Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3953 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 3953 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/02/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 22909/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in INDIRIZZO, presso l’ AVVOCATURA RAGIONE_SOCIALEE DELLO STATO (P_IVAP_IVA che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. VENETO n. 542/2016 depositata il 02/05/2016.
Udita la relazione svolta all’udienza pubblica del 08/02/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
udito il Pubblico ministero nella persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto accogliersi il sesto motivo di ricorso, con assorbimento dei restanti motivi;
uditi per la società ricorrente l’AVV_NOTAIO, sostituto processuale dell’AVV_NOTAIO e per l’Amministrazione l’AVV_NOTAIO, che hanno richiamato le rassegnate conclusioni.
FATTI DI CAUSA
Con avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, la Direzione Provinciale di Vicenza dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE rettificava, ai sensi per gli effetti degli artt. 37, 39, 40 e 41 – bis del D.P.R nr. 600/73 la dichiarazione MoAVV_NOTAIO Unico 2004, relativa al periodo d’imposta 1.1.2004 – 30.9.2004 dalla società RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), esercente l’attività di corriere espresso e franchisee della società RAGIONE_SOCIALE (corriere espresso di primaria rilevanza internazionale facente capo alla RAGIONE_SOCIALE Mail inglese e titolare del marchio GLS), partecipata da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e COGNOME NOME in modo diretto ed indiretto (tramite la società RAGIONE_SOCIALE) accertando: un maggiore reddito d’impresa pari ad euro 6.826.901,00; l’omessa effettuazione, dichiarazione e versamento di ritenute pari ad euro 174.066,00.
L’avviso di accertamento veniva notificato, ai sensi e per gli effetti dell’art. 14 del D.Lgs. nr. 472/97, anche alla società RAGIONE_SOCIALE (interamente partecipata dalla società RAGIONE_SOCIALE ed esercente l’attività di direzione e coordinamento RAGIONE_SOCIALE diverse imprese licenziatarie del marchio GLS ed operanti sul territorio italiano), cessionaria (in forza di apposito atto di conferimento) del ramo d’azienda già di titolarità della società RAGIONE_SOCIALE
In particolare, il recupero a tassazione si fondava sulla riqualificazione dell’operazione di conferimento d’azienda, realizzata nel 2004, tra la RAGIONE_SOCIALE e la società in epigrafe, articolatasi nei termini di cui in appresso, ricavabili dagli ampi stralci dell’avviso di
accertamento, come riportati da entrambe le parti nei propri atti difensivi:
cessione in data 16.9.2004 in favore della RAGIONE_SOCIALE (società costituita in data 3.9.2004, partecipata da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e COGNOME) di tutte le quote possedute da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e COGNOME nelle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE; le plusvalenze relative alle partecipazioni cedute risultavano affrancate in conseguenza della rivalutazione, effettuata ai sensi dell’art. 5 della Legge n. 448/01 ed assoggettate ad imposta sostitutiva;
ii) trasformazione, in data 23.9.2004, della società RAGIONE_SOCIALE in «RAGIONE_SOCIALE» e della società RAGIONE_SOCIALE in «RAGIONE_SOCIALE»;
iii) per effetto del trasferimento RAGIONE_SOCIALE quote societarie facenti capo ai Sigg.ri NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e COGNOME NOME e della trasformazione di cui sopra: a) la società RAGIONE_SOCIALE risultava partecipata nella misura dell’80% dalla società RAGIONE_SOCIALE e nella misura del 20% dalla società RAGIONE_SOCIALE; b) la RAGIONE_SOCIALE era partecipata nella misura del 100% dalla società RAGIONE_SOCIALE; c) la società RAGIONE_SOCIALE era, di fatto, titolare dell’intero capitale sociale della RAGIONE_SOCIALE;
