Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20283 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20283 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16952/2024 R.G. proposto da: COGNOME, elettivamente domiciliato in MILANO LARO AUGUSTOINDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
-ricorrente-
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO(NUMERO_DOCUMENTO) che lo rappresenta e difende;
-ricorrente incidentale-
avverso DECRETO di CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE ROMA n. 6417/2024 depositato il 08/03/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.La controversia trae origine dalla notifica degli avvisi di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate notificava agli eredi del defunto NOME COGNOME avvisi di accertamento rettificando il valore delle partecipazioni societarie dichiarate dai successori. Con l’avviso di rettifica e di liquidazione, n. 92/000/003167 -02, emesso il 3/10/1994, l’Ufficio liquidava a carico degli eredi, una maggiore imposta successoria su un presunto valore venale delle partecipazioni societarie comprese nel patrimonio ereditario, pari ad euro 1.425.290,51.
Gli eredi impugnavano gli avvisi di rettifica del valore che veniva rideterminato dai giudici di prossimità e poi confermato dal Collegio d’appello. Avverso la sentenza della C.T.R. della Lombardia ricorreva l’amministrazione finanziaria limitatamente all’esclusione dell’avviamento dal valore del patrimonio netto della società. La Corte con sentenza n. 12283/2007 accoglieva il ricorso dell’ente finanziario statuendo che .
In seguito alla sentenza dei giudici di legittimità, l’Ufficio notificava un primo avviso di liquidazione, cui seguì l’emissione di due cartelle esattoriali indirizzate ai figli del de cuius e l’altra alla moglie sopravvissuta, i quali le impugnavano dinanzi alla C.T.P. di Milano.
Il giudizio relativo alla posizione di NOME COGNOME si è concluso con la sentenza di questa Corte con sentenza n. 24936/2016 che dichiarava l’inammissibilità del ricorso dell’amministrazione.
Anche il giudizio proposto da NOME COGNOME si è concluso con sentenza della Corte n. 12752/2018 che ha affermato il principio secondo cui .
2.3.In seguito a detta sentenza, l’Agenzia emetteva nuova cartella esattoriale che veniva opposta da NOME COGNOME giunto in cassazione (RG 17438/2021) dove il contribuente NOME COGNOME impugnava la sentenza n. 3051/8/2020, depositata il 18.12.2020, resa dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia, lamentando che la CTR non avesse annullato l’atto impugnato (cartella esattoriale), invitando l’Agenzia a rimediare all’iniquità della pretesa fiscale mediante un intervento di autotutela amministrativa.
Il predetto giudizio di legittimità si concludeva con il decreto di estinzione del giudizio per definizione agevolata, n. 6417/2024, depositato il 08/03/2024.
NOME COGNOME difatti, presentava l’istanza per la definizione della sua propria controversia (ruolo generale della Corte di Cassazione n. 17438/2021), indicando sia il ruolo della causa pendente in cassazione, sia il valore economico della controversia nella misura di euro 1.425.290, individuando erroneamente il numero della cartella esattoriale e riportando quella notificata alla di lui madre.
L’Agenzia delle Entrate, successivamente, negava la definizione agevolata sia per l’erronea indicazione della cartella esattoriale sia per non avere il contribuente conteggiato nella somma versata in corso di causa, l’importo relativo al valore dell’avviamento.
Il contribuente, nel chiedere la revocazione del decreto di estinzione, impugna contestualmente anche il diniego dell’Agenzia, la quale replica con ricorso incidentale.
Con successiva istanza, la contribuente ha chiesto la declaratoria della cessazione della materia del contendere, allegando l’atto di transizione con l’Ufficio e relativi pagamenti. Anche l’amministrazione finanziaria ha chiesto l’estinzione del giudizio.
Il P.G. ha concluso per la declaratoria di cessazione della materia del contendere.
MOTIVI DI DIRITTO
1. Il ricorrente propone istanza di revocazione -ai sensi dei commi 198 e 201 dell’art. 1, legge n. 197/2022 del decreto presidenziale n. 6417/2024, depositato il 08/03/2024, che ha dichiarato l’estinzione del giudizio n. 17438/2021 di r.g., e contestuale impugnazione, ai sensi del comma 200, stesso articolo, stessa legge, del rifiuto dell’8.5.2024 opposto dall’agenzia alla definizione agevolata della lite chiesta dal ricorrente.
Si assume che la definizione ha riguardato la lite pendente in sede di legittimità e non l’atto esattivo oggetto originario della contesa; -che l’indicazione erronea dell’atto impugnato è un mero errore materiale, riconoscibile dall’Agenzia e, da questa, comunque riconosciuto; – che alla sua mera correzione dovrebbe provvedere autonomamente l’Ufficio, con provvedimento di autotutela obbligatoria, conformemente all’art. 10 quater della legge n. 212/2000, ultima versione, comma 1, lettera d .
Si aggiunge che la cartella indicata (inesattamente) nell’istanza di definizione è stata notificata alla madre del ricorrente; – che tuttavia tutti gli atti impositivi o esattivi emessi dall’Amministrazione attengono alla successione di NOME COGNOME e hanno visto coinvolti gli eredi solidalmente coobbligati. In ogni caso, si obietta che l’atto di diniego della definizione agevolata rappresenta una violazione degli obblighi di collaborazione e di buona fede stabiliti dall’ordinamento, che esprimono il buon andamento della pubblica Amministrazione.
Con ricorso incidentale, l’Agenzia delle Entrate chiede la revocazione del decreto presidenziale di estinzione, ai sensi degli artt. 64 del d.lgs 543/1992, 391 bis e 395 n. 4 c.p.c. nonché ai sensi del comma 200 dell’art. 1 della legge n. 197 del 2022, sostenendo che la dichiarata estinzione del giudizio concerne un atto diverso rispetto a quello per cui la parte aveva presentato istanza di definizione liti.
3.Il ricorrente ha depositato, in data 3 dicembre 2024, istanza con cui si chiede la declaratoria della cessazione della materia del contendere producendo, ai sensi dell’art. 372 c.p.c., l’atto di transazione concluso con l’Agenzia contradditrice nonché la quietanza di pagamento della somma concordata.
Si assume che la transazione -pur formalmente intervenuta nel giudizio n. 5283/2024, pendente davanti alla Corte tributaria di primo grado di Milano -coinvolge esplicitamente tutte le
contro
versie in corso, in qualunque sede, tra NOME COGNOME e l’Agenzia delle Entrate, ripristinando la piena efficacia della definizione della lite trainante presentata davanti a questa Corte (n. 17438/2021 Rg) ed annullando il rifiuto della medesima definizione opposto dall’Agenzia.
In data 29 gennaio 2025, l’Agenzia delle Entrate ha depositato per chiedere l’estinzione del giudizio in virtù dell’intervenuto accordo transattivo.
Si legge nell”accordo conciliativo versato in giudizio: ‘ Tutto ciò premesso, le parti ritengono di poter definire la presente controversia, dispiegante altresì effetti sulla regolarizzazione della domanda di definizione agevolata n. T9D200384/2023 e, a cascata, sugli ulteriori contenziosi tutt’ora pendenti intimamente connessi all’originario avviso di rettifica e liquidazione. La domanda di definizione agevolata prot. n. 23061217515654103 si riterrà in particolare regolarizzata dall’Ufficio (con conseguente annullamento del diniego notificato alla controparte e sgravio delle cartelle di pagamento sottese all’intimazione oggetto dell’odierna impugnazione) in esito all’integrale versamento da parte del contribuente, in unica soluzione, sia del tributo di € 106.378,20, sia degli interessi come calcolati nel prospetto che segue. Le somme dovute dal contribuente sono dettagliatamente esposte nelle pagine seguenti’.
La cessazione della materia del contendere, con la conseguente dispensa del giudice dal pronunziarsi sulle richieste delle parti può essere dichiarata, infatti, solo nei casi in cui, per sopravvenuta composizione della lite sia cessata ogni ragione di contrasto tra le parti, con conseguente venir meno dell’interesse delle stesse alla decisione di merito (al riguardo Cass. n. 6667/2024, in motiv.; Cass. del 18.7.2008 n. 19991; Cass. n. 271/2006; Cass. n.909/2006; Cass. n. 11962/2005).
Nella fattispecie sub iudice , l’istanza proviene sia dal ricorrente che dall’ente finanziario, i quali hanno chiesto la declaratoria di estinzione del giudizio.
L’intervenuta transazione della lite determina la declaratoria di estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere essendo venuto meno l’interesse di entrambe le parti alla prosecuzione del contenzioso.
Sussistono i presupposti, tenuto contro del contenuto dell’intervenuta transazione , per compensare le spese di lite.
Il tenore della pronunzia (di estinzione del giudizio e non di rigetto o di inammissibilità od improcedibilità del ricorso) esclude l’applicabilità dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (inserito dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228), trattandosi di norma lato sensu sanzionatoria e comunque eccezionale e, come tale, di stretta interpretazione; la stessa estraneità della fattispecie a quella prevista dalla norma ora richiamata consente pure di omettere ogni ulteriore specificazione in dispositivo (tra le tante: Cass., Sez. 6^-3, 30 settembre 2015, n. 19560; Cass., Sez. 5^, 12 ottobre 2018, n. 25485; Cass., Sez. 5^, 28 maggio 2020, n. 10140; Cass., Sez. 5^, 9 marzo 2021, n. 6400; Cass., Sez. 5^, 17 giugno2022, n. 19599; Cass., Sez. T., 4 maggio 2023, n. 11672).
P.Q.M.
La Corte, dichiara l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere; spese compensate.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria della