Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33184 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33184 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/12/2024
Oggetto: Tributi Cessione d’azienda Accertamento ai fini Iva -Condizioni
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 29005 del ruolo generale dell’anno 201 6, proposto
Da
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che l a rappresenta e difende;
-ricorrente –
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in forza di mandato speciale a margine del controricorso, dall’Avv.to NOME COGNOME elettivamente domiciliata presso l’indirizzo di posta elettronica del difensore (PEC): EMAIL;
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Sardegna, sezione staccata di Sassari, n. 371/08/2015, depositata in data 10 novembre 2015;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 9 ottobre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME di Nocera;
RILEVATO CHE
1. L’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , propone ricorso, affidato a un motivo, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione tributaria regionale della Sardegna, sezione staccata di Sassari, aveva accolto l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , nei confronti d ell’Ufficio avverso la sentenza n. 134/01/2011 della Commissione Tributaria Provinciale di Sassari che aveva rigettato il ricorso proposto dalla suddetta società avverso l’avviso di accertamento con il quale veniva recuperata l’Iva, relativa all’anno 2004, oggetto di una richiesta di rimborso afferente ad un contratto di cessione, intitolato ‘Compravendita’, del 26.5.2004 di un fabbricato sito in Thiesi adibito all’attivit à di albergo-ristorante-discoteca da parte di RAGIONE_SOCIALE ritenuto dall’Amministrazione concretare unitamente ad altro atto intercorso tra le stesse parti del 1.4.2004 di cessione di ramo d’azienda comprendente il complesso dei beni organizzati dalla venditrice per l’esercizio dell’attività di bar e ristorante e delle relative licenze rilasciate dal Comune di Thiesi -un’unica sostanziale cessione di azienda soggetta ad imposta proporzionale di registro e non ad Iva cui sarebbe stata indebitamente assoggettata la vendita dell’immobile.
2. In punto di diritto, per quanto di interesse, la CTR ha ritenuto sussistente il diritto della società RAGIONE_SOCIALE al rimborso dell’Iva pagata sulla cessione del 26.5.2004 del fabbricato sito in Thiesi adibito all’attività di albergo -ristorantediscoteca atteso che: 1) la società venditrice era stata posta in liquidazione il 30 aprile 2001 (e da oltre trent’anni non s volgeva alcuna attività) per cui, al fine di estinguere i debiti aziendali, aveva come obiettivo la cessione del complesso immobiliare nello stato e condizione in cui si trovava (le foto allegate dimostravano lo stato di vetustà delle strutture) e, quindi, anche la cessione del ramo d’azienda che comprendeva le vecchie licenze commerciali per bar e ristorante rilasciate dal Comune, rimaste in possesso della società già da prima della gestione liquidatoria; pertanto, le cessioni del 1.4.2004 e 26.5.2004 erano state stipulate nel rispetto della normativa tributaria e il loro collegamento che evidenziava ‘ragionevolmente solo una scansione temporale’ tra i due atti, non poteva sottintendere alcun intento elusivo enunciato ma non dimostrato dall’Ufficio ; 2) il s istema comune dell’Iva garantiva la perfetta neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo e dai risultati di dette attività, purché queste fossero di per sé soggette all’Iva; di conseguenza , il diniego del diritto a detrazione era un’eccezione , spettando all’Amministrazione dimostrare adeguatamente gli elementi oggettivi atti a far concludere che il soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere dell’iscrizione dell’operazione contestata in un’evasione commessa dal fornitore o da altro operatore intervenuto a monte o a valle nella catena delle cessioni.
