LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Cessione del credito: chi prova l’inesistenza?

Una società acquista un credito fiscale e ne chiede il rimborso. L’Amministrazione Finanziaria nega, sostenendo che l’acquirente debba provare non solo l’esistenza del credito, ma anche il suo mancato utilizzo da parte del cedente. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, chiarisce un principio fondamentale sulla cessione del credito: l’acquirente (cessionario) ha solo l’onere di provare l’esistenza del diritto. Non spetta a lui dimostrare il fatto negativo che il venditore (cedente) non abbia estinto il credito, ad esempio tramite compensazione. La Corte ha quindi respinto il ricorso dell’Agenzia, confermando il diritto al rimborso.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Cessione del Credito Fiscale: Chi ha l’Onere della Prova?

La cessione del credito è uno strumento giuridico ed economico di fondamentale importanza, ma quando il credito in questione è di natura fiscale, possono sorgere complesse questioni sull’onere della prova. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fatto luce su un punto cruciale: chi acquista un credito fiscale deve dimostrare solo la sua esistenza o anche che il precedente titolare non lo abbia già utilizzato? Analizziamo la decisione per comprendere i principi affermati dai giudici.

I Fatti del Caso: Una Cessione nel Contesto di un Concordato

La vicenda trae origine da un concordato fallimentare, nell’ambito del quale una società in crisi aveva ceduto a una società specializzata un cospicuo credito fiscale. Tale credito derivava da ritenute operate su interessi attivi su conti correnti intestati prima alla società fallita e poi alla procedura concorsuale.

La società acquirente (cessionaria), divenuta nuova titolare del credito, ne chiedeva legittimamente il rimborso all’Amministrazione Finanziaria. A supporto della sua richiesta, produceva tutta la documentazione necessaria, inclusi gli estratti conto che attestavano in modo inequivocabile le ritenute subite.

Contrariamente alle aspettative, l’Amministrazione Finanziaria respingeva la richiesta. La questione finiva davanti alle commissioni tributarie, che sia in primo che in secondo grado davano ragione alla società, confermando il suo diritto al rimborso. L’Amministrazione, non soddisfatta, decideva di ricorrere in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria, condannandola anche al pagamento delle spese legali. La decisione si fonda su un’attenta analisi dei principi che regolano l’onere della prova nel contesto specifico della cessione del credito fiscale.

Le Motivazioni: Analisi dell’Onere Probatorio nella Cessione del Credito

I motivi del ricorso dell’Amministrazione Finanziaria si concentravano su due aspetti principali: un presunto vizio di motivazione della sentenza d’appello e la violazione delle norme sull’onere probatorio.

Il Primo Motivo di Ricorso: La Motivazione Apparente

L’Agenzia sosteneva che la sentenza della Commissione Tributaria Regionale fosse affetta da ‘motivazione apparente’, ovvero una motivazione solo di facciata e non sostanziale. La Cassazione ha respinto questa tesi, chiarendo che il dissenso dell’Amministrazione non riguardava un difetto formale della sentenza, ma il merito della decisione. I giudici d’appello avevano infatti ritenuto sufficiente la documentazione prodotta (gli estratti conto) per provare l’esistenza del credito. Il vero punto del contendere era quindi la valutazione delle prove, non la mancanza di motivazione.

Il Secondo Motivo: La Violazione delle Norme sull’Onere della Prova nella cessione del credito

Il cuore della controversia risiedeva nel secondo motivo. L’Amministrazione Finanziaria argomentava che la società cessionaria avrebbe dovuto provare non solo l’esistenza del credito, ma anche la sua ‘permanenza’. In altre parole, avrebbe dovuto dimostrare che la società cedente non avesse già utilizzato quel credito per compensare altre imposte o per ottenere detrazioni.

La Corte ha smontato questa tesi, definendola priva di fondamento. I giudici hanno stabilito che il contribuente che agisce per un rimborso deve, sì, dimostrare la sussistenza del suo credito, e in questo caso la società lo aveva fatto pacificamente. Tuttavia, la prova che il credito sia stato estinto (ad esempio, tramite compensazione) non può essere addossata al cessionario. Questo perché un’eventuale compensazione sarebbe avvenuta tramite una dichiarazione rivolta proprio all’Amministrazione Finanziaria, che quindi ne sarebbe a conoscenza. È irragionevole chiedere al nuovo creditore di provare un fatto negativo (la mancata estinzione) di cui il debitore stesso (l’ente impositore) ha diretto controllo.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Cessionari di Crediti Fiscali

Questa ordinanza consolida un principio di fondamentale importanza pratica. Chi acquista un credito, anche fiscale, deve concentrarsi nel dimostrare solidamente l’esistenza e la titolarità del diritto acquisito. L’onere di provare eventuali fatti estintivi, modificativi o impeditivi del credito, come una precedente compensazione da parte del cedente, ricade sul debitore che intende opporli. Per le società che operano nel mercato dei crediti fiscali, questa decisione rappresenta una significativa garanzia, semplificando il processo di rimborso e riequilibrando la posizione processuale tra contribuente e Amministrazione Finanziaria.

In una cessione del credito fiscale, chi deve provare che il credito esiste?
La società che acquista il credito (cessionaria) ha l’onere di dimostrare l’esistenza del credito. Nel caso specifico, questa prova è stata fornita attraverso il deposito degli estratti conto che mostravano le ritenute operate.

L’acquirente di un credito (cessionario) deve anche dimostrare che il venditore (cedente) non lo ha già utilizzato per compensare altri debiti?
No. Secondo la Corte, il cessionario non ha l’onere di provare la ‘permanenza’ del credito, ovvero che non sia stato estinto dal cedente tramite compensazione o detrazione. La prova di un eventuale fatto estintivo spetta al debitore, cioè all’Amministrazione Finanziaria.

Perché la Corte ha respinto l’argomento dell’Amministrazione Finanziaria sull’onere della prova?
La Corte ha ritenuto che la richiesta dell’Amministrazione fosse infondata perché il cessionario aveva già adempiuto al suo onere probatorio dimostrando l’esistenza del credito. Inoltre, un’eventuale compensazione sarebbe stata effettuata tramite una dichiarazione rivolta proprio all’Amministrazione Finanziaria, la quale quindi ne sarebbe a conoscenza e sarebbe nella posizione migliore per provare tale fatto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati