Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16657 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16657 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 14/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16949/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
Contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG.COGNOMEA n. 2948/2020 depositata il 14/12/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
NOME COGNOME ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia il 14.12.2020, n.2948/26/2020, la quale, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di avviso per parziale versamento dell’IMU relativa all’anno 2013 con riguardo alla proprietà di un immobile ubicato nel Comune di Desenzano sul Garda -ove aveva trasferito la propria residenza per esigenze lavorative ( in quanto dipendente del nosocomio locale) ed anche per esigenze personali, a seguito della frattura del rapporto coniugale -ha respinto l’appello proposto dal contribuente avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Brescia;
il giudice di appello ha confermato la decisione di prime cure che aveva rigettato il ricorso originario -non riconoscendo l’esenzione da IMU per l’abitazione principale in relazione all’immobile ubicato in Desenzano, stante la residenza del coniuge in altro immobile ubicato nel Comune di Brescia;
Il Comune replica con controricorso; depositando il 10 aprile 2024 istanza di cessazione della materia del contendere.
CONSIDERATO CHE:
il ricorso è affidato a due motivi;
con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 13, comma 2, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che il contribuente potesse beneficiare dell’esenzione da IMU per l’abitazione principale in relazione all”immobile ubicato in Brescia ove lo stessa non aveva più la residenza anagrafica;
si afferma che per abitazione principale, ai fini Imu, si intende l’abitazione che non soddisfa le esigenze del nucleo familiare, ma che le soddisfa in parte o in toto; pertanto, come da Circolare del ministero delle Finanze n. 3/DF del 18.05.2012, il beneficio dell’esenzione si può applicare a più unità catastali immobiliari a condizione che assolvano alle effettive esigenze abitative dei componenti il nucleo familiare e a condizione che si trovino in Comuni diversi;
con la seconda censura si lamenta la violazione dell’art. 13 citato, in relazione agli artt. 143 e 144 cod.civ., ex art. 360, primo comma, n. 3), cod.proc.civ.; per avere la C.T.R. adita negato al ricorrente l’esenzione, ancorchè fosse di fatto separato dal coniuge e avesse la residenza nel comune di Desenzano del Grada ove svolgeva la sua attività lavorativa presso il locale nosocomio.
in data 14.04.2023, il Comune di Desenzano sul Garda ha annullato in autotutela l’atto impositivo, in applicazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 209/2023.
6.Questa Corte si è già espressa sulla peculiarità della ipotesi di cessazione della materia del contendere in seguito ad annullamento in autotutela da parte della amministrazione (cfr. Cass. 01/03/2024, n. 05579), precisando che ‹‹ ciò posto, l’annullamento in via di autotutela degli atti impositivi impugnati comporta la cessazione della materia del contendere, a cui consegue l’estinzione del processo con l’ulteriore effetto della caducazione «delle pronunce emanate nei precedenti gradi di merito non passate in giudicato» (Cass. n. 5641 del 20/03/2015).
Per quanto riguarda il giudizio di legittimità, l’art. 62, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992 stabilisce che «al ricorso per cassazione e al relativo procedimento si applicano le norme dettate dal codice di procedura civile in quanto compatibili con quelle del presente decreto» e numerose sono comunque le pronunce che hanno espressamente applicato il disposto dell’art. 46, comma 1, d.lgs.
cit. ai casi di cessazione della materia del contendere verificatesi in pendenza del giudizio di legittimità (cfr. Cass. nn. 27815/2019, 23377/2019, 18622/2019, 18621/2019, 14634/2019). Questa Corte ha inoltre più volte evidenziato che nonostante l’estinzione del giudizio, in tali ipotesi, non può darsi una sopravvivenza della sentenza di merito, in applicazione dell’art. 310, secondo comma, cod. proc. civ., perché il sopravvenire di un fatto nuovo, esterno al processo, diretto a far venire meno l’oggetto stesso del giudizio (costituito dalle originarie contrapposte pretese e difese delle parti), da un lato, priva dette parti dell’interesse ad ottenere una ormai inutile – pronuncia determinativa della regola del rapporto giuridico sostanziale e, dall’altro, dall’altro, rende del tutto privo di funzione pratica il regolamento di un non più attuale assetto di interessi, stabilito dalla pronuncia di merito impugnata – che in caso di ordinaria declaratoria di estinzione dei giudizio (cfr. l’art. 338 cod. proc. civ., applicabile anche al giudizio di legittimità) o di inammissibilità sopravvenuta della impugnazione, passerebbe in giudicato.
7.Secondo tali pronunce, dunque, la decisione impugnata deve essere cassata senza rinvio, non potendo riconoscersi l’idoneità al passaggio in giudicato di una regolamentazione del rapporto controverso non più attuale (cfr. Cass., nn. 9753/2017, 17817/2016, 19533/2011; v. anche Cass., Sez. 5, n. 18125/2019). Nell’ipotesi di estinzione del giudizio ai sensi dell’art. 46, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, per cessazione della materia del contendere determinata dall’annullamento in autotutela dell’atto impugnato, può essere inoltre disposta la compensazione delle spese di lite ai sensi dell’art. 15, comma 1, del medesimo d.lgs., in quanto intervenuta all’esito di una valutazione complessiva della lite da parte del giudice tributario (cfr. Cass. n. 19947 del 2010; Cass. n. 9174 del 2011; Cass. n. 3950 del 2017; Cass. n. 21380 del 2006).
La compensazione trova spazio, in particolare, qualora l’annullamento dell’atto in sede di autotutela non consegua ad una manifesta illegittimità del provvedimento impugnato sussistente sin dal momento della sua emanazione, ma derivi, invece, dall’obiettiva complessità della materia chiarita da apposita norma interpretativa, costituendo in tal caso detto annullamento un comportamento processuale conforme al principio di lealtà, ai sensi dell’art. 88 cod. proc. civ., che può essere premiato con la compensazione delle spese (cfr. Cass. n. 22231 del 2011)››.
L’ipotesi coincide con la fattispecie alla attenzione della Corte, atteso che l’amministrazione ha annullato in autotutela il proprio provvedimento, in ragione della intervenuta declaratoria di incostituzionalità della disposizione normativa posta a fondamento dell’atto impositivo.
In conclusione deve essere dichiarata l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere e conseguentemente deve essere cassata senza rinvio la decisione impugnata.
8.1 Considerato che la declaratoria di illegittimità costituzionale posta a giustificazione dell’annullamento in autotutela è intervenuta soltanto in corso di causa, si ritiene sussistere i presupposti per la compensazione delle spese dell’intero giudizio.
9.Quanto, infine, al contributo unificato, deve escludersene il raddoppio atteso che tale misura si applica ai soli casi – tipici – del rigetto dell’impugnazione o della sua declaratoria d’inammissibilità o improcedibilità (cfr. Cass. n. 23175 del 12/11/2015; cui adde Cass. n. 6888 del 03/04/2015 in motivazione) e, trattandosi di misura eccezionale, lato sensu sanzionatoria, essa è di stretta interpretazione (cfr. Cass. n. 19562 del 30/09/2015 in motivazione) e, come tale, non suscettibile di interpretazione estensiva o analogica.
P.Q.M.
La Corte dichiara l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere; cassa la sentenza impugnata senza rinvio; compensa le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, all’esito di adunanza camerale della Sezione