Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5072 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5072 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’AVV_NOTAIO generale dello Stato ;
– ricorrente
–
contro
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO come da procura in calce;
– controricorrente –
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 4995/2018, depositata il 12 luglio 2018.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25 gennaio 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
1.L’RAGIONE_SOCIALE recuperava a tassazione maggior plusvalenza conseguente a cessione di un terreno in agro di Trani, che il contribuente aveva ereditato al cinquanta per cento e per il resto del quale aveva ricevuto in donazione la nuda proprietà, cui successivamente si era confuso l’usufrutto. In particolare, l’RAGIONE_SOCIALE partiva dal presupposto che al momento degli acquisti il bene fosse di natura agricola, e pertanto rivedeva in € 738.337,50 la
ASSERVIM
plusvalenza liquidata dal contribuente in soli € 180 mila. La CTP respingeva il ricorso, ma la CTR, adìta dal contribuente, riformava la prima sentenza, rideterminando il valore al momento dell’acquisto in € 565.347,67, aderendo in gran parte alle difese del contribuente.
L’RAGIONE_SOCIALE propone così ricorso in cassazione basato su due motivi, mentre il contribuente resiste a mezzo di controricorso.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo mezzo l’RAGIONE_SOCIALE denuncia nullità della sentenza per motivazione parvente, ritenendo che il recepimento dei calcoli operati dal contribuente sia stato acritico ed automatico.
1.1. Il motivo è infondato, poiché la sentenza motiva chiaramente in generale sul fatto che il bene fosse, già al momento dell’acquisto, un terreno edificabile, sulla base della documentazione prodotta e dalla stessa elencata, operando peraltro un accertamento di fatto sul punto.
Quanto alla quantificazione, è vero che la CTR applica i valori indicati dalla parte, ed in particolare tiene conto dell’acquisto dell’asservimento del resto del fondo (rimasto in proprietà del contribuente) con trasferimento quindi della relativa cubatura alla porzione ceduta, ma ciò in evidente collegamento con quanto indicato in precedenza, in cui dava atto di come la considerazione del valore edificatorio anche di tale porzione non oggetto di vendita dipendeva dall’asservimento stesso e dal fatto che l’amministrazione avesse a suo tempo tassato la cessione della cubatura stessa. Deve dunque ritenersi che tali elementi siano implicitamente posti alla base della decisione.
Con il secondo mezzo si denuncia violazione degli artt. 67 e 68, TUIR, 36 d.l. n. 223/2006 e 115 e 116, cod. proc. civ., laddove la CTR ha preso in considerazione ai fini della determinazione del valore iniziale anche di quello relativo alla cubatura pertinente alle porzioni non cedute, ma oggetto di asservimento in favore della
porzione ceduta, dal momento che invece il trasferimento della cubatura non potrebbe avere effetto se non dal momento del provvedimento concessorio, il quale sarebbe intervenuto addirittura dopo la cessione, e cioè il 21 novembre 2016.
2.1. Il motivo è infondato. In effetti oggetto della cessione, da cui è derivata la plusvalenza, è una parte del terreno di proprietà del contribuente, e pacificamente nel calcolo del valore al momento dell’acquisto la CTR, come emerge da quanto già detto a proposito del motivo precedente, ha invece tenuto conto anche della cubatura relativa alla restante porzione, rimasta in proprietà del contribuente sebbene oggetto di cessione della cubatura stessa.
Ciò emerge inequivocabilmente del resto laddove la CTR ha chiarito che ‘si ritiene che il valore iniziale dei terreni venduti a titolo oneroso, dei terreni asserviti, nonché dell’usufrutto e dei tributi di cessione è pari ad € 565.347,67…’.
Tuttavia l’orientamento richiamato dall’RAGIONE_SOCIALE è stato superato da una pronuncia a Sezioni Unite che ha chiarito in maniera inequivoca come ‘la cessione di cubatura, con la quale il proprietario di un fondo distacca in tutto o in parte la facoltà inerente al suo diritto dominicale di costruire nei limiti della cubatura assentita dal piano regolatore e, formandone un diritto a sé stante, lo trasferisce a titolo oneroso al proprietario di altro fondo urbanisticamente omogeneo, è atto immediatamente traslativo di un diritto edifica tono di natura non reale a contenuto patrimoniale; -non richiedente la forma scritta ad substantiam ex art.1350 cod.civ.; trascrivibile ex art.2643, n. 2 bis cod.civ. (Cass. Sez. U. 06/06/2021, n. 16801).
Ciò anche perché ‘l’affermazione secondo cui il trasferimento di cubatura non dipenderebbe dall’accordo tra le parti, ma solo ed esclusivamente dal rilascio del permesso di costruire da parte della PA, pare non tenere in debito conto il fatto che, nell’attuale ordinamento, il diritto di edificare è insito nella proprietà del suolo,
essendo dato all’Amministrazione soltanto di regolarne l’esercizio conformemente ai piani ed agli strumenti urbanistici di governo territoriale, non già di discrezionalmente ‘costituirlo’ e neppure di ‘trasferirlo’ da un privato all’altro. Emblematica, in tal senso, è l’evoluzione normativa, interpretativa e terminologica che ha segnato il passaggio dalla concessione edilizia di cui alla I. n.10/77 sulla edificabilità dei suoli al vigente regime autorizzatorio del permesso di costruire ex art.10 d.P.R. 380/11 (TUE)’, così come emerge fin dalla fondamentale sentenza Corte Cost. n. 5 del 1980. Così stando le cose, è evidente che il valore aggiunto della cubatura non può essere riferito al momento successivo del rilascio della concessione, ma a quello precedente dell’atto di asservimento del 10 agosto 2006 a vantaggio dei terreni poi oggetto della compravendita del 31 ottobre 2007.
In definitiva il ricorso risulta infondato e merita rigetto, con aggravio di spese in capo all’amministrazione soccombente.
Nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE non sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.p.r. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della I. n. 228 del 2012, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non potendo tale norma trovare applicazione nei confronti RAGIONE_SOCIALE Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento RAGIONE_SOCIALE imposte e tasse che gravano sul processo (cfr. Cass.n.1778 del 29/01/2016).
P. Q. M.
La Corte respinge il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese che liquida in € 10.000,00 oltre i.v.a. e c.p.a. se dovute, ed oltre al rimborso forfettario nella misura del 15 % dell’onorario, nonché esborsi nella misura di € 200,00.
Così deciso in Roma, il 25 gennaio 2024