3. La società contribuente resiste con controricorso.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2, comma 3, lett. a) e 19, comma 3, del d.P.R. n. 633/1972, 20,21, comma 2, e 40 del d.P.R. n. 131/1986, nonché dell’art. 37 -bis del DPR n. 600/73, per avere la CTR ritenuto detraibile da parte della contribuente l’Iva sulla cessione del 26.5.2004 del fabbricato sito in Thiesi adibito all’attività di albergo -ristorante-discoteca negando la qualificazione delle
due operazioni di cessione del ramo di azienda dell’1.4.2004 e di cessione del detto fabbricato del 26.5.2004 da parte da parte di RAGIONE_SOCIALE e un’effettiva cessione di azienda , sottoposta ad imposta proporzionale di registro, in quanto la società venditrice si trovava in stato di liquidazione e il sistema comune dell’Iva garantiva la perfetta neutralità dell’imposizione fiscale , sebbene ai fini della qualificazione come un’unica cessione d’azienda delle separate cessioni ravvicinate nel tempo aventi ad oggetto l’una il complesso dei beni organizzati dalla venditrice per l’esercizio di bar e ristorante in Thiesi, munito delle licenze rilasciate dal Comune e l’altr a il fabbricato adibito all’attività di albergo-ristorante-discoteca – non assumessero rilievo la denominazione data agli atti dalle parti né le intenzioni che avevano ispirato gli stessi ma se, in base alla volontà dei contraenti e all’obiettiva consistenza dei beni, l’oggetto specifico dell’atto fosse o meno un complesso organizzato di ben i ricondotti ad unità dalla comune destinazione economica e dunque coordinati tra loro, in modo funzionale, all’esercizio di un’attività di impresa; al riguardo, ad avviso dell’Amministrazione, l’abuso del diritto non poteva essere escluso in considerazione dello stato di liquidazione della società venditrice avendo, nella specie, l’Ufficio fornito tutti gli elementi dai quali andava tratta la conferma che si trattava di un’operazione sosta nzialmente unitaria, frammentata al solo scopo elusivo finalizzato al risparmio fiscale.
2.Va disattesa preliminarmente l’eccezione d’inammissibilità che la controricorrente prospetta in base alla considerazione che l’Agenzia tenderebbe ad ottenere la rivalutazione del merito; in realtà, la ricorrente non ha contestato la ricostruzione in fatto operata in sentenza, ma la violazione delle disposizioni antielusive ex art. 37bis del d.P.R. 600/73 e degli artt. 20 (‘Interpretazione degli atti’) e 21, comma 2, del d.P.R. n. 131/1986 nonché degli artt. 2, 19 del d.P.R. n. 633/1972 con riferimento al l’operazione contestata di cessione del 26.5.2004 , intitolata ‘Compravendita’ , di un fabbricato sito in Thiesi adibito all’attività di albergo -ristorante-discoteca, ritenuta dall’Amministrazione collegata funzionalmente al preventivo atto di cessione di ramo d’azienda e
costituente in realtà un complesso unitario organizzato nell’esercizio dell’impresa .
3.Il motivo è fondato nei termini di seguito indicati.
3.1. Come si evince dalla sentenza impugnata e dallo stesso ricorso, la presente controversia concerne l’impugnativa di un avviso di accertamento con cui l’Agenzia recuperava la somma di euro 57.000,00 oltre interessi e sanzioni a seguito del diniego di rimborso Iva in relazione al contratto di cessione – stipulato in data 26.5.2004 tra società RAGIONE_SOCIALE (quale cedente) e la contribuente ( quale cessionaria) avente ad oggetto il fabbricato sito in Thiesi adibito all’attività di albergo -ristorante-discoteca -ritenuto escluso da ll’applicazione Iva in quanto riqualificato, in collegamento funzionale con il preventivo atto di cessione di ramo d’azienda intercors o tra le stesse parti in data 1.4.2004, come una sostanziale unitaria cessione di azienda, soggetta all’imposta proporzionale di registro . L’operazione sarebbe stata pertanto, ad avviso dell’Amministrazione, frammentata dalle parti al solo scopo elusivo finalizzato al risparmio fiscale.
3.2.Occorre premettere che secondo un consolidato principio di diritto, il regime legale dell’obbligazione tributaria – qui con riferimento al principio di alternatività tra l’Iva e l’imposta di registro – ha carattere imperativo, e natura inderogabile, in quanto sottratto alle libere scelte delle parti; si è, difatti, osservato che « nei casi di imposizione alternativa il contribuente e ancora di più l’ufficio, hanno rispettivamente l’obbligo di corrispondere o di richiedere il tributo effettivamente dovuto e non quello per primo corrisposto o scelto dal contribuente in base a considerazioni soggettive » (Cass., 9 aprile 1991, n. 3726 cui adde Cass., 21 febbraio 2019, n. 5225; Cass., 10 agosto 2010, n. 18524; Cass., 12 marzo 1996, n. 2021; Cass., 11 aprile 1996, n. 3427).
