Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1801 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 1801 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31032/2020 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE , domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. ROMA n. 1270/2020 depositata il 05/03/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con la sentenza in epigrafe la Commissione Tributaria Regionale (CTR) del Lazio ha respinto l’appello erariale contro la
sentenza della Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Roma che aveva accolto il ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE quale gestore del Fondo denominato ‘RAGIONE_SOCIALE -Fondo comune di investimento immobiliare di tipo chiuso’, contro l’avviso di accertamento recante recupero di IVA illegittimamente detratta, pari a 1.615.000,00, a seguito della qualificazione come cessione d’azienda del contratto stipulato con la RAGIONE_SOCIALE in data 22/07/2011 e avente ad oggetto l’acquisto da parte della ricorrente, quale gestore del fondo ‘RAGIONE_SOCIALE‘, di un complesso immobiliare adibito a struttura ricettiva in Chieti.
Secondo la CTR la società aveva acquistato solo la proprietà dell’immobile, non era subentrata nei rapporti di lavoro o nella titolarità di autorizzazioni o licenze né aveva acquistato altri beni, oltre l’immobile; la RAGIONE_SOCIALE aveva concesso in locazione l’immobile nella stessa data del 22/7/2011 alla RAGIONE_SOCIALE, alla quale la RAGIONE_SOCIALE, che gestiva la struttura, aveva ceduto i contratti di leasing relativi agli arredi. Ha aggiunto la CTR che mancava la prova di un « qualsiasi collegamento negoziale » tra l’acquisto dell’immobile e gli atti relativi agli arredi, osservando altresì che alla RAGIONE_SOCIALE immobiliare, quale gestore di un fondo d’investimento di tipo chiuso, era vietato l’esercizio di attività d’impresa o la titolarità d’aziende commerciali.
Avverso questa pronunzia l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione fondato su due motivi.
Resiste con controricorso la società.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso, si deduce in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c. « motivazione nulla, apparente e illogica» ,
violazione e falsa applicazione dell’art. 36, numero 4, d. lgs. n. 546/1992.
Il motivo è infondato.
1.1. N on essendo più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e danno luogo a nullità della sentenza -di ‘mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata (Cass. n. 23940 del 2018; Cass. sez. un. 8053 del 2014), a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (v., ultimamente, anche Cass. n. 7090 del 2022). Questa Corte ha, altresì, precisato che « la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture » (Cass., sez. un., n. 22232 del 2016; conf. Cass. n. 9105 del 2017, secondo cui ricorre il vizio di omessa motivazione della sentenza, nella duplice manifestazione di difetto assoluto o di motivazione apparente, quando il Giudice di merito ometta di indicare, nella sentenza, gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indichi tali elementi senza una approfondita disamina logica e giuridica in modo da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla
logicità del suo ragionamento). In questo caso, come si desume dalla superiore espositiva, il motivo attinge pienamente il c.d. ‘minimo costituzionale’.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 20 d.P.R. n. 131/1986, 2 comma 3 lett. b), 19, d.P.R. n. 633/1972, e degli art. 2697 e 2629 c.c., denunziandosi l’erroneità della decisione laddove la CTR non aveva esaminato la potenzialità produttiva del complesso ceduto, data dal collegamento funzionale tra i beni che lo componevano, già adibito e funzionante come struttura ricettiva, il cui esercizio era proseguito senza soluzione di continuità a seguito della locazione alla RAGIONE_SOCIALE lo stesso giorno del rogito notarile di acquisto.
Il motivo è fondato.
2.1. Deve premettersi che l’art. 20 del d.P.R. n. 131/1986, come modificato dalla legge n. 205/2017, pur ribadendo la prevalenza della sostanza sulla forma (« l’imposta è applicata secondo la intrinseca natura egli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente »), limita la possibilità di riqualificare l’atto da registrare, impedendo l’utilizzo di elementi extratestuali o di atti collegati (« sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi »). Il legislatore ha stabilito il carattere interpretativo di questa modifica con l’art. 1 comma 1084 della l. n. 145/2018 e l’eccezione di legittimità costituzionale di queste norme, sollevata anche da questa Corte (v. Cass. n. 23549 del 2019), è stata disattesa dal Giudice delle legge (v. Corte cost. n. 158 del 2020; v. anche Corte cost. n. 39/2021). E’ ormai consolidato l’orientamento di questa Corte secondo cui «I n tema di imposta di registro, l’art. 20 del d.P.R. n.
