesta direttiva”, vi sono tuttavia casi in cui più prestazioni formalmente distinte, che potrebbero essere fornite separatamente e dar così luogo, altrettanto distintamente, a imposizione o a esenzione, devono essere considerate come un’unica operazione quando non sono indipendenti. Infatti, secondo la giurisprudenza unionale, « in taluni casi, più prestazioni formalmente distinte, che potrebbero essere fornite separatamente e dar così luogo, separatamente, a imposizione o a esenzione, devono essere considerate come un’unica operazione quando non sono indipendenti. Si tratta di un’unica operazione, in particolare, quando due o più elementi o atti forniti dal soggetto passivo sono strettamente connessi a tal punto da formare, oggettivamente, una sola prestazione economica indissociabile la cui scomposizione avrebbe carattere artificioso » (Corte giust. 8 dicembre 2016, in Stock’94 Szolgaltatò Zrt, C-208/15, p.27 e altra giurisprudenza ivi citata). La Corte di Giustizia ha precisato ulteriormente che per stabilire se una pluralità di prestazioni costituisca più prestazioni indipendenti o una prestazione unica, occorre « individuare gli elementi caratteristici dell’operazione di cui trattasi » (Corte giust. 8 dicembre 2006, Stock’94, cit., punto 28, e giurisprudenza ivi
citata), tenendo conto « dell’obiettivo economico di tale operazione» (Corte giust. 19 novembre 2009, Don Bosco, C-461/08, p. 39), nonché « dell’interesse dei destinatari RAGIONE_SOCIALE prestazioni » (Corte giust. 16 aprile 2015, Wojskowa Agencja Mieszkaniowa w Warszawie, C-42/14, punto 35).
Con il terzo motivo l’RAGIONE_SOCIALE deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c., omesso circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, individuato nella continuità funzionale mantenuta nonostante la cessione per cui, il complesso aziendale, facente capo alla RAGIONE_SOCIALE, era stato ceduto in forma frazionata, per il 50%, alla RAGIONE_SOCIALE a socio unico, partecipata da RAGIONE_SOCIALE NOME socio al 50% anche della cedente.
3.1. Il motivo può considerarsi assorbito dalla decisione sul motivo che precede.
Conclusivamente, accolti il primo e secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo, la sentenza impugnata deve essere cassata di conseguenza e la causa deve essere rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell ‘ Emilia Romagna che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il primo e secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo, cassa di conseguenza la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado d ell’Emilia Romagna in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 19/12/2023.