iv) conferimento, in data 30.9.2004, da parte della RAGIONE_SOCIALE del proprio ramo d’azienda nella società RAGIONE_SOCIALE; il valore dell’azienda conferita veniva quantificato in € 7.538.420,00, con riconoscimento di una quota di partecipazione nel capitale della società in epigrafe pari al 5% e del valore nominale di € 1.000,00,
corrispondente al 5% del capitale. Il conferimento così eseguito determinava: l’emersione, in capo alla società conferente, di un reddito tassabile pari ad € 6.826.901,00, che, in applicazione RAGIONE_SOCIALE previsioni di cui all’art. 5 del D.P.R nr. 917/86, veniva imputato nella misura dell’0,1% ai soci accomandatari, nella misura dell’80% alla società RAGIONE_SOCIALE, nella misura residua alla società RAGIONE_SOCIALE; l’imputazione, in applicazione RAGIONE_SOCIALE previsioni di cui all’art. 5 del D.P.R nr. 917/86, della quota di reddito ascritta alla società RAGIONE_SOCIALE al socio unico RAGIONE_SOCIALE, che, pertanto, indicava come componenti positive sia i redditi trasferiti direttamente dalla RAGIONE_SOCIALE, sia quelli derivanti dalla partecipazione totalitaria posseduta nel capitale della società RAGIONE_SOCIALE;
cessione, in data 15.10.2004, da parte della RAGIONE_SOCIALE, alla società RAGIONE_SOCIALE della partecipazione, acquisita a seguito del conferimento del ramo d’azienda effettuato il 30.9.2004. nel capitale della società RAGIONE_SOCIALE, per la somma di € 7.600.000,00, che non dava luogo all’emersione di materia imponibile in quanto il prezzo era in linea con il valore della partecipazione;
vi) sterilizzazione da parte della società RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE componenti positive in oggetto, con indicazione, nella dichiarazione dei redditi relativa al bilancio chiuso al 30 giugno 2005, tra le variazioni in diminuzione, al rigo RF55, dell’importo di € 7.808.363,00, in merito al quale la società non produceva alcuna documentazione giustificativa;
vii) liquidazione e cancellazione dal Registro RAGIONE_SOCIALE imprese RAGIONE_SOCIALE società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
Evidenziava l’Ufficio che i contratti posti in essere avevano inteso creare uno schermo giuridico volto ad oscurare il reale intento dei contraenti che, di fatto, non avevano mai voluto gli
effetti dei negozi posti in essere, tendendo piuttosto alla realizzazione di effetti diversi da quelli tipicamente attribuibili agli strumenti giuridici utilizzati.
L’effetto ricercato, in realtà, era stato quello di far confluire, per trasparenza, in capo a RAGIONE_SOCIALE, interposta ad hoc, gli utili conseguiti dalle partecipate RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, al fine di abbatterli tramite i maggiori oneri opportunamente predisposti dalla RAGIONE_SOCIALE.
Il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE veniva accolto dalla CTP di Vicenza, con annullamento dell’atto impositivo impugnato. I giudici di primo grado ritenevano non ricorrere nella specie le condizioni per l’applicazione dell’art. 14 del D.Lgs. n. 472/97, in quanto RAGIONE_SOCIALE era rimasta estranea alle operazioni che avevano comportato la mancata dichiarazione e pagamento dell’imposta sulla plusvalenza. Inoltre, alla data della cessione dell’azienda, intervenuta il 30 settembre 2004, dopo che NOME si era trasformata da RAGIONE_SOCIALE, il debito per imposta non era ancora esistente, essendo invece sorto successivamente, nell’anno 2005, a seguito della presentazione della dichiarazione dei redditi della RAGIONE_SOCIALE riportante l’indebita variazione in diminuzione.
Con la sentenza indicata in epigrafe la CTR del Veneto accoglieva l’appello dell’Amministrazione, riformando la sentenza di primo grado, ed in particolare osservando: i) che, ai fini della tempestività della notificazione dell’avviso di accertamento, andavano ravvisati i presupposti per la proroga dei termini di cui all’art. 43 comma 3, del DPR 600/73; ii) nel merito, che la cessione della partecipazione non poteva ritenersi liberatoria con riguardo al debito tributario, già maturato, in quanto rientrava in una complessiva operazione con caratteristiche frodatorie, come esplicitamente enunciato nell’atto di accertamento.
