Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32330 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 32330 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 7931/2023 R.G. proposto da Agenzia delle Entrate , in persona del direttore pro-tempore , domiciliata ope legis in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende; -ricorrente –
contro
COGNOME NOME , rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME con domicilio eletto presso il suo studio, sito in Roma, INDIRIZZO
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4458/8/22 della Corte di Giustizia Tributaria di II Grado del Lazio, sez. 8, depositata il 13.10.2022;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26 settembre 2024 dalla dott.ssa NOME COGNOME
udito il P.M., dott.ssa NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
udito per la ricorrente, l’avv. NOME COGNOME;
udito per il controricorrente, l’avv. NOME COGNOME
Fatti di causa
L’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale I di Roma, notificava al Notaio NOME COGNOME l’avviso di liquidazione dell’imposta di registro n. NUMERO_DOCUMENTO in applicazione della aliquota dello 0,50% sul valore di 10.228.333,00, in ordine ad una cessione di crediti pro solvendo del 2016 dalla Fondazione Teatro dell’Opera di Roma alla Unicredit S.p.A. di crediti maturati e maturandi nei confronti di Roma Capitale, a garanzia dell’apertura di credito concessa nel 2014 da Unicredit al cedente, fino alla somma di euro 3.280.000,00.
Il notaio proponeva ricorso avverso l’avviso di liquidazione deducendo, in particolare, l’accessorietà e la strumentalità della cessione del credito rispetto all’apertura della linea di credito, nonché l’applicabilità dell’imposta di registro in misura fissa, in virtù del principio di alternatività ex art. 40 del d.P.R. n. 131 del 1986.
La CTP, con sentenza n. 6873/45/2018, ha accolto il ricorso ritenendo che ‘l’Agenzia delle Entrate fa leva sull’argomento della autonomia del negozio di cessione dei crediti a garanzia, negozio che
avrebbe una sua propria causa e dunque sarebbe autonomamente tassabile in modo proporzionale. Questa tesi presuppone il riferimento ad una causa astratta, meglio tipica, del negozio di cessione, mentre, ai fini dell’imposta occorre avere riguardo alla causa concreta dell’intera operazione negoziale. Nella fattispecie, la cessione dei crediti è fatta a garanzia del finanziamento; da questo punto di vista non ha causa concreta autonoma, essendo il suo scopo quello di garantire un finanziamento, ed essendo i due negozi collegati (apertura di credito e garanzia del medesimo) e volti all’unico scopo di consentire al beneficiario di ottenere il finanziamento, ed al finanziatore di assicurarsi una garanzia’.
L’Agenzia delle Entrate proponeva appello e la Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado del Lazio, sezione 8, con la sentenza indicata in epigrafe, confermava la decisione di primo grado sul presupposto dell’esistenza di un ‘nesso funzionale e di un collegamento negoziale’ tra l’apertura di credito e la cessione dei crediti.
Contro questa sentenza propone ricorso l’Agenzia delle entrate per ottenerne la cassazione, che affida a un unico motivo.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso ed ha depositato una memoria ex art. 378 c.p.c.
Ragioni della decisione
1.Preliminarmente va dichiarata l’inammissibilità della memoria depositata da parte controricorrente in data 20.9.2024, oltre il termine previsto dall’art. 378, secondo comma, c.p.c.
Con l’unico motivo, rubricato ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 6 della tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. 131/1986, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.’, l’Agenzia delle Entrate censura la decisione impugnata, per non essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che l’atto di cessione di credito andava assoggettato ad imposta proporzionale di registro, in ragione della sua sostanziale autonomia rispetto al contratto di finanziamento e dell’irrilevanza, ai fini fiscali, del fatto che la detta cessione avesse lo scopo di garantire il finanziamento.
2.1. L’eccezione di inammissibilità del motivo di ricorso è infondata, atteso che nel ricorso introduttivo sono specificamente indicate le norme violate nonché le esaurienti argomentazioni, tese a motivatamente dimostrare in quale modo le affermazioni in diritto della Corte di Giustizia Tributaria del Lazio, si debbano ritenere in contrasto con le predette norme regolatrici della fattispecie (cfr. Cass. Sez. L – , Ordinanza n. del 21/08/2020, Rv. 658544 -01; Sez. 1 – , Ordinanza n. del 05/08/2020, Rv. 658610 –
01).
