Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18000 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18000 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Data pubblicazione: 02/07/2025
– SEZIONE TRIBUTARIA –
OGGETTO
composta dai seguenti magistrati:
NOME COGNOME
Presidente
NOME COGNOME
Consigliere – rel. –
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
Ud. 14/05/2025
REGISTRO BASE IMPONIBILE ACCOLLO DEBITI INERENTI
ha deliberato di pronunciare la seguente
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 16867/2021 del ruolo generale, proposto
DA
RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE, in persona del legale rappresentante, NOME COGNOME ed RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE), rappresentate e difese, in forza di procura speciale e nomina da considerarsi poste in calce al ricorso, dall’avv. NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE).
– RICORRENTE –
CONTRO
l’ RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (codice fiscale CODICE_FISCALE).
Numero sezionale 3402/2025
Numero di raccolta generale 18000/2025
– CONTRORICORRENTE –
Data pubblicazione 02/07/2025
per la cassazione della sentenza n. 6014/6/2020 della Commissione tributaria regionale della Campania, depositata in data 10 dicembre 2020, non notificata.
UDITA la relazione svolta all’udienza camerale del 14 maggio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
CONSIDERATO CHE:
oggetto di controversia è l’avviso di liquidazione in atti con cui l’Agenzia delle Entrate rettificava, ai fini dell’imposta di registro, la base imponibile della cessione di azienda intervenuta tra la società RAGIONE_SOCIALE (cedente) ed Argentina di RAGIONE_SOCIALE (cessionaria), avente ad oggetto un complesso alberghiero, determinandola, a fronte di un importo di 2.821.754,94, nella somma di 4.100.000,00 € corrispondente al prezzo di vendita dichiarato nell’atto.
Con l’impugnata sentenza la Commissione tributaria regionale della Campania accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, assumendo che:
la controversia andasse decisa sulla base della previsione dell’art. 51, comma 1, d.P.R. n. 131/1986 (da ora anche T.U. reg. o T.U.R., secondo cui «Ai fini dei precedenti articoli si assume come valore dei beni o dei diritti, salvo il disposto dei commi successivi, quello dichiarato dalle parti nell’atto e, in mancanza o se superiore, il corrispettivo pattuito per l’intera durata del contratto») e non del comma 4 della medesima disposizione (a mente del quale «Per gli atti che hanno per oggetto aziende o diritti reali su di esse il valore di cui al comma 1 è controllato dall’ufficio con riferimento al valore complessivo dei beni che compongono l’azienda, compreso
Numero sezionale 3402/2025
l’avviamento ed esclusi i beni indicati nell’art. 7 della parte prima della tariffa e art. 11bis della tabella, al netto delle passività risultanti dalle scritture contabili obbligatorie o da atti aventi data certa a norma del codice civile, tranne quelle che l’alienante si sia espressamente impegnato ad estinguere e quelle relative ai beni di cui al citato art. 7 della parte prima della tariffa e art. 11bis della tabella). Ciò, in quanto nel caso in esame l’ufficio del registro non aveva operato alcuna rettifica dei valori dichiarati, ma si era limitato a commisurare l’imposto al corrispettivo della cessione sulla base dei dati stabiliti nella dichiarazione dei medesimi contraenti; Numero di raccolta generale 18000/2025 Data pubblicazione 02/07/2025
dal contenuto dell’atto di cessione di ramo di azienda emergeva che le parti avevano dichiarato il corrispettivo nella misura di 4.100.000,00 €, (da imputarsi per 100.000,00 € all’avviamento, per 53.000,00 € alle attrezzature, arredi ed impianti, per 3.947.000,00 € alla consistenza immobiliari) e che le passività inerenti il ramo di azienda ammontavano a 1.278.245,06 €, per cui la differenza da corrispondere era pari a 2.821.754,94 €;
appariva, dunque, evidente che l’accollo delle passività concorreva determinazione del prezzo da pagare e che la cifra in pagamento era solo la risultante della sottrazione dell’accollo delle passività, mentre il valore complessivo era quello dichiarato
gli accolli di debiti contestuali ad altre disposizioni non scontavano, ai sensi dell’articolo 21, comma 3, e 43, comma 2, T.U.R., autonomamente l’imposta di registro, per cui gli stessi debiti dovevano considerarsi alla stregua di una semplice modalità di pagamento del prezzo convenuto;
con ricorso notificato in data 16 giugno 2021 le suindicate contribuenti proponevano ricorso per cassazione
contro
la menzionata pronuncia, articolando due motivi di impugnazione, depositando in data 2 maggio 2025 memoria ex art. 380bis .1. c.p.c.; Numero sezionale 3402/2025 Numero di raccolta generale 18000/2025 Data pubblicazione 02/07/2025
l’Agenzia delle Entrate resisteva con controricorso notificato il 16 luglio 2021;
RILEVATO CHE:
con il primo motivo di impugnazione le ricorrenti hanno lamentato, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 51, commi 1 e 4, 21, comma 3 e 43, comma 2, d.P.R. n. 131/1986, nonché dell’art. 2560 c.c. ;
1.1. nello specifico, pur dando atto che la sentenza impugnata si era riportata ai contenuti della pronuncia n. 12215/2008 della Corte di cassazione (confermata da successivi arresti), i ricorrenti hanno sostenuto l’esigenza di rimeditare tale orientamento, osservando che la sentenza impugnata aveva illegittimamente ritenuto:
