Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 34456 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 34456 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 26/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7513/2016 R.G. proposto da:
NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso l’Avv. NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’Avv. NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore ,
-resistente – avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. VENETO, n. 1391/2015, depositata il 14/09/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16 ottobre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
L’Ufficio notificava a NOME COGNOME avvisi di accertamento con i quali, per gli anni di imposta 2008 e 2009, recuperava a tassazione la plusvalenza realizzata a seguito della vendita di un fabbricato e del terreno pertinenziale circostante.
Irpef-avviso accertamentoplusvalenza.
Partendo dal presupposto che l’acquirente dell’immobile aveva realizzato una palazzina, assumeva che la vendita di cui all’atto pubblico del 28 agosto 2008, avente ad oggetto un fabbricato, in realtà mascherava la vendita d un terreno edificabile.
Avverso gli atti impositivi il contribuente proponeva separati ricorsi innanzi alla C.t.p. di Siena la quale, previa riunione, li accoglieva.
La C.t.r., invece, accoglieva, se pure parzial mente, l’appello dell’Ufficio e, per l’effetto , rideterminava in misura minore la plusvalenza oggetto di accertamento. Più precisamente, a fronte dell’atto impositivo che aveva calcolato la plusvalenza sia sull’area di sedime dell’originario fabbricato che sull’area pertinenziale, considerava tassabile la sola «porzione di terreno eccedente il sedime dell’edificio».
Avverso detta sentenza il contribuente ricorreva in cassazione.
L’Agenzia delle entrate, che non ha depositato tempestivo controricorso, chiedeva con nota denominata «atto di costituzione», di partecipare all’eventuale udienza di discussione e x art. 370, primo comma, cod. proc. civ.
Con successiva memoria il contribuente ha reso noto che, nelle more del processo, a seguito di istanza di annullamento in autotutela, gli avvisi di accertamento oggetto del presente giudizio sono stati annullati. Ha chiesto, pertanto, prendersi atto dell’intervenuto annullamento e della cessazione della materia del contendere con condanna dell’Amministrazione finanziaria alla rifusione delle spese del presente giudizio e dei precedenti.
Considerato che:
Con il primo motivo il contribuente denunciava, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 67, comma 1, lett b) t.u.i.r.; dell’art. 6 legge 26 settembre 1985, n. 482, dell’art. 2697 cod. civ.
Censurava la sentenza impugnata per non aver considerato che oggetto della compravendita era un fabbricato, con annessa area pertinenziale, e non un’area edificabile. Aggiunge che è irrilevante ai fini della tassazione la diversa destinazione urbanistica conferita successivamente alla cessione rilevando unicamente lo stato e la natura del bene al momento della cessione.
Con il secondo motivo denunciava, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza e del procedimento, la violazione dell’art. 36 d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546.
Censurava la sentenza impugnata per aver accolto le deduzioni dell’Amministrazione senza minimamente prendere in considerazione le proprie.
Con il terzo motivo denunciava, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione degli artt. 5, 6, 7, 10 e 12 legge 27 luglio 2000, n. 212, dell’art. legge 7 agosto 1990, n. 241, dell’art. 24 legge 7 gennaio 1929, n. 4, dell’art . 70 d. P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
Censurava la sentenza impugnata per aver escluso l’illegittimità dell’atto impositivo nonostante violazione del diritto al contradditorio endoprocedimentale.
Con il quarto motivo denunciava , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 70 d.P.R. n. 600 del 1973, dell’art. 3, n. 3 legge 20 novembre 1982, n. 890, degli artt. 156 e 160 cod. proc. civ.
Censurava la sentenza impugnata per non aver rilevato l’inesistenza della notifica dell’atto impositivo, sebbene la relata fosse stata apposta su foglio separato, e per aver ritenuto l’eventuale nullità sanata dalla proposizione del ricorso.
Con il quinto motivo denunciava, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 53 e 56 d.lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 5. d.lgs. 1 dicembre 1997, n. 472.
Criticava la sentenza impugnata per aver ritenuto inammissibile la censura, che la C.t.p. aveva ritenuto assorbita, con la quale aveva eccepito l’illegittimità delle sanzioni.
A seguito dell’annullamento in autotutela dell’atto impugnato, con provvedimento versato in atti dal contribuente, non sussiste più contestazione tra le parti sul diritto sostanziale dedotto e, conseguentemente, non vi è più la necessità di affermare la volontà della legge nel caso concreto, cosicché la materia del contendere è cessata, come dichiarato dallo stesso ricorrente in
memoria, con effetto estintivo sull’intero giudizio in ragione della previsione di cui all’art. 46 d.lgs. n. 546 del 1992 (Cass. 07/02/2024, n. 3556).
Le spese del giudizio di legittimità vanno regolate secondo il principio della soccombenza virtuale; pertanto, poiché la cessazione della materia del contendere è stata determinata dall’annullamento in autotutela dell’atto impugnato, avendo l’Ufficio riconosciuto le ragioni del contribuente , le stesse vanno poste a carico della resistente.
Quanto, infine, al contributo unificato, deve escludersene il raddoppio atteso che tale misura si applica ai soli casi – tipici – del rigetto dell’impugnazione o della sua declaratoria d’inammissibilità o improcedibilità (cfr. Cass. 12/11/2015 n. 23175); trattandosi di misura eccezionale, lato sensu sanzionatoria, essa è di stretta interpretazione e, come tale, non suscettibile di interpretazione estensiva o analogica cfr. Cass. 30/09/2015 n. 19562).
PQM
La Corte dichiara estinto il giudizio per cessazione della materia del contendere e condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento in favore del contribuente delle spese del giudizio che si liquidano in euro 200,00 per esborsi, euro 5.500,00 per compensi, oltre 15 per cento a titolo di rimborso forfetario spese generali, Iva e Cap.
Così deciso in Roma, il 16 ottobre 2024.