3.3.Ciò che rileva, ai fini del principio di alternatività, è che l’operazione rientri nel campo di applicazione dell’Iva, seppur esente (cd. soggezione teorica; cfr., ex plurimis , Cass., 27 novembre 2015, n. 24268; Cass., 20 aprile 2007, n. 9403; Cass., 21 maggio 1990, n. 4577), e ciò, come si è rilevato, perché il contribuente
ha l’obbligo di corrispondere il tributo previsto dalla legge e non quello scelto in base a considerazioni soggettive (Cass. 23219/2019). L’art. 40 del D.P.R. n. 131 del 1986, ponendo il principio dell’alternatività Iva/registro, subordina l’applicazione dell’imposta di registro in misura proporzionale alla condizione che le cessioni di beni e le prestazioni di servizi non siano assoggettate ad Iva. La qualificazione di una fattispecie come operazione imponibile Iva, dunque, comportando l’assoggettamento alla sola imposta di registro in misura fissa, ha un immediato effetto ai fini del tributo di registro. L’art. 40 cit. è, infatti, composto da due periodi, i quali vanno letti unitariamente; il primo periodo afferma il principio generale, derivato direttamente dall’art. 7 della delega, secondo cui, per le operazioni che rientrano nell’area impositiva dell’Iva, il Registro è dovuto in via agevolata in misura fissa (principio della prevalenza dell’Iva) e, questo, allo scopo di attenuare il cumulo dei due tipi di prelievo.
Il secondo periodo esplicita il principio indicato dal primo comma, specificando che, ai fini della alternatività, vale il criterio della soggezione teorica, in forza del quale l’alternatività stessa opera per tutti gli atti che sottintendono operazioni, anche solo astrattamente, soggette ad Iva, a prescindere dalla circostanza che detto tributo non sia in concreto dovuto per l’esistenza di una causa di esonero; e ciò allo scopo di evitare l’effetto di recupero da parte del tributo concorrente. Restano quindi assoggettate all’imposta di registro (in misura proporzionale) solo le operazioni non soggette a IVA (c.d. escluse) per carenza del requisito oggettivo (artt. 2 e 3) e di quello soggettivo (artt. 4 e 5) previsti dal d.P.R. n. 633 del 1972. Tale principio costituisce espressione e attuazione del divieto della doppia imposizione che ricorre allorché uno stesso soggetto è destinatario di più imposte relative al medesimo presupposto e per lo stesso periodo di imposta, divieto che, a sua volta, costituisce esplicazione del principio costituzionale della capacità contributiva (art. 53 Cost.). L’alternatività tra le due imposte non è connessa solo alla circostanza che un atto sottoposto a registrazione sia effettivamente soggetto ad IVA, ma opera anche quando l’operazione rientri comunque nel campo di applicazione di tale imposta, anche se in concreto non dovuta perché si tratta di operazioni non imponibili o esenti, sicché lo scopo del
principio in questione è non solo quello di carattere -economico di impedire la doppia imposizione, ma anche quello di soddisfare l’esigenza di evitare interferenze applicative tra le due imposte in relazione ad una medesima operazione (da ultimo Cass. 242/2021; Sez. 5, Sentenza n. 15975 del 2024). 3.4.Occorre, dunque, previamente valutare se la cessione dell’immobile oggetto di imposizione rientri nel regime Iva; dal mancato assoggettamento all’Iva, difatti, consegue all’applicazione, per queste operazioni, dell’imposta di registro. 3.5.Nell’avviso di accertamento impugnato, riprodotto nella parte di interesse dalla stessa ricorrente, è stato contestato alla società contribuente che ‘ l’atto … riguarda la cessione di un fabbricato sito in Thiesi INDIRIZZO costituito da locale adibito a discoteca ed accessori al piano terra; e da locale adibito a ristorante composto di un’ampia sala, cucina e accessori al piano terra nonché di un alb ergo articolato su due piani composti ciascuno… Dall’esame della suddetta documentazione è emerso che l’RAGIONE_SOCIALE Thiesina aveva ceduto alla società RAGIONE_SOCIALE esercente uguale attività, anche la propria azienda con separato atto a rogito notaio Maniga in data 1.4.2004…Risulta oggetto di cessione, in particolare, tutto il ramo d’azienda comprenden te il complesso dei beni organizzati dalla parte venditrice per l’esercizio di bar e ristorante in Thiesi .. munito delle licenze… rilasciate dal Comune di Thiesi. Si tratta nella sostanza di un’unica cessione di azienda assoggettabile pertanto ad imposta di registro e non invece di due cessioni di cui la prima relativa ad un fabbricato e soggetta a Iva e la seconda relativa all’attività alberghiera assoggettata ad imposta di registro come invece risulta dall’inquadramento giuridico dato all’operazione dalle parti … ‘.
3.6.Il testo dell’articolo 20 del d.p.r. 131 del 1986, nel testo ante novella, prevedeva: “l’imposta è applicata secondo l’intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente”.
Si trattava di un testo riproduttivo dell’art. 19 del d.p.r. 634 del 1973 che, a sua volta, aveva introdotto la qualificazione “giuridici” degli effetti dell’atto. L’art. 20, collocato nel titolo sull’applicazione dell’imposta di registro e dedicato alla
“interpretazione degli atti” da assoggettare all’imposta, come formulato, si è ritenuto attribuisse prevalenza alla sostanza sulla forma giuridica adottata e si prestasse a superare il tipo negoziale, quand’anche correttamente qualificato alla luce degli ordinari criteri ermeneutici, per valorizzare lo scopo pratico perseguito dalle parti; la qualificazione dell’atto, ai fini della tassazione dell’imposta di registro era basata sugli effetti giuridici dello stesso in quanto la capacità contributiva colpita dal tributo in esame era quella espressa dagli effetti giuridici. La giurisprudenza di questa Corte, formatasi nella vigenza della formulazione dell’art. 20 sopra richiamata (Cass. 2007/2018 Cass. 21676 del 2017; n. 6758 del 2017; n. 1955 del 2015; n. 24594 del 2015; n. 3481 del 2014) ha considerato preminente, nell’imposizione, la causa reale dell’operazione e l’effettiva regolamentazione degli interessi realmente perseguita dai contraenti, e ciò anche se evincibile in pattuizioni collegate (Cass. n. 6758 del 2017; Cass. n. 30974/2021).
3.7.L’art., comma 87, lett. a), della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020) entrato in vigore il primo gennaio 2018 ha modificato l’art. 20 del d.p.r. 131/86 prevedendo che ” L’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi “. Così modificata, l’attuale disposizione dell’art. 20 che appare chiara nell’imporre la considerazione isolata dell’atto presentato alla registrazione e nell’escludere, in particolare, la rilevanza del collegamento negoziale, riconduce l’imposta di registro alla concezione di “imposta d’atto” da applicarsi in relazione al solo contenuto e agli effetti giuridici del singolo atto. Residuava il dubbio se la novella del 2017 fosse di interpretazione autentica. Il legislatore è nuovamente intervenuto sulla norma con la legge di bilancio previsionale per l’anno 2019, stabilendo (art. 1, comma 1084 della legge 145/18) che: “L’articolo 1, comma 87, lettera a), della legge 27 dicembre 2017, n. 205, costituisce interpretazione autentica dell’articolo 20,
comma 1, del esto unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131”. Con la disposizione da ultimo citata il legislatore ha manifestato la volontà di attribuire portata retroattiva alla formulazione dell’art.20 risultante dalla legge di bilancio 2018, quale effetto normalmente riconducibile alla norma di interpretazione autentica ed alla sua natura prettamente dichiarativa di un significato fin dall’inizio contenuto nella norma interpretata.
