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Cessazione materia del contendere: accordo in Cassazione

Una società in liquidazione aveva impugnato un avviso di accertamento IMU per il 2013. Dopo aver perso nei primi due gradi di giudizio, ha proposto ricorso in Cassazione. Durante il procedimento, la società e il Comune hanno raggiunto un accordo conciliativo. La Corte di Cassazione, prendendo atto dell’accordo e della rinuncia al ricorso, ha dichiarato la cessazione della materia del contendere, compensando le spese legali tra le parti.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Cessazione Materia del Contendere: Quando l’Accordo Chiude il Processo in Cassazione

La cessazione della materia del contendere rappresenta uno degli esiti possibili di un processo, verificandosi quando viene meno l’interesse delle parti a una decisione del giudice. Ciò accade, tipicamente, quando le parti raggiungono un accordo. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione illustra perfettamente questo meccanismo nel contesto tributario, dimostrando come un accordo conciliativo possa porre fine a una lite anche nell’ultimo grado di giudizio.

I Fatti del Caso: Dalla Notifica dell’Avviso alla Cassazione

La vicenda ha origine da un avviso di accertamento per la rettifica dell’IMU relativa all’anno d’imposta 2013, notificato da un Comune a una società di agricoltura, commercio e industria, posta in liquidazione. La società ha impugnato l’atto, ma il suo ricorso è stato respinto sia dalla Commissione Tributaria Provinciale che, in appello, dalla Commissione Tributaria Regionale.

Non soddisfatta delle decisioni dei giudici di merito, la società ha deciso di portare la questione dinanzi alla Corte di Cassazione, affidando le proprie ragioni a cinque motivi di ricorso. Il Comune, a sua volta, si è costituito in giudizio per difendere la legittimità del proprio operato.

L’Accordo e la Conseguente Cessazione Materia del Contendere

Durante la pendenza del giudizio in Cassazione, è intervenuto un fatto nuovo e decisivo: le parti hanno stipulato un ‘Accordo conciliativo fuori udienza’ ai sensi dell’art. 48 del D.Lgs. 546/1992. Con questo atto, la società e il Comune hanno deciso di comporre la lite, definendo le loro controversie pendenti.

L’accordo includeva una clausola fondamentale: la rinuncia espressa da parte della società ricorrente ai ricorsi ancora pendenti, compreso quello oggetto del presente esame. La difesa della società ha quindi depositato l’accordo in giudizio, chiedendo di fatto alla Corte di prenderne atto.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha analizzato la situazione alla luce della normativa sulla conciliazione nel processo tributario. L’art. 48, comma 4, del D.Lgs. 546/1992 stabilisce che la conciliazione fuori udienza si perfeziona con la semplice sottoscrizione dell’accordo. Il successivo comma 4-bis estende esplicitamente l’applicabilità di queste disposizioni anche alle controversie pendenti davanti alla Corte di Cassazione.

I giudici hanno verificato che:
1. Le parti avevano raggiunto un accordo conciliativo totale.
2. Il procedimento in esame era specificamente incluso nell’elenco delle controversie oggetto della transazione.
3. La società ricorrente aveva formalmente rinunciato al ricorso.

Sulla base di questi presupposti, la Corte ha rilevato la sussistenza delle condizioni per la pronuncia di cessazione della materia del contendere, come previsto dal comma 2 dello stesso articolo 48. Di conseguenza, il giudizio non aveva più ragione di proseguire, essendo venuto meno il suo oggetto. Per quanto riguarda le spese processuali, la Corte ha disposto la loro compensazione, una soluzione comune in caso di accordo tra le parti. Infine, è stato chiarito che non vi erano i presupposti per il pagamento del ‘doppio contributo’, sanzione applicabile in caso di esito negativo del ricorso, ma non in caso di cessazione della materia del contendere per conciliazione.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione

Questa ordinanza ribadisce l’importanza e l’efficacia degli strumenti deflattivi del contenzioso, come la conciliazione, anche nel grado più alto della giustizia. La decisione conferma che un accordo tra contribuente ed ente impositore può interrompere e chiudere definitivamente una lite, con vantaggi per entrambe le parti in termini di tempo e risorse. Per i contribuenti, ciò significa poter definire la propria posizione in modo certo, evitando i rischi e i costi di un lungo iter giudiziario. Per l’amministrazione, rappresenta un modo per incassare le somme concordate e ridurre il carico dei tribunali. La pronuncia chiarisce inoltre che la conciliazione, portando all’estinzione del giudizio, esclude l’applicazione di sanzioni processuali come il raddoppio del contributo unificato.

Cosa succede a un ricorso in Cassazione se le parti trovano un accordo?
Se le parti raggiungono un accordo conciliativo e lo depositano in giudizio, la Corte di Cassazione dichiara la cessazione della materia del contendere, estinguendo il processo senza una decisione sul merito della questione.

In caso di accordo e cessazione del contendere, chi paga le spese legali?
Come stabilito in questo caso, quando il processo si estingue per un accordo tra le parti, la Corte dispone generalmente la compensazione delle spese. Ciò significa che ogni parte si fa carico delle proprie spese legali sostenute.

La parte che rinuncia al ricorso dopo un accordo deve pagare il ‘doppio contributo unificato’?
No. L’ordinanza chiarisce che, se la cessazione della materia del contendere deriva da un accordo conciliativo, non sussistono i presupposti per l’applicazione della sanzione del pagamento del doppio contributo unificato, prevista per i casi di rigetto o inammissibilità del ricorso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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