Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1257 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 1257 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/01/2024
Oggetto: Avv. acc. IRPEF 2009
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12519/2021 R.G. proposto da NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo sito in Roma in INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio ex lege in Roma, alla INDIRIZZO
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria regionale per il FriuliVenezia Giulia n. 147/02/2020 pronunciata il 07 ottobre 2020 e depositata il 09 novembre 2020, non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 dicembre 2023 dal Co: NOME COGNOME
RILEVATO
La contribuente, esercente la professione di farmacista, riceveva notifica dell’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, con il quale l’ Ufficio accertava per il periodo d’imposta 2009 una maggiore Irpef pari ad €309.931,00, oltre interessi e sanzioni. La rettifica scaturiva dalla modifica del regime di tassazione di una plusvalenza concernente la cessione della farmacia di cui era titolare la dott.ssa NOMECOGNOME con epurazione, altresì, di alcuni costi ritenuti non giustificati; attraverso il conferimento d’azienda ad una società di persone costituita con altri due colleghi farmacisti dell’impresa individuale e successiva cessione a questi ultimi dell’intera quota di partecipazione, la contribuente si era precostituita, a dire dell’ Ufficio, gli strumenti per simulare una plusvalenza da partecipazione, piuttosto che una plusvalenza da cessione d’azienda, sottoposta ad una tassazione molto più onerosa.
Avverso il detto avviso di accertamento, la contribuente proponeva ricorso dinanzi la C.t.p. di Trieste.
La Commissione di prime cure rigettava le ragioni della ricorrente, ritenendo provata la simulazione del contratto di società in luogo della cessione diretta della farmacia agli altri due colleghi.
Sul gravame della contribuente , il collegio d’appello confermava la sentenza di prime cure.
Insorge la contribuente affidandosi a quattro mezzi di ricorso.
Il patrono erariale si è costituito con controricorso.
In prossimità dell’adunanza la parte contribuente ha depositato memoria a sostegno delle proprie ragioni.
CONSIDERATO
Con il primo motivo, sollevando censura ex art. 360 n. 3 c.p.c. per violazione degli artt. 176, comma terzo, d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, 37-bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, 1414 c.c., la contribuente
censura la pronuncia di seconde cure nella parte in cui i Giudici hanno ritenuto di sussumere la vicenda processuale nell’ambito del negozio simulato di cui all’art. 1414 cod. civ.
Con il secondo motivo, sollevando censura ex art. 360 n. 3 c.p.c. per violazione e falsa applicazione dell’art. 1414 c.c., 12, comma terzo, l. n. 475 del 1968, art. 17 atto costitutivo di società n. 170936 rep notaio NOME COGNOME la contribuente censura la pronuncia di seconde cure nella parte in cui i Giudici , nell’utilizzare impropriamente l’istituto della simulazione per regolare il fatto controverso, hanno confuso la simulazione con l’elusione e la mera riqualificazione ai fini tributari di negozi giuridici effettivi.
Con il terzo motivo di ricorso, sollevando censura ex art. 360 n. 3 c.p.c. per violazione e falsa applicazione degli artt. 1414 c.c. e 2697 c.c., la contribuente censura la pronuncia di seconde cure nella parte in cui i Giudici hanno affermato la sussistenza di una simulazione relativa sulla base di una semplice concatenazione oggettiva di distinti negozi giuridici riqualificati come cessione d’azienda.
Con il quarto ed ultimo motivo di ricorso, sollevando censura ex art. 360 n. 3 c.p.c. per violazione e falsa applicazione di legge degli artt. 1414 c.c., art. 12, comma terzo, l. n. 475 del 1968 e 109, comma secondo, lett. a) del d.P.R. n. 917 del 1986, la contribuente censura l’operato dei giudici di seconde cure nella parte in cui, affermando la sussistenza della simulazione, hanno riqualificato gli atti negoziali posti in essere dalla contribuente come cessione diretta della propria azienda.
I motivi di ricorso, da trattarsi congiuntamente per evidente connessione oggettiva e comunanza di censure, sono inammissibili.
Con essi parte ricorrente censura l’operato dei giudici di merito principalmente nella parte in cui hanno ritenuto che l’operazione complessa della ‘ costituzione di società -conferimento di impresa individuale -cessione delle quote di partecipazione ‘ fosse sintomatica di una simulazione di contratto (quello costitutivo di società), finalizzata alla dichiarazione di una plusvalenza da partecipazione piuttosto che una plusvalenza da cessione d’azienda.
Le censure mosse dinanzi a questa Corte, tuttavia, sono inammissibili, perché si risolvono in censure di fatto volte ad ottenere una pronuncia che,
operando una nuova valutazione degli elementi già sottoposti all’attenzione dei Giudici di merito, possa escludere la sussistenza del negozio simulato ed accertare, tutt’al più, un’evasione d’imposta.