3.8.Questa Corte ha quindi ritenuto che la nuova e più ristretta formulazione dell’art.20 d.P.R.131/86, così risultante, ponesse una rilevante e non manifestamente infondata questione di legittimità costituzionale in rapporto agli artt. 3 e 53 della Costituzione che ha sollevato con l’ordinanza interlocutoria 23549/2019. La Corte Costituzionale, con la sentenza 158/2020, ha ritenuto non fondata la questione, osservando che il legislatore, con la denunciata norma ha inteso, attraverso un esercizio non manifestamente arbitrario della propria discrezionalità, riaffermare la natura di “imposta d’atto” dell’imposta di registro, precisando l’oggetto dell’imposizione in coerenza con la struttura di un prelievo sugli effetti giuridici dell’atto presentato per la registrazione, senza che assumano rilievo gli elementi extratestuali e gli atti collegati privi di qualsiasi nesso testuale con l’atto medesimo, salvo le ipotesi espressamente regolate dal testo unico. La Corte ha affermato che non è manifestamente arbitrario che il legislatore abbia ribadito la ratio dell’imposta di registro in coerenza alla sua origine storica di “imposta d’atto” e che, sul piano costituzionale, l’interpretazione dell’art. 20 del d.P.R. n. 131 del 1986, incentrata sulla nozione di “causa reale”, provocherebbe incoerenze nell’ordinamento, quantomeno a partire dall’introduzione dell’art. 10-bis della legge n. 212 del 2000. Infatti, consentirebbe all’amministrazione finanziaria, da un lato, di operare in funzione antielusiva senza applicare la garanzia del contraddittorio endoprocedimentale stabilita a favore del contribuente e, dall’altro, di svincolarsi da ogni riscontro di «indebiti» vantaggi fiscali e di operazioni «prive di sostanza economica», precludendo di fatto al medesimo contribuente ogni legittima pianificazione fiscale (invece pacificamente ammessa nell’ordinamento tributario nazionale e
dell’Unione europea). La legittimità costituzionale della portata retroattiva dell’art. 20 è stata oggetto di una distinta e ulteriore questione, sollevata stavolta dalla Commissione Tributaria Provinciale di Bologna (ord. n. 62/4/2020). La Consulta con la sentenza 39 /2021, ha ribadito che «ai fini del vaglio di legittimità costituzionale non assume valenza determinante la natura innovativa o interpretativa della norma che si qualifica di interpretazione autentica (con efficacia retroattiva)» e “non contestabile la legittimità di un intervento legislativo che attribuisce forza retroattiva a una genuina norma di sistema nemmeno quando sia determinato dall’intento di rimediare a un’opzione interpretativa consolidata nella giurisprudenza (anche di legittimità) ma divergente rispetto alla linea di politica del diritto giudicata più opportuna dal legislatore”. Del resto, la Corte costituzionale ha più volte affermato che il potere di interpretazione di una legge non è riservato dalla Costituzione in via esclusiva al giudice né sottratto alla potestà normativa degli organi legislativi. Nemmeno la presenza di un indirizzo omogeneo della Corte di Cassazione costituisce un ostacolo all’introduzione di una norma retroattiva, trattandosi soltanto di un ‘ opzione interpretativa divergente dalla linea di politica del diritto perseguita dal legislatore (Corte cost., n.ri. 586/1990, 480/1992, 387/1994, 311/1995, 525/2000).
3.9.Va ricordato che la Corte di giustizia, con ordinanza del 21 dicembre 2022, ha dichiarato irricevibile il rinvio ex art. 267 TFUE – effettuato da questa Corte con ordinanza interlocutoria n. 10283 del 2022- sulla questione pregiudiziale della compatibilità dell’art. 20 d.P.R. n. 131 del 1986, come modificato dall’art. 1, comma 87, lett. a), n. 1 e n. 2, l. n. 205 del 2017 e dall’art. 1, comma 1084, l. n. 145 del 2018, con gli artt. 5, n. 8, dir. 77/388/CEE e 19 dir. n. 2006/112/CE in ordine ai limiti previs ti per l’Amministrazione fiscale di prendere in considerazione elementi di contesto esterni al contratto per qualificare e provare l’effettività dell’operazione realizzata, in ispecie nell’ipotesi di prestazione economica artificiosamente scomposta in plurime cessioni, invece integranti, nel loro complesso, una cessione d’azienda.
