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Cessazione materia del contendere: effetti sul processo

La Corte di Cassazione ha dichiarato estinto un processo tributario relativo a una plusvalenza su un terreno edificabile. La decisione è intervenuta a seguito dell’adesione dei contribuenti a una normativa condonistica, determinando la cessazione della materia del contendere. Le spese legali sono state lasciate a carico delle parti che le hanno anticipate.

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Pubblicato il 15 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Cessazione della materia del contendere: cosa succede al processo?

La cessazione della materia del contendere rappresenta una via d’uscita da una controversia legale quando l’interesse delle parti a una decisione nel merito viene meno. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio di come questo istituto giuridico operi nel contesto tributario, in particolare quando i contribuenti decidono di aderire a una definizione agevolata (condono) mentre il loro caso è pendente.

I fatti del caso

La vicenda trae origine dalla vendita di un terreno edificabile con annesso fabbricato rustico da parte di due coniugi nel 2008. I contribuenti avevano optato per il regime di rivalutazione del valore del terreno, versando un’imposta sostitutiva. Tuttavia, a causa di un errore, versarono un importo inferiore a quello dovuto (2.260 euro invece di 8.360 euro).

L’Agenzia delle Entrate, di conseguenza, emise avvisi di accertamento per il recupero dell’IRPEF sulla plusvalenza realizzata, calcolandola senza tenere conto dei costi sostenuti per la costruzione del fabbricato rustico. I contribuenti impugnarono gli atti impositivi, sostenendo di essere incorsi in un errore scusabile, ma i loro ricorsi furono respinti sia dalla Commissione Tributaria Provinciale che da quella Regionale. La questione giunse così dinanzi alla Corte di Cassazione.

La svolta: l’adesione al condono e la cessazione materia del contendere

Mentre il ricorso era pendente in Cassazione, i contribuenti hanno colto l’opportunità offerta dall’art. 6 del D.L. n. 193 del 2016, presentando istanza per la definizione agevolata della controversia. Hanno documentato di aver aderito alla normativa condonistica e di aver estinto il proprio debito con l’erario, chiedendo alla Corte di dichiarare l’estinzione del giudizio.

Questo atto ha modificato radicalmente lo scenario processuale. L’adesione al condono e il conseguente pagamento hanno fatto venir meno l’oggetto stesso della lite, ovvero la pretesa fiscale dell’Agenzia delle Entrate. Di conseguenza, non vi era più alcuna ragione per cui la Corte dovesse pronunciarsi nel merito dei motivi del ricorso.

Le motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione, preso atto della documentazione prodotta dai ricorrenti, ha dichiarato l’estinzione del processo. I giudici hanno stabilito che l’adesione alla definizione agevolata ha determinato la cessazione della materia del contendere, rendendo superflua qualsiasi valutazione sulle questioni giuridiche sollevate nel ricorso.

Un punto cruciale della decisione riguarda le spese di lite. La Corte ha applicato l’art. 46 del D.Lgs. n. 546 del 1992, secondo cui, in caso di estinzione del giudizio, le spese “restano a carico della parte che le ha anticipate, salvo diverse disposizioni di legge”. In questo caso, non essendoci disposizioni diverse, ciascuna parte ha dovuto sostenere i propri costi legali.

Inoltre, la Corte ha chiarito che, essendo il giudizio estinto e non rigettato, non si applica la norma che prevede il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato (il cosiddetto “doppio contributo”), sanzione prevista per il ricorrente la cui impugnazione viene respinta integralmente o dichiarata inammissibile o improcedibile.

Conclusioni

Questa ordinanza conferma un principio fondamentale: l’adesione a una normativa condonistica durante un processo tributario pendente porta alla sua estinzione per cessazione della materia del contendere. Per i contribuenti, questa può essere una strategia efficace per chiudere definitivamente una controversia con il fisco, con la consapevolezza che, di norma, dovranno sostenere le spese legali fino a quel momento maturate. La decisione sottolinea anche un vantaggio accessorio: l’inapplicabilità della sanzione del doppio contributo unificato, che altrimenti graverebbe in caso di esito negativo del ricorso.

Cosa succede a un processo tributario se il contribuente aderisce a un condono?
Il processo si estingue per cessazione della materia del contendere, poiché l’adesione alla definizione agevolata e il pagamento delle somme dovute fanno venir meno l’oggetto della lite.

Chi paga le spese legali in caso di estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere?
Secondo l’art. 46 del D.Lgs. n. 546 del 1992, le spese del giudizio estinto restano a carico della parte che le ha anticipate, salvo diverse disposizioni di legge. In questo caso, ogni parte ha sostenuto i propri costi.

In caso di estinzione del giudizio per condono, il ricorrente deve pagare il doppio del contributo unificato?
No. La Corte ha chiarito che la pronuncia di estinzione non equivale a un rigetto o a una dichiarazione di inammissibilità/improponibilità del ricorso, pertanto l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato non si applica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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