131 del 1986 -nella formulazione successiva alla l. n. 205 del 2017 cui, ai sensi dell’art. 1, comma 1084, della l. n. 145 del 2018, va riconosciuta efficacia retroattiva (norme ritenute esenti da profili di illegittimità dalla Corte costituzionale, rispettivamente, con sentenze n. 158 del 21 luglio 2020 e n. 39 del 16 marzo 2021) -deve essere inteso nel senso che l’Amministrazione finanziaria, nell’attività di qualificazione degli atti negoziali, deve attenersi alla natura intrinseca ed agli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, senza che assumano rilievo gli elementi extra -testuali e gli atti, pur collegati, ma privi di qualsiasi nesso testuale con l’atto medesimo, salve le diverse ipotesi espressamente regolate.(Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza che aveva ritenuto legittimo l’avviso di liquidazione fondato sulla riqualificazione giuridica di due atti giuridici collegati come operazione unitaria di cessione aziendale, sebbene realizzata previo conferimento del ramo aziendale in una società costituita “ad hoc” e la cessione ad altra delle quote sociali della conferitaria) » (Cass. n. 2677 del 2022; Cass. n. 9065 del 2021; ultimamente, v. Cass. n. 34917 del 2023).
2.2. La modifica conferma la natura dell’imposta di registro come ‘imposta d’atto’ a differenza dell’IVA, in cui assume rilievo l’operazione economica (Cass. n. 12450 del 2024). Con riguardo a tale ultima imposta la qualificazione non si esaurisce nell’esame del solo dato contrattuale ma investe, più specificamente, il fenomeno economico che il rapporto (o i rapporti) mira a realizzare, sì da valutare l’effettiva consistenza dell’operazione e, in caso di pluralità di operazioni, se esse abbiano una medesima “sostanza economica” anche se vi sia una differente “sostanza giuridica” (Cass. n. 21767 del 2017). La stessa giurisprudenza unionale avverte che nella qualificazione dell’operazione deve tenersi conto « dell’obiettivo economico di tale operazione » (Corte di Giustizia 19 novembre 2009, RAGIONE_SOCIALE, C -461/08, § 39), nonché
« dell’interesse dei destinatari delle prestazioni » (Corte di Giustizia, 16 aprile 2015, Wojskowa Agencja Mieszkaniowa w Warszawie, C -42/14).
2.3. Quanto ai rapporti tra imposta di registro ed IVA, in particolare dopo la modifica dell’art. 20 cit., questa Corte ha chiarito che « l’accertamento diretto a qualificare una operazione economica come una cessione d’azienda è operato effettuando una valutazione globale di tutte le circostanze del caso di specie, non applicandosi i limiti probatori di cui all’art. 20 del TUR, previsti solo ai fini della determinazione dell’imposta di registro, e non rilevando il principio di alternatività di cui all’art. 40 TUR, che pone un nesso funzionale unilaterale tra Iva e imposta di registro per la sola ipotesi in cui sia accertata la debenza dell’Iva, con la conseguente applicazione dell’imposta di registro in misura fissa» (Cass. n. 12450 del 2024) .
2.4. In tema di IVA, l’art. 2, secondo comma, lett. b, d.P.R. n. 633 del 1972, nel testo vigente ratione temporis , invero prevede che « non sono considerate cessioni di beni: …b) le cessioni… che hanno per oggetto aziende o rami d’azienda »; quanto alla nozione di azienda, l’art. 5, numero 8, della sesta direttiva IVA (riprodotto dall’art. 19 della direttiva 2006/112/CE) stabilisce che, in caso di trasferimento a titolo oneroso o sotto forma di conferimento ad una società di una universalità totale o parziale di beni, gli Stati membri « possono considerare l’operazione come non avvenuta e che il beneficiario continua la persona del cedente »; la giurisprudenza comunitaria specifica, inoltre, che, a tal fine, il trasferimento di un’azienda o di un suo ramo corrisponde al trasferimento dell’insieme di beni, materiali e immateriali, i quali « complessivamente costituiscono un’impresa o una parte d’impresa idonea a continuare un’attività economica autonoma .. .» (Corte di Giustizia, 10 novembre 2011, NOME COGNOME, C -444/10, che ha ricompreso nel trasferimento d’azienda, in quanto tale non
assoggettabile ad IVA, la cessione dello stock di merci e dell’attrezzatura di un negozio). Nella nozione di cessione d’azienda ai fini IVA, dunque, assume rilevanza centrale l’elemento funzionale, ossia il legame fra il singolo elemento aziendale e l’impresa, sicché solo in assenza di questo legame il bene potrà essere considerato autonomamente, mentre in caso contrario, l’operazione sottostante lo specifico contratto di cessione dovrà essere considerata come cessione d’azienda, indipendentemente dal fatto che il bene sia stato esplicitamente o implicitamente previsto nel negozio giuridico di cessione e dalla genuinità della stessa operazione commerciale (non essendo prevista né richiesta una finalità elusiva). L’opera di qualificazione non si esaurisce nell’esame del solo dato contrattuale ma investe, più specificamente, il fenomeno economico che il rapporto (o i rapporti) mira a realizzare, coinvolgendo nella valutazione anche gli altri atti negoziali eventualmente connessi o collegati.
