Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8805 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 8805 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PAOLITTO LIBERATO
Data pubblicazione: 03/04/2024
Registro Invim Accertamento
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 3994/2017 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo Direttore p.t. , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici, in Roma, INDIRIZZO, ope legis domicilia;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo legale rappresentante p.t. , società liquidata e cancellata dal Registro RAGIONE_SOCIALE Imprese, e RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo legale rappresentante p.t. , socio e successore della RAGIONE_SOCIALE, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio del prof. AVV_NOTAIO NOME COGNOME che le rappresenta e difende unitamente al prof. AVV_NOTAIO NOME COGNOME ed al prof. AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
-controricorrenti –
avverso la sentenza n. 4361/16, depositata il 5 luglio 2016, della Commissione tributaria regionale del Lazio; Udita la relazione svolta, nella pubblica udienza del 20 ottobre 2023, dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; uditi, per l’RAGIONE_SOCIALE , l’AVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO e, per le controricorrenti, l’AVV_NOTAIO ; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto che la Corte accolga il ricorso.
FATTI DI CAUSA
-Con sentenza n. 4361/16, depositata il 5 luglio 2016, la Commissione tributaria regionale del Lazio ha accolto l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la decisione di prime cure che aveva disatteso l’impugnazione di un avviso di liquidazione dell’imposta di registro (n. NUMERO_DOCUMENTO) emesso dall’RAGIONE_SOCIALE dietro riqualificazione – in termini di cessione di azienda (piuttosto che di cessioni di beni quale operazione imponibile IVA) dell’oggetto del contratto concluso in data 28 aprile 2011 (registrato in via telematica il 6 maggio 2011, al n. NUMERO_DOCUMENTO, e) intercorso tra la cedente RAGIONE_SOCIALE e la cessionaria RAGIONE_SOCIALE
1.1 -Il giudice del gravame ha rilevato che:
-l’oggetto del contratto sottoposto a tassazione riguardava i diritti di cui la società cedente era titolare e, dunque, « a) l’Autorizzazione Unica alla costruzione e all’esercizio di un impianto fotovoltaico nel territorio del Comune di Tuscania, rilasciatogli dalla Provincia di Viterbo; b) la disponibilità del diritto di superficie di determinati terreni per la costruzione e l’esercizio dell’impianto; c) il progetto per la realizzazione, lo sviluppo e l’esercizio dell’impianto fotovoltaico; d) il
diritto all’allacciamento dell’impianto fotovoltaico alla rete elettrica di trasmissione nazionale.»;
-l’Ufficio non aveva contestato «le asserzioni di parte appellante con le quali si è prospettato che l’operatività dell’impianto avrebbe necessariamente richiesto un’onerosa integrazione da parte dell’acquirente, che avrebbe dovuto provvedere all’installazione dei pannelli fotovoltaici e degli inverter»;
«quanto ceduto dalla RAGIONE_SOCIALE non aveva, di per sé stesso, un’attitudine, neanche potenziale, all’esercizio di attività imprenditoriale essendo a tal fine necessaria l’ulteriore predisposizione, a carico dell’acquirente, di apparati tecnici (pannelli fotovoltaici ed inverter), oltretutto di elevato valore economico stante l’entità e la potenza dell’impianto. ».
RAGIONE_SOCIALE‘ RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di due motivi.
RAGIONE_SOCIALE, e RAGIONE_SOCIALE, resistono con controricorso, ed hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., l’RAGIONE_SOCIALE denuncia nullità della gravata sentenza per violazione del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 57 e 58, deducendo, in sintesi, che il giudice del gravame, decidendo nel merito della lite contestata, aveva implicitamente disatteso l’eccezione articolata da essa esponente in punto di nova da controparte dedotti con i motivi di appello; difatti (solo) col gravame controparte aveva censurato la riqualificazione operata con l’avviso di liquidazione, producendo (anche) nuovi documenti e deducendo -oltreché l’inconfigurabilità della natura principale dell’imposta liquidata che non avevano formato oggetto di cessione beni materiali (nemmeno riportati nel libro cespiti).