Avverso la predetta sentenza ricorre la società contribuente, con sette motivi.
Resiste l’Amministrazione con controricorso.
Il Pubblico ministero ha depositato in data 7/01/2024 memoria ex art. 378, primo comma, cod. proc. civ. chiedendo l’accoglimento del sesto motivo di ricorso, con assorbimento dei restanti.
In data 17/01/2024 la ricorrente ha depositato memoria difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso la società contribuente lamenta, in relazione all’art. 360, c. 1, n. 3 cod., proc. civ., la violazione dell’art. 14, comma 1 D. lgs. 472/1997 e dell’art. 83 del TUIR 917/86, deducendo l’inesistenza di debiti tributari al momento del conferimento del ramo di azienda.
Con il secondo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, c. 1, n. 3 cod., proc. civ., la violazione dell’art. 14, c. 4, del D. Lgs. 472/97, allegando l’estraneità della ricorrente alle operazioni effettuate dalla compagine sociale facente capo alla controparte.
Con il terzo strumento di impugnazione censura, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., la violazione dell’art. 324 del c. p. c. e del principio del ne bis in idem , in relazione al giudicato esterno formatosi con riguardo a contenziosi aventi ad oggetto analoghe operazioni di conferimento effettuate da RAGIONE_SOCIALE con differenti società e con la medesima fonte di innesco, identificata nel p.v.c. del 9 marzo 2003 redatto dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di Milano.
Con il quarto motivo di ricorso la società contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in quanto la CTR di Venezia avrebbe ravvisato una sua responsabilità ex art. 9 del D.Lgs. nr. 472/97, non contestata nell’avviso di accertamento.
Con il quinto motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., la violazione dell’art. 57
del D. Lgs. 546/92 e dell’art. 112 cod. proc. civ., perché i giudici di secondo grado non avrebbero rilevato che l’Ufficio, soltanto in sede di appello, aveva qualificato il conferimento d’azienda effettuato in favore della società RAGIONE_SOCIALE come «in frode dei crediti tributari», con deduzione nuova ed inammissibile.
Con il sesto motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., la violazione dell’art. 43, comma 3, del DPR 600/73 e dell’art. 2909 del codice civile, per l’indebito raddoppio dei termini per la notifica dell’accertamento, eccependo a tale riguardo anche l’intervenuto giudicato interno.
Con il settimo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 4 e 5 cod. proc. civ., il difetto di motivazione della sentenza in violazione dell’art. 36 del D. Lgs. 546/92.
Va esaminata in via preliminare l’eccezione di giudicato esterno sollevata con il terzo motivo di ricorso.
L’eccezione, già rigettata dai giudici di appello, è infondata, perché riferita a pronunce della CTP di Milano (nn. 234, 235 e 255/2012) che, secondo le stesse allegazioni della società ricorrente, attengono a differente oggetto, in quanto relative ad operazioni di conferimento di azienda intercorse tra RAGIONE_SOCIALE e altre società, e trovano come unico legame con la presente controversia l’innesco nella medesima attività accertativa.
Inoltre, le sentenze richiamate non risultano prodotte con l’attestazione di definitività, né tale circostanza è desumibile dalla sentenza appellata.
Deve quindi esaminarsi, per la sua natura potenzialmente decisoria, e comunque per pregiudizialità logica, il sesto motivo di ricorso.