In particolare, la Corte di giustizia, dopo aver rilevato che «per qualificare un’operazione come « trasferimento (…) di una universalità totale o parziale di beni », ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 8, della sesta direttiva o dell’articolo 19 della direttiva IVA, occorre effettuare una valutazione globale di tutte le circostanze del caso di specie, che può comprendere la presa in considerazione delle intenzioni delle parti, purché esse siano comprovate da elementi oggettivi (v., in tal senso, sentenze del 10 novembre 2011, Schriever, C-444/10, EU:C:2011:724, punti 32 e 38, e del 19 dicembre 2018, Mailat, C-17/18, EU:C:2018:1038, punti 16 e 26), e che la presa in considerazione di elementi di contesto si impone in particolare quando si tratta di un’operaz ione artificialmente divisa in più parti (v., in tal senso, sentenza del 4 marzo 2021, Frenetikexito, C-581/19, EU:C:2021:167, punti 38 e 39)» (par. 22), ha, peraltro, sottolineato che la normativa nazionale, su cui si incentrava il quesito sulla compatibilità con le disposizioni unionali, riguardava l’imposta di registro, «la quale non costituisce un tributo armonizzato all’interno dell’Unione europea» (par. 23). Ha dunque evidenziato la necessità «di fornire gli elementi che consentano alla Corte di verificare che le disposizioni di tali atti siano state rese applicabili a una siffatta situazione dal diritto nazionale, in modo diretto e incondizionato», ossia se e come vi sia un collegamento tra le disposizioni della direttiva Iva (art. 5, par. 8, e art. 1 9 cit.) e l’ambito di applicazione della normativa nazionale in materia di imposta di registro (par. 24). La Corte, pertanto, ha dichiarato irricevibile la domanda di pronuncia pregiudiziale non essendo stato esposto in modo sufficiente sotto quale profil o l’interpretazione delle disposizioni della direttiva Iva siano rilevanti ai fini dell’applicazione dell’art. 20 TUR.
3.10.Da ultimo, questa Corte ha enunciato il seguente condivisibile principio di diritto: « In tema di Iva, l’accertamento che l’operazione economica posta in essere sia riconducibile o meno ad una cessione d’azienda va operato effettuando una valutazione globale di tutte le circostanze del caso di specie senza che assumano rilievo i limiti proba tori di cui all’art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131 (TUR), trattandosi di disposizione applicabile solo ai fini della determinazione dell’imposta di registro; n é rileva il principio di alternatività di
cui all’art. 40 TUR, che pone un nesso funzionale unilaterale tra Iva e imposta di registro per la sola l’ipotesi in cui sia stata accertata la debenza dell’Iva, derivandone l’applicazione dell’imposta di registro in misura fissa » (Cass. sez. 5, Sentenza n. 12450 del 2024). Nella detta pronuncia si è precisato che « l’imposta ‘portante’ per l’applicazione del principio di alternatività è l’Iva, che assume rilievo, ai fini dell’imposta di registro, solo quando è dovuta; – il principio di alternatività non ha carattere di biunivocità poiché da esso non può derivare che l’assoggettamento dell’atto ad imposta di registro fissa o proporzionale comporti che l’operazione sia soggetta o meno ad imposta sul valore aggiunto; -l’accertamento che l’operazione non è sogge tta ad Iva non comporta che l’imposta di registro debba essere determinata in misura proporzionale poiché, a tal fine, operano solo i criteri previsti dall’art. 20 TUR. ..In conclusione, alla luce della disamina sopra operata e, in linea con l’ambito di an alisi sollecitato dalla decisione della Corte di giustizia del 21 dicembre 2022, si deve escludere che l’art. 20 TUR, in rapporto al principio di alternatività ex art. 40 TUR, incida ai fini dell’accertamento dell’imposta sul valore aggiunto. Tra le due im poste differenti sono i presupposti impositivi, come differente è l’oggetto della prova e il contenuto della stessa. Il principio di alternatività