Il secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge con riferimento all’art. 2555 cod. civ., ed al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 20, e art. 2 della tariffa allegata, parte prima , deducendo l’RAGIONE_SOCIALE che:
-alla disposizione tributaria posta a fondamento dell’operata riqualificazione del contratto (art. 20, cit.) doveva riconoscersi natura antielusiva siccome volta a cogliere la «causa reale» dell’atto dispositivo e la «regolamentazione degli interessi effettivamente perseguita dai contraenti»;
-nella nozione di azienda, delineata dall’art. 2555 cod. civ., ai beni organizzati per il perseguimento del fine produttivo deve attribuirsi «un significato particolarmente ampio», in quanto tale inclusivo (anche) dei servizi organizzati nell’azienda , dei beni immateriali, dei rapporti di lavoro e, in definitiva, dei diritti e rapporti giuridici, così che ai fini della configurazione di una cessione di azienda non avrebbe potuto ritenersi imprescindibile il trasferimento di beni materiali;
-rilevando l’idoneità dei beni ceduti al perseguimento dei fini produttivi (cd. potenzialità produttiva dell’impresa), non anche l’attualità dell’esercizio di impresa, nella fattispecie l’oggetto della cessione non avrebbe potuto identificarsi con un mero progetto, atteso (anche) che: a) – la cessionaria di azienda (RAGIONE_SOCIALE) aveva iniziato a presentare dichiarazioni fiscali a partire proprio dall’anno 2011 e, nel medesimo periodo di imposta, aveva erogato compensi «ai medesimi soggetti ai quali la cedente RAGIONE_SOCIALE aveva versato compensi nello stesso anno 2011»; b) -mentre la cedente RAGIONE_SOCIALE aveva chiuso in perdita il bilancio di esercizio 2012, ed era stata posta in liquidazione nel 2013, dalla relativa nota integrativa del bilancio 2011 poteva desumersi che tutta l’attività della cessionaria RAGIONE_SOCIALE si era risolta nella «realizzazione, l’esercizio e la
manutenzione dell’unico impianto fotovoltaico sito nel Comune di Tuscania»; c) -sempre la RAGIONE_SOCIALE, alla stessa data del contratto (ora) in contestazione, aveva «ceduto ad altre Società diritti della stessa tipologia di quelli qui in oggetto»;
in un siffatto contesto, il giudice del gravame avrebbe dovuto considerare (anche) il collegamento negoziale quale attività RAGIONE_SOCIALE parti unitariamente riconducibile all’àmbito di applicazione della disposizione di cui all’art. 20, cit., e rilevante ai fini dell’identificazione di una cessione di azienda (con la tecnica cd. a «spezzatino»).
-Va premesso che rimangono al di fuori del giudizio di legittimità, in quanto non esaminabili, i motivi di appello che -involgendo, rispettivamente, il difetto di motivazione dell’atto impositivo, e la preclusione alla sua integrazione giudiziale ( ex post ), la qualificazione dell’imposta liquidata (quale suppletiva o complementare piuttosto che principale), con conseguente maturata decadenza, e la violazione del contraddittorio preventivo (in fattispecie di clausola antielusiva) -sono rimasti assorbiti nella gravata sentenza e che, ciò non di meno, vengono riproposti in controricorso.
Come, difatti, la Corte ha in più occasioni statuito, nel giudizio di legittimità non possono trovare ingresso, e perciò non sono esaminabili, le questioni sulle quali, per qualunque ragione, il giudice inferiore non si sia pronunciato per averle ritenute assorbite, così che (solo) in ragione della cassazione della sentenza impugnata per l’accoglimento del motivo attinente alla questione assorbente, l’esame RAGIONE_SOCIALE ulteriori questioni rimaste assorbite va rimesso al giudice del rinvio, salva l’eventuale ricorribilità per cassazione avverso la successiva sentenza che abbia affrontato le suddette questioni precedentemente ritenute superate (v., ex plurimis , Cass., 30 settembre 2022, n. 28530; Cass., 16 giugno 2022, n. 19442; Cass., 5
novembre 2014, n. 23558; Cass. Sez. U., 17 giugno 2013, n. 15122; Cass., 1 marzo 2007, n. 4804).
-Tanto premesso, il primo motivo di ricorso è destituito di fondamento.
