Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 546 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 546 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 321/2016 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa «ope legis»
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio degli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME dai quali è rappresentata e difesa
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DEL LAZIO n. 4747/4/15 depositata l’11 settembre 2015
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 18 dicembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA E MOTIVI DELLA DECISIONE
La Direzione Provinciale II di Roma dell’Agenzia delle Entrate notificava alla RAGIONE_SOCIALE provvedimento di irrogazione
della sanzione amministrativa pecuniaria di cui all’art. 8, comma 3 -bis , del D. Lgs. n. 471 del 1997 per inosservanza dell’adempimento imposto dall’art. 110, comma 11, del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR) ai fini della deducibilità dei costi inerenti ad operazioni commerciali da essa intrattenute negli anni 2003, 2004 e 2005 con imprese domiciliate in Stati a regime fiscale privilegiato appartenenti alla cd. , e più in particolare per aver omesso di indicare separatamente i predetti costi nel quadro RF delle dichiarazioni dei redditi relative ai corrispondenti periodi d’imposta.
La prefata società impugnava tale provvedimento dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma, che in accoglimento del suo ricorso annullava la sanzione irrogata.
La decisione veniva successivamente confermata dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, la quale, con sentenza n. 4747/4/15 dell’11 settembre 2015, rigettava l’appello erariale, ritenendo che l’omissione contestata dall’Ufficio fosse stata sanata dalla contribuente mediante la presentazione di dichiarazioni integrative ex art. 2, comma 8, del D.P.R. n. 322 del 1998.
Contro questa sentenza, notificata il 19 ottobre 2015, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a un unico motivo con il quale, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sono state denunciate la violazione e la falsa applicazione dell’art. 110 del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR), dell’art. 8, comma 3 -bis , del D. Lgs. n. 471 del 1997 e dell’art. 13 del D. Lgs. n. 472 del 1997.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
Nel termine di cui al comma 1, terzo periodo, dello stesso articolo sia la ricorrente che la controricorrente hanno depositato memoria illustrativa con la quale hanno chiesto di dichiarare cessata la materia del contendere, rendendo noto che nelle more del giudizio la RAGIONE_SOCIALE ha aderito alla procedura di
definizione agevolata delle irregolarità formali prevista dall’art. 9 del sopravvenuto D.L. n. 119 del 2018, convertito in L. n. 136 del 2018, e provveduto al pagamento di quanto dovuto in base a tale norma.
L’istanza merita di essere accolta, emergendo dalle concordi allegazioni delle parti che la contribuente si è avvalsa della procedura di regolarizzazione di cui sopra, versando le somme all’uopo dovute, e che già in precedenza essa, mediante la presentazione di dichiarazioni integrative ex art. 2, comma 8, del D.P.R. n. 322 del 1998, aveva rimosso le omissioni formali contestate dall’Ufficio.
Ricorrendo, pertanto, le condizioni richieste dal comma 3 dell’art. 9 sopra citato per il perfezionamento della regolarizzazione, la materia del contendere deve ritenersi cessata.
Le spese processuali vanno interamente compensate fra le parti, avuto riguardo alle peculiari modalità di definizione del contenzioso.
Non si fa luogo all’attestazione di cui all’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 ( Testo Unico delle spese di giustizia), in quanto la formula definitoria del giudizio non corrisponde ad alcuna di quelle previste dalla citata norma (originaria inammissibilità, improcedibilità o rigetto integrale dell’impugnazione) e inoltre la parte ricorrente risulta ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, in base al combinato disposto degli artt. 158, comma 1, lettera a), dello stesso D.P.R. e 12, comma 5, del D.L. n. 16 del 2012, convertito in L. n. 44 del 2012 .
P.Q.M.
La Corte dichiara cessata la materia del contendere e compensa interamente fra le parti le spese del presente giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione