Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 11749 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 11749 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14945/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME (CODICE_FISCALE)
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. CAMPANIA n. 2832/2022 depositata il 24/03/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio de l’ l 08/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.L’Agenzia delle Entrate notificava alla società RAGIONE_SOCIALE l’avviso di liquidazione dell’imposta di registro nella misura dello 0,5 % con riferimento all’atto di cessione del credito vantato da detta società nei confronti del Comune di Napoli, stipulato in data 11 giugno 2020.
La società impugnava l’avviso, ritenendo di dover corrispondere solo l’imposta di registro in misura fissa in quanto operazione riconducibile a finalità finanziaria che caratterizzava la summenzionata cessione, atteso che questa rientrava nell’accordo quadro stipulato in data 20 febbraio 2006 per la concessione di linee di credito.
I giudici di prossimità accoglievano il ricorso della contribuente ritenendo i due contratti funzionalmente e logicamente inscindibili.
Sull’appello dell’ente finanziario, la Commissione tributaria di secondo grado, nel confermare la decisione di prime cure, lo respingeva, statuendo che, . Aggiungeva, di poi, che nella fattispecie, sussistevano elementi univoci che convergono verso l’individuazione di un nesso inscindibile tra i due atti, in quanto solo a seguito della cessione dei
crediti vantati verso il Comune di Napoli dalla società alla banca, avvenuta l’11 giugno 2020, l’istituto di credito provvedeva ad erogare il finanziamento pari all’80% del valore nominale delle fatture emesse dal 18 giugno 2020 sino al 27 luglio 2020, ravvisando quindi un vincolo di connessione e compenetrazione immediata tra cessione dei crediti ed erogazione del finanziamento.
Avverso la sentenza n. 2832/2022 ricorre per la cassazione l’Agenzia delle Entrate, svolgendo due motivi.
Replica con controricorso la società contribuente che, in prossimità dell’udienza, ha depositato memorie difensive.
MOTIVI DI DIRITTO
La prima censura deduce la violazione dell’art. 36, comma 2, n. 4) d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ex art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.; si critica la motivazione della sentenza impugnata per essere meramente apparente, in quanto non esplicita le ragioni della ravvisata unitarietà di causa, obiettando che logicamente l’erogazione del finanziamento avviene solo dopo la prestazione della garanzia.
Il secondo strumento di ricorso, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., prospetta la violazione e falsa applicazione degli articoli 20, 21 e 40 del d.P.R. 131/86 e dell’art. 2, co. 3, lett. a) del d.P.R. 633/72. Si afferma che la Corte territoriale ha ritenuto che l’operazione avesse una causa unitaria, mentre erano stati posti in essere due negozi distinti (cessione del credito derivante dal contratto di appalto a garanzia dell’apertura di linea di credito), tassabili separatamente. Si obietta che la cessione del credito è stata effettuata senza corrispettivo e quindi rientra nella categoria delle operazioni non finanziarie, soggette a imposta proporzionale di registro, in quanto sottratta al campo di applicazione dell’IVA. In particolare, emerge dal contratto di cessione del credito che ; pertanto, trattandosi di una operazione con funzione di garanzia distinta dal contratto di finanziamento, risulta fuori campo IVA.
Si soggiunge che nell’accordo quadro del 2006 era stata aperta una linea di credito utilizzabile fino alla concorrenza dell’importo concesso a fronte di presentazione di portafoglio allo sconto e di documenti, ma non anche di cessione di crediti.
In via preliminare deve essere disattesa l’eccezione di improcedibilità del ricorso per cassazione, notificato dall’Agenzia a mezzo p.e.c. in data 10 giugno 2022, e depositato in copia analogica del ricorso, così come con le stesse modalità è stata depositata la prova della sua notificazione e la copia conforme della sentenza impugnata notificata dalla società in data 11 aprile 2022, così come conferma la società alla pagina 9 del controricorso, documentazione che l’amministrazione avrebbe dovuto depositare in formato telematico.
La prima eccezione relativa al deposito in forma analogica della prova della notifica via p.e.c. del ricorso per cassazione deve essere disattesa.
E’ d’uopo evidenziare che solo con la riforma introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 l’obbligo del deposito telematico degli atti introduttivi è stato esteso anche al giudizio di cassazione, essendo stato in particolare previsto, all’art. 35, comma 2, come modificato dalla legge 29 dicembre 2022, n. 197, che – fra le altre – le norme contenute nel Titolo V ter delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile («disposizioni relative alla giustizia digitale») si applichino anche alla Corte di Cassazione, dal 1° gennaio 2023 (Cass. 27 maggio 2024, n. 14790).
5.1.Il ricorso in esame è stato notificato e depositato in epoca antecedente all’entrata in vigore della riforma che prevede , fra le disposizioni applicabili sin dal 1° gennaio 2023, l’art. 196-quater delle disp. di attuazione («Obbligatorietà del deposito telematico di
atti e di provvedimenti»), secondo cui «nei procedimenti davanti al Tribunale, alla Corte di appello, alla Corte di cassazione e al Giudice di pace il deposito degli atti processuali e dei documenti, ivi compresa la nota di iscrizione a ruolo, da parte dei difensori e dei soggetti nominati o delegati dall’autorità giudiziaria, ha luogo esclusivamente con modalità telematiche», «con le stesse modalità le parti depositano gli atti e i documenti provenienti dai soggetti da esse nominati» e «il deposito con modalità telematiche è effettuato nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici»; l’obbligo riguarda, pertanto, anche gli atti e documenti su cui il ricorso si fonda, i quali, ove in formato analogico, dovranno essere depositati telematicamente in copia informatica.
5.2. Nell’orientamento di questa Corte, la violazione delle forme digitali non integra una causa di inesistenza della notifica, unico vizio che non ammette la sanatoria per il raggiungimento dello scopo (Cass. 15/07/2021, n. 20214; in precedenza, v. Cass. Sez. U. 18/04/2016, n. 7665; Cass. 31/08/2017, n. 20625; Cass. Sez. U. 28/09/2018, n. 23620; Cass. 05/03/2019, n. 6417; Cass. 12/05/2020, n. 8815; Cass. n. 27677/2024; n. 23550/2024; Cass. n. 14063/2024; in generale, sulla definitiva qualificazione del concetto di inesistenza della notificazione, v. Cass. Sez. U. 20/07/2016, n. 14916).
5.3.Nell’ipotesi in cui come nella fattispecie in esame -la notifica telematica concerna l’atto introduttivo del giudizio di cassazione, la costituzione in giudizio della controparte determina il raggiungimento dello scopo legale dell’atto di notificazione, con conseguente sanatoria del vizio per convalidazione oggettiva (Cass. n. 26951/2022; Cass. n. 16189/2023; Cass. n. 14790/2024).
6.Quanto al deposito di copia analogica della sentenza d’appello, risulta dagli atti che l’Agenzia ha depositato la copia analogica
dell’estratto digitale della sentenza con attestazione di conformità , e che la stessa società ha dichiarato nel controricorso di aver notificato la sentenza in data 10 giugno 2022 (pagina 9 del controricorso), contestando l’omesso deposito della copia della sentenza notificata via p.e.c..
6.1.Solo a seguito della riforma introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, nel giudizio di cassazione, va dichiarata l’improcedibilità ex art. 369, comma 2, n. 2), cod. proc. civ. dell’impugnazione proposta contro una sentenza notificata a mezzo posta elettronica certificata (PEC), di cui il ricorrente non abbia depositato, unitamente al ricorso, la relata di notifica, mediante inserimento nella busta telematica, con la quale l’atto è depositato, del messaggio di posta elettronica certificata in formato .eml o .msg, che non risulti neppure prodotto dal controricorrente nel termine di cui all’art. 370, comma 3, cod. proc. civ.’ (Cass. 27 maggio 2024, n. 14790).