3.1 – La Corte ha statuito che il divieto posto dal d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 57, – alla cui stregua, nel giudizio di appello, non possono proporsi «nuove eccezioni che non siano rilevabili anche d’ufficio» – riguarda le sole eccezioni in senso stretto, e non anche le eccezioni improprie o le mere difese, che sono sempre deducibili; e che per eccezioni in senso stretto debbono intendersi quelle attraverso le quali il contribuente fa valere, con i motivi di ricorso, un fatto giuridico avente efficacia modificativa, impeditiva od estintiva della pretesa fiscale, non potendo al contrario essere considerate tali – e non comportando pertanto il divieto di sollevare eccezioni nuove in appello, posto dall’art. 57, cit., – la deduzione, in grado di appello, di cosiddette eccezioni improprie, o mere difese, in quanto dirette a sollecitare il rilievo d’ufficio da parte del giudice della inesistenza dei fatti costitutivi del diritto dedotto in giudizio, ovvero, specularmente, in quanto volte alla mera contestazione RAGIONE_SOCIALE censure mosse dal contribuente all’atto impugnato – con il ricorso introduttivo – ed alle quali rimane quindi circoscritta la indagine rimessa al giudice (così Cass., 31 maggio 2016, n. 11223; Cass., 5 dicembre 2014, n. 25756; v. altresì, ex plurimis , Cass., 10 maggio 2019, n. 12467; Cass., 21 marzo 2019, n. 8073; Cass., 30 ottobre 2018, n. 27562; Cass., 29 dicembre 2017, n. 31224; Cass., 22 settembre 2017, n. 22105).
E si è, quindi, rimarcato che debbono ascriversi alla categoria RAGIONE_SOCIALE eccezioni in senso stretto tutti i vizi d’invalidità dell’atto impositivo per difetto di elementi formali essenziali, incompetenza o violazione di norme sul procedimento (v. Cass., 30 settembre 2015, n. 19414).
3.2 -Nella fattispecie, la deduzione inerente all’oggetto del contratto -(qui) con specifico riferimento al difetto di cessione di elementi materiali di organizzazione dell’attività produttiva -era, innanzitutto, (già) entrata nel thema decidendum sulla base RAGIONE_SOCIALE allegazioni del ricorso introduttivo che (trascritto dalla stessa ricorrente) esponeva il difetto di ogni potenziale idoneità dei beni ceduti all’attività produttiva e la necessità che gli elementi integrativi, a tal fine necessari, non rivestissero «secondaria importanza» per lo svolgimento di detta attività, non potendosi considerare per tale la «onerosa integrazione dei beni trasferiti con ulteriori fattori produttivi» costituiti «dall’acquisto/costruzione dell’impianto fotovoltaico … elemento maggiormente oneroso per poter sviluppare il business».
L’ allegazione che involgeva il difetto di cessione di elementi materiali dell’organizzazione produttiva costituiva (così) una mera integrazione RAGIONE_SOCIALE deduzioni svolte col ricorso introduttivo e, ad ogni modo, si muoveva sul (solo) piano della contestazione della pretesa impositiva, per di meglio sul piano della insussistenza del fatto costitutivo della pretesa impositiva qual identificato nell’oggetto del contratto sottoposto a tassazione di registro, e qual esposto nell’atto impositivo.
La deduzione in discorso non poteva, dunque, ascriversi al novero RAGIONE_SOCIALE eccezioni in senso proprio non avendo ad oggetto fatti ad efficacia modificativa, impeditiva od estintiva della pretesa fiscale e risolvendosi, piuttosto, in una contestazione della qualificazione giuridica operata dall’RAGIONE_SOCIALE in relazione all’oggetto contrattuale; thema probandum e decidendum , questo, che già apparteneva all’oggetto del giudizio nei termini di una (imprescindibile) identificazione dell’oggetto del contratto ed al cui interno detta deduzione rimaneva, quale allegazione della insussistenza del fatto costitutivo della pretesa impositiva.
-Del pari destituito di fondamento è il secondo motivo di ricorso.
4.1 -Va premesso, al riguardo, che -articolandosi il motivo nei termini di una denuncia di violazione di legge -risultano inammissibili quei profili di censura volti ad enucleare dati probatori di natura inferenziale (in tesi) corroboranti -con riferimento ai comportamenti tenuti dalle società parti del contratto sottoposto a tassazione -la prospettata fattispecie della cessione d’azienda.
Vengono, difatti, così in considerazione deduzioni che la stessa parte ricorrente non si premura di riferire al complesso RAGIONE_SOCIALE posizioni difensive articolate nel corso del giudizio di merito (a riguardo del «come» e del «quando» della relativa introduzione nel giudizio) e che, come detto, – in antinomia rispetto alla denunciata violazione di legge -sono volte, nella sostanza, ad inficiare l’accertamento condotto dal giudice del gravame in ordine ai presupposti fattuali della qualificazione operata in ordine alla fattispecie impositiva.
