Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 11839 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 11839 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3225/2022 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE e società RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende
– controricorrenti e ricorrenti incidentali-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LAZIO n. 5444/2021 depositata il 30/11/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’ 08/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.La RAGIONE_SOCIALE cedeva alla Banca di Credito Cooperativo di Roma un credito derivante da un contratto di appalto con RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE come garanzia per una linea di credito concessa, in precedenza, dalla summenzionata banca per un importo pari ad € 1.500.000,00
Il 19 aprile 2018 la Banca e la società RAGIONE_SOCIALE stipulavano l’atto di cessione, che veniva registrato dal notaio (NOME COGNOME col pagamento dell’imposta di registro in misura fissa (€ 200,00). L’Agenzia delle Entrate, ritenendo che l’operazione non rientrasse nell’ambito IVA, applicava l’imposta di registro proporzionale (0,50%) sul valore del credito (€ 8.266.381,97). La società e il notaio rogante contestavano la tassazione proporzionale, sostenendo che la cessione del credito e l’apertura di credito bancario deliberata il 28 marzo 2018 costituissero un’operazione unitaria soggetta a imposta in misura fissa.
La Commissione Tributaria Provinciale di Roma rigettava il ricorso, confermando l’imposta proporzionale.
La Commissione Tributaria Regionale, invece, accoglieva l’appello dei contribuenti, ritenendo che i due atti (cessione del credito e apertura di credito) fossero inscindibilmente connessi e quindi tassabili unitariamente.
L’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Roma (n. 5444/6/21) sulla base di un unico motivo. Replicano il RAGIONE_SOCIALE e la società
Argelato che propongono ricorso incidentale svolgendo una unica censura in punto spese di lite.
MOTIVI DI DIRITTO
1.L’Agenzia delle Entrate articola un unico motivo, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., sostenendo la violazione e falsa applicazione degli articoli 21 e 40 del d.P.R. 131/86 e dell’art. 2, co. 3, lett. a) del d.P.R. 633/72. Si afferma che la Corte territoriale ha ritenuto che l’operazione avesse una causa unitaria, mentre erano stati posti in essere due negozi distinti (cessione del credito derivante dal contratto di appalto a garanzia dell’apertura di linea di credito), tassabili separatamente. Si obietta che la cessione del credito è stata effettuata senza corrispettivo e quindi rientra nella categoria delle operazioni non finanziarie, soggette a imposta proporzionale di registro. Difatti, l’art. 21 Tur stabilisce che se un atto contiene più disposizioni derivanti necessariamente l’una dall’altra, l’imposta si applica sull’atto con imposizione più onerosa. Tuttavia, secondo l’Agenzia, in questo caso non vi è un legame di necessaria derivazione tra i due atti. La CTR non ha distinto, pertanto, tra operazioni finanziarie (rientranti nel campo IVA e quindi con imposta di registro fissa) e operazioni non finanziarie (fuori campo IVA e soggette a imposta proporzionale).
Con ricorso incidentale, il notaio COGNOME e la società COGNOME lamentano la violazione dell’art. 92 c.p.c.. Si obietta che la Commissione Tributaria Regionale ha disposto la compensazione delle spese di giudizio, motivandola con l’alterna soccombenza nei due gradi di giudizio. Tuttavia, si afferma, secondo l’orientamento consolidato della Suprema Corte (Cass. n. 10042/2018, n. 22310/2017), la compensazione può avvenire solo in presenza di “gravi ed eccezionali ragioni” esplicitamente indicate nella motivazione, pertanto, la sentenza della CTR, basata su una formula generica, è viziata da errore di diritto.
Il ricorso principale è fondato, assorbito quello incidentale.
4. In sostanza, secondo l’Agenzia il beneficio fiscale opera solo per quelle operazioni di finanziamento volte ad immettere nuova ricchezza nel mercato, estendendosi a tutte quelle ipotesi che implicano la possibilità di attingere denaro, al fine di incrementare gli investimenti produttivi, come più volte confermato anche dalla giurisprudenza di legittimità, che ha individuato le operazioni di finanziamento in quelle che si traducono nella provvista di disponibilità finanziaria. Di contro – ha sostenuto la ricorrente – la società aveva ceduto crediti personali derivanti dal contratto di appalto per garantire l’apertura di credito , e detto contratto non rientrerebbe nella tipologia degli atti che hanno come elemento causale il finanziamento, esprimendo, invece, una funzione di mera garanzia, avendo voluto la contribuente tutelare solo la propria posizione debitoria verso l’azienda creditrice, per cui legittimo è l’avviso di accertamento.