9.1 Il motivo è infondato.
9.2. Costituisce ius receptum che: «In tema di accertamento tributario, il raddoppio dei termini previsto dagli artt. 43, comma 3,
del d.P.R. n. 600 del 1973 e 57, comma 3, del d.P.R. n. 633 del 1972, nei testi applicabili ratione temporis , presuppone unicamente l’obbligo di denuncia penale, ai sensi dell’art. 331 c.p.p., per uno dei reati previsti dal D.Lgs. n. 74 del 2000, e non anche la sua effettiva presentazione, come chiarito dalla Corte cost. nella sentenza n. 247 del 2011, sicché, ove il contribuente denunci il superamento dei termini di accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria, deve contestare la carenza dei presupposti dell’obbligo di denuncia, non potendo mettere in discussione la sussistenza del reato il cui accertamento è precluso al giudice tributario» (v. Cass. 28/04/2021 n.11156; Cass. 02/07/2020, n. 13481).
9.3. Si è, anche, precisato che detti termini – ex artt. 43, del d.P.R. n. 600 del 1973, per l’Irpef – sono raddoppiati in presenza di seri indizi di reato che facciano insorgere l’obbligo di presentazione di denuncia penale, anche se archiviata o tardiva, senza che, con riguardo agli avvisi di accertamento già notificati, relativi a periodi d’imposta precedenti a quello in corso alla data del 31 dicembre 2016 (ed è il caso in esame), incidano le modifiche introdotte dall’art. 1, commi da 130 a 132, della t. n. 208 del 2015, attesa la disposizione transitoria, ivi introdotta, che richiama l’applicazione dell’art. 2, del d.lgs. n. 128 del 2015, nella parte in cui fa salvi gli effetti degli avvisi di accertamento, dei provvedimenti che irrogano sanzioni e degli inviti a comparire ex art. 5 d.lgs. n. 218 del 1997 già notificati, dimostrando un favor del legislatore per il raddoppio dei termini se non incidente su diritti fondamentali del contribuente, quale il diritto di difesa, in ossequio ai principi costituzionali di cui agli artt. 53 e 112, Cost. (Cass. 19/12/2019, n. 33793; 14/05/2018, n. 11620).
9.4. Cass. n. 36474 del 24/11/2021 ha inoltre chiarito che «In tema di accertamento tributario, il raddoppio dei termini previsto dall’art. 57, comma 3, del d.P.R. n. 633 del 1972, nel testo
applicabile ” ratione temporis “, può operare anche se la notizia di reato è emersa dopo la scadenza del termine ordinario di decadenza. Infatti, per la Corte costituzionale (Corte cost., 25 luglio 2011, n. 247) i termini raddoppiati di accertamento non costituiscono una proroga di quelli ordinari, ma sono anch’essi termini fissati direttamente dalla legge, operanti automaticamente in presenza di una speciale condizione obiettiva, cioè ove sussista l’obbligo di denuncia penale per i reati tributari, senza che all’Amministrazione finanziaria sia riservato alcun margine di discrezionalità per la loro applicazione. I termini raddoppiati, quindi, non si innestano su quelli brevi, in base ad una scelta discrezionale degli uffici tributari, ma operano autonomamente allorché sussistano elementi obiettivi tali da rendere obbligatoria la denuncia penale per i reati previsti dal d.lgs. 74/2000. Non può dunque farsi riferimento alla riapertura o alla proroga di termini scaduti, né alla reviviscenza di poteri di accertamento ormai esauriti, poiché i termini brevi e quelli raddoppiati si riferiscono a fattispecie ab origine diverse, che non interferiscono tra loro ed alle quali si connettono i diversi termini di accertamento. Pertanto, mentre i termini brevi di cui ai primi due commi dell’art. 57 d.P.R. 633/1972 operano in presenza di violazioni tributarie per le quali non sorge l’obbligo di denuncia penale di reati, i termini raddoppiati di cui al terzo comma dell’art. 57 operano, invece, in presenza di violazioni tributarie per le quali vi è l’obbligo di denuncia.
9.5. Come specificato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 247/2011, ciò che conta è solo «la sussistenza dei presupposti dell’obbligo di denuncia, compiendo al riguardo, una valutazione ora per allora (cosiddetta prognosi postuma) circa la loro ricorrenza ed accertando, quindi, se l’amministrazione finanziaria abbia agito con imparzialità od abbia, invece, fatto uso pretestuoso e strumentale RAGIONE_SOCIALE disposizioni denunciate al fine di
fruire ingiustificatamente di un più ampio termine di accertamento» (cfr. anche Cass. n. 27629/2018).
Il giudice tributario deve pertanto limitarsi a controllare, se è richiesto con i motivi di impugnazione, la sussistenza, nei termini ora indicati, dei presupposti dell’obbligo di denuncia, con la precisazione, però, che il correlativo tema di prova – e, quindi, l’oggetto della valutazione da effettuarsi da parte del giudice tributario – è circoscritto al riscontro dei presupposti dell’obbligo di denuncia penale e non riguarda l’accertamento del reato (Cass., sez. 6-5, 15 aprile 2021, n. 9958).
9.6. Con specifico riferimento alla fattispecie in esame, si osserva che il cessionario, pur se eventualmente estraneo all’evasione penalmente rilevante, risponde solidalmente degli obblighi fiscali del cedente così come cristallizzatisi in capo allo stesso. Per la RAGIONE_SOCIALE ragione l’atto interruttivo esclude prescrizione e decadenza anche nei confronti del coobbligato fiscale non attinto da esso (Cfr. ex multis Cass. n. 2545/2018; Cass. n. 20766/2021).
9.7. Del resto, secondo quanto riportato nella relazione illustrativa al decreto legge n. 223 del 2006, tra le finalità del rafforzamento dei termini introdotto da tale provvedimento normativo con la modifica dell’art. 43 del DPR n. 600/1973 vi è quella di garantire al fisco l’utilizzabilità di quei più ficcanti elementi istruttori eventualmente emersi nel corso RAGIONE_SOCIALE più complesse indagini condotte dall’autorità giudiziaria per un periodo di tempo più ampio rispetto a quello previsto ordinariamente per l’accertamento (v. anche, con analoghe osservazioni, Circ. 28/E/2006).
9.8. Ciò vale anche in relazione alle fattispecie in cui, in relazione all’accertamento tributario svolto nei confronti del soggetto verso cui opera l’ampliamento dei termini, sia necessario procedere ad accertamento pure nei confronti di altro soggetto d’imposta legato al primo, ad esempio, da un rapporto di
responsabilità solidale, limitatamente agli aspetti tributari che assumono rilevanza per la determinazione della posizione fiscale del primo e limitatamente al periodo di imposta cui si riferisce la violazione che assume rilevanza penale. Si pensi, ad esempio, anche al rapporto tra consolidante e consolidata, alle società aderenti alla cd. ‘IVA di gruppo’, alle società con tassazione per trasparenza, alle società partecipata per i redditi di partecipazione imputati a ciascuno (così, condivisibilmente, la Circ. n. 54/E/2009, i cui enunciati devono ritenersi applicabili anche alla cessione ex art. 14 d.lgs. 472/97).
9.9. In ragione di quanto osservato, ai fini della proroga del termine per l’accertamento la CTR ha correttamente ritenuto irrilevante la circostanza che, nel caso in esame, la denuncia penale per il reato di dichiarazione infedele previsto dall’art. 4 della legge n.74 del 2000 fosse stata a suo tempo presentata dall’RAGIONE_SOCIALE solo nei confronti del legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE e socio di RAGIONE_SOCIALE, come è dato comprendere dalla sentenza e dal ricorso.
Né parimenti rileva che l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non abbia ipotizzato alcun concorso da parte di RAGIONE_SOCIALE nel contestato reato proprio di cui all’art. 4 legge n. 74 del 2000, configurabile solo in capo al soggetto obbligato a presentare la dichiarazione relativa alle imposte sul reddito o all’Iva della società RAGIONE_SOCIALE, essendo pacifica la contestazione alla ricorrente, sin dall’avviso di accertamento, della responsabilità ai sensi dell’art. 14 del D.Lgs. nr. 472/97 per la sua qualità di cessionaria del ramo d’azienda già di titolarità della società RAGIONE_SOCIALE
10. Il primo ed il secondo motivo di ricorso devono esaminarsi congiuntamente, per la loro stretta connessione, in quanto con detti strumenti di impugnazione la società ricorrente, denunciando profili di violazione dell’art. 14, comma D. lgs. 472/1997 e dell’art. 83 del DPR n. 917/1896, sostiene che non sia
ravvisabile una partecipazione della società cessionaria allo schema frodatorio posto in essere dalla cedente, né che comunque sia ipotizzabile una sua consapevolezza in merito alla frode.
I motivi sono infondati.
10.1. L’intreccio di atti preordinati ad occultare materia imponibile secondo uno schema artificioso e circolare, (v. Racc/2012/772UE, in part. § 4.4) culminato nella cessione finale, è chiaramente delineato dai giudici di merito e descritto nel controricorso con ampio richiamo, anche mediante riproduzione integrale RAGIONE_SOCIALE parti salienti, all’avviso di accertamento.
10.2. La posteriorità della dichiarazione infedele della cedente non riveste pertanto rilievo, atteso che l’obbligazione tributaria sorge ex lege con il verificarsi del presupposto di fatto del tributo, da riferirsi alla prefigurazione e messa in atto AVV_NOTAIO schema in oggetto, laddove la dichiarazione fiscale e il successivo accertamento non fanno parte del meccanismo costitutivo del rapporto d’imposta, ma sono rivolti solo a darvi ultima esecuzione.
10.3. Va a tale proposito ricordato che, per orientamento costante di questa Corte «in tema di riscossione dei tributi, l’art. 14 del d.lgs. n. 472 del 1997 introduce misure antielusive a tutela dei crediti tributari, disposizioni speciali rispetto all’art. 2560, comma 2, c.c., dirette ad evitare, tramite la previsione della responsabilità, solidale e sussidiaria, del cessionario per i debiti tributari gravanti sul cedente, che, attraverso il trasferimento dell’azienda, sia dispersa la garanzia patrimoniale del contribuente in pregiudizio dell’interesse pubblico. Ne consegue che, nell’ipotesi di cessione conforme a legge, viene valorizzata la diligenza del cessionario nell’assumere, prima della conclusione del negozio traslativo, informazioni sulla posizione debitoria del cedente, così assumendo il primo una responsabilità sussidiaria, con ” beneficium excussionis “, limitata nel ” quantum ” (entro il valore della cessione) e nell’oggetto (con riferimento alle imposte e sanzioni relative al
triennio prima del contratto ovvero anche anteriori, ma irrogate o contestate nel triennio, ovvero entro i limiti del debito risultante, alla data del contratto, dagli atti degli uffici finanziari); diversamente, nell’ipotesi di cessione in frode al fisco, la responsabilità del cessionario è presunta “iuris tantum”, “quando il trasferimento sia effettuato entro sei mesi dalla constatazione di una violazione penalmente rilevante” e senza i limiti previsti per le cessioni conformi a legge» (Cass. n. 29722/2020; n. 17264/2017, n. 9219/2017; n. 5979/14).
10.4. Per quanto rilevato, correttamente i giudici del merito hanno applicato alla fattispecie in oggetto la previsione di cui all’art. 14, comma 4, del D.Lgs. n. 472/1997, secondo cui «la responsabilità del cessionario non è soggetta alle limitazioni previste nel presente articolo qualora la cessione sia stata attuata in frode dei crediti tributari (…)», osservando in particolare la CTR nella pronuncia qui gravata che «la specialità della norma in esame e le sue finalità antielusive inducono a ritenere corretta la soluzione interpretativa fornita dai Giudice di merito volta ad estendere ai cessionario la responsabilità solidale per il debito dei cedente, relativo a violazione “commessa” nel triennio ma accertata in esito a procedimento definito soltanto in data successiva ai trasferimento dell’azienda».