Secondo la CTR l’esame del contratto di cessione dei crediti pro solvendo ad Unicredit ‘evidenzia chiaramente il nesso funzionale ed il collegamento negoziale che avvince tale atto alla precedente apertura della linea di credito, sino alla concorrenza di euro 3.280.000,00, ed avente finalità sino a revoca, stipulata nel 2014’. Ad avviso del giudice d’appello, pertanto, l’assetto concreto dato dalle parti per la regolazione del rapporto è idoneo a rivelare la stretta strumentalità del secondo atto (la cessione dei crediti) rispetto al primo (l’apertura di credito), ‘accumunati dal perseguimento di un unico interesse, realizzabile solamente per effetto dell’attuazione degli accordi complessivi’.
3.1. Il motivo di ricorso è fondato e merita accoglimento per le ragioni che seguono.
3.2. In generale, per consolidato principio espresso da questa Corte, il discrimine tra tassazione unica e tassazione separata è ancorato alla distinzione fra negozio complesso e negozi collegati, posta dall’art. 21 del d.P.R. n. 131 del 1986, in virtù del quale il primo è contrassegnato da una causa unica, mentre, in caso di collegamento, distinti ed autonomi negozi si riannodano ad una fattispecie pluricausale, della quale ciascuno realizza una parte, ma pur sempre in base ad interessi immediati ed autonomamente identificabili: di qui la tassazione separata di ciascuno di essi (Cass. n. 16417 del 2015, Rv. 636101-01). Tale soluzione interpretativa ha trovato ulteriore conferma nella giurisprudenza della Corte Costituzionale che ha ribadito la natura di “imposta d’atto” dell’imposta di registro (C. Cost. n. 158 del 2020, n. 39 del 2021).
3.3. In particolare, peraltro con riguardo a una fattispecie in cui l’atto sottoposto a tassazione era una cessione di crediti a garanzia di un finanziamento contestualmente erogato dalla banca (Sez. 5, Ordinanza n. 25620 del 2022, non massimata che, contrariamente rispetto a quanto dedotto nel controricorso, non fa riferimento ‘alla astratta tipologia causale di due atti’, ma si
sofferma sugli specifici criteri interpretativi da seguire per ravvisare quali convenzioni possano essere assoggettate a tassazione unica), si è precisato che il criterio da utilizzare nell’interpretazione è quello diretto alla verifica degli effetti che i negozi sono destinati a produrre: si è quel caso stabilito che le disposizioni soggette a tassazione unica sono soltanto quelle fra le quali intercorre, in virtù della legge o per esigenza obiettiva del negozio giuridico, e non per volontà delle parti, un vincolo di connessione, o compenetrazione, immediata e necessaria.
3.4. Nel caso in esame, dunque, non emergono elementi, in base ai quali affermare che la cessione del credito si sia andata ad inserire come elemento qualificante nella struttura del contratto bancario, la causa del quale consiste nell’affidamento: ciò, in quanto la banca accreditante s’impegna a tenere a disposizione del cliente accreditato una determinata somma di danaro, per un dato tempo o a tempo indeterminato.
Anzi, risultano elementi contrari, posto che emerge dalla sentenza impugnata che l’apertura di credito e la cessione di crediti scaturiscono da due contratti distinti, peraltro stipulati a distanza di due anni, in quanto il primo risale al 2014 e il secondo al 2016.