Per di più, va soggiunto, la qualificazione contrattuale – che va operata sulla base degli elementi desumibili dall’atto presentato per la registrazione «prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi» (d.P.R. n. 131 del 1986, art. 20) presupponeva, nella fattispecie, l’identificazione degli elementi identitari di un’azienda che consentissero di affermare, o escludere, l’esistenza di un complesso di beni organizzati (anche solo in via p otenziale) all’esercizio di un’impresa quale oggetto dell’atto sottoposto a registrazione; laddove, dunque, la preclusione alla valutazione di elementi extratestuali -quale conseguente alla riformulazione dell’art. 20, cit., ad opera della l. 27 dicembre 2017, n. 205, art. 1, c. 87 (v. Corte Cost., sentenze del 21 luglio 2020, n. 158 e del 16 marzo 2021, n. 39) – opera sul piano della qualificazione giuridica dell’atto sottoposto a registrazione – sulla sua sussunzione in alcuno degli atti tipici prefigurati dalla disciplina sostanziale del tributo
-non anche con riferimento all’accertamento in fatto del contenuto di quello stesso atto registrato e quanto, dunque, al suo oggetto contrattuale.
Non veniva, pertanto, in rilievo, nella fattispecie, una riqualificazione contrattuale dell’atto sulla base di elementi extratestuali, ovvero in considerazione (unitaria) di negozi (formalmente) distinti ma da considerare collegati; la qualificazione contrattuale, p er vero, risulta tutta interna all’atto da tassare (al suo oggetto) e si incentra sugli elementi identificativi dell’oggetto contrattuale.
4.2 -In tema di IVA, e con riferimento alla regola della cd. non avvenuta cessione di cui all’art. 19 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006 ( sostanzialmente riproduttivo dell’art. 5 paragrafo 8, della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977) -disposizioni, queste, che qui rilevano ai fini dell’applicazione del principio di alternatività Iva/Registro – la Corte di Giustizia ha statuito che:
dette disposizioni debbono ritenersi volte ad «agevolare i trasferimenti di imprese, semplificandoli ed evitando di gravare la tesoreria del beneficiario di una spesa rilevante, che sarebbe, in ogni caso, recuperata successivamente mediante detrazione dell’IVA versata a monte» (CGUE, 19 dicembre 2018, causa C-17/18, Vi. Ma. e a., punto 13; CGUE, 10 novembre 2011, procedimento C-444/10, COGNOME, punto 23; CGUE, 27 novembre 2003, procedimento C497/01, Zita Modes, punto 39);
per «trasferimento di un’universalità totale o parziale di beni» si deve intendere la cessione «di un’azienda o di una parte autonoma di un’impresa, compresi gli elementi materiali e, eventualmente, immateriali che, complessivamente, costituiscono un’impresa o una parte di impresa idonea a svolgere un’attività economica autonoma,
ma che non vi rientra la mera cessione di beni, quale la vendita di uno stock di prodotti» (CGUE, 19 dicembre 2018, causa C-17/18, cit., punto 14, ed ivi ulteriori riferimenti alla pregressa giurisprudenza della Corte);
«affinché si configuri un trasferimento di un’azienda o di una parte autonoma di un’impresa, occorre che il complesso degli elementi trasferiti sia sufficiente per consentire la prosecuzione di un’attività economica autonoma e che la questione se tale complesso debba o meno contenere sia beni mobili che beni immobili deve essere valutata alla luce della natura dell’attività economica di cui trattasi» (CGUE 19 dicembre 2018, causa C-17/18, cit., punto 15; CGUE 10 novembre 2011, causa C-444/10, cit., punti 25 e 26);
a detti fini, «deve essere accordata particolare importanza alla natura dell’attività economica che si intende proseguire nell’ambito della valutazione globale RAGIONE_SOCIALE circostanze di fatto che dev’essere effettuata per determinare se l’operazione di cui trattasi rientri nella nozione di «trasferimento di un’universalità di beni», ai sensi della direttiva IVA (CGUE 19 dicembre 2018, cit., punto 15; CGUE 10 novembre 2011, cit., punto 32).
4.3 – Secondo la giurisprudenza di questa Corte, deve qualificarsi quale cessione di azienda una cessione di beni strumentali atti, nel loro complesso e nella loro interdipendenza, all’esercizio di impresa, mentre la cessione di singoli beni, inidonei di per sè ad integrare la potenzialità produttiva propria dell’impresa, deve essere sottoposta ad IVA; ai fini dell’assoggettamento all’imposta di registro non si richiede che l’esercizio dell’impresa sia attuale, essendo sufficiente l’attitudine potenziale all’utilizzo per un’attività d’impresa, né è esclusa la cessione d’azienda per il fatto che non risultino cedute anche le relazioni finanziarie, commerciali e personali (v. Cass., 30 giugno 2021, n. 18402; Cass., 27 dicembre 2018, n. 33486; Cass., 17 novembre 2017,
n. 27290; Cass., 22 gennaio 2013, n. 1405; Cass., 19 novembre 2007, n. 23857; Cass., 25 gennaio 2002, n. 897; Cass., 28 aprile 1998, n. 4319).
