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Cessazione materia del contendere: accordo e ricorso

Un’ordinanza della Corte di Cassazione analizza il caso di un contenzioso tributario tra un Comune e una società, conclusosi per cessazione della materia del contendere. A seguito di un accordo transattivo raggiunto tra le parti durante il giudizio, la Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, evidenziando come l’intesa faccia venir meno l’interesse a una pronuncia sul merito della controversia.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Cessazione della materia del contendere: quando l’accordo estingue il processo

Nel complesso mondo del diritto processuale, la cessazione della materia del contendere rappresenta un istituto di fondamentale importanza, capace di chiudere un contenzioso prima che si arrivi a una sentenza di merito. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, offre un chiaro esempio di come un accordo sopravvenuto tra le parti possa rendere superfluo il proseguimento del giudizio, portando a una declaratoria di inammissibilità del ricorso. Analizziamo insieme la vicenda e le sue implicazioni pratiche.

I fatti del caso: da un avviso di pagamento all’accordo

La controversia trae origine da un avviso di pagamento con cui un Comune richiedeva a una nota società il versamento di una cospicua somma a titolo di TARI (Tassa sui Rifiuti) per l’anno d’imposta 2014. La società impugnava l’atto e, dopo un primo grado sfavorevole al Comune, quest’ultimo proponeva ricorso per cassazione contro la decisione della Commissione Tributaria Regionale.

La svolta avviene nelle more del giudizio di legittimità: le parti avviano e concludono una procedura di ‘accertamento con adesione’. Attraverso questo strumento, definiscono consensualmente un nuovo ammontare per la TARI dovuta. A seguito di ciò, il Comune rettifica in autotutela l’importo richiesto e la società provvede al pagamento. Le parti, avendo così risolto la loro pendenza, depositano un’istanza congiunta alla Corte, chiedendo di dichiarare l’estinzione del giudizio e la compensazione integrale delle spese processuali.

La decisione della Corte sulla cessazione materia del contendere

La Suprema Corte, prendendo atto dell’accordo raggiunto e della volontà espressa dalle parti, accoglie la loro richiesta. La pronuncia non entra nel merito della questione originaria (la legittimità dell’avviso di pagamento), ma si concentra sugli effetti processuali dell’accordo.

L’inammissibilità sopravvenuta del ricorso

Il fulcro della decisione risiede nel dichiarare i ricorsi reciproci (principale e incidentale) ‘inammissibili’. Questo avviene perché la cessazione della materia del contendere ha eliminato l’interesse delle parti a ottenere una pronuncia dalla Corte. Una volta risolta la controversia in via stragiudiziale, il processo perde la sua funzione e la sua ragion d’essere. Non c’è più nulla su cui il giudice debba decidere.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione fonda la propria decisione sul principio consolidato secondo cui l’accordo tra le parti, che risolve integralmente la controversia, fa venir meno l’interesse alla prosecuzione del giudizio. La pronuncia richiama precedenti giurisprudenziali, incluse decisioni delle Sezioni Unite, che confermano come la sopravvenuta carenza di interesse porti a una declaratoria di inammissibilità del ricorso. Un altro aspetto rilevante affrontato dalla Corte riguarda l’inapplicabilità, in questo specifico contesto, della norma che prevede il pagamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato in caso di ricorso inammissibile. I giudici chiariscono che tale misura, avendo una natura sostanzialmente sanzionatoria, si applica solo ai casi di rigetto, inammissibilità o improcedibilità ‘tipici’ (ad esempio, per vizi formali dell’atto), e non quando l’inammissibilità deriva da un evento positivo e consensuale come un accordo tra le parti.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce l’importanza degli strumenti deflattivi del contenzioso, come l’accertamento con adesione. Dimostra come la volontà concorde delle parti possa efficacemente porre fine a una lite, anche quando questa è giunta al massimo grado di giudizio. La decisione sottolinea che, una volta raggiunto un accordo, il processo si svuota della sua utilità, e la sua conclusione non deve comportare oneri sanzionatori per le parti che hanno scelto una via collaborativa per risolvere la loro disputa. Si tratta di un principio di economia processuale e di incentivo alla risoluzione pacifica delle controversie.

Cosa succede a un ricorso in Cassazione se le parti trovano un accordo durante il processo?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. L’accordo tra le parti, infatti, fa venire meno il loro interesse ad ottenere una decisione nel merito, determinando la cessazione della materia del contendere e, di conseguenza, la fine del processo.

In caso di inammissibilità per accordo sopravvenuto, si deve pagare il cosiddetto ‘doppio contributo unificato’?
No. La Corte ha chiarito che tale sanzione non si applica quando l’inammissibilità deriva da un evento sopravvenuto e consensuale come un accordo, poiché la sua natura eccezionale e sanzionatoria ne limita l’applicazione ai soli casi di vizi originari dell’impugnazione.

Come vengono gestite le spese legali quando un caso si estingue per cessazione della materia del contendere?
In questo caso specifico, avendo le parti richiesto congiuntamente la compensazione delle spese nel loro accordo, la Corte ha disposto che ciascuna parte sostenesse i propri costi legali, senza alcuna condanna al rimborso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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