6.2. In particolare, Cass. 13 maggio 2024, n. 12971 ha concluso nel senso che in regime di deposito telematico degli atti, l’onere del deposito di copia autentica del provvedimento impugnato imposto, a pena di improcedibilità del ricorso dall’art. 369, secondo comma, n. 2, c.p.c., è assolto non solo dal deposito della relativa copia informatica, recante la stampigliatura solo rappresentativa dei dati esterni (numero cronologico e data) concernenti la sua pubblicazione, ma anche dal deposito del duplicato informatico di detto provvedimento, il quale ha il medesimo valore giuridico, ad ogni effetto di legge, dell’originale informatico e che, per sue caratteristiche intrinseche, non può recare alcuna sovrapposizione o annotazione (e, dunque, la stampigliatura presente nella copia informatica) che ne determinerebbe, di per sé, l’alterazione. Ne consegue che, ai fini della verifica della tempestività dell’impugnazione, i dati relativi alla pubblicazione o notificazione, ove non evincibili tramite i sistemi informatici in uso alla Corte di
Cassazione e in contestazione, vanno attinti attraverso la consultazione del fascicolo di merito acquisito d’ufficio ai sensi dell’art. 137 -bis c.p.c. per i giudizi introdotti con ricorso notificato a decorrere dal 1° gennaio 2023, ovvero, per i giudizi precedentemente introdotti, tramite richiesta di attestazione dei dati stessi alla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato, in presenza di istanza del ricorrente ai sensi dell’art. 369, ultimo comma, c.p.c., nella formulazione antecedente all’abrogazione disposta dal d.lgs. n. 149 del 2022; nel regime in cui è consentito il deposito di copia analogica del provvedimento impugnato redatto come documento informatico nativo digitale e così depositato in via telematica, ove detta copia analogica sia tratta dal duplicato informatico depositato nel fascicolo informatico, l’onere di cui all’art. 369, secondo comma, n. 2, c.p.c., è assolto tramite l’attestazione di conformità della copia al duplicato apposta dal difensore(Cass. del 04/09/2023, n. 25686; Cass. del 23/02/2025, n. 4725), presente nella fattispecie.
6.3.A tal riguardo, questa Corte ha ribadito che ai fini della decorrenza del termine breve per l’impugnazione, la prova dell’avvenuta notifica in modalità telematica della sentenza può essere data mediante il deposito delle copie informatiche, in formato “pdf”, delle ricevute di accettazione e consegna della PEC, corredate di attestazione di conformità agli originali informatici, non occorrendo il deposito dei relativi file in formato “.eml” o “.msg”, posto che la relata di notifica della sentenza ai fini di cui all’art. 325 c.p.c. è atto esterno al giudizio che, come qualsiasi atto digitale, può essere stampato o salvato e attestato conforme all’originale dal difensore (Cass. del 04/09/2023, n. 25686; Cass. n. 16189 del 7/05/2023; Cass. n. 16421 del 2019).
7.Il primo motivo è privo di pregio.
Come è noto l’art. 36, comma 2, n. 4), del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, sulla falsariga dell’art. 132, secondo comma, n. 4),
cod. proc. civ. (nel testo modificato dall’art. 45, comma 17, della legge 18 giugno 2009, n. 69), dispone che la sentenza: « (…) deve contenere: (…) 4) la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione; (…) ».