«che l’accollo del debito da parte della cessionaria costituisse una modalità di pagamento del prezzo con la conseguenza di ritenere tale valore compreso nel calcolo del valore dell’azienda ceduta ai sensi dell’art. 51 comma 1 D.P.R. n. 131 del 1986, benché costituisse mera riaffermazione dell’obbligo gravante sulla cessionaria ai sensi dell’art. 2560 , co, 2, c.c., e, quindi, atto non volontario, non idoneo ad integrare il pagamento del prezzo pattuito e quindi irrilevante ai fini della determinazione del valore dell’atto ai fini dell’art. 51 co. 1 del D.P.R. n. 131 del 1986»;
«che l’art. 51 comma quarto, D.P.R. n. 131 del 1986, che considera la base imponibile della cessione al netto delle passività, non potesse trovare applicazione anche nell’ipotesi
come quelle in esame in cui l’ufficio del registro non aveva operato alcuna rettifica di tale valore dichiarato, ma si era limitato a commisurare l’imposta al corrispettivo della cessione, sulla base dei dati stabiliti nella dichiarazione dei medesimi contraenti» (v. pagina n. 22 del ricorso); Numero sezionale 3402/2025 Numero di raccolta generale 18000/2025 Data pubblicazione 02/07/2025
i ricorrenti hanno posto mente alla circostanza che si trattava di intervento dell’Ufficio operato pur sempre in sede di controllo della dichiarazione, come previsto dalla suddetta disposizione, sebbene l’amministrazione non avesse apportato rettifiche alla medesima, limitandosi a commisurare l’imposta al corrispettivo della cessione;
gli istanti hanno, quindi, osservato che il dato rilevante ai fini della sua applicazione è il controllo della dichiarazione e che il criterio di valorizzazione del valore dell’azienda al netto delle sue passività, come stabilito dall’articolo 51, comma 4, del citato testo unico, non poteva essere relegato alla sola ipotesi dell’accertamento dell’Ufficio di un maggior valore del complesso aziendale, in quanto tale interpretazione darebbe luogo di un’ingiustificata differenza di trattamento rispetto alle ipotesi di cui al primo comma, avente ad oggetto il mero controllo da parte dell’ufficio dell’imposta autoliquidata, finendo col legare il diverso tipo di tassazione al presupposti al dato meramente eventuale variabile della iniziativa di ufficio di operare un controllo del valore dichiarato oppure di procedere alla rettifica dello stesso;
con la seconda censura le società hanno dedotto, sempre in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 20, 43 e 51 d.P.R. n. 131/1986, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che l’accollo delle passività aziendali per 1.278.245,06 € concorresse alla determinazione del prezzo da pagare e che
Numero sezionale 3402/2025
Numero di raccolta generale 18000/2025
quindi la somma corrisposta di 2.821.754,94 € costituisce solo la risultante della sottrazione dall’importo di 4.100.000,00 € pattuito come prezzo della cessione del citato importo oggetto di accollo; Data pubblicazione 02/07/2025
-le ragioni dell’impugnazione sono state sintetizzate dalla difesa dei contribuenti, considerando la sentenza impugnata da cassare perché:
( i ) si è posta contro l’interpretazione del contratto di cessione del ramo aziendale perorato dalle società, secondo cui la finalità dell’atto e la volontà delle parti era quella di trasferire il compendio aziendale per un prezzo al netto delle passività aziendali, mentre la formula contrattuale utilizzata aveva una mera rilevanza descrittiva della consistenza dell’azienda, intendendosi comunque l’accollo quale clausola relativa alla cessione del debito nel contesto della cessione dell’azienda;
( ii ) ha erroneamente ritenuto che, ai sensi dell’art. 50 T.U.R., Il corrispettivo dichiarato dalle parti nell’atto andasse parametrato al prezzo lordo dichiarato considerando quindi anche i debiti accollati;
-le contribuenti hanno pertanto assunto che l’interpretazione fornita dal giudice di merito fondata sulla valorizzazione delle dichiarazioni contenute nel contratto in esame era contraria alle regole ermeneutiche di cui all’articolo 20 T.U. reg., non solo perchè contrastante con la causa del negozio e, quindi, con gli interessi effettivamente perseguiti dai contraenti, costituiti dal trasferimento del complesso aziendale incluse le passività e, dunque, anche dei debiti aziendali, ma anche perché all’art. 7 del contratto le parti avevano dichiarato che la base imponibile dell’imposta dai
Numero registro generale 16867/2021
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registro era pari a 2.821.754,94 €, con ciò confermando che il prezzo della cessione andava considerato al netto delle passività aziendali oggetti di accollo; Data pubblicazione 02/07/2025
questa Corte su questione del tutto analoga, concernente l’applicazione dell’imposta di registro mediante determinazione del valore dell’atto di acquisto del complesso aziendale secondo il criterio del valore dichiarato dalle parti, ha, con ordinanza interlocutoria n. 14653/2025, rimesso la trattazione della causa in pubblica udienza, reputando essere di rilievo nomofilattico il tema della deducibilità, dal prezzo indicato nel contratto, delle eventuali passività trasferite unitamente al cespite, in quanto operazione prevista dall’art. 51, comma quarto, del d.P.R. citato non solo nell’ipotesi contemplata dalla norma in cui l’Ufficio finanziario disattenda detto valore e proceda ad autonoma valutazione, ma anche laddove il valore dichiarato dalle parti non sia oggetto di rettifica, ma sia comunque controllato dall’Ufficio;
anche nella fattispecie in esame sussiste, quindi, il medesimo il rilievo nomofilattico della questione, di particolare rilevanza, che giustifica la rimessione della causa a nuovo ruolo per trattazione in pubblica udienza;
P.Q.M.
la Corte rinvia la causa a nuovo ruolo per la trattazione in pubblica udienza.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14 maggio 2025.
IL PRESIDENTE NOME COGNOME