2.5. Le regole in tema di IVA trovano corrispondenze nei principi civilistici, tanto in tema di interpretazione quanto di cessione d’azienda.
2.5.1. In materia di interpretazione dei contratti e di autonomia negoziale, rileva non cosa le parti hanno scritto ma ciò che esse hanno effettivamente realizzato col complessivo regolamento negoziale adottato, anche indipendentemente dal contenuto delle dichiarazioni rese (Cass. n. 3481 del 2014; Cass. n. 24594 del 2015; Cass. n. 6758 del 2017).
2.5.2. Secondo il costante orientamento di questa Corte, poi, ricorre la vendita aziendale regolata dagli artt. 2555 c.c. e ss. c.c. ogni volta venga ceduto un insieme di elementi costituenti un complesso organico e funzionalmente adeguato a conseguire lo scopo in vista del quale il loro coordinamento era stato posto in essere, essendo necessario e sufficiente che la cessione abbia ad
oggetto un’entità econom i ca ancora esistente, la cui gestione sia stata effettivamente proseguita o ripresa dal nuovo titolare. La vendita aziendale non è esclusa in caso di cessione di singole unità produttive, purché abbiano una propria autonomia organizzativa e funzionale -anche se, una volta inserite nell’impresa cessionaria, restino assorbite, integrate o riorganizzate nella più ampia struttura di quest’ultima e anche ove, per dare continuità all’impresa, sia necessario l’apporto di altri beni o dotazioni. È in altri termini necessario che nel complesso di beni oggetto del trasferimento permanga un residuo di organizzazione che ne dimostri l’attitudine all’esercizio dell’impresa, sia pure con le successive integrazioni ad opera del cessionario (Cass. 3514 del 1975; Cass. 3627 del 1996; Cass. 23496 del 2004; Cass. 17418 del 2005; Cass. 27826 del 2005; Cass. 21481 del 2009). L’azienda può esser dedotta quale oggetto di cessione sia nella sua fase statica, sia in quella dinamica e, pertanto, non è neppure rilevante che l’idoneità funzionale e produttiva dei beni non sussista ancora, bastando che essa sia conseguenza potenziale prevista dalle parti (Cass. 1640 del 1984; Cass. 4700 del 2003; Cass. 166 del 2005).
2.6. La CTR ha considerato i singoli contratti, escludendo un collegamento negoziale tra gli stessi, ma non ha esaminato la fattispecie nell’ottica dell’operazione economica che le parti hanno inteso realizzare, come previsto dai principi in materia di IVA secondo cui « assume rilievo preminente la valutazione della complessiva operazione economica realizzata, di cui occorre individuare gli elementi caratteristici alla luce dell’obbiettivo economico perseguito e dell’interesse delle parti alle prestazioni » (Cass. n. 21767 del 2017). In questa prospettiva emergono una serie di elementi indicativi di un programma unitario diretto, attraverso una pluralità di atti, alla cessione del complesso aziendale: sulla scorta di quanto riportato in ricorso per autosufficienza in ordine all’atto impositivo e al PVC, va evidenziato
che la RAGIONE_SOCIALE era « soggetto creato ‘ad hoc’ dalla società cedente e privo di mezzi finanziari propri » (v. trascrizione dell’atto impositivo a pag. 25 del ricorso) per la gestione della struttura residenziale attraverso contratto di associazione in partecipazione con la RAGIONE_SOCIALE; emerge, ancora, che contestualmente all’atto di compravendita non solo venne stipulato il contratto di locazione con la RAGIONE_SOCIALE ma venne formalizzato il recesso della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dall’associazione in partecipazione per la gestione del complesso alberghiero cosicché senza soluzione di continuità la gestione alberghiera, imputata a quest’ultima società sino al 31.7.2011, proseguì in capo alla RAGIONE_SOCIALE dal 1.8.2011 (v. pag. 21); alla conduttrice COGNOME passarono non solo l’immobile locato e gli arredi oggetto dei contratti di leasing già in capo alla RAGIONE_SOCIALE, ma anche altri arredi per i quali soltanto in data 30.11.2011 la RAGIONE_SOCIALE emise fattura di vendita alla RAGIONE_SOCIALE che, in pari data, emise fattura di vendita alla RAGIONE_SOCIALE, peraltro mai pagati (v. pag. 23 ricorso).
Conclusivamente, accolto il secondo motivo e rigettato il primo, la sentenza deve essere cassata con rinvio al giudice del merito.
p.q.m.
accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo, cassa di conseguenza la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Roma 9 ottobre 2024
IL PRESIDENTE
NOME COGNOME