8.1. Per costante giurisprudenza, invero, la mancanza di motivazione, quale causa di nullità della sentenza impugnata, va apprezzata, tanto nei casi di sua radicale carenza, quanto nelle evenienze in cui la stessa si dipani in forme del tutto inidonee a rivelare la ratio decidendi posta a fondamento dell’atto, poiché intessuta di argomentazioni fra loro logicamente inconciliabili, perplesse od obiettivamente incomprensibili (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 30 aprile 2020, n. 8427; Cass., Sez. 6^-5, 15 aprile 2021, n. 9975; Cass., Sez. Trib., 20 dicembre 2022, n. 37344; Cass., Sez. Trib., 18 aprile 2023, n. 10354; Cass., Sez. Trib., 22 maggio 2024, n. 14337; Cass., Sez. Trib., 5 marzo 2025, n. 5882). Peraltro, si è in presenza di una tipica fattispecie di ‘ motivazione apparente ‘, allorquando la motivazione della sentenza impugnata, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente e, talora, anche contenutisticamente sovrabbondante, risulta, tuttavia, essere stata costruita in modo tale da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio, e quindi tale da non attingere la soglia del ‘ minimo costituzionale ‘ richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost. (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., Sez. 6^5, 25 marzo 2021, n. 8400; Cass., Sez. 6^-5, 7 aprile 2021, n. 9288; Cass., Sez. 5^, 13 aprile 2021, n. 9627; Cass., Sez. 6^-5, 24 febbraio 2022, n. 6184; Cass., Sez. Trib., 18 aprile 2023, n. 10354; Cass., Sez. Trib., 22 maggio 2024, n. 14337; Cass., Sez. Trib., 5 marzo 2025, n. 5882).
8.2.Nella specie, tuttavia, non si può ritenere che la sentenza impugnata sia insufficiente ed incoerente sul piano della logica giuridica, contenendo un’ampia ed articolata illustrazione delle
ragioni sottese alla decisione. Per cui, la motivazione del decisum raggiunge appieno la soglia del minimo costituzionale.
9.La seconda censura è fondata.
Secondo la CTR l’esame del contratto di cessione dei crediti pro solvendo all’azienda di credito evidenzia chiaramente il nesso funzionale ed il collegamento negoziale che avvince tale atto alla precedente apertura della linea di credito, sussistendo elementi che convergono verso l’individuazione di un nesso inscindibile tra i due atti che ne giustificano la riconduzione ad una causa unitaria.
9.1. Secondo l’Agenzia il beneficio fiscale opera solo per quelle operazioni di finanziamento volte ad immettere nuova ricchezza nel mercato, estendendosi a tutte quelle ipotesi che implicano la possibilità di attingere denaro, al fine di incrementare gli investimenti produttivi, come più volte confermato anche dalla giurisprudenza di legittimità, che ha individuato le operazioni di finanziamento in quelle che si traducono nella provvista di disponibilità finanziaria. Di contro – ha sostenuto la ricorrente – la società aveva ceduto crediti personali derivanti dal contratto di appalto per garantire l’apertura di credito e detto contratto non rientrerebbe nella tipologia degli atti che hanno come elemento causale il finanziamento, esprimendo, invece, una funzione di mera garanzia, avendo voluto la contribuente tutelare solo la propria posizione debitoria verso l’azienda creditrice, per cui legittimo è l’avviso di accertamento.
9.2.In generale, per consolidato principio espresso da questa Corte, il discrimine tra tassazione unica e tassazione separata è ancorato alla distinzione fra negozio complesso e negozi collegati, posta dall’art. 21 del d.P.R. n. 131 del 1986, in virtù del quale il primo è contrassegnato da una causa unica, mentre, in caso di collegamento, distinti ed autonomi negozi si riannodano ad una fattispecie pluricausale, della quale ciascuno realizza una parte, ma pur sempre in base ad interessi immediati ed autonomamente
identificabili: di qui la tassazione separata di ciascuno di essi (Cass. n. 16417 del 2015, Rv. 636101-01). Tale soluzione interpretativa ha trovato ulteriore conferma nella giurisprudenza della Corte Costituzionale che ha ribadito la natura di “imposta d’atto” dell’imposta di registro (C. Cost. n. 158 del 2020, n. 39 del 2021). In particolare, peraltro con riguardo a una fattispecie in cui l’atto sottoposto a tassazione era una cessione di crediti a garanzia di un finanziamento contestualmente erogato dalla banca (Sez. 5, Ordinanza n. 25620 del 2022), si è precisato che il criterio da utilizzare nell’interpretazione è quello diretto alla verifica degli effetti che i negozi sono destinati a produrre: si è in quel caso stabilito che le disposizioni soggette a tassazione unica sono soltanto quelle fra le quali intercorre, in virtù della legge o per esigenza obiettiva del negozio giuridico, e non per volontà delle parti, un vincolo di connessione, o compenetrazione, immediata e necessaria.
