Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14547 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14547 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28404/2022 R.G. proposto da: COGNOME NOME (c.f. CODICE_FISCALE), elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), PEC: EMAIL, che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE – AREA ENTRATE GESTIONE IMU E TASI (C.F. CODICE_FISCALE,) elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE), pec EMAIL, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), -controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DI RAGIONE_SOCIALE n. 5442/2022 depositata il 15/07/2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/05/2024 dal
Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Commissione tributaria regionale della Campania, sez. RAGIONE_SOCIALE, con sentenza n. 5444/2022, depositata il 15/07/2022 accoglieva l’appello proposto dal Comune RAGIONE_SOCIALE nei confronti di NOME COGNOME avverso la sentenza n. 9988/2021 emessa dalla Commissione tributaria provinciale di RAGIONE_SOCIALE, sez. 8, pubblicata il 16/09/2021 con la quale la predetta CRAGIONE_SOCIALE aveva accolto il ricorso proposto dal contribuente avverso l’avviso di liquidazione n. 703134 -4609 relativo all’IMU anno 2015, per mezzo del quale il Comune di RAGIONE_SOCIALE pretendeva il pagamento dell’importo di Euro 2.086,00 oltre sanzioni ed interessi per un ammontare complessivo di Euro 3.065,10 a titolo di IMU, contestando l’omesso versamento del tributo in relazione al periodo d’imposta 2015 relativamente all’immobile sito in RAGIONE_SOCIALE alla INDIRIZZO, identificato catastalmente al NCEU del comune di RAGIONE_SOCIALE, sezione SGU Foglio 1, particella n. 141, subalterno n, 21 Categoria A2 Classe 5 nella quale la contribuente risiedeva e dimorava abitualmente, sulla base del mancato riconoscimento alla stessa dell’esonero dall’imposizione per la casa adibita ad abitazione principale, come riconosciuta dall’art. 13 del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201 convertito con la legge 22/12/2014 n. 214 e dall’art. 7 del Regolamento Comunale approvato con Delibera di Consiglio Comunale n. 39 del 06/08/2015.
Avverso la suddetta sentenza la sig.ra NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, cui ha resistito con controricorso l’amministrazione comunale, chiedendo la declaratoria di cessazione della materia del contendere per
intervenuto annullamento in autotutela, successivo alla declaratoria di incostituzionalità della norma.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con unico motivo di ricorso, l’odierna ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 49 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ. – con particolare riferimento alla declaratoria di incostituzionalità delle norme vigenti in materia di IMU, di cui al quarto periodo del comma 2 dell’art. 13 del d.l. n. 201 del 2011, come convertito e successivamente modificato dalla legge n. 147 del 2013 per violazione degli art. 3, 31, 53 della Costituzione, nonché per violazione dell’art. 7 del Regolamento Comunale approvato con Delibera di Consiglio Comunale n. 39 del 06/08/2015.
1.1. Deduce in particolare che in tutti i suoi atti di difesa ha sostenuto la spettanza delle esenzione IMU in quanto l’immobile tassato, sito in RAGIONE_SOCIALE alla INDIRIZZO, costituiva la propria dimora abituale e residenza anagrafica, talchè le spettava l’esenzione IMU di cui all’art. 13 del d.l. n. 201 del 2011, come convertito e successivamente modificato dalla legge 27 dicembre 2013, n. 147, invocando a sostegno della propria difesa la sentenza della Corte Costituzionale, n. 209, del 12.09.2022, depositata il 19.10.2022, che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3, 31 e 53, comma 1, Cost., l’art. 13, comma 2, quarto periodo, d.l. 6 dicembre 2011 n. 201, posto a fondamento del provvedimento di accertamento.
Ha resistito con controricorso l’amministrazione comunale, chiedendo dichiararsi l’improcedibilità del gravame per sopravvenuta carenza di interesse in quanto l’Amministrazione, alla luce dell’intervenuta sentenza della Corte Costituzionale n.209 del 12.09.2022, depositata il 19.10.2022, ha proceduto ad annullare l’avviso di accertamento IMU 2015 impugnato dalla sig.ra COGNOME
NOME, come comunicato dal Servizio competente con nota n.39536 del 16/01/2023 (doc.3 agli atti del presente giudizio), rilevando altresì che la sentenza della C.T.R. impugnata è precedente alla declaratoria di illegittimità costituzionale da parte della sentenza n.209/2022, invocando a tal fine la compensazione delle spese di giudizio.