Il che, giustappunto in relazione alla richiamata natura d’imposta d’atto dell’imposta di registro, è d’ostacolo alla ricerca di una causa reale ed unitaria di un complessivo regolamento negoziale, al fine della riqualificazione dei due distinti atti, in base all’art. 20 del d.P.R. 131 del 86: la cessione del credito, per la sua finalità di garanzia risulta vicenda accidentale rispetto all’operazione di finanziamento, sia pure ad essa collegata. La previa apertura di credito resta un atto diverso rispetto alla successiva cessione dei crediti e non può ritenersi in essa integrata semplicemente perché menzionata nelle premesse meramente descrittive. Si tratta, dunque, di un elemento extra-testuale (e più precisamente di un antefatto rispetto alla cessione dei crediti), che non può essere
preso in considerazione ai fini dell’imposta di registro, in virtù della formulazione attuale dell’art. 20 del d.P.R. n. 131 del 1986, di natura interpretativa e, quindi, retroattiva, come chiarito dal legislatore. Come affermato dalla S.C., con orientamento pienamente condiviso dal Collegio, in materia di imposta di registro, gli atti diversi ed ulteriori rispetto a quello oggetto di registrazione, posti in essere precedentemente e caratterizzati da una funzione e da effetti propri, integrano elementi extra-testuali, che non possono essere presi in considerazione ai fini dell’art. 20 del d.P.R. n. 131 del 1986, anche se menzionati, enunciati o riportati nell’atto da registrare ( Sez. 5 , Ordinanza n. del 22/02/2024, Rv. 670404 – 01).
D’altronde, come questa Corte ha già osservato (anche al fine di escludere l’applicazione dell’art. 15 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601), nel caso in cui ci si trovi di fronte ad una situazione nella quale oggetto di regolamento negoziale è la cessione del credito, successiva all’operazione di finanziamento, con finalità di garanzia, il negozio in questione non ha per oggetto un finanziamento, ma, per l’appunto, la garanzia di recupero del credito (Cass., Sez. 5, n. 28734/23).
Nella specie, il contratto di cessione dei crediti è un contratto autonomo e distinto rispetto a quello di finanziamento, pur se ad esso collegato, sicché esso deve essere sottoposto a tassazione separata. Occorre, altresì, aggiungere che la finalità di garanzia a cui rispondono le cessioni dei crediti comporta che la società cessionaria non è tenuta ad alcuna prestazione ulteriore, sicché non vi è una prestazione remunerata (Cass., Sez. 5, Sentenza n. del 16/10/2023, Rv. 669248 – 01).
3.5. La Corte di Giustizia Tributaria di II Grado del Lazio ha, dunque, errato nel ritenere sufficiente la sussistenza di un collegamento negoziale tra il contratto di finanziamento e la cessione di crediti in garanzia e nell’affermare che fossero integrati
i presupposti per l’applicazione dell’imposta in misura fissa. Essa, rilevando come la causa della cessione dei crediti, negozio propriamente a causa variabile, trovi nella specie, la causa nella connessione con il contratto di finanziamento, ha di fatto dato rilevanza più all’intenzione delle parti, allo scopo dell’operazione, invece, di verificare l’autonomia degli effetti dei singoli negozi posti in essere.
3.6. Come già chiarito dalla S.C. nel precedente appena citato (relativo a cessioni di crediti a scopo di garanzia delle obbligazioni derivanti da contratti di leasing , ma con principi che ben possono essere applicati anche alla fattispecie in esame), le cessioni di credito a scopo di garanzia delle obbligazioni derivanti da finanziamenti non rientrano nel campo di applicazione dell’Iva, ai sensi degli artt. 2, comma 3, lett. a, e 3, comma 2, n. 3, del d.P.R., 26 ottobre 1972, n. 633, ma scontano l’imposta di registro in misura proporzionale con l’aliquota dello 0,50% ai sensi dell’art. 6 della tariffa -parte prima annessa al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (nel quale espressamente rientrano: «Cessioni di crediti, compensazioni e remissioni di debiti, quietanze, tranne quelle rilasciate mediante scrittura privata non autenticata; garanzie reali e personali a favore di terzi, se non richieste dalla legge»), trattandosi di contratti caratterizzati da autonomia funzionale rispetto ai contratti originanti le obbligazioni garantite.
In conclusione, alla stregua delle suesposte argomentazioni, valutandosi la fondatezza del motivo, il ricorso può trovare accoglimento e la sentenza impugnata deve essere cassata; non occorrendo ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384, primo comma, ultima parte, c.p.c., con il rigetto del ricorso originario del notaio.
Le spese dei giudizi di merito, in ragione della natura delle questioni giuridiche trattate, possono essere compensate, mentre
le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario del notaio. Compensa le spese relative ai gradi di merito e condanna il controricorrente a pagare le spese in favore dell’Agenzia delle Entrate che liquida in euro 4.305,00, oltre le spese prenotate a debito.
Così deciso, in Roma, il 26 settembre 2024