Secondo la CTR l’esame del contratto di cessione dei crediti pro solvendo all’istituto di credito evidenzia il nesso funzionale ed il collegamento negoziale che avvince tale atto alla precedente apertura della linea di credito, tale da configurare una causa reale unitaria.
In generale, per consolidato principio espresso da questa Corte, il discrimine tra tassazione unica e tassazione separata è ancorato alla distinzione fra negozio complesso e negozi collegati, posta dall’art. 21 del d.P.R. n. 131 del 1986, in virtù del quale il primo è contrassegnato da una causa unica mentre, in caso di collegamento, distinti ed autonomi negozi si riannodano ad una fattispecie pluricausale, della quale ciascuno realizza una parte, ma pur sempre in base ad interessi immediati ed autonomamente identificabili: di qui la tassazione separata di ciascuno di essi (Cass. n. 16417 del 2015, Rv. 636101-01). Tale soluzione interpretativa ha trovato ulteriore conferma nella giurisprudenza della Corte
Costituzionale che ha ribadito la natura di “imposta d’atto” dell’imposta di registro (C. Cost. n. 158 del 2020, n. 39 del 2021). In particolare, peraltro con riguardo a una fattispecie in cui l’atto sottoposto a tassazione era una cessione di crediti a garanzia di un finanziamento contestualmente erogato dalla banca (Sez. 5, Ordinanza n. 25620 del 2022), si è precisato che il criterio da utilizzare nell’interpretazione è quello diretto alla verifica degli effetti che i negozi sono destinati a produrre: si è in quel caso stabilito che le disposizioni soggette a tassazione unica sono soltanto quelle fra le quali intercorre, in virtù della legge o per esigenza obiettiva del negozio giuridico, e non per volontà delle parti, un vincolo di connessione, o compenetrazione, immediata e necessaria.
Nel caso in esame, dunque, non emergono elementi, in base ai quali affermare che la cessione del credito si sia andata ad inserire come elemento qualificante nella struttura del contratto bancario, la causa del quale consiste nell’affidamento: ciò, in quanto la banca accreditante s’impegna a tenere a disposizione del cliente accreditato una determinata somma di danaro, per un dato tempo o a tempo indeterminato. Anzi, risultano elementi contrari, posto che emerge dalla sentenza impugnata che l’apertura di credito e la cessione di crediti scaturiscono da due contratti distinti, peraltro stipulati a distanza di un mese. Il che, giustappunto in relazione alla richiamata natura d’imposta d’atto dell’imposta di registro, è d’ostacolo alla ricerca di una causa reale ed unitaria di un complessivo regolamento negoziale, al fine della riqualificazione dei due distinti atti, in base all’art. 20 del d.P.R. 131 del 86: la cessione del credito, per la sua finalità di garanzia risulta vicenda accidentale rispetto all’operazione di finanziamento, sia pure ad essa collegata. La previa apertura di credito resta un atto diverso rispetto alla successiva cessione dei crediti e non può ritenersi in
essa integrata ancorché menzionata nelle premesse meramente descrittive.
La questione, quindi, deve essere risolta sulla base della ratio legis della norma di agevolazione di cui al citato art. 15 del d.P.R. n. 29 settembre 1973, n. 601, la quale è da ricercare nel favore che il legislatore intende accordare agli investimenti produttivi, nella previsione che essi possono creare nuova ricchezza, sulla quale potrà più adeguatamente applicarsi il prelievo fiscale»; «Si può perciò, ritenere che, nel caso in cui ci si trovi di fronte ad una situazione – come quella di specie – la quale presuppone già erogato il credito ed investita la somma corrispondente e nella quale oggetto di regolamento negoziale è la successiva cessione del credito con finalità di garanzia, il negozio in questione non ha per oggetto un finanziamento ma, appunto, la garanzia di recupero del credito. In tal caso, dunque, lo scopo per il quale il legislatore accorda un trattamento agevolato non ricorre perché, per effetto del negozio di cessione, il cessionario non dispone di nuovo denaro, suscettibile di impieghi produttivi (Cass., Sez. 5″, 29 marzo 2002, n. 4611; Cass., Sez. 5″, 5 marzo 2009, n. 5270).
