Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15863 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15863 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14667/2018 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
–
ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che ex lege le rappresenta e difende.
–
contro
ricorrenti –
nonché
RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE
DIREZIONE
PROVINCIALE
DI
LATINA
–
intimato – avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG.LAZIO SEZ. ST. LATINA n. 6590/2017, depositata il 15/11/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
NOME COGNOME propone ricorso, affidato a quattro motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione tributaria regionale del Lazio aveva accolto solo parzialmente avverso la sentenza n. 663/2016 pronunciata dalla Commissione tributaria provinciale di Latina sul ricorso proposto avverso avviso di intimazione di pagamento di imposta di successione. L’RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso mentre l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata.
Il contribuente ha depositato memoria difensiva.
CONSIDERATO CHE
Il ricorrente ha depositato istanza datata 2/5/2024, con allegata documentazione sopravvenuta, ed ha chiesto pronunciarsi la cessazione della materia del contendere, con condanna al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese di lite, ai sensi dell’art. 46, comma 3, d.lgs. n. 546 del 1992, a seguito di annullamento della «iscrizione a ruolo sulla cui base era stato emesso l’avviso di intimazione oggetto di controversia», come disposto dalla Corte con l’ordinanza n. 1174/2024 ( rectius , n. 5579/2024) in relazione alla posizione di altro erede.
Il contribuente, con la depositata memoria, ha dedotto che è stata iscritta nuovamente a ruolo l’imposta in contestazione, nell’importo rideterminato dall’Ufficio, e notificata «nuova cartella di pagamento sia pure epurata dai vizi
già oggetto di contestazione nel presente giudizio», per cui l’illegittima pretesa erariale non è stata abbandonata.
Avendo l’RAGIONE_SOCIALE provveduto all’annullamento in autotutela dell’atto recante la pretesa impositiva di cui all’intimazione impugnata, la difesa erariale ha espressamente chiesto l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere, con compensazione RAGIONE_SOCIALE spese processuali, statuizione cui si è opposta la parte ricorrente che ne ha chiesto la liquidazione a suo favore.
L’annullamento in via di autotutela degli atti impositivi impugnati comporta la cessazione della materia del contendere, a cui consegue l’estinzione del processo con l’ulteriore effetto della caducazione «RAGIONE_SOCIALE pronunce emanate nei precedenti gradi di merito non passate in giudicato» (Cass. n. 5641/2015).
Quanto al regolamento RAGIONE_SOCIALE spese di lite, tuttavia, va evidenziato che, diversamente da quanto avviene per il processo civile ordinario, nel processo tributario, la cessazione della materia del contendere è espressamente disciplinata dall’art. 46 d.lgs. n. 546 del 1992, ove è stabilito che «il giudizio si estingue, in tutto o in parte, nei casi di definizione RAGIONE_SOCIALE pendenze tributarie previsti dalla legge e in ogni altro caso di cessazione della materia del contendere», con la precisazione che «la cessazione della materia del contendere è dichiarata con decreto del presidente o con sentenza della commissione. Il provvedimento presidenziale è reclamabile a norma dell’art. 28.»
La stessa disposizione precisa che «nei casi di definizione RAGIONE_SOCIALE pendenze tributarie previsti dalla legge le spese del giudizio estinto restano a carico della parte che le ha anticipate», mentre negli altri casi di estinzione del giudizio previsti dall’art. 46 d.lgs. n. 546 del 1992 si deve invece fare ricorso al criterio della soccombenza virtuale, applicato dalla giurisprudenza di legittimità in tutte le ipotesi di cessazione della materia del contendere, come pure si evince dalla sentenza n. 274 del 12 luglio 2005 della Corte costituzionale, nella parte in cui ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, per violazione dell’art. 3 Cost., del testo previgente dell’articolo in esame, ove, a seguito della dichiarazione di Ciò Ad avviso del ricorrente ciò non preclude che, all’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere, segua comunque la condanna dell’Amministrazione virtualmente soccombente.
Per quanto riguarda il giudizio di legittimità, l’art. 62, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992 stabilisce che «al ricorso per cassazione e al relativo procedimento si applicano le norme dettate dal codice di procedura civile in quanto compatibili con quelle del presente decreto» e numerose sono le pronunce che hanno espressamente applicato il disposto dell’art. 46, comma 1, d.lgs. cit. ai casi di cessazione della materia del contendere verificatesi in pendenza del giudizio di legittimità (cfr. Cass. nn. 27815, 23377, 18622, 18621 e 14634 del 2019).
La Corte ha più volte evidenziato che il sopravvenire di un fatto nuovo, esterno al processo, diretto a far venire meno l’oggetto stesso del giudizio (costituito dalle originarie contrapposte pretese e difese RAGIONE_SOCIALE parti), da un lato, priva dette parti dell’interesse ad ottenere una – ormai inutile – pronuncia determinativa della regola del rapporto giuridico sostanziale e, dall’altro, rende del tutto privo di funzione pratica il regolamento di un non più attuale assetto di interessi, stabilito dalla pronuncia di merito impugnata – che in caso di ordinaria declaratoria di estinzione dei giudizio (cfr. l’art. 338 cod. proc. civ., applicabile anche al giudizio di legittimità) o di inammissibilità sopravvenuta della impugnazione, passerebbe in giudicato.
Secondo le richiamate pronunce, dunque, la decisione impugnata deve essere cassata senza rinvio, non potendo riconoscersi l’idoneità al passaggio in giudicato di una regolamentazione del rapporto controverso non più attuale (cfr. Cass., n. 9753/2017; n. 17817/2016; n. 19533/2011; v. anche Cass. n. 18125/2019);
Nell’ipotesi di estinzione del giudizio, ai sensi dell’art. 46, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, per cessazione della materia del contendere determinata dall’annullamento in autotutela dell’atto impugnato, può essere inoltre disposta la compensazione RAGIONE_SOCIALE spese di lite ai sensi dell’art. 15, comma 1, del d.lgs. citato, in quanto intervenuta all’esito di una valutazione complessiva della lite da parte del giudice tributario (cfr. Cass. n. 19947/2010; Cass. n. 9174/2011; Cass. n. 3950/2017; Cass. n. 21380/2006).
La compensazione trova spazio, in particolare, qualora l’annullamento dell’atto in sede di autotutela non consegua ad una manifesta illegittimità del provvedimento impugnato sussistente sin dal momento della sua emanazione,
ma derivi, invece, dall’obiettiva complessità della materia chiarita da apposita norma interpretativa, costituendo in tal caso detto annullamento un comportamento processuale conforme al principio di lealtà, ai sensi dell’art. 88 cod. proc. civ., che può essere premiato con la compensazione RAGIONE_SOCIALE spese (cfr. Cass. n. 22231/2011).
Non ricorre, invece, tale evenienza nel caso in esame avendo la stessa RAGIONE_SOCIALE sostanzialmente confermato l’errore iniziale nella pretesa a titolo di imposta di successione nei confronti del ricorrente, senza tenere conto del valore della quota riconosciuta al contribuente, che aveva accettato l’eredità con beneficio di inventario, in sede di liquidazione dell’attivo ereditario.
In conclusione, deve essere dichiarata l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere e, conseguentemente, deve essere cassata senza rinvio la decisione impugnata e le spese di legittimità vanno poste, secondo soccombenza virtuale, a carico dell’RAGIONE_SOCIALE e dell’RAGIONE_SOCIALE, come chiesto da parte ricorrente.
Quanto, infine, al contributo unificato, deve escludersene il raddoppio atteso che tale misura si applica ai soli casi – tipici – del rigetto dell’impugnazione o della sua declaratoria d’inammissibilità o improcedibilità (cfr. Cass. n. 23175 del 12/11/2015; Cass. n. 6888/2015 in motiv.) e, trattandosi di misura eccezionale, lato sensu sanzionatoria, essa è di stretta interpretazione (cfr. Cass. n. 19562/2015 in motiv.) e, come tale, non suscettibile di interpretazione estensiva o analogica
P.Q.M.
La Corte dichiara l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere; cassa la sentenza impugnata senza rinvio; condanna l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in solido, al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese di lite, liquidate in Euro 5.000,00 per compensi, oltre Euro 200,00 per esborsi, rimborso spese forfetarie 15%, Iva e Cpa, se dovuti, da distrarsi in favore dell’avvocato NOME COGNOME, dichiaratosi antistatario.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione – Sezione Tributaria, in data 31 maggio 2024.
Il Presidente (NOME COGNOME)