10.5. Corretta è anche la valutazione espressa in merito al contenuto negativo dell’attestazione rilasciata ai sensi dell’art. 14, comma 3, del D.Lgs. nr. 472/97, dal momento che essa riguarda soltanto la «esistenza di contestazioni in corso e di quelle già definite» e, comunque, non esonera il cessionario dalla responsabilità prevista dal successivo comma 4 del sopra menzionato art. 14.
10.6. Ogni altra censura, con cui si intende lamentare l’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo RAGIONE_SOCIALE risultanze di causa, è, invece, esterna all’esatta interpretazione
della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità.
Il quarto motivo di ricorso, con il quale si lamenta la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. perché la CTR di Venezia avrebbe ravvisato una responsabilità concorrente della società ex art. 9 del D.Lgs. nr. 472/97 nella infedele dichiarazione dei redditi relativi al 2004, non contestata nell’avviso di accertamento, è infondato.
La ratio decidendi della sentenza qui gravata si fonda sull’applicazione dell’art. 14 cit., con argomentazioni ampiamente spese nel provvedimento, laddove il riferimento alla previsione dell’art. 9 D.Lgs. n. 472/1997 compare in coda, quale argomento eventuale, del tutto ipotetico e privo di contenuto decisorio autonomo, neppure in senso rafforzativo, della decisione già acquisita (v. sent. p. 5).
Anche il quinto strumento di impugnazione, con il quale si denuncia la violazione del divieto di nova in appello con riferimento alla qualificazione da parte dell’Ufficio, ed alla valorizzazione da parte della CTR, del conferimento di azienda quale atto inserito in una fattispecie di natura frodatoria, è infondato.
12.1. Si è già rilevato che l’Ufficio, sin dall’avviso di accertamento, ha chiaramente qualificato la cessione del ramo di azienda come segmento di una più ampia operazione di natura frodatoria, preordinata ad occultare materia imponibile, contestazione quindi ribadita negli atti difensivi dell’Amministrazione, come richiamati dai giudici di merito.
Pertanto, non è ravvisabile alcuna violazione del divieto imposto dal primo comma dell’art. 57 del d.lgs. n. 546/1992.
Infondato è, infine, anche il settimo motivo, mediante il quale la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 4 e 5, il difetto di motivazione della sentenza impugnata.
L’assenza della motivazione, la sua mera apparenza, o ancora la sua intrinseca illogicità, implicano una violazione di legge costituzionalmente rilevante e, pertanto, danno luogo ad un error in procedendo, la cui denuncia è ammissibile dinanzi al giudice di legittimità ai sensi del n. 4 dell’art. 360, ponendosi come violazione RAGIONE_SOCIALE norme poste a presidio dell’obbligo motivazionale (Cass. S.U. sentenze 7 aprile 2014, nn. 8053 e 8054). In sostanza, il vizio di motivazione che solo può dar luogo alla cassazione della sentenza è quello che attinge il nucleo fondamentale della sentenza, il cosiddetto minimo costituzionale di esplicitazione RAGIONE_SOCIALE ragioni poste a base della sentenza.
Va ancora rammentato che ‘La riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 RAGIONE_SOCIALE preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.’ (Cass., Sez. U., 07/04/2014, n. 8053; Cass. Sez. 1, 03/03/2022 n. 7090).
13.1. Nessuna di tali fattispecie ricorre con tutta evidenza nel caso in esame, in quanto dalla lettura della motivazione della sentenza impugnata, di cui si è ampiamente dato conto nell’esaminare i superiori motivi di ricorso, emerge con chiarezza
ed esaustività l’iter logico seguito dalla CTR per argomentare i propri convincimenti.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna della società ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M .
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 22.300,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis AVV_NOTAIO stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 08/02/2024.