pone sì un nesso funzionale tra di esse, ma questo ha natura unilaterale ed impone solamente che, ove sia sta ta accertata la debenza dell’Iva, l’imposta di registro sia dovuta in misura fissa. Esula dalla fattispecie normativa, invece, l’ipotesi di operazione non soggetta ad Iva, posto che, in questo caso, l’imposta di registro va determinata ai sensi dell’art. 20 TUR. Esula altresì l’ipotesi ‘simmetrica’: l’accertamento dell’imposta di registro e la sua determinazione in misura fissa o proporzionale -non refluisce sulla debenza o meno dell’Iva, la cui valutazione resta autonoma ed ancorata al complessivo conte sto in cui si inserisce l’operazione (e non riguarda l’atto). Ne deriva, in particolare, che i limiti probatori ex art. 20 TUR (il solo dato testuale dell’atto) riguardano solo l’imposta di registro e non rilevano ai fini dell’accertamento dell’Iva ». Nella richiamata sentenza è stato, altresì, sottolineato che resta del tutto estranea la problematica di un eventuale abuso del diritto, il quale, in ipotesi, potrebbe riguardare l’imposta di registro (ex art.
53 bis TUR) e non l’Iva. Per quest’ultima, infatti, non si pone una questione di uso distorto di meccanismi negoziali in vista di un esclusivo interesse fiscale ma solamente la piana applicazione dei principi unionali in tema di accertamento dell’imposta.
3.11.Nella sentenza impugnata, la CTR non si è attenuta ai suddetti principi sopra richiamati, nell’affermare che ‘ le vendite… stipulate con rogito notaio Maniga in data 1.04.2004 e 26.05.2004 stipulate nel rispetto della fattispecie tributaria per cui il loro collegamento che poteva evidenziare ragionevolmente solo una scansione temporale tra le due cessioni non poteva sottendere alcun intento elusivo enunciato, non dimostrato dall’Ufficio ‘ valorizzando lo stato di liquidazione della società venditrice e, in particolare, al fine di estinguere i debiti aziendali, l’obiettivo della ‘ cessione del complesso immobiliare nello stato e condizione in cui si trovava (e foto allegate in atti mostravano con evidenza lo stato di degrado e vetustà delle strutture) e quindi anche della cessione del ramo d’azienda che comprendeva vecchie licenze commerciali per bar e ristorante rilasciate dal Comune, rimaste in possesso della società già prima della gestione liquidatoria ‘; ciò, invece di accertare tutti g li elementi comunque rilevanti nello specifico contesto, in particolare, verificando la funzione strumentale del fabbricato ceduto in data 26.5.2004, adibito all’attività di albergo -ristorantediscoteca, in relazione al ramo d’azienda relativo al complesso dei beni organizzati per l’esercizio di bar e ristorazione, munito di licenze – oggetto di cessione poco tempo prima (1.4.2004) da parte della medesima società alla contribuente, esercente uguale attività alberghiera e di ristorazione e dunque la sostanzi ale unitarietà dell’operazione cessione d’azienda.
Peraltro, la CTR ha richiamato a sostegno della decisione anche il principio irrilevante ai fini della qualificazione dell’operazione in questione – della neutralità dell’Iva e della eccezionalità del diniego del diritto di detrazione con onere a carico d ell’Amministrazione di dimostrare ‘adeguatamente gli elementi oggettivi atti a far concludere che il soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere
dell’iscrizione dell’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione in un’evasione commessa dal fornitore o da altro operatore intervenuto a monte o a valle nella catena delle cessioni’.
4.In conclusione, il ricorso va accolto nei termini indicati in motivazione con cassazione della sentenza impugnata e rinvio anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sardegna, in diversa composizione;
P.Q. M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini indicati in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sardegna, in diversa composizione;
Così deciso in Roma il 9 ottobre 2024