In conclusione, stante l’assenza di natura creditizia o finanziaria, le cessioni di crediti a scopo di garanzia delle obbligazioni derivanti da contratti di leasing non beneficiano dell’imposta sostitutiva, ai sensi del d.P.R. n. 29 settembre 1973, n. 601, artt. 15 e 17, ma scontano l’imposta di registro in misura proporzionale con l’aliquota dello 0,50% ai sensi dell’art. 6 della tariffa – parte prima annessa al D.P.R. n. 26 aprile 1986, n. 131, nel quale espressamente rientrano: “Cessioni di crediti, compensazioni e remissioni di debiti, quietanze, tranne quelle rilasciate mediante scrittura privata non autenticata; garanzie reali e personali a favore di terzi, se non richieste dalla legge”), trattandosi di contratti caratterizzati da autonomia funzionale – seppur nel contesto di un collegamento
negoziale – rispetto ai contratti originanti le obbligazioni garantite» (così, Cass., Sez. T, 16 ottobre 2023, n. 28734).
Si è così ritenuto che, nell’ipotesi in esame (cessione di credito pro solvendo a garanzia del pagamento di una linea di credito), non operi la previsione dell’art. 15 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, che esonera dal versamento delle imposte di registro le operazioni di finanziamento a medio e lungo termine, tutti i provvedimenti ed atti ad esse inerenti, le garanzie a qualunque titolo prestate, ivi comprese le cessioni di credito stipulate in relazione ai finanziamenti. La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che, in tema di agevolazioni tributarie per il settore del credito, le operazioni di finanziamento, alle quali il d.P.R. n. 29 settembre 1973, n. 601, art. 15, accorda un trattamento fiscale di favore, vanno individuate – in base alla ratio legis ed al principio secondo cui le norme agevolative sono di stretta interpretazione – in quelle che si traducono nella provvista di disponibilità finanziarie, cioè nella possibilità di attingere denaro, da impiegare in investimenti produttivi (Cass., Sez. 5″, 29 marzo 2002, n. 4611; Cass., Sez. 5″, 16 aprile 2008, n. 9930; Cass., Sez. 5″, 5 marzo 2009, n. 5270; Cass., Sez. 5″, 16 gennaio 2015, n. 695; Cass., Sez. 5″, 15 novembre 2021, n. 34230; Cass. n. 25260/2022; n. 28734/2023; n. 32330/2024; Cass. n. 23873/2024).
Nella specie, il contratto di cessione dei crediti è un contratto autonomo e distinto rispetto a quello di finanziamento, pur se ad esso collegato, sicché esso deve essere sottoposto a tassazione separata. Occorre, altresì, aggiungere che la finalità di garanzia a cui rispondono le cessioni dei crediti comporta che la società cessionaria non è tenuta ad alcuna prestazione ulteriore, sicché non vi è una prestazione remunerata (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 28734 del 16/10/2023, Rv. 669248 – 01).
La Corte di Giustizia Tributaria di II Grado ha, dunque, errato nel ritenere sufficiente la sussistenza di un collegamento negoziale tra
il contratto di finanziamento e la cessione di crediti in garanzia e nell’affermare che fossero integrati i presupposti per l’applicazione dell’imposta in misura fissa. Essa, rilevando come la causa della cessione dei crediti, negozio propriamente a causa variabile, trovi, nella specie, la causa nella connessione con il contratto di finanziamento, ha di fatto dato rilevanza più all’intenzione delle parti, allo scopo dell’operazione, invece, di verificare l’autonomia degli effetti dei singoli negozi posti in essere.
La sentenza impugnata non si è uniformata ai predetti principi il che comporta, in accoglimento del motivo di impugnazione, assorbito quello incidentale, la sua cassazione. Non occorrendo ulteriori accertamenti in fatto, la causa va decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384, primo comma, ultima parte, cod. proc. civ. con il rigetto del ricorso originario proposto dai contribuenti.
Le spese dei giudizi di merito vanno compensate, mentre le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario di parte contribuente. Compensa le spese relative ai gradi di merito e condanna parte controricorrente a pagare le spese in favore dell’Agenzia delle Entrate che liquida in euro 4.300,00, oltre le spese prenotate a debito.
Così deciso nella camera di consiglio della Sezione Tributaria della