Si è, inoltre, rimarcato che – se può ascriversi alla fattispecie della cessione di azienda anche una sola parte dei beni ceduti che, pur non comprendendo tutti quelli che appartenevano all’azienda oggetto di cessione, abbia tuttavia mantenuto un’organizzazione autonoma idonea a consentire di esercitare un’attività d’impresa, seppur con inevitabili integrazioni che il cessionario abbia dovuto porre in essere, e ciò non di meno – è pur sempre necessario che i beni ceduti conservino un residuo di organizzazione che ne dimostri l’attitudine, sia pure con la successiva integrazione del cessionario, all’esercizio dell’impresa, dovendo comunque trattarsi di un insieme organicamente finalizzato ex ante all’esercizio dell’attività d’impresa (Cass., 30 marzo 2021, n. 8748; Cass., 8 maggio 2013, n. 10740; Cass., 9 ottobre 2009, n. 21481; Cass., 9 dicembre 2005, n. 27286); nonché che l’accertamento relativo all’individuazione, riguardo ai beni trasferiti, di un rapporto di complementarietà strumentale tra gli stessi, quali elementi organizzati per lo svolgi mento di un’attività di impresa, costituisce un’indagine che rientra nell’apprezzamento RAGIONE_SOCIALE risultanze processuali devoluta al giudice di merito ed è censurabile solo per vizio di motivazione (Cass., 22 gennaio 2013, n. 1405; Cass., 28 aprile 1998, n. 4319).
La Corte ha, poi, escluso che una cessione di azienda possa identificarsi con la mera cessione di un’autorizzazione amministrativa, essendosi rilevato che « la cessione dell’autorizzazione al trasporto merci alcuna potenzialità produttiva avrebbe potuto ex se esprimere se non in combinazione con i beni strumentali cui correlare quell’autorizzazione e, così, rendere possibile l’esercizio dell’impresa » (Cass., 30 giugno 2021, n. 18402); nonché che deve essere esclusa la
potenziale idoneità dei fattori produttivi all’esercizio dell’impresa laddove emergeva la «necessità di eseguire «gravosissimi lavori di ristrutturazione», – al fine di poter considerare il fabbricato, oggetto di trasferimento, elemento idoneo a concorrere alla svolgimento dell’attività di impresa avente ad oggetto la gestione di un residence , -e … difetto di elementi idonei anch’essi a concorrere ad una siffatta attività economica («necessari impianti elettrici, di riscaldamento, di condizionamento, antincendio e telefonici, …mobili e … sanitari) » (Cass., 11 maggio 2022, n. 14929).
4.4 -Nella fattispecie, come anticipato, il giudice del gravame -dopo aver identificato, nello specifico, i beni ed i rapporti giuridici che avevano formato oggetto di cessione -ha rilevato che i beni (così ceduti) non potevano rivestire alcuna «attitudine, neanche potenziale, all’esercizio di attività imprenditoriale essendo a tal fine necessaria l’ulteriore predisposizione, a carico dell’acquirente, di apparati tecnici (pannelli fotovoltaici ed inverter), oltretutto di elevato valore economico stante l’entità e la potenza dell’ impianto.».
E detta conclusione deve ritenersi conforme ai principi di diritto espressi dalla Corte di Giustizia, e da questa Corte, in quanto -se è vero che, ai fini in discorso, «deve essere accordata particolare importanza alla natura dell’attività economica che si intende proseguire nell’ambito della valutazione globale RAGIONE_SOCIALE circostanze di fatto che dev’essere effettuata per determinare se l’operazione di cui trattasi
rientri nella nozione di «trasferimento di un’universalità di beni» (CGUE 19 dicembre 2018, cit., punto 15; CGUE 10 novembre 2011, cit., punto 32) -non è dato riscontrare in quali termini sussistesse, nella fattispecie, un’azienda in difetto della stessa (imprescindibile) componentistica tecnica che, strumentale al perseguimento del fine produttivo in vista del quale è postulata l’organizzazione de i fattori d’impresa, deve necessariamente connotare l’impresa di produzione di energia elettrica (per esercizio di impianto fotovoltaico).
– Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza di parte ricorrente nei cui confronti non sussistono, però, i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, c. 1quater ).
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso; condanna l’RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore dei controricorrenti, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità liquidate in € 3.500,00 per compensi professionali ed € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario RAGIONE_SOCIALE spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 20 ottobre 2023.