Appare, difatti, adeguatamente chiaro l’ iter logico seguito dai Giudici di seconda istanza -nonché dai Giudici di prime cure -laddove si legge che ‘La dott.ssa COGNOME ha simulato la costituzione di una società di persone e la successiva cessione della propria quota per aggirare un divieto normativo, mentre nella sostanza ha fatto ricorso ad una vera e propria cessione d’azienda. Infatti, tale conclusione si rivela chiara nell’assumere una visione complessiva delle attività poste in essere e descritte nell’atto impugnato, come collegate nel contesto di un unico intento progettuale: aggirare il limite normativo ex art. 12 comma 7 l. n. 475/1968 che condizionava la cessione e l’acquisto di due diverse farmacie da parte della Contribuente. Questa conclusione è avvalorata non solo dalle riflessioni in punto di fatto e di diritto esposte dall’amministrazione finanziaria sia nell’atto impugnato che negli atti difensivi, quanto altresì dalle ragioni articolate dalla stessa difesa della contribuente.
Ciò detto, ai fini di una compiuta digressione sulle ragioni difensive di entrambe le parti in causa, il collegio non può esimersi dal rilevare l’esistenza di una prova oggettiva in sede tecnica circa la natura effettiva delle operazioni poste in essere dall’appellante. Infatti, risulta dai rilievi dell’accertamento impugnato che, la società costituita tra la dott.ssa COGNOME ed i colleghi farmacisti COGNOME e COGNOME ebbe a contrarre con la banca popolare di Cividale del Friuli un mutuo ipotecario per euro 860 mila con la causale “creazione di liquidità”, mentre la relativa provvista finanziaria almeno per la maggior parte pari a 120 mila euro – fu impiegata per pagare la cessione di quote della dott.ssa COGNOME a favore dei due colleghi COGNOME e COGNOME. Tale operazione fu riportata nella contabilità aziendale con una scrittura semplice descritta come “acquisto farmacia” nei seguenti termini: dare – altre riserve a avere – banca di cividale, di tal che, nella struttura del bilancio societario appariva in attivo il valore dell’azienda conferita/acquistata e nel passivo 11 valore del mutuo acceso per finanziare l’operazione, con contestuale svuotamento o storno della riserva. La lettura dei fatti non pone dubbi (…)’.
È appena il caso di rammentare che il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura è possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione (tra le tante: Cass. 11 gennaio 2016 n. 195; Cass. 30 dicembre 2015, n. 26610).
Come è noto, il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente la prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. 4 novembre 2013 n. 24679; Cass. 16 novembre 2011 n. 27197; Cass. 6 aprile 2011 n. 7921; Cass. 21 settembre 2006 n. 20455; Cass. 4 aprile 2006 n. 7846; Cass. 9 settembre 2004 n. 18134; Cass. 7 febbraio 2004 n. 2357).
Né il giudice del merito, che attinga il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, è tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (ad es.: Cass. 7 gennaio 2009 n. 42; Cass. 17 luglio 2001 n. 9662).
Per completezza argomentativa, quanto alla denuncia di vizio di motivazione, poiché è qui in esame un provvedimento pubblicato dopo il giorno 11 settembre 2012, resta applicabile ratione temporis il nuovo testo dell’art. 360, comma primo, n. 5) c.p.c. la cui riformulazione, disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, secondo le Sezioni Unite deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione.
Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez.Un. 7 aprile 2014 n. 8053).
Secondo costante giurisprudenza di questa Corte, ‘(…) la formale denuncia di errori di diritto, in realtà, sollecita una diversa valutazione della vicenda storica sottesa al giudizio ed un difforme apprezzamento delle risultanze istruttorie vagliate in s ede d’appello. Richiamando alla memoria una recente pronuncia di questa Corte, i cui principi possono considerarsi di portata generale, è facoltà del giudice del merito, nell’esercizio «del potere discrezionale, istituzionalmente demandatogli, di individuare le fonti di prova, controllarne l’attendibilità e la concludenza e, infine, scegliere, fra gli elementi probatori sottoposti al suo esame, quelli ritenuti più idonei a dimostrare i fatti costitutivi della domanda o dell’eccezione, (…) la delimitazione del campo affidato al dominio del giudice del merito consente innanzi tutto di escludere che chi ricorre in cassazione in questi casi possa limitarsi a lamentare che il singolo elemento indiziante sia stato male apprezzato dal giudice o che sia privo di per s é solo di valenza inferenziale o che comunque la valutazione complessiva non conduca necessariamente all’esito interpretativo raggiunto nei gradi inferiori’ (Cass., n. 15771 del 2019).
Il riesame dell’apprezzamento probatorio operato in sede di merito, dunque, è sottratto al giudizio di legittimità, a meno che ‘esso non si presenti intrinsecamente implausibile tanto da risultare meramente apparente (…) pertanto chi censura non può limi tarsi a prospettare l’ipotesi di un convincimento diverso da quello espresso dal giudice del merito, ma deve far emergere l’assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio, nel vigore del novellato art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c., l’omesso
esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, cos ì come rigorosamente interpretato da Cass. SS.UU. nn. 8053 e 8054 del 2014’ (Cass., n. 15771 del 2019).
Pertanto, il ricorso non può essere accolto; le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente a rifondere all’Agenzia delle Entrate le spese processuali che si liquidano in € .settemiladuecento/00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, d à atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, nella misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis del medesimo art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2023