Cessazione Materia del Contendere: Quando il Processo si Ferma
L’istituto della cessazione materia del contendere rappresenta una delle modalità di chiusura di un processo. Si verifica quando, per eventi sopravvenuti, l’interesse delle parti a una decisione del giudice viene meno. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio di questa dinamica in ambito tributario, chiarendo anche importanti aspetti relativi alle spese di giudizio e al contributo unificato.
I Fatti del Caso: Una Disputa Fiscale Risolta in Autotutela
Una agenzia statale aveva impugnato davanti alla Commissione Tributaria Regionale una decisione di primo grado che aveva accolto il ricorso contro un avviso di accertamento IMU per l’anno 2015, per un importo di circa 63.000 euro, emesso da un Comune.
La Commissione Tributaria Regionale aveva rigettato l’appello dell’agenzia, confermando la decisione favorevole al contribuente. Di conseguenza, l’agenzia ha proposto ricorso per Cassazione.
Tuttavia, durante il giudizio di legittimità, è accaduto un fatto decisivo: il Comune, agendo in autotutela, ha annullato la pretesa fiscale con un provvedimento del 27 dicembre 2022. A seguito di ciò, la stessa agenzia ricorrente ha depositato un’istanza chiedendo alla Corte di dichiarare la cessazione della materia del contendere, con compensazione delle spese legali.
La Cessazione Materia del Contendere e le Spese
La Corte di Cassazione, preso atto dell’annullamento dell’atto impositivo, ha accolto l’istanza. L’atto di autotutela del Comune ha, di fatto, eliminato l’oggetto stesso della controversia. Non essendoci più una pretesa fiscale da contestare, non c’era più alcun interesse per le parti a ottenere una sentenza nel merito della questione.
Di conseguenza, il giudizio è stato dichiarato estinto per cessazione materia del contendere. Per quanto riguarda le spese legali, la Corte ha disposto la loro integrale compensazione, significando che ogni parte ha sostenuto i propri costi legali per l’intero giudizio.
Il Doppio Contributo Unificato: Non Applicabile in Caso di Estinzione
Un punto di particolare interesse tecnico-giuridico affrontato dall’ordinanza riguarda il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, spesso definito ‘doppio contributo’. Questa è una sanzione prevista dall’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, che si applica nei casi in cui l’impugnazione venga respinta integralmente o dichiarata inammissibile o improcedibile.
La Corte ha chiarito che tale misura ha natura eccezionale e sanzionatoria. Pertanto, la sua applicazione non può essere estesa oltre i casi specificamente previsti dalla legge. Poiché il giudizio non si è concluso con un rigetto, un’inammissibilità o un’improcedibilità, ma con una declaratoria di estinzione, non ricorrono i presupposti per l’applicazione di questa sanzione.
Le motivazioni della Corte
La decisione della Suprema Corte si fonda su principi consolidati. In primo luogo, l’annullamento dell’atto fiscale da parte dell’ente impositore ha rimosso la ragione stessa del contendere, imponendo al giudice di prendere atto della sopravvenuta carenza di interesse delle parti a proseguire il giudizio. Questo porta inevitabilmente alla dichiarazione di estinzione del processo. In secondo luogo, la Corte ribadisce, citando precedenti specifici, il carattere eccezionale della norma sul raddoppio del contributo unificato. Essendo una norma sanzionatoria, non ammette interpretazioni estensive o analogiche. La sua applicazione è strettamente limitata alle ipotesi di rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione, escludendo quindi i casi di estinzione del giudizio come quello in esame.
Le conclusioni
Questa ordinanza offre due importanti spunti pratici. Anzitutto, conferma che l’esercizio del potere di autotutela da parte dell’Amministrazione finanziaria è uno strumento efficace per porre fine a un contenzioso, con effetti diretti sull’estinzione del processo. In secondo luogo, fornisce una chiara garanzia per il contribuente (o, come in questo caso, per l’ente ricorrente): in caso di estinzione del giudizio per cessazione materia del contendere, non si è soggetti al pagamento del doppio del contributo unificato, evitando così un onere economico ingiustificato quando la controversia si risolve prima di una decisione sul merito.
Cosa significa ‘cessazione della materia del contendere’ in un processo tributario?
Significa che la controversia tra il contribuente e l’ente impositore è venuta meno a causa di un evento successivo all’inizio della causa, come l’annullamento dell’atto fiscale da parte dell’ente stesso. Di conseguenza, il processo si estingue perché non c’è più nulla su cui decidere.
Se un Comune annulla un avviso di accertamento durante una causa, chi paga le spese legali?
Nel caso esaminato dalla Corte di Cassazione, a seguito dell’annullamento in autotutela e della conseguente estinzione del giudizio, le spese legali sono state integralmente compensate. Ciò significa che ogni parte ha sostenuto i propri costi legali.
In caso di estinzione del giudizio per cessata materia del contendere, si deve pagare il doppio del contributo unificato?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che non ricorrono i presupposti per il pagamento del doppio contributo unificato, poiché questa è una misura sanzionatoria di natura eccezionale applicabile solo in caso di rigetto, inammissibilità o improcedibilità del ricorso, e non in caso di estinzione del giudizio.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16449 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16449 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1754/2021 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro RAGIONE_SOCIALE
-intimato- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. CAMPANIA n. 3744/2020 depositata il 15/07/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che
La Commissione tributaria regionale della Campania, con la sentenza indicata in epigrafe ha rigettato l’appello dell’RAGIONE_SOCIALE , con la conferma della decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso della contribuente (IMU 2015, per euro 62871,00);
ricorre in cassazione l’RAGIONE_SOCIALE con tre motivi di ricorso;
il Comune di Lacco Ameno è rimasto intimato;
Considerato che
La ricorrente ha depositato istanza di cessazione della materia del contendere rappresentando che il Comune intimato aveva annullato la pretesa fiscale, in autotutela, con provvedimento del 27 dicembre 2022; la ricorrente ha chiesto anche la compensazione delle spese.
Deve conseguentemente dichiararsi estinto il giudizio, per cessata la materia del contendere con la compensazione delle spese per l’intero giudizio.
Non ricorrono, inoltre, i presupposti del versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13 , comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, l. n. 228 del 2012, trattandosi di misura la cui natura eccezionale, in quanto sanzionatoria, impedisce ogni estensione interpretativa oltre i casi tipici del rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione (Cass., 12 novembre 2015, n. 23175; Cass., 28 maggio 2020, n. 10140; Cass., 18 luglio 2018, n. 19071).
P.Q.M.
Dichiara l’estinzione del giudizio per
Compensa integralmente le spese dell’intero giudizio cessata materia del contendere. .
Così deciso in Roma, il 27/02/2024.