Questa Corte si è già espressa sulla peculiarità della ipotesi di cessazione della materia del contendere in seguito ad annullamento in autotutela da parte della amministrazione (cfr. Cass. 01/03/2024, n. 05579), precisando che
‹‹1.3. ciò posto, l’annullamento in via di autotutela degli atti impositivi impugnati comporta la cessazione della materia del contendere, a cui consegue l’estinzione del processo con l’ulteriore effetto della caducazione «delle pronunce emanate nei precedenti gradi di merito non passate in giudicato» (Cass. n. 5641 del 20/03/2015);
1.4. quanto al regolamento delle spese di lite, in diritto si evidenzia che, diversamente da quanto avviene per il processo civile ordinario, nel processo tributario, la cessazione della materia del contendere è espressamente disciplinata dall’art. 46 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ove è stabilito che «il giudizio si estingue, in tutto o in parte, nei casi di definizione delle pendenze tributarie previsti dalla legge e in ogni altro caso di cessazione della materia del contendere», con la precisazione che «la cessazione della materia del contendere è dichiarata con decreto del presidente o con sentenza della commissione. Il provvedimento presidenziale è reclamabile a norma dell’art. 28»;
1.5. la stessa disposizione poi precisa che «nei casi di definizione delle pendenze tributarie previsti dalla legge le spese del giudizio estinto restano a carico della parte che le ha anticipate», mentre negli altri casi di estinzione del giudizio previsti dall’art. 46
d.lgs. n. 546 del 1992 si deve invece fare ricorso al criterio della soccombenza virtuale, applicato dalla giurisprudenza di legittimità in tutte le ipotesi di cessazione della materia del contendere, come pure si evince dalla sentenza n. 274 del 12 luglio 2005 della Corte costituzionale, nella parte in cui ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, per violazione dell’art. 3 Cost., del testo previgente dell’articolo in esame, ove, a seguito della dichiarazione di estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere, precludeva ai giudici tributari di condannare l’Amministrazione virtualmente soccombente;
1.6. per quanto riguarda il giudizio di legittimità, l’art. 62, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992 stabilisce che «al ricorso per cassazione e al relativo procedimento si applicano le norme dettate dal codice di procedura civile in quanto compatibili con quelle del presente decreto» e numerose sono comunque le pronunce che hanno espressamente applicato il disposto dell’art. 46, comma 1, d.lgs. cit. ai casi di cessazione della materia del contendere verificatesi in pendenza del giudizio di legittimità (cfr. Cass. nn. 27815/2019, 23377/2019, 18622/2019, 18621/2019, 14634/2019);
1.7. questa Corte ha inoltre più volte evidenziato che, nonostante l’estinzione del giudizio, in tali ipotesi, non può darsi una sopravvivenza della sentenza di merito, in applicazione dell’art. 310, secondo comma, cod. proc. civ., perché il sopravvenire di un fatto nuovo, esterno al processo, diretto a far venire meno l’oggetto stesso del giudizio (costituito dalle originarie contrapposte pretese e difese delle parti), da un lato, priva dette parti dell’interesse ad ottenere una ormai inutile -pronuncia determinativa della regola del rapporto giuridico sostanziale e, dall’altro, rende del tutto privo di funzione pratica il regolamento di un non più attuale assetto di interessi, stabilito dalla pronuncia di merito impugnata – che in caso di ordinaria declaratoria di estinzione dei giudizio (cfr. l’art. 338 cod.
proc. civ., applicabile anche al giudizio di legittimità) o di inammissibilità sopravvenuta della impugnazione, passerebbe in giudicato;
1.8. secondo tali pronunce, dunque, la decisione impugnata deve essere cassata senza rinvio, non potendo riconoscersi l’idoneità al passaggio in giudicato di una regolamentazione del rapporto controverso non più attuale (cfr. Cass., nn. 9753/2017, 17817/2016, 19533/2011; v. anche Cass., Sez. 5, n. 18125/2019);
1.9. nell’ipotesi di estinzione del giudizio ai sensi dell’art. 46, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, per cessazione della materia del contendere determinata dall’annullamento in autotutela dell’atto impugnato, può essere inoltre disposta la compensazione delle spese di lite ai sensi dell’art. 15, comma 1, del medesimo d.lgs., in quanto intervenuta all’esito di una valutazione complessiva della lite da parte del giudice tributario (cfr. Cass. n. 19947 del 2010; Cass. n. 9174 del 2011; Cass. n. 3950 del 2017; Cass. n. 21380 del 2006);
1.10. la compensazione trova spazio, in particolare, qualora l’annullamento dell’atto in sede di autotutela non consegua ad una manifesta illegittimità del provvedimento impugnato sussistente sin dal momento della sua emanazione, ma derivi, invece, dall’obiettiva complessità della materia chiarita da apposita norma interpretativa, costituendo in tal caso detto annullamento un comportamento processuale conforme al principio di lealtà, ai sensi dell’art. 88 cod. proc. civ., che può essere premiato con la compensazione delle spese (cfr. Cass. n. 22231 del 2011)››.
3.1. L’ipotesi coincide con la fattispecie alla attenzione della Corte, atteso che l’amministrazione ha annullato in autotutela il proprio provvedimento, in ragione della intervenuta declaratoria di incostituzionalità della disposizione normativa posta a fondamento dell’atto impositivo.
In conclusione deve essere dichiarata l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere e conseguentemente deve essere cassata senza rinvio la decisione impugnata.
Considerato che la declaratoria di illegittimità costituzionale posta a giustificazione dell’annullamento in autotutela è intervenuta soltanto in corso di causa, si ritiene sussistere i presupposti per la compensazione delle spese dell’intero giudizio.
Quanto, infine, al contributo unificato, deve escludersene il raddoppio atteso che tale misura si applica ai soli casi – tipici – del rigetto dell’impugnazione o della sua declaratoria d’inammissibilità o improcedibilità (cfr. Cass. n. 23175 del 12/11/2015; cui adde Cass. n. 6888 del 03/04/2015 in motivazione) e, trattandosi di misura eccezionale, l ato sensu sanzionatoria, essa è di stretta interpretazione (cfr. Cass. n. 19562 del 30/09/2015 in motivazione) e, come tale, non suscettibile di interpretazione estensiva o analogica.
P.Q.M.
La Corte dichiara l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere;
cassa la sentenza impugnata senza rinvio;
compensa le spese dell’intero giudizio.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria in Roma,