9.3.Nel caso in esame, dunque, non emergono elementi, in base ai quali affermare che la cessione del credito si sia andata ad inserire come elemento qualificante nella struttura del contratto bancario, la causa del quale consiste nell’affidamento: ciò, in quanto la banca accreditante s’impegna a tenere a disposizione del cliente accreditato una determinata somma di danaro, per un dato tempo o a tempo indeterminato. Anzi, risultano elementi contrari, posto che emerge dalla sentenza impugnata che l’apertura di credito, la quale si inquadra nell’ambito di un accordo quadro stipulato nell’anno 2006 con l’istituto di credito che prevedeva la concessione di linee di affidamento per anticipi o fatture da cessioni di credito da formalizzarsi con atto notarile, e la cessione di crediti scaturiscono da due contratti distinti, peraltro stipulati a distanza di anni. Il che, giustappunto in relazione alla richiamata natura d’imposta d’atto dell’imposta di registro, è d’ostacolo alla ricerca di una causa reale ed unitaria di un complessivo regolamento
negoziale, al fine della riqualificazione dei due distinti atti, in base all’art. 20 del d.P.R. 131 del 86: la cessione del credito pro solvendo, per la sua finalità di garanzia risulta vicenda accidentale rispetto all’operazione di apertura di credito del 2006 sia pure ad essa collegata. La previa apertura di credito resta un atto diverso rispetto alla successiva cessione dei crediti e non può ritenersi in essa integrata ancorché menzionata nelle premesse meramente descrittive.
9.4.Si tratta, dunque, di un elemento extra-testuale (e più precisamente di un antefatto rispetto alla cessione dei crediti), che non può essere preso in considerazione ai fini dell’imposta di registro, in virtù della formulazione attuale dell’art. 20 del d.P.R. n. 131 del 1986, di natura interpretativa e, quindi, retroattiva, come chiarito dal legislatore. Come affermato da questa Corte con orientamento pienamente condiviso dal Collegio, in materia di imposta di registro, gli atti diversi ed ulteriori rispetto a quello oggetto di registrazione, posti in essere precedentemente e caratterizzati da una funzione e da effetti propri, integrano elementi extra-testuali, che non possono essere presi in considerazione ai fini dell’art. 20 del d.P.R. n. 131 del 1986, anche se menzionati, enunciati o riportati nell’atto da registrare (Cass. 4798 del 22/02/2024). D’altronde, come questa Corte ha già osservato (anche al fine di escludere l’applicazione dell’art. 15 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601), nel caso in cui ci si trovi di fronte ad una situazione nella quale oggetto di regolamento negoziale è la cessione del credito, successiva all’operazione di finanziamento, con finalità di garanzia, il negozio in questione non ha per oggetto un finanziamento ma, appunto, la garanzia di recupero del credito (Cass., Sez. 5, n. 28734/23).
9.5.La questione deve essere risolta anche sulla base della ratio legis della norma di agevolazione di cui al citato art. 15 del d.P.R. n. 29 settembre 1973, n. 601, la quale è da ricercare nel favore
che il legislatore intende accordare agli investimenti produttivi, nella previsione che essi possono creare nuova ricchezza, sulla quale potrà più adeguatamente applicarsi il prelievo fiscale». Si può perciò, ritenere che, nel caso in cui ci si trovi di fronte ad una situazione – come quella di specie – la quale presuppone già erogato il credito ed investita la somma corrispondente, e nella quale oggetto di regolamento negoziale è la successiva cessione del credito con finalità di garanzia, il negozio in questione non ha per oggetto un finanziamento ma, appunto, la garanzia di recupero del credito. In tal caso, dunque, lo scopo per il quale il legislatore accorda un trattamento agevolato, non ricorre perché, per effetto del negozio di cessione, il cessionario non dispone di nuovo denaro, suscettibile di impieghi produttivi (Cass., 29 marzo 2002, n. 4611; Cass., 5 marzo 2009, n. 5270).
9.6.In altri termini, stante l’assenza di natura creditizia o finanziaria, le cessioni di crediti a scopo di garanzia delle obbligazioni derivanti da contratti di finanziamento non beneficiano dell’imposta sostitutiva, ai sensi del d.P.R. n. 29 settembre 1973, n. 601, artt. 15 e 17, ma scontano l’imposta di registro in misura proporzionale con l’aliquota dello 0,50% ai sensi dell’art. 6 della tariffa – parte prima annessa al d.P.R. n. 26 aprile 1986, n. 131, nel quale espressamente rientrano: “Cessioni di crediti, compensazioni e remissioni di debiti, quietanze, tranne quelle rilasciate mediante scrittura privata non autenticata; garanzie reali e personali a favore di terzi, se non richieste dalla legge”), trattandosi di contratti caratterizzati da autonomia funzionale – seppur nel contesto di un collegamento negoziale rispetto ai contratti originanti le obbligazioni garantite» (così, Cass., Sez. T, 16 ottobre 2023, n. 28734 in ipotesi di collegamento di cessione di credito e leasing).
9.7.Si è così ritenuto che nell’ipotesi in esame (cessione di credito pro solvendo a garanzia del pagamento di una linea di credito) non
operi la previsione dell’art. 15 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, che esonera dal versamento delle imposte di registro le operazioni di finanziamento a medio e lungo termine, tutti i provvedimenti ed atti ad esse inerenti, le garanzie a qualunque titolo prestate, ivi comprese le cessioni di credito stipulate in relazione ai finanziamenti, in quanto solo alle operazioni di finanziamento ed ai contratti ad essi correlati, il cit. art. 15 accorda un trattamento fiscale di favore e trattandosi di norma agevolativa, essa è di stretta interpretazione, applicandosi solo a quelle operazioni che si traducono nella provvista di disponibilità finanziarie, cioè nella possibilità di attingere denaro, da impiegare in investimenti produttivi (Cass., Sez. 5″, 29 marzo 2002, n. 4611; Cass., Sez. 5″, 16 aprile 2008, n. 9930; Cass., Sez. 5″, 5 marzo 2009, n. 5270; Cass., Sez. 5″, 16 gennaio 2015, n. 695; Cass., Sez. 5″, 15 novembre 2021, n. 34230; Cass. n. 25260/2022; n. 28734/2023; n. 32330/2024; Cass. n. 23873/2024).
10.Nella specie, il contratto di cessione dei crediti è un contratto autonomo e distinto rispetto a quello di finanziamento, pur se ad esso collegato, sicché esso deve essere sottoposto a tassazione separata. Occorre, altresì, aggiungere che la finalità di garanzia a cui rispondono le cessioni dei crediti comporta che la società cessionaria non è tenuta ad alcuna prestazione ulteriore, sicché non vi è una prestazione remunerata (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 28734 del 16/10/2023).
10.1.La Corte di Giustizia Tributaria di II Grado del Lazio ha, dunque, errato nel ritenere sufficiente la sussistenza di un collegamento negoziale tra il contratto di apertura di credito e la cessione di crediti in garanzia e nell’affermare che fossero integrati i presupposti per l’applicazione dell’imposta in misura fissa. Essa, rilevando come la causa della cessione dei crediti, negozio propriamente a causa variabile, trovi, nella specie, la causa nella connessione con il contratto di finanziamento, ha di fatto dato
rilevanza più all’intenzione delle parti, allo scopo dell’operazione, invece, di verificare l’autonomia degli effetti dei singoli negozi posti in essere.
11.In conclusione, alla stregua delle suesposte argomentazioni, valutandosi la fondatezza del motivo, la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso della contribuente. Compensa le spese del giudizio di merito e condanna la controricorrente al pagamento in favore dell’Agenzia delle Entrate delle spese di lite del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, respinto il primo; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario di parte contribuente. Compensa le spese relative ai gradi di merito e condanna la parte controricorrente a pagare le spese in favore dell’Agenzia delle Entrate che liquida in euro 5.800,00 oltre le spese prenotate a debito.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria della